Una difesa cattolica di Kant: non teorizzò una religione sincretista
- Pietro Calore
- 24 Ott 2025

Immanuel Kant e la religione fondata sulla ragione umana. Il filosofo Pietro Calore spiega che non intese proporla come alternativa a quella rivelata.

di
Pietro Calore*
*Filosofo e scrittore
Da credente e filosofo in difesa di Kant.
Una delle maggiori sofferenze intellettuali mi è sempre derivata dall’atteggiamento oscillante fra l’indifferenza e l’odio che ho visto in molti ambienti cattolici verso il filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804).
Si giunge perfino a indicare in lui il padre di Hegel e, per ciò stesso, il nonno di Hitler (sic).
Tale dolore mi deriva da una duplice consapevolezza sviluppata in anni di studi: da un lato, che questi giudizi derivano da una comprensione manualistica delle sue opere; dall’altro, che Kant avrebbe molto da dire, di alto e di edificante, alla mente e al cuore di ogni cattolico.
Con questo e alcuni altri articoli, cercherò di dimostrarlo.
Kant e la religione “razionale”
Per iniziare, in questo articolo mi voglio soffermare sulla critica più comune che viene rivolta al filosofo di Königsberg: Kant sarebbe tra i padri del progetto illuminista (e massonico) di una religione universale sincretista.
Questa critica viene fondata sulla sua celebre opera, “La religione entro i limiti della semplice ragione” (1793; d’ora in poi RLR), che viene portata a esempio manifesto di questo suo tentativo, spesso a partire dal semplice titolo.
In essa – dicono taluni – da buon illuminista se non proprio massone – perché no, Kant non lo fu mai, devono ammettere anche costoro, seppur dispiaciuti – Kant mostra di voler progettare a tavolino una religione fondata completamente sulla ragione umana che possa unire tutti i popoli, così relegando al passato oscurantista, le religioni tradizionali.
Nulla di più lontano dalla realtà.
Certo, Kant ritiene che la ragione umana possa condurre ogni uomo a discernere dentro di sé una legge morale che gli imponga dei precisi doveri1I. Kant, “Critica della ragion pratica”, a cura di V. Mathieu, Bompiani, Milano 2000, parte I, lib. I, cap. I, § 7, prima nota, p. 89 et pass: questa ragione la chiama “ragione pratica”, per distinguerla dalla “ragione pura” che si occupa della conoscenza del mondo fisico.
Di conseguenza, come argomenta a più riprese in RPL ma anche e soprattutto nella seconda opera del suo grande trittico di “Critiche”, la “Critica della ragione pratica” (1788), Kant ritiene che sulla base di questi doveri sia possibile costruire una “fede razionale”2I. Kant, “Critica della ragion pratica”, a cura di V. Mathieu, Bompiani, Milano 2000, parte I, libro II, capitolo II, § 8, p. 287 in Dio e una conseguente “religione naturale”3I. Kant, “La religione nei limiti della semplice ragione”, in G. Riconda (a cura di), “Scritti di filosofia della religione”, Mursia 2010, parte IV, sez. I, p. 187 nel momento in cui si riconoscano quest’ultimi come comandi divini (cosa per lui doverosa4I. Kant, “Critica della ragion pratica”, a cura di V. Mathieu, Bompiani, Milano 2000, parte I, lib. II, cap. II, § 5, pp. 261-263, ma lo vedremo in un prossimo articolo).
Tuttavia per Kant questo non significa affatto l’edificazione di una religione universale a scapito delle “religioni rivelate”, come le chiama5I. Kant, “La religione nei limiti della semplice ragione”, in G. Riconda (a cura di), “Scritti di filosofia della religione”, Mursia 2010, parte I, lib. II, cap. II, § 5, pp. 261-263: Kant non nega mai a priori né esprime scetticismo circa la possibilità di una rivelazione pubblica da parte di Dio, anzi6I. Kant, “La religione nei limiti della semplice ragione”, in G. Riconda (a cura di), “Scritti di filosofia della religione”, Mursia 2010, parte III, sez. I, § 5 pp. 140 ss 7I. Kant, “Critica della ragion pura”, intr. trad. e note di G. Colli, Milano 2014, Dialettica trascendentale, libro II, capitolo III, sezione VII, p. 649..
Kant, la legge naturale e il cristianesimo
Inoltre, utilizzando una metafora insiemistica8I. Kant, “La religione entro i limiti della semplice ragione”, Prefazione alla seconda edizione, p. 73, argomenta come tale “religione naturale” non possa consistere in un insieme esterno alle religioni rivelate, che possa quindi essere alternativo o concorrere con esse, bensì interno, rappresentandone piuttosto il cuore.
E questa è precisamente la venerabilissima dottrina cattolica (ben espressa da Cristo stesso9Mt 7, 12; 22, 36-40, da S. Paolo10Rm 2, 15; 29 e da Tommaso D’Aquino11T. D’Aquino, Somma Teologica, I-II, q. 94, a. 4 oltre che confermata dal Magistero12Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Veritatis splendor (1993), §§ 12, 43-44 et pass) secondo la quale esiste una “legge naturale”, inscritta da Dio nel cuore di ogni uomo – pagano o cristiano che sia – riconducibile ai dieci comandamenti se non a un generale comando di amore per il prossimo noto come “regola d’oro”, accertabile da tutti per mezzo della semplice ragione in sincero ascolto della propria coscienza.
Non solo, Kant afferma a più riprese che, a sua detta, tra le religioni tradizionali il Cristianesimo è l’unica che armonizza alla perfezione i propri contenuti rivelati con la “religione naturale”13I. Kant, Critica della ragione pratica, parte I, libro II, capitolo II, § 5, pp. 257-259; id., part IV, sez. I, cap. I, pp. 181-185 dettata all’uomo dalla sua semplice ragione pratica. Altro che “tentativo di fondare una religione sincretista”.
Insomma, per ora Kant vs detrattori: 1-0.
Ma siamo solo ai gironi.
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