Un filosofo si converte: fragilità dell’ateismo filosofico
- Ultimissime
- 19 Mag 2025
In anteprima la prefazione del libro Letters to God from a Former Atheist (Vindicta Publishing 2025) del filosofo Jason D. Hill, in cui annuncia e racconta la sua conversione cristiana dopo anni di ateismo filosofico.
di Jason D. Hill*
* professore ordinario di Filosofia presso la DePaul University
da Letters to God from a Former Atheis (Vindicta Publishing 2025)
Verso la fine dell’adolescenza, sono diventato ateo.
Non ricordo il momento esatto in cui è successo. Sono stato cresciuto come cattolico romano in una famiglia giamaicana della classe media piuttosto religiosa.
L’ateismo filosofico e il senso di invulnerabilità
Il mio ateismo è nato un anno e mezzo prima che emigrassi negli Stati Uniti all’età di 20 anni, nel 1985.
Per quanto strano possa sembrare, la mia incredulità sembrava un dono di Dio. Quale modo migliore per entrare in un paese meraviglioso dove avrei ereditato un nuovo mondo e costruito una nuova vita per me stesso, se non con una mente priva di credenze superstiziose su un Dio ineffabile che risiedeva nel cielo.
La decisione di diventare un filosofo ha dato al mio ateismo la dignità professionale basata sui principi che pensavo meritasse.
Ho assaporato la nuova libertà che ho trovato nel mio ateismo filosofico intransigente.
Un’ondata di autonomia e un senso di potere mi hanno preso in un modo che non pensavo fosse possibile.
Ho percepito quello che, a posteriori, ho capito essere un falso senso di invulnerabilità, ho assunto con arroganza il comportamento di essere un dio per me stesso.
La sensazione di potere era inebriante.
La consolante immagine del libero pensatore
A un certo punto, all’inizio dei trent’anni, il mio ateismo filosofico ha iniziato a disfarsi, nonostante i miei migliori sforzi per evitarlo!
L’intensità e la vaghezza concettuale di quell’esperienza sono ora pronte per essere raccontate.
A dire il vero, ho tradito tutti i miei pensieri di allora e oggi, come filosofo accademico, vedo che vivere nella fede del Signore non è incompatibile con la ragione.
Se l’uomo è dotato di ragione, e se è fatto a immagine di Dio, allora la ragione è un attributo supremo di Dio. È da Lui che ereditiamo questa facoltà razionale.
Nonostante la riluttanza ed il panico per la perdita della mia immagine come ateo libero pensatore, la mia incredulità si è dissipata e mi sono ritrovato occasionalmente in preda a profonde sensibilità religiose per le quali non avevo spiegazioni.
Silenziosamente, inesorabilmente, l’idea che l’ateismo non fosse più un’opzione con cui potevo convivere si insinuava nei miei pensieri.
Ma la nuova liberazione dall’ateismo durò poco.
Per il decennio successivo, la mia anima ha combattuto una battaglia attraversando gli stati inconciliabili di fede e incredulità.
Un momento Dio mi sembrava così vicino che potevo quasi sentirLo accanto a me. Un momento dopo vedevo l’universo privo della Sua presenza e, spesso, nonostante avessi trovato l’amore e il successo mondano, ero posseduto da un vuoto e da una vacuità che oggi so, con assoluta certezza, che solo il Signore può colmare.
Il fallimento esistenziale dell’ateismo filosofico
Mentre guidavo per andare al lavoro più di due decenni fa, tutto il mio processo di pensiero si fermò improvvisamente.
Mi sono trovato di fronte a domande che sembravano emergere dal nulla.
Mentre ero seduto alla mia scrivania quella mattina, scrutai in profondità la mia anima. Intellettualmente, abbandonai l’impegno verso l’ateismo filosofico.
Vidi il vuoto, il fallimento esistenziale di una vita che avevo vissuto.
Mi sentii come un pesce sventrato fino al 2019, quando ebbi un’esperienza di conversione completa e decisi di donare la mia vita al Signore.
Ma qual è la natura di quel vuoto? Nonostante il successo professionale e personale nella vita, perché ho vissuto una privazione di significato così profonda?
Dedichiamo tutto noi stessi per una carriera, una vocazione professionale. Ma c’è una profondità effimera e finita in tali sforzi. Le carriere ci deludono, oppure ne sperimentiamo gli alti e bassi e giungiamo a realizzare che la nostra anima è affamata di un involucro più vasto, più profondo. Infinito.
Il nostro essere aspira ad un ideale che non potremo mai incontrare sulla terra. Questa fame dell’anima è spesso la base delle dipendenze (anche sessuali), la mia è stata il workaholism.
Mi spingevo senza sosta al servizio dei miei obiettivi secolari, dicendomi che la mia vocazione professionale come professore universitario e scrittore era il massimo a cui la mia identità ambiziosa potesse aspirare. Pensavo ci fosse una profonda connessione tra la mia vocazione professionale e la realizzazione dell’anima.
Non avevo capito che l’ateismo oltre a separarci da Dio, si traduce anche in un profondo abisso tra la concezione di sé stessi e un ordine metafisico universale che apre inaspettatamente ad un significato ontologico della vita.
Ora, dopo anni di lotta contro Dio, posso dire: “Signore, Tu solo mi rendi pienamente felice”.
0 commenti a Un filosofo si converte: fragilità dell’ateismo filosofico