Lo storico ebreo Gilbert: «Vaticano e Pio XII salvarono migliaia di ebrei»

Ormai, a parte il rabbino Riccardo Di Segni e pochi altri, sono davvero numerosi gli storici ebrei a favore dell’operato di Pio XII circa le sorti degli ebrei durante la dittatura nazista.

L’ultimo in ordine cronologico ad esprimersi è stato Martin Gilbert,  storico di origine ebraica famoso come biografo ufficiale di Winston Churchill e come uno dei più noti studiosi dell’Olocausto, autore di 72 libri, molti dei quali sull’argomento.  Ha dedicato gran parte della sua vita a declassificare i documenti e verificare testimonianze sulla storia ebraica. 

Ha affermato il mese scorso: «Come storico ebreo, ho a lungo sentito il bisogno di rivelare pienamente l’aiuto cristiano agli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale e la storia degli uomini che sono stati coinvolti nel salvataggio». Gilbert ha anche parlato del ruolo del Vaticano e dei suoi rappresentanti: «All’inizio erano soprattutto preoccupati per il destino degli ebrei che si erano convertiti al cristianesimo, ma quando il delitto divenne evidente il Vaticano ha espresso preoccupazione non solo per la loro macellazione, ma  ha incoraggiato i rappresentanti pontifici in Europa a compiere ogni sforzo a favore dei perseguitati».

Cadono dunque le accuse a Pio XII, il quale «ha ritenuto, a mio parere correttamente, che l’intervento diretto avrebbe avuto conseguenze disastrose nelle forme di rappresaglia e un’escalation di persecuzione. Scomunicando Hitler non avrebbe ottenuto altro che aumentare la persecuzione dei cattolici sotto la loro sfera di controllo». Gilbert ha poi raccontato che «sacerdoti e vescovi cattolici hanno lavorato per salvare gli ebrei in ogni paese in cui venivano minacciati, tra cui Francia, Italia e Polonia, paese che era in vigore la pena di morte per coloro che aiutavano gli ebrei». Molti cattolici vennero massacrati per questi aiuti, come accadde alla famiglia Ulma (di cui è stato avviato il processo di beatificazione).

«In Ungheria», ha proseguito lo storico ebreo, «il Nunzio Apostolico Angelo Rotta ha condotto uno sforzo diplomatico tale da salvare oltre un centinaio di migliaia di ebrei. In Francia, la Chiesa cattolica è stata molto attiva nel salvare decine di migliaia di persone e in Italia, chiese e monasteri sono stati i primi a salvare vite umane. Quando le SS vennero a Roma, la Santa Sede prese sotto la sua protezione centinaia di migliaia di ebrei, accogliendoli in Vaticano e incoraggiando nel contempo tutte le istituzioni cattoliche a fare altrettanto». «Grazie a queste iniziative», ha quindi concluso, «meno di un quarto di tutti gli ebrei romani furono imprigionati o deportati. La Chiesa cattolica è stata al centro di questa grande operazione di salvataggio. Io la definisco un’opera sacra».

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Nuovi documenti: Pio XII favorì la nascita dello stato di Israele

Sono ormai passati nove anni da quando l’ebreo Gary Krupp fondò, nel 2003, la Pave the Way Foundation, che si propone di “promuovere eventi culturali, educativi, caritativi e tecnologici, e di eliminare gli ostacoli non teologici tra le fedi.” La fondazione ha tutt’ora intenzione di far uso del rispetto internazionale ottenuto negli anni verso la fine della violenza e dell’abuso nelle religioni.

In questo sito se ne è già parlato svariate volte e molto spesso il protagonista di tali articoli è sempre uno: Eugenio Pacelli, meglio conosciuto come Papa Pio XII. Si torna in questi giorni a parlare di questa figura estremamente discussa sulle pagine de “Il Corriere della Sera”, proprio in occasione di un’operazione della fondazione “Pave the Way”: nonostante un ingenuo scivolone circa la fondazione (che non è ebraica, come riportato) si riporta la notizia della pubblicazione di “nuovi documenti storici” dai quali si ricava che: «Per circa quarant’ anni, dal 1917 fino al 1958, prima come vescovo e nunzio, e poi come papa, Pio XII, Eugenio Pacelli, si adoperò costantemente per permettere la costruzione dello Stato d’ Israele e per agevolarne il riconoscimento internazionale». Un documento specifico, datato 1944, che consisteva nella risposta di Pio XII a Domenico Tardini, allora segretario di stato Vaticano, contrario al sostegno nei confronti del futuro stato di Israele: «Gli ebrei hanno bisogno di una propria Patria», scrisse di suo pugno il Papa, che molti definirono e definiscono, instancabilmente, “amico dei nazisti”. Questo documento si trova nella sezione chiusa della Biblioteca Vaticana e non sarà disponibile fino a quando gli archivi verranno completamente aperti.

