Le cinque vie di Tommaso sono ancora valide


 
di Francesco Santoni*
fisico e ricercatore

da Quaestiones quodlibetales, 05/09/13

 

Tempo fa, stimolato da una discussione con un amico filosofo, buttai giù una serie di riflessioni sul principio di causa e sul valore delle cinque vie tomiste per dimostrare l’esistenza di Dio. Il mio amico è un cattolico di ferma fede, non è per nulla impressionato dalle dimostrazioni di Tommaso, non ne capisce la necessità né il motivo per cui invece io le ritenga tanto importanti.

Io che sono teista solo grazie alla metafisica di Tommaso, ma agnostico in fatto di Rivelazione, cercavo di fargli capire il valore di queste dimostrazioni, e di come esse siano validissime e restino salde anche di fronte a tutti i tentativi di critica che gli sono stati mossi contro da diverse scuole filosofiche. Convinto che si tratti di riflessioni valide, e magari utili per qualcuno, le riporto qui, come dicevo, senza alcuna pretesa di sistematicità e completezza (si noterà forse che la discussione procederà un po’ a salti, infatti il contesto era una lunga ed articolata discussione avuta con il mio amico, e non posso stare qui, e sarebbe forse anche inutile e noioso, a riportare tutti i dettagli, me ne scuso).

 

1) Le cinque vie tomiste poggiano sul realismo e sul principio di causa. Entrambi questi presupposti non appartengono a Kant, alle cui spalle sta invece l’idealismo (secondo l’accezione gilsoniana) di Cartesio, e l’empirismo scettico di Hume. Già questo è di per sé sufficiente a sostenere che le prove tomiste sfuggano al maglio della Critica: Kant procede con una deduzione trascendentale delle condizioni di possibilità della conoscenza, mentre si potrebbe dire che Tommaso, dato il presupposto realista e riformulando (forse qui sono troppo ardito) il suo pensiero in termini kantiani, proceda ad una deduzione trascendentale delle condizioni di possibilità dell’essere dell’ente; tale deduzione è compiuta seguendo le implicazioni del principio di causa. Il risultato principale di questa ricerca è la scoperta della partecipazione dell’ente all’atto d’essere, l’ente che riceve l’essere per partecipazione dall’Essere Per Sé Sussistente che è Dio, nel quale essenza ed essere coincidono.

 

2) I principi più generali, quali l’atto e la potenza, non sono oggetto di dimostrazione, ma possono essere colti solo per analogia tramite esempi, come insegna Aristotele nella Metafisica. Che cos’è l’atto? Se io rispondessi la fattualità, la realizzazione, la concretizzazione di una potenza, non avrei risposto, perché poi dovrei definire tutti questi termini, i quali però non significano altro che l’atto. E che cos’è la potenza? È ciò che può ricevere un determinato atto… ma anche questa risposta non soddisfa. Come cogliere allora i concetti di atto e potenza? Con un esempio dal quale il nostro intelletto è in grado di astrarre un concetto: il fuoco è caldo in atto, e l’acqua è calda in potenza, e può ricevere l’atto di esser calda dal fuoco. Oppure si possono fare altri esempi come il seme e la pianta, il bambino ed il vecchio ecc. Dall’analogia tra tutti questi esempi si coglie il concetto di potenza ed atto. Questa è la cosiddetta analogia di proporzionalità secondo la classica distinzione del cardinal Gaetano, che è l’unica vera analogia secondo Aristotele. Si chiama di proporzionalità perché non implica una somiglianza di perfezioni (cioè una proporzione): l’atto del fuoco non è l’atto della pianta; ma indica una somiglianza di rapporti tra perfezioni diverse (quindi una proporzionalità): il fuoco sta all’acqua (riscaldandola) come la luce del sole sta all’aria (illuminandola). Da questa proporzionalità si coglie il concetto di atto, e così per tutti i principi più generali. Ovviamente più esempi facciamo e più avremo chiaro il concetto che cogliamo per analogia. In questo consiste l’esperienza. Il razionalismo moderno rifiuta l’analogia, ma finisce così per sprofondare nello scetticismo e nell’agnosticismo, perché chiaramente non ha altro modo di cogliere i principi, che di certo non possono essere oggetto di dimostrazione, perché la dimostrazione stessa richiede a sua volta dei principi. E questa è anche la vera essenza del realismo aristotelico-tomista, che rifiuta di dedurre il reale dai principi, ma piuttosto è la continua ricerca e scoperta dell’implicazione dei principi nel reale stesso.

