Un agnostico anti UAAR: l’UAAR non mi rappresenta

Con questo articolo avviamo la collaborazione con un amico esistenzialmente “agnostico”, che non sentendosi assolutamente rappresentato dall’associazione UAAR (Unione Atei Agnostici Razionalisti), ha voluto rendere pubbliche le sue condivisibilissime riflessioni. Il desiderio nostro è che inizi veramente con tutti un sano dialogo di approfondimento sulle rispettive posizioni, incentrato sul rispetto e la cooperazione per il bene comune, emarginando le sette fanatiche e tutti coloro che, indipendentemente dalla scelta di vita, hanno un’impostazione ideologica, rabbiosa ed intollerante.



di Marcello di Mammi.

“Stanco dei discorsi insulsi di certi laicisti, mi sono chiesto se fosse possibile una convivenza “pacifica” in una stessa associazione cattolica tra agnostici, atei e credenti con lo scopo di fare una disamina delle rispettive posizioni. Ho scoperto il vostro sito e mi sono iscritto. Indubbiamente la riuscita di questo dialogo, in buona misura, dipende dall’educazione, sia culturale che in senso stretto, delle persone.

In un vostro recente articolo il filosofo inglese Nathan Coombs scrive: «gli atei non possono eludere le grandi domande della vita». Io sarei ancora più generalista: “nessuno Uomo può eludere le grandi domande della vita”.
Le tesi certamente sono disparate e contraddittorie, ma discussioni pacate, non preconcette, portano sicuramente ad un arricchimento culturale. Nel passato sono stati eretti steccati da ambo le parti che tutt’oggi sopravvivono e, questa volta, più da parte dei non credenti che della Chiesa.

Un’associazione laicista ed ottusa come l’UAAR, invece di propugnare le proprie tesi, in modo onesto ed intelligente, si scaglia contro la religione e contro Dio con un linguaggio degno dei dannati del terzo girone dell’inferno dantesco (bestemmiatori e sodomiti), rivendicando, poi, diritti che sono topici delle confessioni religiose, come i contributi pubblici. Una religione atea che, a mio avviso, è il massimo dell’incoerenza intellettuale e filosofica. Ai non credenti, quelli in buona fede, non serve alcuna mediazione di strutture o di associazioni perché il loro problema esistenziale è una dialettica che si esaurisce tra il proprio Io e la propria coscienza, con una propria morale, laica quanto volete, ma, nei principi fondamentali, non troppo dissimile da quella religiosa.

Gli atei e gli agnostici, normalmente vengono genericamente accomunati come non credenti, ma la differenza è sostanziale: i primi hanno scelto di non credere i secondi, ritenendo di non avere acquisito sufficienti conoscenze, rimandano la scelta definitiva. Per i credenti e mi riferisco in particolare ai cattolici, penso che valga, al di sopra di ogni considerazione teologica e filosofica, quanto mi rispose una amica di web alla mia domanda: “Come puoi essere certa dell’esistenza di Dio?”

Mi aspettavo che mi parlasse del VT e del NT di S. Paolo, di S. Agostino, di Sant’Anselmo o di altri importanti personaggi della Chiesa che avrei potuto controbattere con altrettante tesi filosofiche o teologiche ed invece mi dette una risposta semplicissima alla quale io, vecchio agnostico di lungo corso, non ho saputo cosa replicare.
“Ho la percezione in me, Lo sento sempre nella mia anima”. La percezione in sé come faccio a negargliela? Ritenendola persona degna di fiducia ed in buonissima fede, l’unica cosa che potei dire: “beata tu che hai delle certezze”.

La mia risposta al quesito iniziale è dunque, per quel che mi riguarda, positiva e mi confortano anche le parole del Prof. Ratzinger, come preferisco chiamarlo per mettere in risalto che è, quando parla di filosofia e teologia sono “lectio magistralis”, indubbiamente un grande filosofo nella tradizione della scuola tedesca. Leggendo il discorso di Verona del 19 ottobre 2006 devo riconoscere che mi sono sentito “bacchettato” anch’io, che cattolico non sono, ed esaminando in profondità le Sue idee ed i concetti espressi, si nota un’interessante apertura verso i laici di buoni intenti. Penso di essere nel giusto, interpretando le Sue parole come un:“accogliamo tutti gli uomini di buona volontà, perché i tempi che ci aspettano, sono gravidi di pericoli.” Al di là della parte essenzialmente teologica ed ecclesiastica, la mia attenzione si è soffermata su un passaggio che riguarda le scienze e, date le mie convinzioni e formazione, non poteva essere diversamente.