Nel 1917, mons. Pacelli (allora segretario degli Affari Straordinari) incontrò il presidente della World Zionist Organization, Nahum Sokolow, ed organizzò per lui un incontro con Papa Benedetto XV per discutere la creazione di una patria ebraica. Il 15 febbraio 1925 avvenne un secondo incontro. Il 15 novembre 1917, il nunzio Pacelli agì su richiesta urgente della comunità ebraica della Svizzera per un suo intervento perché si temeva un massacro degli ebrei in Palestina da parte dell’Impero Ottomano. Pacelli chiese al governo tedesco, che si era alleato con i turchi ottomani, di proteggere gli ebrei della Palestina, “anche con l’uso delle armi”.  Nel 1926, continuano i documenti pubblicati dall’ebreo Krupp, Pacelli lanciò un appello a tutti i cattolici di unirsi al movimento pro-Palestina in Germania.

E’ stato anche ritrovato anche il discorso di Pio XII pronunciato nel 1946 davanti ad una delegazione araba venuta a Roma per dissuaderlo ad appoggiare una patria ebraica in Palestina. Pio XII concluse l’incontro lasciando delusa la delegazione e parlando di «persecuzione scatenata da fanatici antisemiti contro il popolo ebraico». Secondo una ricerca condotta dalla Fondazione Raoul Wallenberg, è stato Pio XII che “ha spianato la strada” ai Paesi cattolici membri delle Nazioni Unite per votare positivamente a favore di una spartizione della Palestina nel novembre del 1947. Sono stati scoperti anche articoli di giornali su come il Vaticano incoraggiò la Spagna a riconoscere lo Stato ebraico nel 1955. Il direttore della Pave the Way Foundation, Elliot Hershberg, ha dichiarato: «la nostra ricerca ha dimostrato che il rapporto positivo di Papa Pio XII nei confronti del popolo ebraico iniziò nella gioventù di Pacelli […]. I documenti che abbiamo scoperto rivelano i numerosi interventi di Pacelli per salvare vite di ebrei e proteggere le tradizioni ebraiche. Questa evidenza ripudia le accuse che Pacelli fosse in ogni modo antisemita, che è stato accreditato come un fatto da alcuni storici». Segnaliamo che nuovi documenti arrivano anche dal dott. Preziosi, che ha rilevato traccia degli aiuti prestati dal vescovo mons. Palatucci agli internati ebrei e politici del campo di concentramento di Campagna- Pio XII era al corrente e in almeno cinque occasioni intervenne di persona.

Michele Silvi e Luca Pavani

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Pio XII eroe durante l’Olocausto, lo dimostrano storici ed ebrei

Capita spesso di sentire detrattori e “intellettuali” giustificare l’ormai palese merito della Chiesa e delle sue istituzioni religiose nel salvare dall’Olocausto migliaia di ebrei, parlando di sole iniziative personali dei religiosi che sarebbero stati addirittura abbandonati a loro stessi dalle alte gerarchie ecclesiastiche. Studi recenti provano invece il contrario: uno sforzo coordinato e segreto ad ogni livello gerarchico, come sostengono  i numerosi esperti in occasione delle attribuzioni del titolo di Giusto Fra le Nazioni da parte proprio degli ebrei salvati o dei loro discendenti. Da questi documenti emerge innanzitutto la struttura gestita capillarmente dell’opera di salvataggio, non ottenibile senza un riferimento “in alto”. A sostegno di questa tesi si riportano i seguenti dati:

