Le femministe italiane stravolgono la legge 194

FemenRecentemente Serenella Fuksia, capolista marchigiana del Movimento 5 Stelle, ha fatto infuriare i saltimbanchi sessantottini del Fatto Quotidiano sostenendo che «la legge 194 è una sconfitta e non una vittoria per tutte le donne […] L’aborto rappresenta sempre un problema e pertanto dovremmo impegnarci a renderlo evitabile. L’aborto non è un anticoncezionale, talora una certa superficialità porta invece a considerarlo tale […]. L’obiettivo deve essere non far trovare la donna nella necessità di farlo perchè costretta, magari per mancanza di welfare adeguato».

Le anacronistiche femministe anticlericali di “Se non ora quando”, definite “altezzose borghesi romane la cui principale attività è piazzare le amichette” in politica”, non hanno ancora capito che è proprio la legge 194 a dire quello che ha affermato la Fuksia, si legge infatti che lo Stato ha il compito -tramite i Consultori- di «far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza», che l’aborto «non è mezzo per il controllo delle nascite» e bisogna evitare che «sia usato ai fini della limitazione delle nascite» (lo è stato ribadito anche nel recente convengo organizzato dai docenti delle cattedre di Ostetricia e Ginecologia delle Università di Roma, da cui è emerso questo comunicato).

In poche parole, la legge 194 afferma che l’aborto in Italia non è lecito, tranne l’eccezione di un serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna. Lo ha spiegato perfettamente il giurista Francesco D’Agostino, ordinario di Filosofia del diritto e di Teoria generale del diritto presso l’Università degli studi di Roma Tor Vergata, nonché Presidente onorario del Comitato nazionale per la bioetica: «La situazione italiana è questa: esiste una legge sull’aborto che fa eccezione al principio generalissimo della liceità delle pratiche abortive. L’aborto in Italia non è lecito, a meno che la donna non chieda l’applicazione a suo carico di quelle procedure previste dalla legge 194 che rendono legale la pratica abortiva. Quindi, a voler prendere sul serio quella legge, l’aborto in Italia è legale come situazione di eccezione, ed è oltretutto doveroso dare prova che le pratiche previste dalla legge siano state rispettate. In questo senso l’aborto in Italia è una legalizzazione parziale che si incastra nel principio generale della illiceità dell’aborto».

Si vuole invece far credere che la legge permetta di avere completo arbitrio sulla vita che porta nel grembo (“l’utero è mio e decido io”). Si vuole far crede che in Italia l’aborto sia libero e che debba essere considerato un diritto insindacabile della gestante. Ma c’è un altro paradosso nella situazione italiana: «la magistratura», ha spiegato il giurista, «ritiene giustamente responsabili i medici che, con pratiche mediche di qualunque tipo, danneggiano la salute del nascituro; di questo dobbiamo essere soddisfatti e dobbiamo chiedere che si prosegua lungo questa stessa via, però allo stesso tempo al nascituro non è riconosciuta soggettività giuridica. Il paradosso è questo: si difende la salute del nascituro ma non si ha il coraggio di dire che il nascituro è una persona, è una soggetto di diritto, è uno di noi. Da questa contraddizione non si esce, poiché essa, almeno per l’Italia, serve a giustificare una legge come la 194 che, obiettivamente, nonostante le belle espressioni che adopera, è servita a diffondere l’idea che l’aborto sia una pratica affidata liberalmente e discrezionalmente alla volontà della donna. In Italia viviamo cioè in un regime di aborto libero ed insindacabile che non viene avallato dal dettato esplicito della legge 194; come dire, viviamo in una situazione di contraddizione permanente».

Le femministe italiane, al posto di stravolgere la legge 194, dovrebbero difendere la dignità delle donne e ribadire che il corpo non è un oggetto e dunque prendere le distanze dalle Femen, la cui unica attività è mettersi in topless e aggredire chi non la pensa come loro. O per lo meno, spiega Luisella Saro, criticare il fenomeno delle madri surrogate indiane, il cui utero viene sfruttato per poche monete sopratutto dalla lobby gay per sfornare bambini da adottare. Il comitato promotore di Se Non Ora Quando ha scritto nel settembre del 2011: «Chi vuole continuare a tacere, sostenere, giustificare, ridurre a vicende private il presente stato di cose, lo faccia assumendosene la pesante responsabilità, anche di fronte alla comunità internazionale». Sottoscriviamo, rispediamo al mittente e attendiamo risposta.