Personalmente giudico interessantissimo coniugare scienze, filosofia e teologia, cioè, entrando nei dettagli, la fisica teorica, la metafisica e il teismo, nella più ampia accezione di questi termini. Ho sempre ritenuto che queste discipline che sembrano essere su rette parallele poi, come nella geometria proiettiva, s’incontrino in un punto all’infinito.

Ed ecco quanto disse il Prof. Ratzinger  in quel discorso. «La matematica come tale è una creazione della nostra intelligenza: la corrispondenza tra le sue strutture e le strutture reali dell’universo – che è il presupposto di tutti i moderni sviluppi scientifici e tecnologici, già espressamente formulato da Galileo Galilei con la celebre affermazione che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico – suscita la nostra ammirazione e pone una grande domanda. Implica infatti che l’universo stesso sia strutturato in maniera intelligente, in modo che esista una corrispondenza profonda tra la nostra ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura. Diventa allora inevitabile chiedersi se non debba esservi un’unica intelligenza originaria, che sia la comune fonte dell’una e dell’altra. Così proprio la riflessione sullo sviluppo delle scienze ci riporta verso il Logos creatore. Viene capovolta la tendenza a dare il primato all’irrazionale, al caso e alla necessità, a ricondurre ad esso anche la nostra intelligenza e la nostra libertà. Su queste basi diventa anche di nuovo possibile allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell’intrinseca unità che le tiene insieme. È questo un compito che sta davanti a noi, un’avventura affascinante nella quale merita spendersi, per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire in essa alla fede cristiana piena cittadinanza. Il “progetto culturale” della Chiesa in Italia è senza dubbio, a tal fine, un’intuizione felice e un contributo assai importante».

Questa “intrinseca unità” è la “Conoscenza” a cui  spero, in un giorno più o meno lontano, di poter approdare”.

15 commenti a Un agnostico anti UAAR: l’UAAR non mi rappresenta

  • ele85 ha detto:

    benvenuto Marcello hai detto cose molto interessanti che condivido pienamente! Grazie.

  • demo2 ha detto:

    grazie!

  • Biuly ha detto:

    Se gli agnostici fossero tutti così il dialogo con i cattolici avrebbe la strada spianata senza inutili e testarde chiusure ideologiche.

  • lupo ha detto:

    Marcello scrive una cosa illuminante: “mi dette una risposta semplicissima alla quale io, vecchio agnostico di lungo corso, non ho saputo cosa replicare: – Ho la percezione in me, Lo sento sempre nella mia anima”. Forse non ci servono tanto filosofi e teologi che sappiano spiegarci la superiore razionalità della fede ma solo testimoni credibili. Credo quia absurdum.

  • Francesco Santoni ha detto:

    ele85, sei tu che in passato eri vicina alla UAAR? Se possibile e se non sono troppo indiscreto, sarei curioso di conoscere meglio la tua esperienza, giusto per capire che aria tira da quelle parti. Non qui ovviamente; gli amministratori del sito hanno la mia email e certamente anche la tua, quindi potrebbero passarti il mio indirizzo.

  • sarcastycon ha detto:

    Vi ringrazio tutti per l’accoglienza ricevuta.
    Credo che l’argomento pricipe, almeno per me lo è,sia quello dell’esistenza di Dio.
    So bene che, essendo in un sito cattolico,per voi è una fatto scontato, ma la ragione vuole certezze,che vuol dire ricerca sia scientifica che psicologica.
    Non capisco l’atteggiamento degli atei di professione che, oltre ad essere volgari e sprezzanti nelle loro espressioni, non seguano un metodo di ricerca da veri scienziati.
    Il vero scienziato non tralscia mai nessuna ipotesi, per quanto improbabile possa apparire, altrimenti cade in un dogmatismo senza fondamento.
    Vorrei chiedere alla Hack se quando guarda nel telescopio,ammesso che ci guardi, come fa a non porsi le domande che si pose Einstein.

