Imbarazzante gaffe di Umberto Galimberti su Platone

Più volte ci siamo occupati del filosofo Umberto Galimberti, nota firma laicista di Repubblica, assieme ad Augias, Odifreddi, Veronesi, Pievani e Flores D’Arcais. Più volte abbiamo sottolineato come Galimberti abbia creato la sua carriera copiando letteralmente frasi e ragionamenti di altri autori, senza ovviamente citarne la fonte, come si evince dal libro “Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale” (Coniglio Editore 2011) e come ha dimostrato lo scrittore Vincenzo Altieri. Galimberti è stato l’unico “accademico” italiano ad aver mai ricevuto dalla sua Università, la Ca’ Foscari di Venezia, un richiamo formale per la persistente mancanza di citazione delle fonti nella redazione dei suoi testi scientifici.

Il filosofo, ancora ospitato senza vergogna su “Repubblica”, in questi giorni ha pensato di offrire una riflessione tutta sua, priva di plagio. Ed infatti ne è uscita una gaffe imbarazzante. La tematica è quella dell’omosessualità e la circostanza è la risposta ad un lettore del quotidiano, secondo il quale -oltretutto- secondo la Chiesa «l’omosessualità è una malattia». Ovviamente non è vero, mai si è parlato di “malattia”, semmai di «atti intrinsecamente disordinati», i quali sono «una prova» e per questo gli omosessuali «devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza». Galimberti, prendendo leggermente le distanze dal lettore, ha sottolineato che «la condanna definitiva venne proprio dalla scienza che, partendo dal concetto che gli organi sessuali servono alla riproduzione, definì “patologica” ogni forma sessuale che deviasse da questo scopo».

Il filosofo di “Repubblica” si è poi avventurato in una dissertazione sui pregiudizi verso le persone con attrazione per lo stesso sesso, secondo lui attribuibili alla «psicoanalisi, alla religione e al diritto». E’ quindi voluto entrare nel suo campo culturale preferito per affrontare meglio la questione, ovvero la filosofia greca: occorre dire che il filosofo laicista odia così fortemente il cristianesimo anche perché esso ha di fatto preso il posto della cultura greca, lui stesso dice di sé«Io non sono cristiano, sono greco». Con sicurezza, dunque, ha pensato di valorizzare Platone citando questo passo de “Il Simposio”: «Dove fu stabilito che è riprovevole compiacere agli amanti, ciò fu a causa della bassezza dei legislatori, del dispotismo dei governanti, della viltà dei governati». Secondo Galimberti, con questo passo il progressista Platone avrebbe legato «opportunamente la condanna dell’omosessualità a un problema di democrazia» ancora da raggiungere. Peccato che, come ha fatto prontamente notare Antonio Socci su “Libero”,  Galimberti ha attribuito a Platone un pensiero che nel “Simposio” è espresso da Pausania, ovvero uno dei personaggi -omosessuale e teorizzatore della pederastia- che intervengono esprimendo il loro diverso punto di vista su “Eros”. Ovviamente Platone non la pensa affatto né come Galimberti, né come Pausania (lo vedremo dopo comunque).

Oltretutto il passo citato da Galimberti su “Repubblica”, che è di Pausania e non di Platone, in realtà esalta il genere maschile perché «per natura più forte e più dotato di cervello». Non solo, ma come ha fatto notare Francesco Colafemmina -autore di «Il matrimonio nella Grecia classica»- non parla nemmeno di “amanti” in senso orizzontale, ma di sottomissione dei giovani adolescenti ad un adulto omosessuale. La frase tradotta correttamente di Pausania è questa: «Così laddove è stato sancito che è turpe concedersi agli erastes [cioè i pederasti, Nda], ciò è da ascriversi alla malvagità delle disposizioni, alla prepotenza dei governanti, e alla viltà dei governati». Dunque oltre all’attribuzione errata, Galimberti ha perfino sbagliato a tradurre dal greco arrivando inconsapevolmente a valorizzare la pederastia e la misoginia. Colafemmina dimostra anche come l’omosessualità era condannata nell’antica Grecia e che gli omosessuali erano riconosciuti con l’appellativo volgare di cinedi (“colui che smuove la vergogna”).

Ma Galimberti sa cosa Platone pensava davvero dell’omosessualità? Assolutamente no. Nelle “Leggi”, Platone afferma che «bisogna considerare che, a quanto pare, il piacere sessuale fu assegnato secondo natura tanto alle femmine quanto ai maschi affinché si accoppiassero al fine di procreare, mentre la relazione erotica dei maschi con i maschi e delle femmine con le femmine è contro natura e tale atto temerario nasce dall’incapacità di dominare il piacere». Il filosofo greco definisce un «pericolo» per l’ordine sociale, gli «amori di donne al posto di uomini e uomini al posto di donne» perché «innumerevoli conseguenze sono derivate agli uomini privatamente e a intere città». Socci ricorda che addirittura -con buona pace di coloro che fantasticano di un’antica Grecia libertaria e accusano la Chiesa Cattolica di aver portato illiberalità e sessuofobia – Platone chiede di condannare anche i rapporti prematrimoniali e l’adulterio attraverso la legge. Questo dimostra anche che la famiglia eterosessuale (come fondamento della civiltà) e la legge naturale non è un’invenzione del cristianesimo, ma fondamento istituzionale esclusivo di tutte le civiltà precedenti il cristianesimo e di tutti i popoli.