L’Associazione Culturale Coordinamento Storici Religiosi (www.storicireligiosi.it) dal 2002 ha appurato che più di 220 case religiose sulle 750 totali presenti nella sola capitale italiana avrebbero ospitato e custodito buona parte dei 10.000-12.000 ebrei  in cerca di rifugio e sicurezza. Dalla ricerca sono state inoltre escluse per scelta metodologica le parrocchie, le famiglie private e gli arcivescovadi. La Congregazione di Don Orione, a cui è andato il titolo di Giusto fra le Nazioni attribuito a Don Gaetano Piccinini il 23 Giugno 2011 a Roma, avrebbe agito nascondendo personalità ebraiche note e ricercate dal regime tramite l’accompagnamento sui mezzi pubblici, la disponibilità di nascondigli e rifugi e ogni genere di assistenza durante il trasferimento segreto. Il Corriere della Sera nella sua edizione del 26 Gennaio 2012 pubblica inoltre un articolo su Padre Giovanni da San Giovanni in Persiceto, il quale avrebbe compilato un accurato rapporto per i suoi superiori dove tratterebbe di 201 persone nascoste nei conventi femminili di Roma, variamente distribuite e classificate con precisione se militari dissidenti, civili o ebrei. Questo documento è tracciabile in ogni passo del suo viaggio attraverso l’ambasciata italiana presso la Santa Sede (di cui Padre Giovanni era Cappellano e Consigliere Ecclesiastico Onorario) fino al Ministero degli Esteri. In esso si possono trovare numerose ammissioni e prove della collaborazione delle alte sfere ecclesiastiche nell’opera di salvataggio.

Grazia Loparco, giornalista dell’Osservatore Romano nel suo articolo del 25 Gennaio 2012, ha spiegato che fuori Roma, specie per i monasteri, occorse almeno la conferma esplicita dei vescovi, muniti di speciali facoltà, a quanto stava avvenendo. I processi decisionali dei religiosi, a volte il loro cambiamento in seguito a direttive che apparivano chiare, possono illustrare meglio la relazione tra congregazioni, Chiesa locale e Santa Sede. L’arrivo, la permanenza, le strategie di occultamento degli ebrei, le relazioni interpersonali e religiose sono abbastanza note, tuttavia dietro ogni nome c’è una storia, personale e familiare. Gli elenchi di singoli o di nuclei familiari, uniti o separati per sesso ed età e parentela, sono ben più che una catena di nomi. Più di 300 sono identificati fuori Roma e più di 600 nella capitale, alcuni solo per cognome per indicare l’intera famiglia, e dunque con un numero impreciso, ma sicuramente più elevato. Certamente si tratta di una percentuale, rispetto agli almeno 4.500 ebrei di cui resta memoria spesso non identificata, che furono nascosti in vario modo nelle comunità religiose di Roma. Uno di questi è il frate di cui parla il quotidiano “La Stampa” del 27 gennaio 2012, che salvò gli ebrei con le foto degli ex-voto.

Il ricercatore statunitense William Doino jr, esperto di rapporti tra Chiesa cattolica, fascismo e nazismo, elenca su “Vatican Insider” del 27 gennaio 2012 alcuni testi storici di approfondimento, da cui emerge la figura di Pio XII in relazione alle ideologie totalitarie come «profondamente preoccupato per la sorte di ebrei e cristiani». Ha quindi citato due documenti: il primo è un messaggio del presidente americano Franklin D. Roosevelt inviato il 3/8/44 a Pio XII:  «Vorrei cogliere l’occasione per esprimere a Sua Santità il mio apprezzamento profondamente sentito per la continua azione che la Santa Sede ha compiuto, impegno generoso e misericordioso nel prestare assistenza alle vittime delle persecuzioni razziali e religiose». Il secondo è il rapporto della Conferenza sulle relazioni ebraiche del 1946, intitolato “Saggi sulla l’antisemitismo”. Il professor Koppel Pinson, che ha curato l’opera, ha commentato: «Possiamo essere d’accordo o in disaccordo con le linee generali delle politiche del Vaticano. Ma un fatto è indiscusso: il papato non ha mai parlato in questi termini inequivocabili contro il razzismo e l’antisemitismo, come nelle parole e nelle azioni del presente papa, Pio XII, e il suo predecessore Pio XI». Ha poi descritto alcuni interventi “salva-vita” diretti di Pio XII, emersi dalle testimonianze dirette degli ebrei salvati.