    “La ricerca scientifica può diminuire la superstizione incoraggiando il ragionamento e l’esplorazione casuale. E’ certo che alla base di ogni lavoro scientifico un po’ delicato si trova la convinzione,analoga al sentimento religioso ,che il mondo è fondato sulla ragione e può essere compreso.

    Questa convinzione legata al sentimento profondo della esistenza di una Mente Superiore che si manifesta nel mondo della esperienza,costituisce per me l’idea di Dio;in linguaggio corrente si può chiamarla ‘panteismo’”.

    “…io sostengo che la religione cosmica è l’impulso più potente e più nobile alla ricerca scientifica…..”

    ”… non è senza ragione che un autore contemporaneo ha detto che nella nostra epoca,votata in generale al materialismo gli scienziati sono i soli uomini profondamente religiosi.”

    (Albert Einstein “Come io vedo il mondo”)

    Tra la Hack e similari, dovendo sciegliere, sto certamente con Einstein.

    Marcello di Mammi

  • Massimo Ponzoni ha detto:

    Caro Marcello, ho 54 anni e sono di Pavia.

    Mi ha colpito molto quello che ha scritto perché dimostra un’apertura della ragione sempre più rara, ahimè, nel nostro mondo.

    Anch’io non sono un cattolico DOC., e ho sempre avuto i miei sbalzi ma ho sempre visto nella Chiesa un’ancora di salvezza per la mia ragione.

    Ho studiato letteratura per una vita per cui non m’intendo per nulla di scienza, e -leggendo il tuo commento- volevo assicurarti che -almeno per me- la convinzione di Dio prescinde dalla ricerca scientifica.

    La fede è un dono ma -diceva il nostro Ratzinger- è anche un traguardo della ragione…a riconoscere che Dio esiste arriva qualunque uomo con il solo uso della razionalità.

    Ho sempre guardato agli scienziati come alleati del Vangelo, ma mai come protagonisti.

    Ti ringrazio ancora, Massimo.

  • lupo ha detto:

    “a riconoscere che Dio esiste arriva qualunque uomo con il solo uso della razionalità” scrive Massimo Ponzoni. Eppure … se potessimo dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio non avremmo alcun bisogno della fede, non credi ?
    Io penso che la fede abbia senso soprattutto come ricerca di Dio (perché come dice S Paolo “ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa”) e penso anche che la pretesa così diffusa di dover racchiudere nelle certezze di fede l’adesione ad un conformismo di ordine vuoi sociale o politico o di comportamento individuale sia la principale giustificazione all’esistenza dello UAAR. Penso insomma che il terreno della ricerca sia il solo sul quale possono incontrarsi fede e ragione. Non per sovrapporsi e sostituirsi a vicenda (la scienza non può sostituire Dio con la ragione così come l’unica intelligenza possibile e vera della natura non é quella scaturita direttamente dalla visione di fede) ma per imparare a rispettarsi. Credo quia absurdum. Ciao

  • Stefano82 ha detto:

    Mah, non sono molto d’accordo con l’articolo. Non c’e’ dubbio che si possa criticare l’UAAR, ma bisogna avere l’onesta’ intellettuale di analizzare seriamente quello che dice, invece di aggirare l’ostacolo bollandola come ottusa. La cosa che mi fa piacere invece e’ che vedo una genuina voglia di dialogo tra credenti e non, ma sorge un dubbio: dialogo su quali temi? chi decide chi puo’ far parte del dialogo e chi no? fino a quanto si puo’ non essere d’accordo prima di venire chiamati “estremisti”? se voglio dialogare con chi mi ripete le stesse cose che dico io, faccio prima a comprarmi un pappagallo

  • sarcastycon ha detto:

    Stefano82
    ti riporto una parte di un post che scrissi 2 anni fa su un mio blog.
    ……Il signor Odifreddi fa dei contorsionismi filologici per dimostrare, quello che tutti sanno,che la Bibbia, presa alla lettera non corrisponde alla realtà odierna, trascurando, penso volutamente, il fatto che faccia riferimento ad episodi di migliaia di anni fa da esplicare a popolazioni pressoché analfabete. La Margherita Hack scruta,o dovrebbe scrutare, l’universo e non si pone la domanda più banale di questo mondo: perché è cominciato tutto questo?