Per concludere occorre segnalare un altro errore di Galimberti, quando considera Sant’Anselmo un omosessuale, amante del suo allievo Gilberto. Per far questo, ha spiegato Colafemmina, si è rifatto al volume “Cristianesimo, tolleranza, omosessualità. La Chiesa e gli omosessuali dalle origini al XIV secolo” dell‘attivista omosessuale John Boswell, il quale ha tentato di strumentalizzare alcune epistole di Anselmo in cui sono contenute parole di grande affetto per un suo discepolo. Propaganda da quattro soldi. Non sarebbe forse meglio che Galimberti continuasse a copiare da altri, evitando il più possibile la “farina del suo sacco”?

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68 commenti a Imbarazzante gaffe di Umberto Galimberti su Platone

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  1. Andrea ha detto

    Ma con tutti i problemi che abbiamo di media certa gente pensa che un grosso problema siano le unioni gay?!? Ma allora davvero l’ideologia è oppio…

  2. Salvatore ha detto

    “Ovviamente Platone, intervenendo per ultimo, non la pensa affatto né come Galimberti, né come Pausania o gli altri personaggi del “Simposio” […]” Fate maggiore attenzione: Platone non è un personaggio del Simposio, bensì l’autore. Chi interviene per ultimo è Socrate, portavoce del pensiero dell’autore.

    • Redazione UCCR ha detto in risposta a Salvatore

      Ovviamente si, ci scusiamo per il non superficiale “qui pro quo”.

    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Salvatore

      Sì certo. C’è un altro equivoco. Il post dice: “il passo citato da Galimberti […] è di Pausania e non di Platone”. Beh, come Platone non è un personaggio del Simposio, così Pausania non è l’autore del Simposio.

      • Giovanni Pastormerlo ha detto in risposta a Luigi Pavone

        Ma questo non c’entra nulla…quella frase è davvero di Pausania, e non corrisponde al pensiero di Platone.

        • Luigi Pavone ha detto in risposta a Giovanni Pastormerlo

          beh, che diresti, Pastormerlo, se qualcuno obiettasse che la seguente frase “Sapete voi quanti siano gl’impedimenti dirimenti?” non è un passo di Manzoni ma di don Abbondio? 😀

  3. gianni toffali ha detto

    di che vi scandalizzate? nulla di nuovo stto il sole…la menzogna e le bugie sono costituzionali agli atei e agli anticlericali!!!

  4. Laura ha detto

    “Non sarebbe forse meglio che Galimberti continuasse a copiare da altri, evitando il più possibile la “farina del suo sacco”?”

    ah ah ah ah ah ah!!! fantastica questa!! 😀

  5. Ha, ha, ha vi immaginate cosa avrà pensato e detto (ammesso che l’abbia letto, perché in Italia gli esami sono sempre regolari, vero?) il Nostro Galimberti, quando quasi tre lustri or sono si lesse il mio tema per l’esame di ammissione al dottorato (tema in cui esponevo il programma di una ricerca in ambito metaetico, tesa a dimostrare che “senza Dio” non si può giustificare razionalmente alcun principio etico)?!?

    Roba da non credere che un minus habens del genere abbia potuto giungere ad essere ordinario!!!

    • Andrea ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      Magari come professore è pure bravo. Ce n’è di gente del genere, che ad insegnare lo sentiresti per ore, ma poi quando si tratta di uscire dal percorso asfaltato…

    • minstrel ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

      Intanto, attratto dal nickname meraviglioso tanto quanto il “berescitte” e il “shifrapua” che lessi in altri lidi, aggiungo il tuo sito nei miei preferiti!
      Grazie prof. e dia una pacca sulle spalle ad Antonio Livi appena può! Mi sto leggendo il suo “logica della testimonianza”, scritto in collaborazione con la Silli e lo trovo a dir poco meraviglioso!
      Già, già!

      • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a minstrel

        Purtroppo dalla Lateranense mi hanno epurato… Da quando il prof. Livi se ne è andato in pensione, galantuomini come lui ne girano molto pochi da quelle parti. Dopo certe esperienze, solo la fede può dare speranza, perché ti rendi letteralmente conto che non si può contare sugli uomini, ma solo sulla Provvidenza (che può sempre tutto). Grazie della considerazione, comunque. Ciao

        • minstrel ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

          La mia considerazione è il minimo! Mi verrebbe da chiederti (posso il tu?) le motivazioni per l’epurazione, ma mi rendo conto di toccare un tasto delicato e dolente. E allora buon cammino e in bocca al lupo per la tua ricerca filosofia e teologica. E per quel che valgono: complimenti!