Il 17 gennaio 2012 Gary Krupp, l’ebreo fondatore della “Pave the Way Foundation” (PTWF), in occasione della Giornata del dialogo ebreo-cattolico, ha rilasciato a “Zenit un’intervista in esclusiva in cui parla della «leggenda nera contro papa Pio XII», ormai «confutata dalla verità dei fatti. È una responsabilità degli Ebrei dal momento in cui abbiamo accumulato un grande mucchio di prove sul fatto che Eugenio Pacelli fu davvero uno dei grandi eroi per gli Ebrei durante l’Olocausto. L’ingratitudine è uno dei peggiori difetti nell’Ebraismo. L’accettazione della verità sull’eroismo personale di Pacelli, credo sia essenziale per portare i miei fratelli e sorelle ebrei alla redenzione. La reputazione di Eugenio Pacelli deve essere riscattata, laddove intenzionalmente il KGB iniziò la più grande campagna diffamatoria del XX secolo. Questa operazione fu portata a termine con successo per isolare gli Ebrei dai Cattolici, al momento della riconciliazione avvenuta con il documento conciliare Nostra Aetate». Sempre in quella data, “Zenit” ha pubblicato un secondo articolo informando di un nuovo dossier, intitolato “I vescovi contro i rastrellamenti” e pubblicato sulla rivista francese “Histoire du Christianisme Magazine” (HCM). Si tratta di uno studio della storica  Sylvie Bernay sul ruolo di salvataggio degli ebrei da parte dei Vescovi francesi, i quali erano «sostenuti da Pio XII». Viene citato anche un rapporto del colonnello Knochen, capo delle SS in Francia, preoccupato del continuo interesse di Pio XII per la condizione degli ebrei francesi.

Questo il ruolo “segreto” di Pio XII. Riguardo alla sua posizione pubblica e al Concordato con partito nazista, ne ha parlato Sergio Romano sul “Il Corriere della Sera” del 2 febbraio 2012, dicendo che «Pacelli sperò sempre che il Concordato, benché spesso violato, avrebbe fornito alla Santa Sede il diritto e gli argomenti per contrastare le continue aggressioni di Hitler. La prudenza del diplomatico prevalse in lui sull’indignazione del pastore».

Marzio Morganti, Luca Pavani

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Quando Pio XII disse: «siate orgogliosi di essere ebrei»

Fra le accuse più indegne e infamanti rivolte alla Chiesa Cattolica, la più ingiusta e bruciante è forse quella di aver collaborato con un vile silenzio/assenso allo sterminio degli ebrei operato da mano nazifascista durante gli anni più tremendi del secolo scorso. Il non opporsi apertamente del Sommo Pontefice Pio XII a quanto di atroce stava accadendo in Europa viene comunemente interpretato come una posizione di chiaro antisemitismo e di cooperazione da un certo becero laicismo da bar di giovani impreparati e di “intellettuali” televisivi tanto ben informati quanto faziosi e ideologizzati.

Tuttavia, come spesso succede, le teorie e le ideologie non trovano appoggio nei fatti (e tanto peggio per Hegel): nuove incredibili prove vengono a galla per scagionare il Principe Eugenio Pacelli proprio da parte di quegli ebrei che lui stesso contribuì a salvare durante il suo difficile pontificato. Howard “Heinz” Wisla è uno dei tanti ebrei che, dopo le traversie della guerra e della persecuzione, sono sopravvissuti e hanno raccontato la loro storia. E’ il 28 aprile 1944 quando Howard, sotto lo pseudonimo di Refugee, scrive sul The Palestine Post (l’attuale Jerusalem Post) un articolo chiamato “A Papal Audience in Wartime” per raccontare la sua storia e il suo incontro con il “Pastore Angelico”. E’ il 1941, il Papa lo accoglie benevolmente, lo fa parlare apertamente nella sua lingua madre (il tedesco) e non mostra di lasciarsi intimidire dalla minacciosa presenza di soldati tedeschi in uniforme. Ascolta la sua storia, comune a molti disperati, fino alla fine. Heinz è naufragato con la sua nave (la Pentcho) mentre tentava di fuggire dalla Slovacchia alla Palestina assieme ad altri 500 ebrei, nel 1940. Dopo undici giorni di stenti su un’isoletta deserta nel Mar Egeo, una nave italiana spunta all’orizzonte e li salva, ma la loro gioia dura poco: i marinai li consegnano tutti al campo di concentramento di Rodi, dove la loro fine sarebbe stata uguale a quella di milioni di altri sfortunati, è l’inverno a cavallo fra 1941 e 1942.