    Entrambi fanno parte di un’associazione l’UAAR(Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) Dal loro sito:

    ” In generale, l’UAAR rivendica pari diritti per tutte le concezioni del mondo. Al diritto di libertà di religione va dunque sostituito quello di uguali diritti per tutte le concezioni del mondo, quindi anche per quelle non religiose.”

    Praticamente vuol essere eguagliata alle altre religioni, non male come coerenza. Sul sito si può ancora leggere:

    “Ove permangano prerogative concesse a qualche confessione (citazione nella Costituzione, intesa con lo Stato, insegnamento nella scuola, esposizione del simbolo, contributi regionali, toponomastica locale, e simili), tali prerogative sono rivendicate anche dall’UAAR, proprio per non accettare discriminazioni nei confronti delle concezioni del mondo di carattere non religioso.”

    Mi sorge un dubbio non sarà per caso,che tutto questo polverone non miri ad attingere ai contributi regionali, solo per non sentirsi discriminati?

    Inoltre si può leggere, sempre sul loro sito:

    “…completamente indipendente da forze politiche o da gruppi di pressione di qualsiasi genere”

    Sarà una combinazione ma i suddetti ”scienziati” professano notoriamente un’ideologia decisamente dogmatica come il marxismo e sono politicamente attivi nei suoi derivati. Una religione atea impermeata di bassa politica.

    Aggiungici quello che fecero scrivere sugli autobus di Genova ed il quadro è completo.
    Mi fermo qui perchè altre considerazioni sarebbero troppo forti e in questo sito sono ospite.
    Marcello di Mammi.

  • Marcello di Mammi ha detto:

    Massimo
    sono contento che il post ti sia piaciuto.
    grazie

  • Marcello di Mammi ha detto:

    Lupo
    Non si tratta, almeno per me, di dimostrare l’esistenza di Dio, ma di capire come “tutto” sia iniziato ed in maniera logica. E capire se la logica ci porti alla conclusione che l’universo deve essere iniziato per “volere” di Qualcuno oppure no. Tutta la questione verte, sulla creazione dal nulla, anche in questi giorni Hawking propone la sua ennesima versione. A mio parere è altamente improbabile che possa avvenire la creazione dal nulla ossia un’autocreazione. Tralascio le considerazioni per le quali sono giunto a questa conclusione, in quanto investono la meccanica quantistica, teoria della relatività, spazi di Planck, entanglement etc,e non so quanto possano interessare.
    saluti
    Marcello di Mammi

  • lupo ha detto:

    Sono daccordo con molte delle cose che scrivi Marcello. Anche per me la questione centrale non é la possibilità di dimostrare l’esistenza di Dio.
    Non ne so molto ma a me pare che tutto il discorso sulla cosiddetta creazione dal nulla sia incredibilmente teorico e visionario, tanto quanto parlare di Dio appunto. Se l’origine di tutto fosse la materia oscura, un buco nero, pura materia, pura energia o anche l’infinita e misteriosa potenzialità di uno 0 a me non cambia assolutamente nulla: posso chiamare “Dio” uno qualunque di questi semi iniziali. Se lo 0 contiene l’infinito, é ancora uno 0 ? Mi pare davvero difficile immaginare il nulla.
    Le origini e la logica ? Cent’anni fa quando il dibattito era racchiuso tra teologia e materialismo Theilard de Chardin risolveva tutto con una sorta di ossimoro spericolato: “santa materia”! A dire mi pare: non é tanto il “cosa” c’é all’origine , se la materia o lo Spirito, ma credere che comunque una ragione ci sia e farne ora e qui il senso del mio essere al mondo. Il punto vero é questo: non l’astrazione ma poter decidere liberamente il senso da dare alla vita qui e ora, e non vedo perché un ateo dovrebbe ritenersi offeso da una mia diversa scelta o percezione. Personalmente preferisco continuare a pensare Dio come inconoscibile e ad accettare la Via (la strada da percorrere verso la conoscenza) che é Verità e Vita (che da senso) indicata dai Vangeli. L’indicazione appunto di una strada da percorrere piuttosto che il muro che mi difende da qualsiasi fatica di percorso – ricerca. Empiricamente qui e ora per me il principio dell’amore dovrebbe essere in grado di soddisfare questo senso. La logica é necessaria ma non costituisce di per sé un “senso” ed é per questo che per me fede e ragione possono serenamente convivere ciascuna nel suo ambito. Moriremo tutti come é sempre stato senza aver trovato questa risposta che pure DOBBIAMO cercare, perciò tutto si gioca nella SPERANZA di un senso ultimo ed é questo l’ambito della religione.
    Credo quia absurdum per me vuol dire questo: non sottraggo la religione alla critica o al vaglio della ragione ma ne riconosco un suo ambito proprio nella ricerca di senso. Una ricerca che mi richiede comunque un atto di fede. Posso evidentemente pensare che non esista nessun senso, ma empiricamente il nichilismo mi pare la peggior scelta possibile.

