Le accuse al mondo LGBTQ+, tra lobby e sfruttamento

ferragni lgbtq+

Un podcast di Fabrizio Corona e le accuse di un trans fanno emergere sui media la finzione dietro alla lobby LGBTQ+. La spettacolarizzazione dei “diritti” come merce di scambio.


 

E’ la prima volta che citiamo le “inchieste” di Fabrizio Corona.

Dare valore al contenuto dei suoi interventi è piuttosto controverso anche se, nella nuova puntata del podcast Falsissimo, si è occupato di un tema che merita attenzione.

Il noto paparazzo ha infatti elencato vari casi emblematici sul potere lobbystico del mondo LGBTQ+-woke ma anche, contemporaneamente, la sua artificialità.

Senza dover per forza credere a quanto dice Corona sui singoli casi, è una tematica di cui pochi parlano e su cui effettivamente occorre riflettere essendo tali pressioni alla base di molte iniziative politiche.

 

Corona contro Elly Schlein e Alessandro Zan

Nella puntata di ieri, Corona ha parlato inizialmente dell’ipocrisia delle varie bandierine LGBTQ+, da Annalisa a Mengoni, fino a Elodie.

Ha quindi attaccato l’attuale segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein -erede di figure politiche di tutt’altro spessore come Prodi e Bersani- che cerca visibilità al Gay Pride ma evita di mostrarsi con la compagna in contesti istituzionali sapendo quanto sia controproducente in termini di voti.

Il fotografo colpisce anche Alessandro Zan, padre dell’ultimo ddl omofobia e fino a poco tempo fa riferimento politico della comunità omosessuale.

«Io lo incontravo nei locali gay di Milano come il “Plastic”», asserisce Corona. «Me lo ricordo, Zan, a torso nudo, come al corteo dei Gay Pride, che si baciava i ragazzini di 18 anni».

 

Ferragni, Fedez e la lobby LGBTQ+

Poi l’affondo su Fedez e Ferragni, «le persone più false della comunità digitale mondiale», sostiene il noto paparazzo.

Per anni i Ferragnez hanno martellato quotidianamente sul tema arcobaleno, sponsorizzandosi a vicenda come paladini LGBQ+ su ogni piattaforma social e usando tutta la loro potenza di fuoco contro gli esponenti più critici, dai senatori Ostellari e Pillon e varie figure della società civile.

Corona spiega che, come Ferragni adoperò la finta beneficienza per arricchimento personale (vedi Pandoro-gate), come Federico Lucia Fedez cavalca ogni evento mediatico e politico per la propria visibilità, così entrambi hanno «sfruttato l’onda della moda arcobaleno».

D’altra parte, è noto che Fedez sia autore di testi discriminatori contro le persone omosessuali, li ha rinnegati ma conclusa la parentesi arcobaleno con Ferragni non si è più interessato a queste tematiche. Anzi, gira a braccetto con il senatore Maurizio Gasparri che, com’è noto, non la pensa esattamente come Schlein.

Il ddl Zan, continua Corona nel suo podcast, non era un disegno di legge (anticostituzionale) a favore degli omosessuali ma era diventato uno strumento di moda verso il quale tutti gli influencer avrebbero dovuto piegarsi.

Non ci fu un singolo artista che non si fosse schierato, che non avesse messo la bandiera arcobaleno sul profilo in nome «di un movimento, di una cultura».

Non è inclusione, afferma Corona, è «abusare del proprio potere, sfruttare la propria immagine su un tema per ottenere un ulteriore riconoscimento».

Oggetto della nuova puntata di Falsissimo è anche Francesca Pascale, già compagna di Berlusconi e nuova bandiera LGBTQ+ di destra. Da poco ha terminato una relazione con la cantante Paola Turci e, lei stessa confessa al paparazzo che si è trattata di una relazione artificiale, basata sullo sfruttamento economico e mediatico.

Corona sembra tirare quindi il filo rosso della falsità, della strumentalizzazione, dello sfruttamento in tutti i casi citati.

Quanto c’è di vero?

La risposta non può non considerare che si tratta dello stesso paparazzo che nel febbraio 2025 annunciò la morte di Papa Francesco e il nascondimento della notizia da parte del Vaticano, salvo poi restare in silenzio quando Bergoglio comparve alla Messa di Pasqua e morì il 21 aprile.

 

Trans accusa Ferragni: “Mi ha sfruttata”

Tornando a Ferragni e Fedez, proprio ieri è apparsa una notizia sulla stessa linea d’onda.

Parliamo di Marayah Osumanu, trans ghanese che ha accusato Chiara Ferragni di averlo assunto nella sua azienda solo per fini mediatici durante le riprese della serie The Ferragnez, tradendo varie promesse e relegandolo a mansioni umilianti (come pulire bagni), finendo poi licenziato in tronco nel contesto del “Pandoro-gate”.

All’interno dell’azienda di Chiara Ferragni, sostiene Osumanu, l’ambiente sarebbe stato tossico e lavorativamente ostile nei suoi confronti: battute sui trans, isolamento e mobbing. Dopo lo scandalo del Pandoro, mentre l’azienda affondava trascinando con sé i dipendenti che venivano licenziati in massa, Ferragni si trovava in vacanza in Lapponia.

Osumanu afferma: «Mi ha usata come specchietto per le allodole, per dare l’impressione di essere brava e bella, per ricevere applausi e consensi», denunciando l’assenza di un reale interesse per la sua condizione.

E ancora: «Ha preso in azienda la ragazza nera trans per far vedere a tutti quanto lei fosse sensibile alle tematiche queer e ai problemi della nostra comunità. Ma era tutta fuffa, non ho mai avvertito un sincero interesse, per mia esperienza posso dire che purtroppo non c’è stato».

La controparte, Fenice S.r.l. (società di Chiara Ferragni), ha smentito categoricamente tali accuse e ha annunciato azioni legali contro Osumanu.

 

Che siano fondate o meno le accuse che circolano in queste ore sui media, ritorna un tema che ci interessa.

La spettacolarizzazione dei cosiddetti “diritti” come merce di scambio e le forme mediatiche di lobbysmo pronte a cavalcare iniziative di legge per meri interessi personali.

Senza scendere nei singoli casi, si conferma l’impressione generale che dietro molte bandiere sventolate con orgoglio non ci sia reale convinzione, ma solo la ricerca di visibilità, consenso e profitto.

Ed è questo, forse, il volto più buio del lobbysmo arcobaleno.

Autore

La Redazione

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