Dilexi Te, i quattro passaggi che mi hanno colpito
- don Mario Proietti
- 12 Ott 2025

Don Mario Proietti offre una sintesi della prima esortazione di Leone XIV, intitolata “Dilexi Te”, focalizzandosi su quattro punti decisivi.

di
don Mario Proietti*
*Direttore Responsabile dell’Abbazia San Felice (Giano dell’Umbria)
Ci sono documenti che nascono come eredità e nello stesso tempo come promessa.
Dilexi Te, l’Esortazione apostolica di Papa Leone XIV sull’amore verso i poveri, unisce entrambe le dimensioni.
È il primo testo del suo pontificato e rappresenta la continuazione della Dilexit Nos di Papa Francesco, dedicata al Cuore di Cristo. Leone XIV accoglie quella consegna e la fa fiorire in un nuovo inizio, offrendo alla Chiesa una visione limpida dell’amore evangelico come fondamento di ogni rinnovamento.
Questo testo propone una teologia dell’amore incarnato e una visione spirituale della povertà come luogo dell’incontro con Dio. La povertà non è una semplice condizione umana, ma un mistero nel quale si riflette il volto di Cristo.
Fin dall’inizio, il Pontefice prende ispirazione dalle parole dell’Apocalisse: “Ti ho amato” (Ap 3,9). In questa frase risuona l’annuncio di Gesù alla Chiesa umile e fedele, alla Chiesa che vive con poco, alla Chiesa che non domina ma serve. In essa Dio manifesta la forza della sua tenerezza e l’intensità del suo amore.
Dilexi Te, una sintesi in 4 punti
Tra le molte luci che attraversano il documento, intravedo quattro direttrici decisive per comprendere il magistero di Leone XIV e lo spirito con cui guida la Chiesa.
1) Dio lo si incontra nel servizio ai bisognosi
Innanzitutto l’amore come forma della rilevazione.
L’amore di Dio si rivela attraverso la realtà concreta e parla con il linguaggio della vita. Nei poveri, Cristo continua a comunicare la sua presenza e la sua voce. “Nei poveri Egli ha ancora qualcosa da dirci”, afferma il Papa.
La verità non si trova nelle astrazioni, ma nelle relazioni vissute nella carità. Chi desidera incontrare Dio deve guardare i volti dei piccoli e dei sofferenti, perché lì si rende visibile la luce dell’amore incarnato.
La carità diventa conoscenza e il servizio ai bisognosi diventa il prolungamento della preghiera.
2) Dio decise di farsi povero tra i poveri
Un altro aspetto riguarda la povertà di Dio come mistero dell’Incarnazione.
La povertà appartiene alla stessa vita divina. “Dio si è fatto povero per condividere la nostra condizione” (n. 16).
Il Figlio eterno, entrando nel tempo, ha scelto di manifestare la grandezza del suo amore attraverso l’umiltà. In questa decisione divina si rivela la sapienza che salva.
L’Incarnazione non diminuisce la gloria di Dio, ma la mostra nel suo splendore più puro. Chi accoglie la logica di questa povertà divina entra nella libertà dei figli di Dio, perché scopre che tutto ciò che è donato diventa più prezioso.
3) Il nesso tra Eucarestia e povertà
Anche il nesso tra l’Eucarestia e i poveri va visto come un unico mistero.
L’amore eucaristico e la carità verso i poveri formano un solo movimento del cuore di Cristo. Il Papa cita San Giovanni Crisostomo: “Vuoi onorare il corpo di Cristo? Riconoscilo in chi è nudo e affamato”. Il Corpo di Cristo ricevuto nell’Eucaristia è lo stesso che attende consolazione nella persona del fratello.
L’adorazione e la misericordia si illuminano reciprocamente. L’Eucaristia diventa sorgente di una carità che trasfigura il mondo e crea comunione. Ogni gesto di attenzione ai poveri diventa un atto eucaristico, ogni mensa condivisa prolunga la mensa del Signore.
4) La vera povertà è sorgente di santità
Infine, lo sguardo sulla povertà come via di santità e di libertà.
La povertà evangelica è la forma più pura della libertà. La Chiesa povera è la Chiesa che appartiene interamente a Cristo. In essa non c’è mancanza, ma pienezza di fiducia.
“I poveri sono i tesori della Chiesa”, ricorda Leone XIV citando San Lorenzo. Il povero custodisce in sé la ricchezza della grazia. Chi vive con sobrietà testimonia la fecondità della speranza.
La povertà, vissuta come comunione e condivisione, diventa sorgente di santità e criterio di autenticità del discepolo.
In “Dilexi Te” si manifesta il volto di un Papa che desidera una Chiesa orante, mite, luminosa, capace di tenere unito l’altare e la strada, la contemplazione e il servizio.
Il suo linguaggio nasce dal Vangelo e respira la semplicità dei Padri. La parola che attraversa tutto il testo è “amore”: amore che ascolta, che accoglie, che solleva, che libera.
Questo documento non si limita a proporre orientamenti, ma offre una direzione di vita. In ogni sua pagina si percepisce il desiderio di una Chiesa che si lasci amare da Cristo e che, per questo amore, diventi madre dei poveri.
“Dilexi Te” è il “Ti ho amato” di Dio rivolto alla sua Chiesa. È la prima dichiarazione d’amore di un Papa che ha scelto di cominciare il suo pontificato non con il potere, ma con la compassione.
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1 commenti a Dilexi Te, i quattro passaggi che mi hanno colpito
Grazie don, sempre molto interessanti i suoi interventi su Uccr!