 

3) Che cos’è l’atto d’essere? Chiaramente anche qui non è possibile una definizione, e dobbiamo ancora procedere per analogia. Diciamo infatti che l’atto d’essere è l’atto di tutti gli atti, perfezione di tutte le perfezioni, forma di tutte le forme, perché è per l’essere che ogni essenza esiste in atto. Mettendo ogni perfezione, ogni essenza, ogni modo di essere l’uno accanto all’altro come una sinossi, dice Cornelio Fabro, ci facciamo un concetto dell’atto d’essere come perfezione suprema che è sintesi, plesso di tutte le perfezioni. Ciò che tutti chiamano Dio (nota espressione di Tommaso), l’assoluto, l’incondizionato, è quindi Atto Puro, ciò che è primo nell’ordine delle cause moventi, primo nell’ordine efficiente, primo nell’ordine finale, primo nell’ordine delle perfezioni ecc. Ecco perché per arrivare ad una qualche conoscenza di Dio bisogna percorrere tutte le vie di Tommaso, e magari trovarne anche di altre mai percorse, perché non esisterà mai una conoscenza di Dio che possa dirsi completa (eccezion fatta per la conoscenza che Dio ha di se stesso). Ognuna delle cinque vie ci dimostra la necessità di dover ammettere un primo principio nei diversi ordini, ma è poi nell’analisi della natura divina svolta nei successivi articoli della Somma che viene mostrato, sfruttando gli argomenti di ogni via, come esista un solo Primo Principio e come esso debba necessariamente essere Atto Puro (ed inoltre c’è da tener conto che la Somma Teologica è una sintesi, e che per una trattazione più completa e dettagliata bisogna rivolgersi alla Somma Contro i Gentili e alle Questioni Disputate sulla Potenza di Dio e sulla Verità; non si può ridurre il discorso di Tommaso al solo e ben noto Respondeo che contiene le cinque vie).

 

4) Le cinque vie conducono quindi a Dio partendo dalla contemplazione del reale ed applicando sistematicamente il principio di causa. Ma il realismo ed il principio di causa stanno a fondamento anche di qualsiasi discorso scientifico (nell’accezione moderna del termine), e pertanto mi pare che le prove di Tommaso debbano godere della stessa fiducia che si ha nelle scienze. Del resto, da aristotelico, non mi piace parlare di scienze e di metafisica, ma piuttosto di scienza fisica e scienza metafisica (sì lo so, Aristotele non usa il termine metafisica, ma lasciamo correre ora) dove in entrambi i casi, secondo l’accezione classica, per scienza si intende conoscenza certa per cause. Le scienze si distinguono primariamente in ragione dell’oggetto studiato, e chiaramente Dio non entra nel discorso scientifico (qui torno all’accezione moderna), e a dirla tutta non è nemmeno l’oggetto proprio della metafisica, che è invece l’essere in quanto essere. Dio è solo secondariamente oggetto della metafisica, in quanto ente più eminente tra tutti gli enti ed a fondamento di essi, ecco perché Aristotele dice che la metafisica, o filosofia prima, potrebbe esser detta anche teologia. Ma con l’affermazione del pensiero cristiano, la teologia è diventata una scienza a sé, della quale ora Dio costituisce l’oggetto proprio, ed i principi primi sono dati dalla Rivelazione.