Ma è qui che la Chiesa interviene, nella forma di una delle tante navi della Croce Rossa che salvavano ebrei internati nei campi per trasferirli, ufficialmente, “altrove”. Heinz e molti altri vengono quindi trasportati lontano dalle grinfie dei loro aguzzini, nell’unico luogo dove avrebbero potuto attendere la fine della guerra al sicuro da ulteriori orrori: il “campo di concentramento” di Ferramonti di Tarsia presso Cosenza. Le virgolette sono d’obbligo: il campo sarà più tardi definito “un paradiso inaspettato” dallo stesso Jerusalem Post e “il più grande kibbutz del continente europeo” da Jonathan Steinberg, prestigioso professore di Storia Moderna Europea. E’ la fine del tragico racconto di Heinz. Il Papa lo esorta a portagli il giorno successivo una memoria scritta della sua tragica storia e parla ad alta voce, in modo tale che tutti lo possano intendere. In quel momento il secolare ruolo della Chiesa di Roma come protettrice e tutela dei poveri, degli indifesi e dei disperati risplende nuovamente nei salotti vaticani: «Figlio mio, solo il Signore sa se tu sei più degno di altri uomini, ma credimi: tu sei altrettanto degno di ogni altro essere umano che vive su questa nostra terra! E ora, o mio amico ebreo, vai con la protezione del Signore e non dimenticare mai: devi essere sempre fiero di essere un ebreo!»

Come abbiamo già detto, Howard Wisla sopravvivrà alla Shoah per raccontare con la sua penna e la sua gratitudine questa magnifica storia, una come tante altre, così poco conosciute perché “scomode”. Questa storia sarà riferita anche da William Doino Jr. nell’articolo Pope Pius XII: Friend and Rescuer of Jews che appare nel numero di gennaio di «Inside the Vatican», il magazine fondato e diretto da Robert Moynihan. La Verità è un dono che si riceve solo se si è pronti ad ascoltare, a compiere il gesto socratico di umiltà nell’ammissione “Io so di non sapere”. Ed è proprio ascoltando le numerosissime testimonianze di ebrei in quei tempi travagliati che il lettore potrà da solo scoprire come siano realmente andate le cose e il ruolo che la Chiesa Cattolica ha ricoperto in quel tremendo periodo della nostra Storia.

Marzio Morganti

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Continua la difesa di Pio XII da parte degli ebrei: trovato nuovo documento

Gary Krupp, un ebreo americano, è venuto in possesso della lettera di una donna ebrea la cui famiglia si salvo grazie all’intervento diretto del Vaticano. «E’ una lettera insolita, scritta da una donna che vive oggi nel nord dell’Italia e che dice che lei, con sua madre, suo zio e pochi altri parenti era a un’udienza con Pio XII nel 1947», ha dichiarato. Vicino al Papa, durante l’incontro c’era anche monsignor Giovanni Montini, il futuro Papa Paolo VI. Suo zio -ha spiegato Krupp- fissando il Papa disse: “Voi eravate vestito come un Francescano”, poi rivolgendosi a Montini: “e voi come un sacerdote. Mi avete portato fuori dal Ghetto fino in Vaticano”. Montini ha risposto subito: “Silenzio, non dite mai nulla di questa storia”.

Krupp ha parlato di questo documento riconoscendone l’autenticità, innanzitutto per la fonte e poi perché in linea con la personalità di Pio XII, il quale desiderava accertarsi delle cose con i propri occhi, infatti era solito girare in macchina per le zone bombardate di Roma. Secondo Krupp è quindi estremamente credibile che sia entrato nel ghetto per vedere di persona cosa vi accadeva. Gary Krupp e sua moglie Meredith, entrambi ebrei, hanno fondato nel 2002 la fondazione “Pave the Way” per “identificare ed eliminare gli ostacoli non teologici tra le religioni”. Nel 2006 iniziò a studiare la figura di Papa Pio XII e il suo atteggiamento durante la seconda guerra mondiale. «Noi siamo ebrei. Siamo cresciuti odiando il nome di Pio XII», dice. «Credevamo fosse un antisemita e un collaboratore dei Nazisti. Credevamo tutto quello che era stato affermato su di lui». Ma quando ha iniziato a studiare i documenti dell’epoca è rimasto estremamente sorpreso e «la sorpresa si tramutò in rabbia perchè mi era stato mentito», ha affermato.

