Grazie Mauro (Platinette), senza trucco e parrucco sei finalmente te stesso

Mauro Coruzzi 
 
di Mario Adinolfi*
*direttore de “La Croce”

 
da www.lacrocequotidiano.it, 11/02/15
 

Mi è piaciuta la famiglia Anania e la sua lode al Signore, alla vita e alla Provvidenza; mi sono piaciuti Albano e Romina perché io sono convinto davvero che cantare a due voci “quanto mi piaci” sia la felicità; mi è piaciuto e molto Tiziano Ferro che ha proposto musica e parlato di musica; mi è piaciuta la canzone di Malika Ayane; mi è piaciuto Carlo Conti, sobrio, un po’ impacciate le vallette; mi è piaciuto il ragazzino ciccione che salutava il comico Alessandro Siani beccandosi una umiliazione, mi è piaciuto il ragazzino coraggioso, l’umiliazione è stata oscena e dicono persino che sia stata una gag studiata, quindi è peggio; mi sono piaciuti tanto gli Imagine Dragons.

Ma più di tutti mi è piaciuto Mauro Coruzzi. No, non la canzone: troppo jazz, poco popolare, affettata, in fondo suonava vittimista e un po’ falsa, troppo birignao. Andava bene per una puntata delle Invasioni Barbariche che fanno il 3%, non per i dieci milioni di telespettatori di Sanremo. C’è chi mi vuole convincere che essere snob, radicali e chic sia una figata. Ma io sono un tipo da pane e mortadella, troppa classe mi annoia. No Mauro Coruzzi non mi è piaciuto per la performance. Mi è piaciuto proprio lui. Mi è piaciuta la verità che emergeva nuda e cruda nell’istante stesso in cui rinunciava a trucco e parrucco. Suonava vero e addolorato Coruzzi con quella pelata, quella barba perfettamente incolta, quella camicia bianca a pennello se stava in piedi e terribilmente arricciata sulla pancia quando era seduto (conosco il problema, mai sedersi sugli sgabelli in tv caro Mauro, il bottone tira). C’era tanta verità e derivava dal contrasto con la sua versione imbellettata, la Platinette che ci fa divertire ma che è una maschera a cui Coruzzi ha rinunciato. E quanto sia chiara la distanza tra l’uomo e la maschera è stato evidente a tutti. Quanto la verità sia più possente della recita, non ha avuto bisogno di spiegazioni.

Certo Coruzzi cantava con Grazia Di Michele una lagnetta che provava a dire il contrario: che lui era un po’ uomo e un po’ donna, che ci sono i cattivi che lo giudicano se si mette il rossetto (ma quando mai, deve tutto il suo successo a quel rossetto e a quella parruccona da Platinette), che in realtà lui va valutato come indistinto “essere umano”. E’ il cuore della ideologia gender che finirà, purtroppo, per essere la cifra di questo festival di Sanremo anche per via della disgraziata decisione di far esibire sul palco come “superospite internazionale” un tizio che come cantante vale zero e non ha mai manco pubblicato un album, quel Conchita Wurst che esiste solo come icona dell’ideologia gender, capelli lunghi, vestito da donna e barba nera. L’indistinto, appunto: maschile e femminile che non sono nulla, solo un vestito da cambiare. Roba che non è, paccottiglia che una volta avremmo definito da avanspettacolo becero, oggi invece dobbiamo inginocchiarci e omaggiare altrimenti sei “omofobo”. Un marchio d’infamia e vai con gli insulti, chissà quanti ne attirerà questo articolo.

Ma per me così è e su questo giornale la libertà della verità conta e io voglio essere libero di dirlo. Me lo ha insegnato in tutta evidenza Mauro Coruzzi salendo sul palco di Sanremo finalmente privo della falsa armatura da cui si è fatto appesantire, mi sembrava il Robert De Niro di Mission quando finalmente qualcuno lo libera di corazze e spade che trascinava con sé, retaggio di un passato che oramai odiava. Coruzzi, come quel De Niro, esprimeva grandissima dignità e verità su quel palco di Sanremo, senza nascondere una forma di dolore. Il suo cravattino da smoking slacciato sulla camicia aperta valeva la barba inzaccherata di De Niro. Siamo così, siamo imperfetti. Se ci mettiamo a nudo lo siamo tutti. Ma la nostra bellezza è tutta nelle imperfezioni. Teniamole da conto. Non mascheriamoci. Siamo uomini e donne, maschi e femmine, ognuno con la sua specificità. Ma il gender che vuole raccontarci che l’essere maschio o l’essere femmina è solo un cambio d’abito, quello no, non spacciateci più ‘sta cazzata alla moda. Non è vera. E’ robetta da salotto.