Si potrebbe allora porre il problema di quale scienza sia la principale, la metafisica o la teologia. Il ruolo pare certamente spettare alla teologia, perché essa si occupa dell’oggetto più importante, Dio, e da Egli è direttamente rivelata, quindi è massimamente certa. Tuttavia Dio per mostrarsi deve rivolgersi a noi parlando la nostra lingua, dicendo cose che noi possiamo capire; ma allora la Rivelazione presuppone già un discorso metafisico più o meno compiuto (forse non è un caso che la Rivelazione non scenda in blocco ma sia “distribuita” nel corso della storia): se Dio dice “Io sono Colui che sono”, si presuppone che possiamo intenderlo in qualche modo. Un certo livello di sapere metafisico è quindi necessario alla ricezione della teologia, ed è quindi giusto riproporre il tradizionale appellativo della metafisica come ancilla theologiae; ma tale rapporto di signoria e servitù sembra quasi rovesciarsi dialetticamente, dal momento che sembra essere il sapere metafisico a dettare le regole alla teologia e renderla possibile come scienza. Tale contraddizione mi pare comunque si risolva in maniera semplice dicendo che la teologia è prima in quanto scienza assolutamente certa dell’oggetto più eminente, mentre la metafisica è prima solo quoad nos (rispetto a noi), quanto al progredire della nostra conoscenza, ed in effetti è la teologia stessa ad insegnare che nella visione beatifica sarà possibile conoscere Dio come Egli è, quindi senza la mediazione della metafisica, che è scienza umana e non divina.

 

5) Comprese tutte queste distinzioni, si capisce allora come sia sbagliato far entrare Dio all’interno del discorso scientifico, contrariamente a quanto pretendono di fare i creazionisti all’americana (o magari pure qualche teologo cattolico ingenuo). Ma al tempo stesso si deve capire che Dio sta a fondamento del discorso scientifico stesso; sta a fondamento del fatto che ci sia qualcosa su cui discutere, che questo qualcosa sia intelligibile, che noi siamo in grado di farlo, che desideriamo farlo, che desideriamo conoscere. A fondamento di tutto c’è il Logos e noi vogliamo e possiamo conoscerlo.

Inoltre si sosteneva (mi riferisco al mio amico) che le vie di Tommaso non sarebbero sufficienti, altrimenti non ci sarebbero atei. Però, allora, mi vedo costretto a portare la mia testimonianza personale, perché senza Tommaso io mi crogiolerei nell’agnosticimo, ostentando indifferenza ed atarassia come un Eugenio Scalfari qualsiasi. Se io non sono caduto nel nichilismo è grazie a Tommaso. Certo, la metafisica non ci rivela il Dio della fede cristiana, bensì il Dio dei filosofi, ne sono perfettamente consapevole, e Tommaso stesso lo dice chiaramente; ma ci si tiene comunque ben lontani dall’ateismo.

 

6) Qualche parola sul principio di causa. La causalità è fondata sulla partecipazione, e di quest’ultima credo non possa proporsi definizione più chiara di quella data da Tommaso stesso: Est autem participare quasi partem capere, et ideo quando aliquid particulariter recipit id quod ad alterum pertinet universaliter dicitur participare illud, sicut homo dicitur participare animal, quia non habet rationem animalis secundum totam communitatem; et eadem ratione Socrates participat hominem. Secondo l’esegesi del Fabro si devono distinguere due tipi di partecipazione, la partecipazione trascendentale, ossia la partecipazione dell’ente all’essere, e la partecipazione predicamentale, che è orizzontale, resta cioè sul piano dell’ente detto secondo le dieci categorie aristoteliche (o predicamenti appunto). La fondazione delle cause seconde richiede ovviamente entrambi i tipi di partecipazione. Riprendendo la lezione aristotelica si ricordi che l’atto del mobile e l’atto del motore sono un unico e medesimo atto, ovvero causa ed effetto partecipano di un’unica e medesima forma; è pertanto la partecipazione che fonda il nesso causale: quando una data forma è ricevuta per partecipazione in due enti distinti, allora o l’uno è causa dell’altro, oppure entrambi sono causati da un terzo agente. La causa formale-finale è sempre presente, infatti Tommaso definisce il fine come causa delle cause (causa causarum), perché ogni causa efficiente agisce secondo un ordine specifico (omne agens agit propter finem), seconda una certa direzionalità, ovvero secondo una forma-fine (li metto insieme perché tali sono negli agenti non intelligenti) che viene ricevuta per partecipazione dall’effetto. È perciò nella partecipazione che si riconosce il nesso causale, e si è così capaci di giustificare metafisicamente la nozione di causalità espressa dalle proposizioni controfattuali: il tale ente non si dà senza che si dia il tale altro ente. Duns Scoto, analitico ante litteram, nel Trattato sul Primo Principio, esprime tutto ciò sotto forma di teorema dimostrando una dopo l’altra le seguenti proposizioni: quod non est finitum (ovvero ordinato ad un fine) non est effectum,quod non est effectum non est finitum. Il “povero” Hume, erede di una filosofia che aveva ormai disconosciuto le cause formali e finali, si ritrovò con la sola causa efficiente, e cercò di trovarne il fondamento, ma ovviamente non poteva. Il principio di causalità viene abbandonato e con esso tutta la scienza: Hume finisce nello scetticismo