  6. minstrel ha detto

    Sarebbe bello citare in modo completo comunque e SEMPRE le opere, anche se non si è in una pubblicazione scientifica. Ho provato a cercare la frase di Platone su web per poterla leggere su un ebook gratuito e per capire meglio il contesto, ed escono solo riferimenti alla diatriba in campo. Non sarebbe male invece avere a disposizione l’edizione delle Leggi che ha usato Socci e la pagina, in modo da poter controllare velocemente e per chi ha voglia di approfondire, come il sottoscritto, poter disporre di una precisa fonte a cui fare riferimento.
    D’accordo che la logica della testimonianza presuppone una fiducia precisa fra narratore e narratario, ma quando si contrastano dei metodi pressapochistici è giusto, a mio umile dire, essere quanto meno il più precisi possibile.
    Grazie.

    Comunque ora sto leggendo qui:
    http://www.ousia.it/SitoOusia/SitoOusia/TestiDiFilosofia/TestiPDF/Platone/Leggi.pdf

    sono a pag. 93, dove mi sembra cominci la parte che utilizza Socci. Lascio il link per chi vuole. Ciao!

  7. Luigi Pavone ha detto

    Fintantoché sono i giornalisti — se capisco bene Socci — a correggere i professori ordinari, si possono ancora nutrire speranze, ma temo non sia lontano il giorno in cui saranno i comici. Comunque, “amanti” sembra una buona traduzione. Il mio Laterza traduce così. Tra l’altro Platone è anche noto per un altro dialogo, dal titolo “Gli amanti”, e non già “I pederasti”. E’ discutibile poi in che termini e in che misura il pensiero di Platone si identifichi con quello di Socrate. Quanto al contenuto della frase è molto condivisibile, anzi i fatti sembrano dar ragione proprio a Pausania. Di fatto sono i regimi vili, bassi, dispotici a condannare l’omosessualità.

    Il post sembra non essere d’accordo che la chiesa consideri l’omosessualità una malattia. Può darsi, sarebbe molto interessante, però, affrontare seriamente i rapporti che sussistono tra la nozione di contro-natura (dal canto suo tutt’altro che chiara) e quella di patologia.

    • Antonio72 ha detto in risposta a Luigi Pavone

      Ciao Luigi

      credo che anche la nozione di patologia sia tutt’altro che chiara, sicuramente dal punto di vista psicologico.

      • Luigi Pavone ha detto in risposta a Antonio72

        Ciao Antonio. Beh, nel caso della patologia abbiamo comunque un appiglio dato dalla prassi medica.

        • Antonio72 ha detto in risposta a Luigi Pavone

          Si potrebbe dire lo stesso per la natura. Il fondamento di qualsiasi organismo biologico si può riassumere in due parole: alimentazione e riproduzione. La riproduzione degli organismi sessuati avviene mediante l’accoppiamento di due individui di sesso opposto. Ecco spiegata la prassi naturale.

    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi Pavone

      Se una volta tanto, invece di buttare un sasso e ritirarti subito in attesa della reazione per poi fare il “guastatore”, fossi tu a proporre attivamente una spiegazione… Perché dunque la nozione di contro-natura, e dunque anche quella di natura, sarebbero poco chiare?

      Di fatto sono i regimi vili, bassi, dispotici (c’è anche la dittatura democratica) a promuovere l’omosessualità come valore.

    • domenico ha detto in risposta a Luigi Pavone

      ” E’ discutibile poi in che termini e in che misura il pensiero di Platone si identifichi con quello di Socrate.”

      Sicuramente non si identifica con quella di Pausania.
      E questo basta a screditare tutto il discorso di Galimberti.

    • domenico ha detto in risposta a Luigi Pavone

      “Comunque, “amanti” sembra una buona traduzione. Il mio Laterza traduce così. Tra l’altro Platone è anche noto per un altro dialogo, dal titolo “Gli amanti”, e non già “I pederasti””.

      “The Greek title Erastai is the plural form of the term erastēs, which refers to the older partner in a pederastic relationship. Since in Classical Greek terms such a relationship consists of an erastēs and an erōmenos, the title Lovers, sometimes used for this dialogue, makes sense only if understood in the technical sense of “lover” versus “beloved” but is misleading if taken to refer to two people in a love relationship”.
      http://en.wikipedia.org/wiki/Rival_Lovers

    • domenico ha detto in risposta a Luigi Pavone

      “Quanto al contenuto della frase è molto condivisibile, anzi i fatti sembrano dar ragione proprio a Pausania. Di fatto sono i regimi vili, bassi, dispotici a condannare l’omosessualità.”

      Prendo atto che per Pavone che uno stato vieti ad un adulto di avere rapporti con adolescenti è cosa vile, bassa e dispotica. E di converso, Pavone non vede nulla di male nei rapporti tra adulti ed adolescenti così come avvenivano in Grecia.

      • domenico ha detto in risposta a domenico

        giusto per informazione nell’antica Grecia i rapporti pederastici erano permessi dai 12 anni in su (anche se non ci sono leggi precise che proibissero o punissero rapporti iniziati prima).
        Superati i 17 anni i rapporti erano ampiamente stigmatizzati dalla società specie per l’elemento passivo.