Oggi Krupp, e come lui il rabbino David G. Dalin e tanti altri, concorda fermamente con le conclusioni di Pinchas Lapide, storico ebreo e diplomatico Israeliano che disse che le azioni dirette di Papa Pio XII e del Vaticano salvarono circa 897.000 ebrei durante la guerra. “Pave the Way” ha raccolto oltre 46.000 pagine di documenti storici che lo provano e sul proprio sito web pubblica numerose interviste di testimoni oculari e storici. «Credo che sia una responsabilità morale, questo non ha nulla a che vedere con la Chiesa Cattolica», ha dichiarato, «riguarda solo la responsabilità ebraica di riconoscere un uomo che ha agito per salvare un’enorme numero di ebrei in tutto il mondo mentre era circondato da forze ostili, spiate e sotto minaccia di morte». Krupp ha spiegato che Pio XII usò la rete globale di ambasciate della Santa Sede per aiutare gli ebrei a fuggire dall’Europa occupata. In un caso il Vaticano chiese, segretamente, alla repubblica Dominicana i visti (800 in una volta) per aiutare la fuga degli ebrei. Con questa sola iniziativa si stima che abbia salvato oltre 11.000 ebrei tra il 1939 e il 1945. Inoltre i conventi e i monasteri di Roma (territorio neutrale durante la Guerra) furono usati come nascondigli per gli ebrei.

Dopo la sua elezione al soglio pontificio nel 1939, A. W. Klieforth, il console generale americano a Colonia, inviò un telegramma segreto al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti illustrando i sentimenti di Papa Pio XII nei confronti del Nazismo in Germania. Krupp descrive la reputazione del Papa come luminosa e intatta fino a quando, nel 1963, lo scrittore tedesco Rolf Hochhuth scrisse la sua commedia “Il Vicario”. Egli ritrasse Papa Pio come un ipocrita che rimase in silenzio riguardo la persecuzione degli ebrei e da lì è nata la leggenda, ripresa da anticlericali e anticattolici. Il sito internet di “Pave the Way” porta la testimonianza di un ex ufficiale del KGB, Mihai Pacepa, che sostiene come quello di macchiare la reputazione del Papa fosse un piano sovietico. L’obiettivo dei comunisti sarebbe stato di «screditare il Papa dopo la sua morte, per distruggere la reputazione della Chiesa Cattolica e, più importante per noi, per isolare gli ebrei dai Cattolici. E sono riusciti bene nei loro intenti», ha sostenuto l’ebreo.

Concludendo, ritiene comunque che oggi la diga stia cedendo e ci sia una fondamentale revisione dei fatti che riguardano Papa Pio XII durante il tempo di guerra. Paradossalmente, conclude, ha dichiarato di trovare più resistenza su Pacelli quando parla nelle parrocchie cattoliche piuttosto che nelle sinagoghe ebraiche.

Davide Galati

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Il rabbino David Dalin: «il più grande amico degli ebrei? Pio XII ovviamente»

Non meno di 700.000 ebrei furono salvati daLL’attività caritativa della Chiesa per diretto interessamento di Pio XII. No, non solo sono gli storici occidentali a dirlo, ma uno storico leader ebraico, il rabbino David G. Dalin.

Egli ha dichiarato: «Durante il ventesimo secolo il popolo ebraico ha avuto un grande amico. Pio XII ha salvato più vite di ebrei di chiunque altro, anche più di Oskar Schindler e Raoul Wallenberg». Intervistato da Zenit.es, lo storico ebreo ha spiegato: «Oggi c’è una generazione di giornalisti impegnati a screditare gli sforzi documentati di Pio XII per salvare gli ebrei durante l’Olocausto. Questa generazione si è ispirata all’opera teatrale “Il Vicario” di Rolf Hochhuth, che però non ha alcun valore storico. Questi critici ignorano anche lo studio illuminate di Pinchas Lapide, che è stato console generale di Israele a Milano, il quale ha scoperto molti ebrei italiani sopravvissuti all’Olocausto. Nei documenti Lapide si dice che Pio XII ha incoraggiato la salvezza di almeno 700.000 ebrei dai nazisti. Ma secondo un’altra stima, questa cifra sale a 860.000».