Non c’è bisogno di andare nei sistemi complessi per trovare le cause formali e finali. Esse sono sempre presenti affinché la stessa causa efficiente sia fondata. Basti pensare ad esempio come il principio di minima azione, così palesemente teleonomico, sia basilare praticamente per tutta la fisica oggi conosciuta.

 

7) Concludo dicendo che tutto quanto ho scritto fin qui non è chiaramente farina del mio sacco, ma semplice ripetizione di ciò che ho appreso leggendo tomisti autorevoli come Maritain o Fabro. Ora io non nego che ci siano state e ci siano ancora semplificazioni e banalizzazioni del pensiero di Tommaso, ma questo non dimostra nulla contro Tommaso stesso. Molti, troppi tomisti hanno purtroppo reso un pessimo servizio al maestro, trasformando il suo luminoso pensiero in una serie di vuote formulette, incapaci di calarle nel reale e nella vita. Per esperienza personale se si vuole studiare Tommaso bisogna fare moltissima attenzione ai manuali, perché in genere lo presentano in maniera superficiale e fuorviante; è piuttosto preferibile leggere direttamente Tommaso guidati da tomisti di indubitabile preparazione e profondità di pensiero, come appunto il padre Fabro.

 

8) Una stoccata alla modernità è d’obbligo. Tutto questo chiaramente è metafisica, non scienza (nell’accezione moderna del termine). Ma è la metafisica a fornire i fondamenti teoretici sui quali è possibile edificare la scienza, e pensare di poter usare una teoria scientifica o delle evidenze empiriche (come pretendono certi moderni “pensatori”) per confutare delle tesi puramente metafisiche, quali sono quelle che ho esposto, è un’assurdità a sentire la quale Aristotele si rivolterebbe nella tomba, se mai le sue ossa siano ancora da qualche parte. Come diceva Koyré, senza la metafisica la scienza è morta. Buona parte dei filosofi moderni pensa che la metafisica sia inutile, se non addirittura priva di senso. Io sarò immodesto, ma penso che questi signori non abbiano capito nulla, e che un Aristotele o un Tommaso potrebbero papparseli in un boccone, ritornassero all’improvviso a vivere.

Io sono un fisico, e francamente delle speculazioni del circolo di Vienna ne faccio tranquillamente a meno. È grazie a Tommaso se posso comprendere i fondamenti del lavoro che faccio (ed ho la convinzione che gli scienziati siano per lo più degli aristotelici spontanei che non sanno di esserlo).