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50 commenti a Le femministe italiane stravolgono la legge 194

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  1. Andrea ha detto

    Una dichiarazione buona che viene dal MCS? Incredibile…

    In ogni caso il problema è che in questo campo (come spesso, purtroppo, accade in Italia) vige l’anarchismo completo e di fatto l’aborto può essere ottenuto per un nonnulla.

    Intendiamoci, non sto dicendo ci siano casi a giustificarlo (e d’altro canto non pochi medici l’hanno ammesso che in realtà non si sono mai trovati di fronte ad un singolo caso in cui l’aborto fosse necessario), ma quando una decide di abortire perché il figlio, per esempio, ha il labbro leporino è ancora peggio…

  2. Controinformato ha detto

    Quella poveretta verrà epurata come tutti gli altri.

  3. paolo ha detto

    Serve una nuova campagna di educazione sessuale verso i giovani che promuovi l’utilizzo dei contraccettivi.
    Basterebbe semplicemente che la donna che non vuole avere figli al momento stia attenta ed usi metodi contraccettivi per evitare la gravidanza e l’aborto
    Non si puo’ obbligare una donna a portare avanti una gravidanza che non vuole puntandole una pistola alla testa. Cosi’ come non si puo obbligare una donna a non fare sesso.
    .

  4. paolo ha detto

    premetto che io sono uomo e quindi ho voce in capitolo relativa rispetto al tema della gravidanza.
    Mi sembra di capire che c’è un po di incomunicabilità tra antiabortisti e abortisti dovuta al fatto che si parla di cose diverse.
    Un abortista ritiene a torto o a ragione che una donna non puo’ essere obbligata a portare avanti una gravidanza contro la sua volonta’.
    L’antiabortista risponde dicendo che l’aborto è un omicidio e al limite (l’antiabortista moderato) lo puo concepire solo per gravi malformazione del feto in caso di pericolo della vita della madre.
    A un abortista interessa poco la “necessarietà” o meno di un aborto stabilita dai dottori.
    L’abortista non considera mai l’aborto bello o brutto, necessario o non necessario. Semplicemente prende atto che il feto è dentro una donna e non si può OBBLIGARE la donna a partorire se non vuole. Le si puo’ parlare, le si possono offrire dei soldi e dell’assistenza morale e materiale. Ma alla fine decide lei. Da qui il termine “pro choice”. A favore della scelta della donna. Tutto qua.
    Forse avete ragione voi cattolicisti sul fatto che gli abortisti non sono abbastanza chiari ed espliciti su questo punto (come lo sono io).
    Però devo dire che è vero anche l’opposto. Anche voi antiabortisti a volte la buttate in confusione.
    Mi sta bene che vi chiamate Prolife, però dovete evidenziare anche l’altro della medaglia. Voi siete No choice. Fa poco “marketing” e suona poco democratico dirlo ma è la verità. E dovete dirlo e gridarlo chiaro.
    Per voi una donna rimasta incinta deve essere obbligata (con le buone preferibilmente) a portare avanti la gravidanza. Anche se non vuole. ANCHE SE NON VUOLE. Questo dovete ripeterlo in ogni occasione e focalizzare l’attenzione su questo. Non su una presunta e ridicola non necessarietà dell’aborto.

    • Laura ha detto in risposta a paolo

      Paolo, la tua confusione è immensa nonostante il buon tentativo di mettere le cose in chiaro.

      Ripeto quel che ho già detto. Tutte le leggi che regolamentano l’aborto dicono una cosa: la donna è obbligata a portare a termine la gravidanza dopo un certo periodo di tempo (90 giorni in Italia) dal concepimento. Dunque ESISTE GIA’ l’obbligo di partorire e tu sei d’accordo dato che sostiene la legge 194 e non accetti (lo spero) l’aborto libero. Tale limite (i 90 giorni) sono stati fissati in modo arbitrario, ma oggi sappiamo che il concepito è già un essere umano unico e irripetibile fin dal momento della fecondazione. La legge va aggiornata e va eliminata la possibilità di abortire, almeno fino a quando sarà impedito di uccidere un essere umano.