La verità è Mauro, la recita è Platinette. La verità è sempre più bella, potente, emozionante di una recita. Il vero è, il non vero non è. Questa angosciante notte che volete dipingere per forza buia e in cui tutte le vacche sono nere è roba che passerà, come passano le mode, come passano le ideologie. Mauro Coruzzi, uomo senza trucco e parrucco, ha puntato un raggio di sole su quel buio e ha dimostrato, forse finanche a se stesso, che si sta più comodi senza indossare le maschere imposte dallo star system per farci sopra la grana. Ci rifletta, Coruzzi. Senza sceneggiate che, lo ha capito bene credo, sono davvero inutili.

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

4 commenti a Grazie Mauro (Platinette), senza trucco e parrucco sei finalmente te stesso

« nascondi i commenti

  1. Fabrizia ha detto

    Ma che gioia essere cristiani! Ma che gioia avere un Maestro che ci insegna che la Verità ci fa liberi! Ma che gioia che il Maestro dice: ” Io sono la Via , la Verità e la Vita”!

  2. Li ha detto

    Gran bell’articolo!
    Sanremo non lo guardo: la musica italiana mi gusta assai poco dai primi ’90 in poi, ma il pensiero che Mario Coruzzi abbia abbandonato Platinette…parliamoci chiaro, sarebbe se come Sandra Mondaini fosse passata alla storia solo come Sbirulino, o Anthony Perkins come Norman Bates. A nel suo caso è stato proprio così!

    Insomma una persona che si mostra per quel che è va benissimo: già ci facciamo un mucchio di maschere al nostro cuore e alla mente. Non occorre mettere anche trucco e parrucco.

    E’ il cuore della ideologia gender che finirà, purtroppo, per essere la cifra di questo festival di Sanremo anche per via della disgraziata decisione di far esibire sul palco come “superospite internazionale” un tizio che come cantante vale zero e non ha mai manco pubblicato un album, quel Conchita Wurst che esiste solo come icona dell’ideologia gender, capelli lunghi, vestito da donna e barba nera.

    Ma sai che è proprio vero? Insomma, se questo tipo non si mettesse abiti femminili sarebbe un anonimo maschio.

    L’indistinto, appunto: maschile e femminile che non sono nulla, solo un vestito da cambiare.

    Quest’affermazione la capisco bene, così come comprendo che è inutile: quando non sapevo praticamente nulla sul gender me la dicevo anch’io, ma poi ho compreso che non funziona affatto così. Una donna potrà essere un po’ maschiaccio e un uomo un po’ femminile, ma questo non cambia il genere.

    • Li ha detto in risposta a Li

      E’ tutto vero Fabrizia, ma guarda che anche il cristiano ha i suoi alti e bassi: della fede bisogna prendeer i periodi rosei e quelli bui.

      questo non cambia il genere.

      Cioè non cambia il sesso. Meglio specificare: con questi lgbt specializzati nel girare le frittate meglio correggersi.

  3. domenico ha detto

    Buongiorno!
    sono un giovane di 24 anni..
    Ho appena letto l’articolo. Complimenti, anzitutto, ai gestori di uccronline.it per i quotidiani aggiornamenti e soprattutto per il “battersi” onestamente(grazie a Dio!) nello smascherare in tutta verità, ma sempre nel rispetto, queste false ideologie che si spacciano per libertà e diritti che tutto ciò non sono. Ovviamente mi riferisco a matrimoni gay, diritti lgbt, gender, ecc… insomma, tutte le varie “cose” che il mondo d’oggi e la nostra cieca società occidentale reclamano come “diritto”!. Grazie!
    E che dire, infine, dell’articolo? 100.. anzi 1000 punti a Mario Adinolfi per la bellezza e la verità del contenuto su Platinette. E soprattutto a lui va un meritato applauso per il coraggio di andare controcorrente:)
    buona giornata 🙂

« nascondi i commenti