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39 commenti a Le cinque vie di Tommaso sono ancora valide

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  1. mercuriade ha detto

    Bellissimo articolo.
    Soprattutto per aver messo a fuoco che si tratta di “vie”, non di “prove”, men che meno “ontologiche” perché non partono dall’essere in sé, ma dalla realtà sensibile. E che i vari tomisti non abbiano fatto che incrostare l’opera tommasiana, che solo negli ultimi tempi sta emergendo con tutta la sua carica di novità.
    Maria Bettetini l’ha sottolineato molto chiaramente in quest’articolo su “Il Sole 24 Ore”:
    http://ilpalazzodisichelgaita.wordpress.com/2013/10/04/tommaso-senza-tomismi/

  2. Oddio, non mi mi ero però accorto del titolo scelto dalla redazione! Quello va cambiato assolutamente, non si tratta di prove ontologiche! Togliete “ontologiche” al più presto per favore.

    • luca ferrara ha detto in risposta a Francesco Santoni

      Ciao Francesco, ho letto il tuo bellissimo articolo. Complimenti…!
      Penso che ci sarebbe molto da discutere sul rapporto tra Tommaso e Kant riguardo Dio e la sua esistenza, tenendo presente che per entrambi il problema è la non conoscenza della sua essenza…

  3. Frilly ha detto

    Ex motu et mutatione rerum: perchè cercare il primo motore?
    Ex ordine causarum efficientium: perchè ogni cosa dipende da un’altra?
    Ex rerum contingentia: perchè negare la logica della degenerazione naturale?
    Ex variis gradibus perfectionis: perchè parlare di esistenza di gradualità nelle cose se poi si finisce nel condannabile relativismo?
    Ex rerum gubernatione: chi determina l’intelligenza di un essere qualsivoglia pensante o quantomeno pensante?

  4. Eigub Etted ha detto

    Certo è che questo Dio “dedotto” per “analogia” non ha nulla a che vedere con gli dei delle religioni.

    “ma ci si tiene comunque ben lontani dall’ateismo” non è un merito, denota piuttosto una posizione da “partito preso” piuttosto che una sana riflessione critica.

  5. Complimenti Francesco, si vede che conosci Fabro e S. Tommaso!

    Mi permetto solo di aggiungere una chiosa critica per riguardo al principio di causa. Come tu sai Padre Fabro nel 1936 vinse un concorso presentando un lungo articolo su tale questione; questione poi ripresa successivamente come fondamento delle sue analisi intorno alla partecipazione come fondamento della IV via tomistica per dimostrare l’esistenza di Dio (IV via nella Summa Theologiae) o via dei “gradi dell’essere”.

    A mio avviso però, e fu un’obiezione che rivolsi direttamente a P. Fabro, quando lo incontrai nel tardo 1994, il modo in cui Fabro parla del principio di causalità è errato, perché San Tommaso non lo intese mai come un “principio primo della conoscenza per se notum”, ma, a mio avviso, come un principio induttivo che trova la propria spiegazione ontologico-metafisica più profonda proprio nei passaggi, rigorosamente deduttivi, che stanno al centro delle dimostrazioni dell’esistenza di Dio.

    Ad esempio nel caso della prima via della Summa (quella del “divenire”), questo è il passaggio in cui la causalità è fondata deduttivamente (a partire dalla concezione iniziale che se ne ha per induzione): “Impossibile est ergo quod, secundum idem et eodem modo, aliquid sit movens et motum, vel quod moveat seipsum. Omne ergo quod movetur, oportet ab alio moveri”.

    Data la definizione del movimento in base alle nozioni di potenza ed atto, S. Tommaso in questo passaggio esclude tutte e 2 le possibilità alternative al motore immobile: 1) che il diveniente si muova se stesso, 2) che una causa del divenire semplicemente non ci sia (questa l’obiezione di Hume, ripresa pari pari da un certo Gustavo Bontadini, che affermava essere contraddittorio negare tale possibilità in base al principio “ex nihilo nihil”, dato che ciò implicherebbe l’uso del principio di causa).