      I pro-life sono no-choice perché sono contro l’omicidio e contro l’infanticidio, i pro-choice invece sostengono che debba essere lecito uccidere un essere umano. Non a caso la Consulta di Bioetica Laica di Maurizio Mori ha aperto anche all’infanticidio del neonato, dato che non vi è alcuna differenza qualitativa tra questo e il feto/embrione.

      Noi siamo coerentemente “no choice” in qualsiasi momento vi sia la vita di un essere umano in gioco. Voi siete “pro-death”…questa è l’unica verità 🙂

      • Titti ha detto in risposta a Laura

        Sostenere il “no choise”, Laura, è opportuno anche in caso sussista il pericolo di morire della donna incinta?

        • semelets ha detto in risposta a Titti

          Credo che il caso di imminente pericolo di vita per la madre possa rientrare nella casistica del cosiddetto “stato di necessità” ed essere regolamentato in tal senso, ma qui saebbe meglio che rispondesse qualche esperto in materia.

          • giovanni ha detto in risposta a semelets

            Suvvia! E’ ovvio che quando si tratta di due vite in gioco e non è possibile selvarle entrambe, si rende dolorosamente obbligatorio scegliere per l’una l’altra. E’ lo stesso principio che fonda la legittima difesa o lo stato di necessità tanto nel diritto penale, quanto in una prospettiva morale.
            Vita contro vita: la persona che si trovi a dover sopprimere una vita per salvare la propria non è, astrattamente, imputabile di alcun omicidio, posto che i valori (“beni giuridici”, se parliamo in termini di diritto penale) in gioco sono identici.
            Se la vita è il bene, il diritto supremo senza il quale gli altri non potrebbero esistere (e, di fatto, nessun diritto viene accordato ad un cadavere), è consequenziale che tutti gli altri interessi/diritti/aspirazioni/istanze si pongono in posizione subordinata rispetto ad esso.
            Ed altrettanto ovviamente, diventa illecito (anche se ciò avvenisse per legge) invertire tale scala di valori.

            • semelets ha detto in risposta a giovanni

              E quindi? forse ho interpretato male il tuo intervento, ma mi sembra che siamo sulla stessa linea: gerarchia dei princìpi (non invertibile arbitrariamente), in cima alla quale vi è il diritto alla vita (vedi anche il mio post qui sotto).

              • giovanni ha detto in risposta a semelets

                Sì, infatti. Da avvocato ho risposto a te che chiedevi un intervento da “esperto”, ma il “suvvia!” era riferito a Titti. 🙂

                • semelets ha detto in risposta a giovanni

                  Fiuuh!, grazie 😉

                  Ne approfitto per chiederti una cosa.
                  E’ corretto dire che nel caso di stato di necessità la legge in realtà non legittima l’uccisione dell’innocente, ma parla di non punibilità penale di chi commette il fatto?
                  Mi sembrerebbe una distinzione importante, perchè (parlo da completo profano) sembra di vedere lo sforzo del legislatore di non introdurre eccezioni al divieto di uccidere, riconoscendo allo stesso tempo l’impossibilità di gestire qualcosa che ha a che fare con l’istinto primordiale di sopravvivenza.
                  Ben diverso il caso della legge 194, nel cui testo è evidente il tentativo di negare il fatto (la soppressione dell’innocente), attraverso l’uso della formula “interruzione della gravidanza”.

                  • giovanni ha detto in risposta a semelets

                    Sì, è così. L’art. 52 del cod. pen. (legittima difesa) sancisce che “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.
                    Così come l’art. 54 cod. pen. (stato di necessità): “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo”.
                    Il principio di proporzionalità regola entrambe le scriminanti, ed è la conseguenza di una “gradazione” dei beni giuridici tutelati dall’ordinamento tra i quali la vita occupa il primo posto.