        Questo è il quadro tanto apprezzato da Galimberti che vuole prendere a modello la Grecia lodata da Pausania nel dialogo platonico.
        Mentre le città che vietavano la pederastia sarebbero per costoro esempio di intolleranza!

      • Fabio Moraldi ha detto in risposta a domenico

        Concordo, infatti Pausania parla di pederasti e non di omosessuali. Ora ci sono due soluzioni:

        1) Luigi Pavone ancora non ha capito le parole di Pausania
        2) Luigi Pavone considera l’omosessualità sinonimo di pederastia.

        • Luigi Pavone ha detto in risposta a Fabio Moraldi

          Fabio Moraldi e Domenico fanno una bella coppia. In primis, la pedofilia è condannata in Grecia. In secundis, l’età minima di 12 anni è la stessa condizione per il matrimonio, ad Atene come a Roma, come nella europa cattolica del medioevo.

          Se invece Fabio Moraldi e Domenico ritenessero, da bravi anti-relativisti, che un rapporto sessuale con un dodicenne è comunque un reato, sempre e ovunque, allora dovrebbero, sempre da bravi anti-relativisti, sostenere che la chiesa abbia storicamente assecondato, anzi benedetto reati di quel tipo.

          • Fabio Moraldi ha detto in risposta a Luigi Pavone

            Peccato che l’imbarazzante Pavone, che ritiene l’omosessualità sinonimo di pederastia, non conosca la storia e dalle sue misere infarinature costruisca tesi ardite e contraddittorie.

            Occorre sapere, infatti, che fu proprio la Chiesa nel Medioevo ad imporre un’età minima per evitare il matrimonio tra bambini: http://it.wikipedia.org/wiki/Matrimonio#Il_matrimonio_nel_basso_medioevo, il matrimonio si poteva chiedere prima dei vent’anni d’età e dopo i dodici o quattordici anni perché allora (Pavone pensa che anche nel Medioevo i giovani giocassero alla Playstation nella casa dei genitori fino a 35 anni), le donne diventavano tali attorno a quell’età, e da quel momento potevano essere anche madri: http://viverecomedonnenelmedioevo.blogspot.it/2009/07/matrimonio-nel-medioevo-coronamento-di.html

            Proprio a quell’età avveniva la maturazione della persona, e si evitava così di realizzare un matrimonio in cui il loro consenso non avrebbe alcun valore: http://www.bluedragon.it/medioevo/famiglia.htm

            Ma ora torniamo pure alla tua ignoranza sul Socrate, Platone e Pausania.

            • Luigi Pavone ha detto in risposta a Fabio Moraldi

              Neanche i giovani greci dell’età antica giocavano alla playstation. E dunque, la condanna di Pausania contro i regimi che vietano la pederastia equivale alla condanna odierna dei regimi che vietano l’omosessualità tra adulti consenzienti, oltre i 18 anni o venti. Capito?

              Non avere fretta di correggere professori ordinari, anche se si tratta di Galiberti. Prima studia, possibilmente non da wikipedia, e soprattutto ragiona.

              • Fabio Moraldi ha detto in risposta a Luigi Pavone

                Peccato che ancora oggi gli stati più civili condannano la pederastia. Dunque il tuo commento e l’equiparazione che vuoi fare è semplicemente ridicola. Capito?

                Per ora mi sono accontentato di correggere le tue imbarazzanti tesi storico-filosofiche, mi piace però notare che sei uno studente modello che non replica quando si accorge di aver detto una cretinata. Bravo Pavone.

                • Luigi Pavone ha detto in risposta a Fabio Moraldi

                  Allora non hai capito niente. Pazienza. Questo è l’effetto di preferire Paone a Pavone. 😀

                  • Fabio Moraldi ha detto in risposta a Luigi Pavone

                    Mmm…ti ho detto che non mi piace lo studente ribelle, Luigi.

                    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Fabio Moraldi

                      Ripeto, ti ostini a non capire. L’età matrimoniale era 12 (oggi è 18). Un regime che allora avesse condannato la pederastia rivolta ad adolescenti con età superiore a 12 poteva suonare come l’equivalente di un regime che condannasse oggi l’omosessualità sopra i 18. Adesso è chiaro?

                    • Fabio Moraldi ha detto in risposta a Fabio Moraldi

                      Assolutamente no.

                      Pausania realizza un esplicito inno alla pederastia (condannata nell’antica grecia): “Così laddove è stato sancito che è turpe concedersi agli erastes, ciò è da ascriversi alla malvagità delle disposizioni, alla prepotenza dei governanti, e alla viltà dei governati”.

                      Tu ritieni che abbia ragione, e introduci il “fattore età” nell’essere omosessuali oggi che non c’entra assolutamente nulla.

              • domenico ha detto in risposta a Luigi Pavone

                “E dunque, la condanna di Pausania contro i regimi che vietano la pederastia equivale alla condanna odierna dei regimi che vietano l’omosessualità tra adulti consenzienti, oltre i 18 anni o venti. Capito?”