    In ultima analisi quanto vorrei fare rilevare è che Hume va battuto sul suo terreno , che è quello induttivo, sia per quanto riguarda la causalità, che per quanto riguarda il suo proto-idealismo scettico (impossibilità di affermare l’esistenza del tavolo, una volta usciti dalla stanza in cui era visibile): l’onere della prova è suo (ci dimostri l’esistenza di un effetto privo di causa e ci dimostri che sostanze extra-mentali non esistono). In realtà Hume è l’erede più illustre del dubbio iperbolico cartesiano, che è una posizione di pura fantasia, non una posizione teorica vera: dubitare delle nostre percezioni e conclusioni induttive perché non è possibile ridurre a contraddizione l’esistenza ipotetica di un genio ingannatore, è un non senso, poiché che il genio ingannatore ci sia o no, le nostre percezioni e induzioni resteranno esattamente identiche.

  6. La stessa prospettazione della IV via fatta da P. Fabro mi pare criticabile. Se ricordi in pratica Fabro, una volta giunto alla nozione di “actus essendi”, afferma che, essendo giunti in possesso di una tale nozione (tramite un processo di “resolutio” induttivo-gnoseologica), si comprende che di per sé l’actus essendi non ha limiti e dunque in effetti esiste senza limiti (= Dio come Atto Puro). Fabro in questo modo elimina i rigorosi passaggi deduttivi delle prove tomiste, cosa che San Tommaso certo non approverebbe.

  7. Francesco Santoni ha scritto: “Io che sono teista solo grazie alla metafisica di Tommaso, ma agnostico in fatto di Rivelazione”…

    Stessa mia esperienza, se ci limitiamo alla prima frase. Mi spieghi perché hai così grandi problemi nel deciderti intorno alla religione rivelata?

  8. danieleb ha detto

    Vi incollo il commento di un commentatore in un sito laico proprio su questa questione:

    “Quelle di san Tommaso sono argomentazioni, lui stesso evitò di usare il termine dimostrazione ben comprendendo che fosse inadatto.
    In particolare sono delle tautologie.
    La prima ASSUME che ogni moto sia stato mosso. Cosa che non è affatto ovvia.
    Si assume anche che un’eventuale catena di cause debba essere finita.
    Altro assunto totalmente arbitrario. Esistono infatti catene infinite, pensa ai numeri, dunque è illogico escluderle a priori.
    Come è illogico escludere a priori che qualcosa che si muove non possa muoversi da sempre, o essersi messa in moto da se.

    La seconda è autocontraddittoria. Dice che nessuna causa è causa di sè e poi che esiste una causa prima (che è causa di se).
    Inoltre assume la relazione di causalità che è tutt’altro che evidente.

    La terza assume che ci fosse un tempo nel quale nulla era. Assunzione pesant5e e per nulla argomentata.
    A livello evidente anzi verrebbe da dire il contrario. Proprio perchè tutti hanno una mamma verrebbe da pensare che sempre vi fu qualcosa.

    La quarta si centra su concetti del tutto estranei alla logica: la perfezione, qualunque cosa essa sia.

    La quinta assume il concetto di fine, anche questo assunto forte e arbitrario.
    Inoltre anche credere in un fine è ciò che richiede più sforzo, dato che ogni evidenza mostra casualità.”

    Ad occhio, non sapendo nulla di filosofia, mi sembrano da parte di questo commentatore delle argomentazioni un pò troppo superficiali, ma potrei anche sbagliarmi. Chiedo quindi un parere da chi ne sa più di me.
    Un saluto a tutti

    • Emanuele ha detto in risposta a danieleb

      Io ne so molto poco, ma ci provo con un paio… Giorgio Masiero spero si tappi le orecchie…

      La catena di casualità è finita, poiché l’universo è finito nel tempo (ha avuto origine con il big bang) e nello spazio (è possibile stimare il numero di atomi che lo compongono).

      Alcune teorie cosmologiche che affermavano una creazione continua della materia dal nulla (universo stazionario, senza origine ed infinito) sono via via cadute alla prova dei fatti.

      Le catene di numeri sono astrazioni logiche, non sempre collegate con la fisica. Sono come le parole… Potrei immaginare un romanzo di lunghezza infinita, ma in pratica nessuno potrebbe né scriverlo né leggerlo…

      Che poi una cosa si metta in moto da sola, anche questo è impossibile. Infatti, poichè massa ed energia sono equivalenti per la teoria della relatività, generare energia dal nulla è come far apparire le cose dal nulla (vedi sopra).