            • Titti ha detto in risposta a giovanni

              Quindi? Fammi un esempio pratico: a chi daresti la priorità, e non parlare di scelte, visto che siete “no-choise”, chi sarebbe salvato e chi no?

              • Leonardo ha detto in risposta a Titti

                In quel caso è la madre a scegliere.
                Scelga come più le aggrada.

                Essere no choise non vuol dire che al supermercato compro tutte le merci perchè, beh, sono no choise!
                Il no choise ha un senso preciso, essere contrari all’aborto.

                In questo caso, ti è stato risposto egregiamente, ci si trova in una situazione limite, non certo una situazione comune o da ritenere tale, dove la questione è rimessa alla coscienza della donna.

                Non mi pare giusto imporre una risposta in un caso simile. E nessuno condannerebbe la donna se scegliesse l’aborto pur di salvarsi. Nessuno. Non penso si possa nemmeno condannare l’atto in se, vista l’eccezionalità della cosa e la completa uguaglianza tra le due vite.

                Ma bastava leggere quanto sopra.

                O speravi di sentirti dire “deve morire la donna, l’aborto mai in nessun caso” per poterci sottolineare quanto bigotti e stupidi siamo?
                Mi spiace non poterti accontentare.

        • Andrea2 ha detto in risposta a Titti

          Come al solito tentate di portare avanti casi estremi, casi di pericolo di morte, gravidanze in seguito a stupro ecc..,
          per arrivare a un aborto libero, per qualsiasi motivo anche minore, che è completa irresponsabilità, macanza di rispetto di sè stessi, del proprio corpo, della propria dignità. Ed è anche scelta miope, perchè è la soluzione in apparenza più facile, ma alla fine più dolorosa per tutti, donna compresa.

          Sui casi estremi non mi sento assolutamente in grado di giudicare, ma la vostra strategia è evidente

          • Rebecca ha detto in risposta a Andrea2

            Hai completamente ragione, i casi limiti usati come grimaldello per l’aborto libero (eutanasia, adozioni gay ecc.). E’ un classico gioco retorico che solo in pochi riescono ad individuare e confutare.

          • semelets ha detto in risposta a Andrea2

            Sono d’accordo con quello che dici della strategia basata sui casi estremi.
            Vorrei solo metterti in guardia perchè dal tuo intervento sembra che anche tu accetti, relativamente all’aborto, l’esistenza di diversi “casi estremi”.
            In realtà l’unico caso estremo è quello di imminente pericolo di vita per la madre, che rientra nella casistica del cosiddetto “stato di necessità”.
            Neanche lo stupro può configurarsi, RELATIVAMENTE ALL’ABORTO, come caso estremo. Non si può accettare infatti che sia il bambino a pagare, con la vita, per il male inflitto alla donna.
            Il giudizio morale naturalmente non può mai essere sulle persone, ma sugli atti.

          • Titti ha detto in risposta a Andrea2

            Veramente di estremo io vedo solo l’intervento di Laura, anch’io sono contraria all’aborto come “contraccettivo” visto che ci sono tutti i metodi possibili per evitare di restare incinte, poi ci sono le eccezzioni, d’altronde, se una donna ha le proprie convinzioni di carattere religioso, può perseguirle fino al limite estremo, senza che nessuno glielo impedisca.

            • manuzzo ha detto in risposta a Titti

              Ma dal punto di vista religioso le anime degli abortiti non andranno certo all’inferno, almeno per quanto ne sappiamo. Quelle delle abortiste convinte può essere, ma non è un problema nostro, sono fatti loro.
              È da un punto di vista scientifico e giuridico che oggi a delle persone sono negate i diritti in base a determinati parametri. Qualcuno mi sa spiegare cosa c’è di diverso rispetto allo schiavismo egizio, in cui i padroni potevano tranquillamente far uccidere gli schiavi per qualsiasi motivo? Io ci vedo solo il cambio di parametri, ma l’etica laica/pagana/scarpetterosse del papa| porta sempre queste intrinseche contraddizioni. A chi “tutto” (diritto d’uccidere compreso) e a chi “dovere di morire senza fare nemmeno tanto rumore”. Faccio una provocazione: se domani la maggioranza delle persone decidesse che “è possibile uccidere un ateo”, questi sarebbero d’accordo con la legge, per ipotesi democraticamente emanata?