Si è detto molto circa i presunti “silenzi” di Pio XII, tuttavia «abbiamo un sacco di documentazione che non stette proprio in silenzio, parlò infatti ad alta voce contro Hitler e quasi tutti lo vedevano allora come un oppositore del regime nazista. Durante l’occupazione tedesca di Roma, Pio XII ha segretamente incaricato il clero cattolico di salvare tutte le vite umane possibile con tutti i mezzi possibili. In questo modo vennero salvati migliaia di ebrei italiani dalla deportazione. Mentre l’80% degli ebrei europei morirono in quegli anni, l’80% degli ebrei italiani furono salvati. Solo a Roma, 155 conventi e monasteri diedero rifugio a 5000 ebrei. Almeno 3.000 vennero nascosti nella residenza pontificia di Castel Gandolfo. Seguendo le istruzioni dirette di Pio XII, molti preti e monaci resero possibile la salvezza di centinaia di vite di ebrei, rischiando la propria stessa vita».

Un’altra accusa fatta a Pio XII è il non aver denunciato pubblicamente le leggi antisemite, ma ovviamente fu costretto ad agire in questo modo: «Il suo silenzio era una strategia efficace per proteggere il maggior numero di ebrei dalla deportazione. Un’esplicita e dura denuncia contro i nazisti sarebbe servita come invito alla ritorsione, e avrebbe peggiorato le disposizioni sugli ebrei in tutta Europa. Certamente ci si potrebbe chiedere: cosa c’è di peggio che lo sterminio di sei milioni di ebrei? La risposta è semplice e terribilmente onesta: l’assassinio di centinaia di migliaia di altri ebrei. I Vescovi cattolici provenienti dai Paesi occupati hanno consigliato a Pacelli di non protestare pubblicamente contro le atrocità commesse dai nazisti. Abbiamo le prove che, quando il vescovo di Münster avrebbe voluto parlare contro la persecuzione degli ebrei in Germania, il responsabile della comunità ebraiche della sua diocesi lo pregò di non farlo, avrebbe infatti provocato una repressione più dura contro di loro».

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L’ebreo Gary Krupp: «nuovi documenti provano l’impegno di Pio XII verso gli ebrei»

Ancora importanti rivelazioni circa l’operato di Papa Pio XII verso gli ebrei. Lo storico Micheal Hesemann ha infatti ritrovato alcuni documenti nella chiesa di Santa Maria dell’Anima, la chiesa nazionale della Germania a Roma, che provano il salvataggio della vita di 11mila ebrei di Roma da parte di Papa Pacelli.

Hesemann è dal 2008 il rappresentante per la Germania della fondazione “Pave the Way”, nata negli Stati Uniti da parte dell’ebreo Gary Krupp, con lo scopo di promuovere il dialogo tra le religioni e difendere la figura di Pio XII. Krupp ha dichiarato: «Molti hanno criticato Pio XII per essere rimasto in silenzio durante gli arresti del 16 ottobre 1943 e quando i treni lasciarono Roma con 1.007 ebrei mandati al campo di concentramento di Auschwitz, ma nuove scoperte provano che Pio XII agì direttamente dietro le quinte per far terminare gli arresti alle 14.00 dello stesso giorno in cui erano iniziati, e che non riuscì a fermare il treno dal destino tanto crudele».

Lo studioso ebreo ha proseguito: «La mattina del 16 ottobre 1943 il Papa seppe dell’arresto degli ebrei e inviò immediatamente una protesta ufficiale vaticana all’ambasciatore tedesco, sapendo che non avrebbe avuto esito. Il Pontefice inviò allora suo nipote, il principe Carlo Pacelli, dal vescovo austriaco Alois Hudal, guida della chiesa nazionale tedesca a Roma. Il principe Pacelli disse a Hudal che era stato inviato dal Papa, e che Hudal doveva scrivere una lettera al governatore tedesco di Roma, il generale Stahel, per chiedere di fermare gli arresti».