      • Jacques de Molay ha detto in risposta a Emanuele

        Un appunto, nei limiti delle mie conoscenze: quella a cui fai riferimento tu è una versione specifica dell’argomento cosmologico, ossia la versione “kalam”, di cui uno dei maggiori difensori contemporanei è William Lane Craig, per dirne uno, il quale sostiene che la causa dell’Universo sia da intendersi proprio come una “causa temporale”. Tipo la prima causa il cui effetto è stato la caduta del primo pezzo del domino, per intenderci.
        Ma questo non è ciò che aveva in mente Tommaso: egli infatti riteneva che solamente per fede si potesse considerare l’Universo non eterno. Tommaso, in soldoni, sostiene che non è possibile dimostrare, per via filosofica, che l’Universo abbia avuto un inizio nel tempo. L’inizio nel tempo è tuttavia irrilevante al fine di ciò che andrà a dimostrare. A questo punto ci sarebbe da fare un distinguo tra quella che è una cosidetta serie di cause ordinate “per accidens” da quella che è una serie di cause ordinate “per se”, ma per non dilungarmi troppo lascio a chi legge l’onere della ricerca.
        Comunque, è proprio a quest’ultimo tipo di catena causale che Tommaso farà riferimento per dimostrare che l’Universo può anche esserre eterno, infinito nel tempo (almeno nel passato), ma che tuttavia richieda NECESSARIAMENTE una Causa Prima che agisca QUI e ADESSO, che sostenga ad ogni istante la creazione. E questa serie di cause ordinata “per se”, o anche “essenzialmente ordinata”, non può regredire all’infinito, proprio perchè ognuno dei suoi membri non ha potere causale in ragione propria, ma è puramente “strumentale”. E se anche questa catena fosse infinita, o anche circolare, ancora -prioprio per lo stesso motivo- avrebbe bisogno di un motore primo, che non sia “mosso” da altro.

      • Giorgio Masiero ha detto in risposta a Emanuele

        Non ti preoccupare, Emanuele, in metafisica io non posso fare osservazioni a nessuno, perché ho solo da imparare.

    • Francesco Santoni ha detto in risposta a danieleb

      Purtroppo quelle obiezioni sono la solita pappardella acriticamente ripetuta in buona parte dei manuali di filosofia. Considerando la mia esperienza, non è necessario mettersi a disputare con Tizio e Caio. Sarebbe invece meglio che tutti i “metafisici” facessero in modo di scrivere sull’argomento quanto più possibile, trattandolo da diversi punti di vista, sviscerandolo e approfondendone la varie parti, fino a creare una sorta di “massa critica” di argomenti a favore del teismo. Accettare gli argomenti di Tommaso richiede, per la mentalità moderna, un vero e proprio cambio di paradigma. Io ho maturato le mie posizioni dopo aver studiato molto, ed essermi quindi costruito un armamentario teoretico sufficientemente vasto da trovare in esso risposta alle obiezioni che di volta in volta incontravo o mi ponevo. Per questo è meglio, secondo me, parlarne il più possibile, diffondere la conoscenza di questi argomenti, in modo che ognuno possa da sé trovare risposta ai propri i dubbi o alle proprie obiezioni, evitando invece la disputa, dove in genere le due parti si irrigidiscono rifiutando a priori di cambiare idea.

    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a danieleb

      Commento solo brevemente la seguente affermazione: “Come è illogico escludere a priori che qualcosa che si muove non possa muoversi da sempre, o essersi messa in moto da se”.

      1° errore) Si confonde con l’eternità con l’impossibilità dell’essere causati.
      2° errore) Proprio il nucleo centrale della prima via, dimostra che è contraddittorio darsi ciò che non si ha ancora.