              • Titti ha detto in risposta a manuzzo

                Ti faccio un’altra provocazione: perchè il mio compleanno è da quando sono nata e non da quando, presumibilmente sono stata concepita? Inoltre la pena di morte, c’è in quei paesi, e scelta indirettamente da coloro che ne votano un sostenitore, per chi si macchia di gravi reati, pur sapendo che ci sono stati dei condannati innocenti.

            • Leonardo ha detto in risposta a Titti

              Beh, in effetti i 100.000 e passa (cito a memoria, e potrei sbagliarmi di molto) sono tutti dovuti a stupro o a madri in fin di vita…

              Ma dai, ma hai una vaga idea delle percentuali in gioco?

              La stragrande maggiornaza dei casi sono aborti “contraccettivi” cioè ops, sono incinta ma ho 15 anni, che vergogna se gli altri lo sanno.
              Oppure toh, sono incinta, ma la mia carriera potrebbe esserne in qualche modo danneggiata.
              Oppure zac, sono incinta, ma se avessi un bambino sarebbe una gran seccatura.

              Ma hai ragione te, sono tutte situazioni dove l’aborto è inevitabile.

      • Pino ha detto in risposta a Laura

        diciamo che nella sua follia ideologica Mori è coerente, per lui non esiste il principio di indisponibilità della vita umana ma essa può o meno essere a disposizione di qualcuno secondo quanto stabilito dal diritto positivo. Siamo a Hitler, Stalin, alla schiavitù. Personaggi come Mori distruggono duemila anni di civiltà giuridica.

    • semelets ha detto in risposta a paolo

      Il fatto è che esiste una gerarchia di princìpi, diritti, doveri, ecc.
      Il divieto di uccidere l’innocente prevale su qualsiasi altro diritto. Se qualcuno nascondesse una pianta nella mia automobile, io potrei tranquillamente gettarla nel cassonetto, ma se qualcuno ci nascondesse un bambino, non potrei fare la stessa cosa, perchè il suo diritto alla vita (e il conseguente divieto di ucciderlo), prevale sul mio diritto di gestire la mia automobile.
      E’ chiaro che il corpo della donna non può essere paragonato a una macchina, ma il senso è che, una volta che un essere umano ha iniziato ad esistere, il divieto di ucciderlo prevale su ogni altro diritto.
      Non c’è quindi confusione nella prospettiva antiabortista: semplicemente il diritto alla vita di un essere umano prevale su ogni altro diritto e ha come conseguenza il divieto di uccidere, il che comporta, come ogni divieto, una limitazione nelle possibilità di scelta.
      La prospetiva antiabortista mi sembra dunque molto chiara e trasparente, tanto nel contenuto quanto nella forma.
      Lo stesso non si può dire della prospettiva abortista, o pro-choice, che evita sempre di dire esplicitamente che, se la donna non vuole portare a termine la gravidanza, ha il diritto di uccidere il bambino: tu stesso nel tuo intervento hai evitato di formulare la prospettiva pro-choice in questi termini.

    • Andrea2 ha detto in risposta a paolo

      Di fatto il primo ad essere stato OBBLIGATO a fare qualcosa è il bambino, che certo non nasce pechè l’ha deciso. ANCHE SE NON VUOLE è giusto ucciderlo.
      Che tristezza!

    • Pino ha detto in risposta a paolo

      argomentazioni aberranti. La vita umana è trattata come un oggetto che ha un padrone che ne può disporre quando e come vuole, siamo ritornati indietro di secoli quando il padrone poteva decidere della sorte dello schiavo perchè questo era considerato una cosa, una res. Leggi come quelle sull’aborto, o come quelle sull’eutanasia, negano un diritto fondamentale, quello dell’indisponibilità della vita umana. Nessuno è proprietario della propria vita e di quella degli altri.

    • Sophie ha detto in risposta a paolo

      (l’antiabortista moderato)

      Il relativista.