  • sarcastycon ha detto:

    Lupo
    il tuo ottimo commento è molto articolato,direi quasi che sia un post.
    Molti argomenti che introduci meriterebbero una trattazione diversa e approfondita, difficile da fare in un commento in queste finestrine.
    Mi soffermo su passaggio che hai scritto:

    ” Moriremo tutti come é sempre stato senza aver trovato questa risposta che pure DOBBIAMO cercare, perciò tutto si gioca nella SPERANZA di un senso ultimo ed é questo l’ambito della religione.”

    In pratica tu dici: dobbiamo porci delle domande e dobbiamo cercare le risposte, ma quello che conta è avere la speranza che esista un fine ultimo e, se vogliamo accettare questo fine ultimo, occorre cmq fare un atto di fede.
    Si è così per i credenti e per gli atei. Gli agnostici,invece, si tormentano nel dubbio.

    Ti riporto le belle parole di questo fisico un po’ più ottimista.

    Dal libro “L’universo elegante” di Brian Green della Columbia University di N.Y.. Green è uno dei più accreditati studiosi di fisica teorica nel campo della teoria delle stringhe e della sua evoluzione nella M-teoria o teoria del tutto.

    “Mentre teniamo lo sguardo fisso al futuro e ci immaginiamo le meraviglie che l’universo ha in serbo per noi, dovremmo anche fermarci a riflettere sul viaggio che abbiamo intrapreso e sulla strada che abbiamo percorso. La ricerca delle leggi fondamentali del cosmo è un’impresa peculiarmente umana, che ha sfidato le menti e arricchito gli spiriti. Ci possiamo certo identificare nelle parole di Einstein,quando racconta i suoi <>. Tutti in qualche modo,cerchiamo la verità ,tutti ansiosi di sapere perché siamo qui. Tutti insieme stiamo scalando la montagna delle grandi spiegazioni e ogni generazione,ben salda sulle spalle di quella precedente,cerca coraggiosamente di raggiungere la cima. Non sappiamo dire se i nostri discendenti vedranno mai il mondo da lassù e osserveranno l’immenso,elegante universo con infinita chiarezza…..”.”E mentre ci stupiamo della nuova visione del cosmo,del nuovo modo di testimoniare la sua coerenza, stiamo facendo la nostra parte,contribuendo anche noi all’ascesa del genere umano verso le stelle.”

    Green è un importante fisico ma anche un bravo scrittore.

  • lupo ha detto:

    Molto bella la citazione di Green, grazie.
    Dici “… è così per i credenti e per gli atei. Gli agnostici,invece, si tormentano nel dubbio”. Penso siamo tutti daccordo che il dubbio costituisce il migliore e più potente motore di qualsiasi ricerca, quindi per me anche della fede. La differenza che vedo rispetto a Green o più in generale rispetto alla fisica teorica o ai razionalisti puri é diciamo “la coscienza del limite”. Si direbbe che costoro ritengano la ragione capace di condurli a vederLo faccia a faccia, condurli quasi a potersi sostituire a Dio. A me pare un orizzonte davvero pericoloso. Credo invece che si debba accettare il dubbio non solo come stimolo alla ricerca ma anche più umilmente come coscienza della propria finitezza. Penso che questa coscienza del limite umano sia una delle differenze sostanziali tra credenti e non credenti. Credo occorra accettare altre strade meno empiriche verso l’assoluto come la conoscenza di se, la meditazione, la preghiera. Lo dico da persona credente che di ragione e di scienza ci campa… Ciao e grazie per gli stimoli.