  9. Scusate, leggo i vostri commenti, però in questi giorni con gli impegni di lavoro non riesco a rispondere. Atheos=aethos, se gentilmente potresti inviare i tuoi commenti anche direttamente sul mio blog, poi rispondo con calma la settimana prossima.

    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Francesco Santoni

      Appena ne ho il tempo lo faccio. Grazie per la citazione sul tuo blog a proposito della fallacia naturalistica. A fine ottobre consegno all’editore il volume che costituisce lo sviluppo (purtroppo ancora non adeguato) della questione.

  10. edmondo ha detto

    santoni,spero che il terreno della fisica ti sia piu’ congeniale di quello filosofico….del resto quelli come te “del Circolo di Vienna non sanno che farsene…”
    quelli come te,appunto.

  11. edmondo ha detto

    bravo,metti le regolette.
    ps perche’ non metti anche il tuo curriculum,quello relativo alla fisica,s’intende. sarai certamente al corrente di quanti tuoi colleghi devono lasciare il Paese facendo valere i loro meriti Oltralpe.
    chissa’ quanto andra’ ancora avanti questa situazione,eh?

    • Francesco Santoni ha detto in risposta a edmondo

      È probabile che presto toccherà anche a me. Ma che c’entra questo? Ovviamente nulla.

      • Katy ha detto in risposta a Francesco Santoni

        Non c’entra ovviamente nulla, devi solo pagare il dazio di essere credente, di essere un ricercatore e di argomentare la tua posizione. Gli insulti gratuiti e gli attacchi personali fanno parte del pacchetto, la tolleranza laica della comunità atea funziona così…che vuoi farci.

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Francesco Santoni

        A me è già toccato, anche se ormai è troppo tardi per trasferirmi all’estero. Ma non mi arrendo. Sono in fase di fondazione di un’associazione per ricercatori rimasti a piedi. Magari ne parliamo in privato…

    • Falena Verde ha detto in risposta a edmondo

      Cosa vuoi Edmondo? Che Francesco inserisca curriculum (che, sicuramente, considererai falso anche messo), la sua carta di identità, il numero della sua carta di credito, la marca preferita di pasta e il nome del supereroe preferito, quando tu nemmeno hai il coraggio di scrivere il tuo cognome (come me, del resto, ma io non pretendo di avere info aggiuntive)?
      Ah, Edmondo, una cosa sono gli apostrofi, un’altra gli accenti.
      Fai più bella figura a non commentare più in questo posto con quel nick e a cambiare registro la prossima volta.

      Detto questo, Francesco, il tuo è un ottimo articolo, che aumenta la qualità del sito.

      • Francesco Santoni ha detto in risposta a Falena Verde

        Scrive con gli apostrofi a posto degli accenti perché probabilmente usa una tastiera inglese che non ha vocali accentate, è quindi probabile che sia all’estero e che sia uno di quei ricercatori di cui parlava costretti ad andarsene dall’Italia. La cosa evidentemente gli pesa e ha bisogno di sfogarsi. Ma non capisco perché prendersela proprio con me.

    • andrea g ha detto in risposta a edmondo

      Affidati al Signore, ed Egli ti aiuterà:
      ” Venite a ME, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e IO vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da ME, perché IO sono mansueto
      e umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre;
      poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero”.
      Mt XI,28-30

  12. Jacques de Molay ha detto

    Francesco, una domanda: cosa ne pensi di Feser e del “suo” tomismo? Al momento è lui il mio mentore, ma… hai appunti e/o critiche da muovergli?

    • Norberto ha detto in risposta a Jacques de Molay

      Feser è un mito, il suo blog è fantastico bisognerebbe tradurre i suoi articoli in italiano!

      • Jacques de Molay ha detto in risposta a Norberto

        Eh si, davvero! Mi piacerebbe sapere però se il suo pensiero rispecchi l’ortodossia, per così dire. Io ancora non posseggo una conoscenza sufficientemente approfondita per capirlo. Comunque si, ci sarebbe davvero da chiedergli il permesso di tradurre ed utilizzare i suoi articoli!

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