  5. Pino ha detto

    vediamo di non prenderci in giro, in Italia l’aborto è un metodo di controllo delle nascite, tutto il resto è teoria. Se ben ricordo fra le femministe del “se non ora quando” una delle più attive era tale Rosy Bindi, ex vicepresidente dell’azione cattolica.

    • Controinformato ha detto in risposta a Pino

      quindi?

    • Gab ha detto in risposta a Pino

      sono d’accordo con Pino…

      scusate cerchiamo di non far finta quanto meno di non vedere come stanno le cose..

      non facciamo come la Conferenza episcopale in Germania che si mette a fare il giochetto della pillola del “giorno dopo” per evitare eventualmente il concepimento e non l’aborto:

      1) come qui stesso è stato pubblicato la contraccezione E’ contro gli insegnamenti della Chiesa;

      2) non si può mai sapere quando la pillola effetivamente è solo “contraccettiva” o pienamente “abortiva”.

    • Andrea2 ha detto in risposta a Pino

      Mi conforta però che la formulazione della legge sia ancora questa… al di là del “pensare comune”, … o meglio quello che ci dipingono come pensare comune!

  6. Matteo ha detto

    Mi è sempre piaciuta la frase “l’utero è mio e decido io”. Certo, se ci ubriachiamo e metto incinta la mia ragazza sono obbligato a pagarle gli alimenti per i prossimi venti anni. O quaranta, se il pargolo non trova lavoro, come deciso recentemente (e giustamente) dai giudici. Ma lei ha il “diritto alla scelta”, mica io, perché l’utero è suo ma il pargolo è pure mio. A volte ho il sospetto che abbiamo legalizzato l’aborto non per le femministe, ma perché al senato c’erano molti uomini che non volevano “grane”…

  7. Penultimo ha detto

    ” viviamo in una situazione di contraddizione permanente”

    Potevano chiedere l’aborto o si poteva chiedere la serietà,quella di dare diritto ai giovani di trovare un posto di lavoro,riuscendo quindi ad avere la possibilità di fare una famiglia e mantenerla,includo anche i gli incintamenti maschili all’aborto per paura di essere padri.Ecco che la contraddizione nel secondo caso sarebbe,forse sparità mantenendo,un walfare migliore e una civiltà migliore.

  8. Gibbì ha detto

    Credo non siano in molti a sapere che tra le teorizzazioni che i femminismi hanno messo in opera per giustificare la logica della “scelta” (abortiva) c’è, soprattutto, l’idea che in tal modo la donna possa sfuggire ciò che è stato definito “il destino biologico” a cui la maternità le condannerebbe, allo scopo di perseguire altri e più soddisfacenti scopi personali (carriera, successo, scalata sociale, empowerment eccetera).
    In altre parole, si ritiene di poter andare oltre la determinazione naturale attraverso il controllo culturale (in ultima analisi, politico) delle proprie azioni e delle proprie “scelte”, appunto.
    Come se non fossimo tutti legati indissolubilmente ad un destino biologico che si chiama, molto semplicemente, ciclo della vita.
    Naturalmente il tema del determinismo naturale contrapposto allo strutturalismo culturalista è immenso e, nelle sue infinite sfaccettature ed implicazioni, non può certo essere affrontato qui.
    Altrettanto naturalmente, però, pensare seriamente di andare oltre il proprio confine biologico è un’illusione tanto scellerata e pericolosa quanto apparentemente macchiata da quel peccato di superbia che anima sempre gli esseri umani in competizione con Dio.
    Una presunzione di onnipotenza che ha causato sempre guasti e orrori inenarrabili.
    Quando un figlio viene considerato dalla donna un ostacolo alla propria realizzazione le soluzioni si chiamano infatti aborto, abbandono, maltrattamenti e in qualche tragico caso infanticidio.

    • Titti ha detto in risposta a Gibbì

      Ma se una non vuole figli prende le proprie precauzioni, e amen! Oppure si astiene, allora anche le suore si ribellano al loro destino biologico, loro e i preti che si votano alla castità, rinnegano questo “destino”!

