L’oppressione ateo-comunista non ha ancora liberato la Russia

La vecchia impostazione ideologica sovietica è ben lungi dall’aver abbandonato il cuore degli amministratori pubblici, così che questi difendono a spada tratta come ultimo baluardo la cosiddetta «laicità dello Stato», intesa molto spesso come il più banale ateismo.

Queste le parole in un’intensa conferenza svoltasi all’Università Cattolica di Milano venerdì 14 maggio. L’oratore è padre Georgij Orechanov, vice rettore dell’Università ortodossa di Mosca, che è stato invitato a parlare della sfida educativa oggi in Russia, un paese che sta reimparando a educare uomini liberi dopo la dittatura del comunismo ateo-comunista. Il contesto russo, infatti, è gravato al tempo stesso dagli effetti della globalizzazione e dai pesanti lasciti del totalitarismo, soprattutto come mentalità statalista e assenza di supporti legislativi. Le rigidezze della vecchia impostazione ideologica, sempre centralistica, rendono ancora oggi difficilissimo avere libertà nei piani di studio. Ha recensito l’incontro Il Sussidiario, domandandosi: se c’è libertà perché la teologia deve ancora lottare contro l’ateismo di stato?.

Ateismo di Stato e persecuzioni in URSS. La separazione tra Stato e Chiesa venne decisa in URSS il 23 gennaio 1918, lo Stato divenne ufficialmente ateo e di conseguenza coloro i quali non svolgevano lavori socialmente utili (ecclesiastici, privati ecc…) venivano esclusi dal voto e non pagati. Venne introdotta l’obbligatorietà del matrimonio civile, vennero distrutte le chiese che occupavano suolo pubblico e lasciate solo quelle che sorgevano in desolate campagne, vennero abolite tutte le feste religiose come il Natale e i monasteri vennero convertiti a campi di prigionia, di cui il più famoso è il monastero di Solovetz, divenuto il campo Solovki. L’ateo Stalin, festeggiato ancora oggi dai comunisti atei russi, completò il processo di laicizzazione dello Stato: professare la religione (ovvero fare processioni, credere ai miracoli etc…) era punito con la prigione, con la deportazione nei gulag (nel caso di reiterazione) o con la fucilazione se nei gulag il prigioniero opponeva resistenza. L’attacco alla religione fu realizzato anche da un punto di vista scientifico: fu fatta leva sulla storicità oscurantista ed oppositrice della ricerca scientifica della Chiesa: in particolare fu preso di mira il racconto letterale della creazione, nel libro della Genesi, deriso dai testi che supportavano la teoria evoluzionista di Darwin. Si spinse sull’ignoranza anti-scientifica della Chiesa, opposta all’ateismo scientifico e progressista dello stato sovietico. La situazione perdurò fino al 1990, ovvero fino a quando Gorbačëv permise la libera propaganda religiosa.

Ripresa religiosa e la confutazione delle tesi di Richard Dawkins. Il cristianesimo non fu più insegnato e tramandato per anni. Ma in seguito alla caduta dell’Unione Sovietica si verificò una crescita nel numero di fedeli. Una gran percentuale dei Russi oggi si descrivono come credenti e membri della Chiesa (erano un gruppo molto ristretto negli anni del governo sovietico). Sembra che per molte persone la fede sia diventata un motivo di identificazione personale, di preparazione al battesimo dei figli, di celebrazione di matrimoni e funerali. Tutto questo scredita la tesi principale di Richard Dawkins, secondo il quale se si smettesse di insegnare il cristianesimo alle nuove generazioni, esso non potrebbe più comportarsi come un virus infettivo della mente e sarebbe destinato a morire. Ma come mai allora tutto ciò non è accaduto in Russia?

Come mai la scomparsa del “virus” cristiano ha causato le più feroci stragi di uomini, donne e bambini? Come mai, dopo anni di solo insegnamento ateo e laicista, l’84% dei Russi si dichiara oggi credente, di cui il 75% cristiano ortodosso?

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