La lettera venne consegnata a mano al generale Stahel, il quale la mattina dopo rispose: «Ho girato subito la questione alla Gestapo locale e a Himmler personalmente. Himmler ha ordinato che, considerato lo status speciale di Roma, gli arresti siano fermati immediatamente». In un altro documento ritrovato, continua il fondatore di “Pave the Way”, si afferma che il vescovo Hudal riuscì a ottenere che «550 istituzioni e collegi religiosi fossero esentati da ispezioni e visite della polizia militare tedesca. Migliaia di ebrei locali a Roma, Assisi, Loreto e Padova si salvarono grazie a questa dichiarazione», ha detto Krupp, che poi ha aggiunto di nutrire la sincera speranza che i rappresentanti degli studiosi della comunità ebraica romana compiano ulteriori ricerche su questo materiale originale.

«Scopriranno che la stessa esistenza oggi di quella che Papa Pio XII chiamava ‘questa vibrante comunità’ è dovuta agli sforzi segreti di questo Papa per salvare ogni vita», ha concluso l’ebreo Kraupp.  «Pio XII ha fatto ciò che ha potuto, mentre era sotto la minaccia di invasione, di morte, circondato da forze ostili e con spie infiltrate».

La redazione

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L’ambasciatore israeliano Lewy: «il Vaticano e Pio XII aiutarono gli ebrei»

Per la prima volta un diplomatico israeliano riconosce che il salvataggio degli ebrei in Italia non sarebbe potuto avvenire senza la supervisione del Vaticano. Lo ha fatto l’Ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Mordechay Lewy, conferendo il riconoscimento di «Giusto tra le Nazioni» alla memoria di don Gaetano Piccinini (1904-1972), un religioso cattolico che si è adoperato salvando molti ebrei e mettendo a rischio più volte la sua stessa vita.

L’ambasciatore ricorda che «sarebbe un errore pensare che l’aiuto agli ebrei durante la Guerra, a Roma, sia venuto da conventi e istituti religiosi come se fosse una loro iniziativa senza l’appoggio del Vaticano. A partire dal rastrellamento del ghetto di Roma del 16 ottobre 1943 e nei giorni successivi, monasteri e orfanotrofi tenuti da ordini religiosi hanno aperto le porte agli ebrei e abbiamo motivo di pensare che ciò avvenisse sotto la supervisione dei più alti vertici del Vaticano, che erano quindi informati di quei gesti». Il suo discorso integrale è riportato sul sito de L’Osservatore Romano.

Non solo non è vero che Chiesa cattolica ed istituzioni si opponessero alla salvezza degli ebrei ma «è vero piuttosto il contrario: hanno prestato aiuto ogni qualvolta hanno potuto. Il fatto che il Vaticano non abbia potuto evitare la partenza del treno che portò al campo di sterminio, durante i tre giorni trascorsi dal rastrellamento del 16 ottobre fino al 18, può solo aver aumentato la volontà, da parte vaticana, di offrire i propri locali come rifugio per gli ebrei». Per l’autorità israeliana, «gli ebrei romani ebbero una reazione traumatica. Essi, infatti vedevano nella persona del Papa una sorta di protettore e si aspettavano che li salvasse ed evitasse il peggio. Sappiamo tutti cosa è successo ma dobbiamo riconoscere che quello partito il 18 ottobre 1943 fu l’unico convoglio che i nazisti riuscirono ad organizzare da Roma verso Auschwitz». Molto belle le testimonianze delle persone salvate da don Piccinini, le quali ricordano come il sacerdote abbia sembra rispettato la loro fede ebraica, prodigandosi comunque per salvare più ebrei possibili.

La notizia è apparsa anche su un nuovo website chiamato “Vatican Insider” e presentato dal quotidiano La Stampa. Vuole essere una guida all’informazione globale sul Vaticano, cercando di evitare pregiudizi e forzature, in modo indipendente. E’ diretto dal caporedattore de La Stampa, Paolo Mastrolilli, disponibile in italiano, inglese e spagnolo, e diffuso anche attraverso le piattaforme digitali e i social network. A curarne i contenuti, sono stati chiamati una serie dei principali vaticanisti, forme giornalistiche che da sempre seguono l’attività del Vaticano a livello nazionale e internazionale.

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