      • Sophie ha detto in risposta a Titti

        “Non uccidere” è un comandamento. L’uccisione di un bambino in grembo non è una scelta come per il voto di castità, ma proprio un omicidio.
        Con la castità non fai del male a nessuno, l’unico male che te ne può venire sono le tentazioni che aumentano perchè per il diavolo sei puro e lui odia la purezza, specialmente la verginità perchè sei integro come un bambino.

        • Titti ha detto in risposta a Sophie

          Quindi se una donna che vuole far carriera si mantiene casta, la cosa non dovrebbe dar fastidio a nessuno.

          • Sophie ha detto in risposta a Titti

            Aaaah ho capito va, rispondi facendo finta di non aver capito. Fatti rispondere da qualcun altro perchè ho già intuito dove farai arrivare la discussione. Tu sei identica a Giulia, provochi e basta portando le discussioni al nulla.Ciao

          • Sophie ha detto in risposta a Titti

            1-Se sei una lavoratrice capace non hai bisogno di darla.
            2-Ma poi dimmi cosa cazzarola c’entra adesso la carriera con la castità? “Il destino,… i preti,… la carriera,…”, ma ti rendi conto che dall’aborto non si sa quante idiozie hai ricacciato?!

            • Titti ha detto in risposta a Sophie

              Sophie, veramente le mie sono risposte date a Gibbì, che lega l’aborto all’autodeterminazione della donna ad essere (secondo Gibbì) slegata da ciò che il “destino biologico” vuole da lei, ossia, il figliare come fine principale e ultimo. Fammi il favore di leggere sia i post che le risposte invece di parlare a casaccio.

      • Gibbì ha detto in risposta a Titti

        “Ma se una non vuole figli prende le proprie precauzioni, e amen!”

        Benissimo.
        Quindi a cosa serve l’aborto?
        E perché spacciare qualcosa che si può tranquillamente evitare alla stregua di un diritto inalienabile ?
        E come mai le suore – per restare alla sua osservazione – non definiscono la propria scelta un diritto ma una vocazione?

        • Titti ha detto in risposta a Gibbì

          Ma perchè una donna, prendi Rita Levi Montalcini: ha chiaramente preferito lo studio, l’abnegazione alla scienza dichiarando che il matrimonio l’avrebbe fortemente frenata e quindi rinunciandovi per vocazione alla ricerca. L’aborto serve per tutelare tutte quelle donne che altrimenti finirebbero in mano alle mammane, prede di un mercato nero che gioca sulla loro pelle, allora potenziamo il messaggio che ci sono tantissimi contraccettivi senza nè se, nè ma! Quale sarebbe il male minore? Che una donna usi la pillola o che abortisca?

          • Gibbì ha detto in risposta a Titti

            Sì, infatti la Montalcini è stata esattamente la quintessenza della donna media, l’incarnazione della casalinga di Voghera, la normalità dell’essere donna.
            Se però vogliamo uscire dalle comiche e ragionare con un minimo di serietà scopriamo che la normalità femminile è altra.
            Quella normalità non conosce il termine “rinuncia”, sia che si applichi alle possibilità biologiche che a quelle sociali.
            Guardandosi intorno, in effetti, uno dovrebbe arrivare alla conclusione che la Montalcini è quella eccezione che si associa alla regola per confermarla.
            L’aborto serve a quella regola, non a quella eccezione.
            Lei riesce a rovesciare il senso della realtà con una disinvoltura rimarchevole.
            Quale sarebbe il male minore?
            A me sembra che il male minore consista nel riconoscere che avere fatto dell’aborto una rivendicazione politica significa avere messo i diritti della vita nascente in opposizione a quelli della donna.
            E che da questa contrapposizione escono sconfitti tutti.
            Uomini, donne e bambini.

  9. Azaria ha detto

    “Le femministe italiane… madri surrogate indiane”.

    Sarebbe la prima volta che le femministe si pongono a difesa delle donne.
    Sarebbe una bella novita` che renderebbe la loro esistenza (quella delle femministe) in qualche modo utile anziche` solo estremamente dannosa com’e` stato da quando esistono ad oggi.

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