                Visto che dopo tutta questa discussione anche il nostro Pavone ha dovuto ammettere che Pausania parlava di pederastia?
                Meglio tardi che mai.

                Il suo paragone con il matrimonio non regge: perchè i matrimoni tra adulti erano permessi mentre i rapporti omosessuali tra adulti erano stigmatizzati dalla società greca (vedi Aristofane)?
                Sarebbe come se oggi esistesse un modello sociale in cui i rapporti sessuali omosessuali consenzienti fossero permessi fino ad una certa età e vietati da una certa età in poi!

                Quindi se uno cita Pausania (facendolo per di più passare per Platone) non può scegliere solo quella parte che gli piace e dimenticare le altre parti dello stesso modello sociale come la stigmatizzazione dei rapporti tra adulti e la misogenia che è alla base dell’apprezzamento del rapporto pederastico.

            • Luigi Pavone ha detto in risposta a Fabio Moraldi

              La cultura che fanno Socci, Sgarbi, Cecchi Paone, è cultura da rotocalco. Risponde a esigenze televisive o politiche. Non la si prenda a modello.

  8. Luigi Pavone ha detto

    La nozione di contro-natura non è chiara perché… non è chiara. Se per te è chiara, spiegaci. Ma mi sembra un discorso già fatto, conclusosi a suo tempo a tarallucci e vino. Se ricordi, tempo fa, non ricordo in quale post, ti obiettai che l’idea di fondare il giudizio etico — si parlava proprio di omosessualità — sul giudizio teoretico di contro-natura era una impresa disperata per due ragioni: LA PRIMA, essere-contro-natura sembrerebbe non essere una condizione né sufficiente né necessaria per il giudizio morale; LA SECONDA, la nozione di contro-natura non è chiara. Sul secondo punto, non arrivammo a nessuna conclusione. Io non dico che non possa darsi una definizione di contro-natura; dico, invece, che non possa darsi una definizione di contro-natura tale che ciò che risulti contro-natura non possa essere eticamente corretto o addirittura un valore. Ma è a questa nozione più pretenziosa di contro-natura che pare faccia riferimento la Chiesa nella condanna della omosessualità.

    ps. su quali regimi siano quelli dispotici, io non ho dubbi. Sono quelli in cui l’omosessualità è reato. Temo che la critica — che peraltro io condivido — alle legislazioni che contemplano il matrimonio gay possa tradursi nell’altro eccesso, cioè quello della criminalizzazione. Il mio timore è più che giustificato dai fatti. E’ stata una occasione persa da parte del Vaticano il sì alla proposta ONU sulla depenalizzazione dell’omosessualità (per quanto meramente simbolica poteva poi risultare). Sarebbe stato un modo per sancire la differenza tra i due piani.

    • Luigi Pavone ha detto in risposta a Luigi Pavone

      … in risposta a A-theos

    • Antonio72 ha detto in risposta a Luigi Pavone

      Luigi,

      secondo me si dovrebbe innanzitutto accertare se esista una natura umana. Se esiste, non può considerarsi etico qualcosa che contraddica l’essenza naturale dell’uomo. Se invece non se ne ammette l’esistenza, allora non credo che ci siano alternative al relativismo etico.
      Sulla depenalizzazione sono d’accordo, ma è tutt’altro discorso.

      • Luigi Pavone ha detto in risposta a Antonio72

        Non sono d’accordo: nella ipotesi che esistesse una natura umana, non è necessario che un comportamento che non sia ad essa conforme sia eticamente scorretto. Ma ancora una volta, si dà per scontato ciò che non lo è affatto, e cioè, in una domanda: che diavolo significa comportarsi contro-natura? E’ chiaro che una risposta è pur possibile, ma io penso non sarà mai quella pertinente agli scopi etici.

        • Antonio72 ha detto in risposta a Luigi Pavone

          Per il credente la natura umana, essendo l’uomo fatto ad immagine e somiglianza di Dio, non può essere difforme dal bene che ne deriva. Può esistere un’etica che allontana l’uomo dal bene in lui connaturato che proviene da Dio? Certo può esistere, se non si crede in Dio, ovvero a quel bene. Ora mettiamola dal punto di vista laico.
          L’etica laica a cui si ispira uno stato repubblicano deve essere compatibile con i valori sociali propugnati. Nel caso del matrimonio i valori riconosciuti sono la famiglia costituita da un uomo ed una donna e quindi la maternità. Ecco spiegato perchè il matrimonio tra omosessuali è legalizzato solo in pochissimi Stati europei, e non per omofobia e sciocchezze del genere. Ciò non toglie che esistano nuclei familiari diversi costituiti da coppie omosessuali. Il fatto è che, tenuto conto dell’insifignicanza del valore sociale di una coppia omosessuale, come già spiegato, resta cmq il riconoscimento dei diritti individuali. Ma la vera domanda è: perchè legiferare ad hoc solo per le famiglie omosessuali e non per altre tipologie di nuclei familiari? E non mi riferisco solo alle coppie eterosessuali non sposate.

          • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Antonio72

            1) Quando si parla di “natura” non c’è bisogno di riferirsi alla religione. Dunque comprendere che andare “contro-natura” è sbagliato non dipende dal “credere”, però è necessario poter affermare (filosoficamente, cioè tramite puri ragionamenti razionali) che Dio esiste (= Creatore Infallibile delle nature).

            2) Per non cadere in facili equivoci (come fa Luigi Pavone) bisogna però avere ben presente cosa si intenda per “natura”. Non si intende puramente la natura intesa come biologia, perché l’uomo è anche, e principalmente, animale RAZIONALE. Per “natura” deve intendersi l’essenza di un ente e nel caso dell’uomo tale essenza comprende come propria caratteristica principe l’intelletto (o razionalità). Altrimenti si arriva ai fraintendimenti di un Tertulliano, secondo cui, dato che la nautura non lo prevede, sarebbe peccaminoso farsi la barba… Contro-natura non va dunque confuso con “artificiale” et similia.

            3) Per questo quando si dice “contro-natura” nel caso dell’uomo si intende “contro i fini della natura umana non principalmente in quanto puramente biologica, ma soprattutto in quanto razionale”. Cosa significa ciò praticamente? San Tommaso d’Aquino ce ne dà un esempio lampante, quando parla del matrimonio indissolubile come verità raggiungibile sul piano della “legge naturale” (cioè sul piano puramente filosofico, che non richiede la fede): egli spiega che il coito tra non sposati, non è per nulla contro la natura biologica dell’uomo, ma bensì contro la sua natura razionale, cioè contro l’ORDINE che la ragione sa “vedere” nelle cose (intelligenza significa infatti “intus-legere”, leggere dentro). Ed è contro l’ordine della ragione perché, a differenza degli animali bruti, il concepimento comporta un periodo molto più lungo e qualitativamente “intenso” di educazione della prole (poiché bisogna educarla anche e soprattutto moralmente e intellettualmente). Da qui la necessità “naturale”, per l’uomo, di un matrimonio indissolubile.

            4) Comprendere cosa sia giusto o sbagliato dipende dunque da una valutazione delle varie azioni possibili in relazione al FINE ULTIMO dell’uomo, che è la sua felicità, intesa come piena realizzazione dei fini della sua natura. Il fine ultimo, corrispondente a ciò che San Tommaso chiama “beatitudo perfecta”, si può (tramite un ragionamento filosofico che non sto qui ad indicare) poi individuare nella “visione di Dio” (che non è questione di fede o religiosa, ma ancora filosofica). Tutti i fini intermedi si valutano come buoni in relazione al fine ultimo, che funge da criterio di moralità.

            5) L’omosessualità è contro natura, non solo perché vi è implicato un uso improprio degli organi genitali (questo è il livello puramente biologico), ma ancor di più perché l’uso improprio degli organi genitali tradisce l’ordine della ragione in relazione al concepimento e all’educazione dei figli e inoltre perché non porta ad alcun bene (dato che la relazione omosessuale stessa, anche a livello psico-emotivo, è una relazione priva di senso, tanto quanto lo è sul piano biologico). In sostanza non c’è alcun motivo per cui il disordine oggettivo provocato dall’omosessualità possa condurre al conseguimento di un qualsiasi fine in armonia con il fine ultimo.

            6) Luigi Pavone avanzò un’obiezione, in una precedente occasione, affermando che per esempio anche il “camminare sulle mani” corrisponderebbe ad un andare contro la natura (cioè i fini) per cui le mani sono state concepite dal Creatore della natura. Tuttavia qui l’obiezione è valida solo apparentemente, poiché un uso improprio (reversibile) di certe caratteristiche biologiche non è illecito, quando non trasgredisca, ma, anzi, tutto al contrario renda possibile il raggiungimento di quegli stessi fini naturali, che, ad esempio una menomazione, renderebbe impossibili. Dato che non vi è alcun fine naturale ordinato al fine ultimo che venga impedito dall’utilizzo delle mani come mezzo di locomozione, per chi sia privo degli arti inferiori, non c’è assolutamente nulla di male in tal caso.

            • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

              Aggiungo anche che non è moralmente illecito il “sacrificio” di fini inferiori rispetto a fini di ordine superiore, come nel caso del martirio, in cui, in ragione dell’affermazione delle verità ultime sul significato dell’esistenza umana, si può giungere fino a farsi togliere la vita biologica. Se al contrario vi fosse l’obbligo di non farsi uccidere, in quanto questo va contro il fine naturale della vita, questo significherebbe necessariamente dover mentire (accettando di ritrattare come false le verità fondamentali dell’esistenza umana), cioè significherebbe essere obbligati a tradire la parte superiore dell’essenza umana, che è quella della ragione o intelletto (dire falsità è tradire la natura razionale, che si attua nell’affermare la verità), il che è cosa priva di senso (= irrazionale).

            • minstrel ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

              “contro i fini della natura umana”

              Sto ascoltando una lectio di Antonio Petagine scovata nella Nuova Regaldi e anche lui concludeva che l’a-finalismo moderno è la situazione mentale che produce più confusione fra i piani in gioco.

            • minstrel ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

              Rispetto poi al punto n. 5 leggevo dalle leggi di Platone:
              “Noi infatti cerchiamo sempre quale, fra le leggi stabilite, conduce alla virtù e quale no: coraggio, allora, se fossimo d’accordo nel stabilire per legge che le consuetudini attuali sono buone o, in ogni caso, nient’affatto vergognose, quale contributo potrebbero darci per incrementare la virtù? Forse esse susciteranno nell’anima di chi viene persuaso l’inclinazione al coraggio, o in quella di chi persuade il genere della temperanza? O nessuno dovrebbe mai lasciarsi persuadere da queste cose, facendo, piuttosto, tutto il contrario? E non biasimerà ognuno la mollezza di chi cede ai piaceri e non è in grado di resistervi? E non criticherà quell’uomo che imita la donna e cerca di farsi simile ad essa? Chi fra gli uomini stabilirà per legge questo costume di vita? Nessuno, credo, se ha in mente che cos’è la vera legge.”

              Platone. Le leggi, Edizione web di Patrizio Zanasi, pag. 93

              Taaak!

    • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi Pavone

      E’ proprio perché non si arrivò a nulla, che desidererei riprendere il discorso. Io sono convinto che il contro-natura sia invece condizione necessaria ma non sufficiente, perché è necessaria anche l’esistenza di Dio (l’esistenza cioè di un Infallibile Creatore delle nature).

      Ma ti prego di spiegare meglio quanto hai accennato: “dico, invece, che non possa darsi una definizione di contro-natura tale che ciò che risulti contro-natura non possa essere eticamente corretto o addirittura un valore”. Ora, però, non tirarmi fuori l’esempio del camminare “contro-natura” sulle mani.

      • Luigi Pavone ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

        Sono cose che abbiamo già dette. Comunque, ciò che intendo dire segue:

        1) IL GIUDIZIO TELEOLOGICO (implicato dal giudizio di contro-natura, per ovvie ragioni) E’ PROBLEMATICO, cioè: non è chiaro sulla base di quali criteri risulti plausibile il giudizio secondo il quale, per esempio, gli organi sessuali hanno la finalità della riproduzione, mentre non risulti plausibile affermare che la finalità del fogliame degli alberi sia quello di dare riparo agli animali dalla calura estiva. Anzi, qualcuno potrebbe ritenere ciò plausibile. “Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, per lo quale ennalumini la nocte”. E’ plausibile pensare che la finalità del fuoco sia quella di illuminare la notte? Quali sono i criteri del giudizio teleologico?

        2) La problematicità del giudizio teologico non implica l’impossibilità di dare una definizione di contro natura. Tuttavia, risulta difficile far quadrare i conti con la morale. Voglio dire: fino a prova del contrario, NON ESISTE UNA DEFINIZIONE DI CONTRO NATURA TALE CHE TUTTO CIO’ CHE E’ CONTRO NATURA È E’ IMPOSSIBILE CHE NON SIA IMMORALE O SIA MORALE. Sembrerebbe che questo risultato si possa ottenere con una petizione di principio allargando la natura umana a tal punto da spacciare per giudizio teoretico ciò che in realtà è già giudizio etico.

        • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi Pavone

          1) Il fatto che non si possa sempre individuare una sicura finalità, nulla toglie ai casi in cui invece ne sia evidente la presenza.

          2) Seguendo Aristotele (e poi San Tommaso) i criteri per il giudizio teleologico sono due: 1) considerare la razionalità intrinseca alla costituzione ontologica delle cose stesse (le cose per come sono fatte indicano le azioni a cui la loro costituzione stessa è tesa: e non si tratta di circolo vizioso); 2) la regolarità del risultato, ossia la non casualità di esso, espressa sia da Aristotele che da San Tommaso nella locuzione “ciò che avviene sempre o per lo più”. Se metti insieme questi due aspetti, non ci possono essere dubbi su quale, ad esempio, sia il fine dell’attività sessuale, poiché 1) per come tali organi sono formati ne è evidente l’intrinseca predisposizione all’utilizzo eterosessuale e 2) qualora utilizzati come la propria costituzione indica, il risultato constatato è “sempre o per lo più” il concepimento.

          • Luigi Pavone ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

            Posto che si pervenga ad un giudizio condiviso su quale sia la natura, resta intatto il problema di capire, non circolarmente, quale sia quella definizione di comportamento contrario alla natura tale da far quadrare i conti con il bene e il male morali, nel senso che ho sopra precisato. Insomma, cosa si intende dire parlando di comportamento contro-natura? E’ un comportamento che impedisce la realizzazione di quelli che riteniamo essere i fini della natura? E’ un comportamento che impedisce i fini della natura in un certo modo? Sempre e per lo più? La mia idea è che qualunque definizione non circolare includerà casi di comportamento amorale o addirittura morale, a meno che per natura non si cominci a intendere qualcosa di più allargato a tal punto da includere gli stessi giudizi morali, rendendo apparente l’appiglio teoretico al giudizio etico.

            • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi Pavone

              Posto quello che ho già indicato più analiticamente (gerarchia dei fini al fine ultimo), non vedo dove stia il problema: la legge di Hume (separazione fatti-valori) può essere superata fino in fondo solo da una valida teologia naturale, posta la quale, la relazione natura-valori non è più un problema. Fai un esempio pratico di una situazione in cui i criteri da me indicati non potrebbero eliminare un eventuale dilemma.

              • Luigi Pavone ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

                beh, sbagli se ritieni che il mio discorso si basi sulla c.d. forbice di Hume. Se tu hai un discorso che la confuta, sarei molto contento di ascoltarlo, comunque.

                Venendo al punto, il problema è duplice. Prendiamo il caso della omosessualità, che tu ritieni essere un comportamento immorale in quanto contro-natura.

                Primo corno del problema. Il fine della sessualità è la riproduzione o il piacere? Se fosse il secondo, i rapporti omosessuali sarebbero perfettamente naturali. Il fine del fuoco è illuminare la notte o cucinare i cibi? O riscaldare? Dunque: soggettività del giudizio teleologico.

                Secondo corno del problema. Non vi è dubbio che si possa convenire su certi criteri onde evitare il disaccordo sul giudizio teleologico. Dunque, per amore di discussione conveniamo che i criteri siano quelli da te formulati. Resta il problema di accordare tali criteri con i criteri morali. E innanzitutto di stabilire in modo non circolare che cos’è un comportamento contrario alla natura. Mettiamo che i tuoi criteri ci conducono ad affermare che la natura e il fine della sessualità sia la riproduzione, che cosa significa comportarsi contrariamente alla natura della sessualità? Significa impedire che si realizzi lo scopo della riproduzione? Ma questo si ottiene anche con l’astinenza. Significa impedire in un certo modo (quale?) che si realizzi il fine? Ecco, occorre fornire trovare una definizione di contro-natura tale che ogni comportamento che la soddisfi non possa venir individuato come moralmente neutro o moralmente desiderabile. Se non si fornisce questa definizione, cade ogni tentativo di giudicare immorale l’omosessualità in quanto contro-natura.

                • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi Pavone

                  1) Con un po’ di tranquillissima antropologia aristotelica non è difficile dimostrare come il piacere sensibile e quelle venereo in particolare non possa costituire un fine in sé, ma debba sempre venire subordinato al fine principale della sessualità, che è la procreazione E L’EDUCAZIONE DELLA PROLE (si dimentica troppo spesso anche quest’aggiunta).

                  2) Come ti facevo già notare in altra occasione, c’è una bella differenza tra il non utilizzare una facoltà che abbiamo (quella di procreare, in questo caso) e l’utilizzarla stravolgendone la natura per scopi illeciti. Siccome non c’è alcun obbligo ad usare della facoltà umana di procreare, l’astinenza, oltre a non corrispondere de facto ad alcun pervertimento di qualcosa che non si sta attuando, non corrisponde nemmeno ad uno scopo moralmente illecito.

              • Luigi Pavone ha detto in risposta a a-theòs=a-éthos

                Infine, tu scrivi: “Io sono convinto che il contro-natura sia invece condizione necessaria ma non sufficiente”

                Forse è un tuo lapsus. Credo tu volessi dire il contrario, e cioè che l’essere contro-natura sia condizione sufficiente ma non necessaria. Quello che tu hai scritto significa ammettere che esistano comportamenti contrari alla natura e ciononostante morali.

                • a-theòs=a-éthos ha detto in risposta a Luigi Pavone

                  Mi sono espresso troppo sinteticamente e hai ragione nel fare notare l’ambiguità delle mie parole. Intendevo dire che la possibilità di individuare comportamenti contro-natura è condizione necessaria ma non sufficiente per esprimere un giudizio morale neagativo, poiché qui mancherebbe la seconda e primaria condizione, cioè l’esistenza di Dio. Infatti se tutto provenisse dal caso, anche nell’ipotesi che sia possibile stabilire che certi comportamenti sono contro-natura, si tratterebbe di un contro-natura moralmente neutro, dato che un supposto ordine essenziale proveniente dal caso non basterebbe a determinare un’obbligazione morale al “suo” rispetto da parte dell’uomo (per le ragioni già esposte in altra discussione).

  9. Luca ha detto

    Come definire Galimberti? Per usare le parole di Sgarbi: “Capra!”
    AHAHAHAH

  10. Vincenzo ha detto

    ho apprezzato molto i fini commenti sul problema “natura/contronatura” sopra esposti. Mi permetto di fare una notazione molto pratica. Avete provato cosa sia una visita medica x il controllo della prostata? Chi l’ha provata penso sappia bene la differenza tra i due termini….scusate il “basso livello” del mio commento…..

  11. Marcello furiani ha detto

    Beh, almeno Galimberti si firma…

  12. Larry SFX ha detto

    MONDO CANE!
    Platone un omo-scettico?!?!?
    Questa proprio non si studia sui libri di squola dei liberal-massoni!!!

    fate girare la notizia, che qui abbiamo tra le mani un pesante maglio contro le argomentazioni LGBT!!!

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