Suicidio legale per gli anziani: nuova idea di Peter Singer

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Il bioeticista Peter Singer e il suicidio per gli anziani sani. E’ la nuova frontiera dell’utilitarismo, dove il bene è ridotto a un bilancio tra piacere e sofferenza. Ecco le ragioni e le argomentazioni (laiche) per respingere a questa proposta.


 

In un recente articolo sul New York Times, il filosofo australiano Peter Singer — già noto per aver sostenuto tesi etiche fortemente controverse — torna a far discutere proponendo una visione radicale sul tema del suicidio assistito.

Secondo Singer, noto bioeticista laico dell’Università di Princeton, gli anziani dovrebbero “considerare razionalmente” di porre fine alla propria vita per non diventare un peso per gli altri o per la società.

Il caso usato come grimaldello è quello recente del premio Nobel Daniel Kahneman, recatosi a morire in Svizzera.

Come spiegano Singer e la filosofa Katarzyna de Lazari-Radek, «nonostante l’età avanzata, era ancora in grado di fare ricerca e scrivere e poteva ancora illuminare il pubblico su come prendere decisioni migliori. Oltre alle sue doti intellettuali, godeva di buona salute e poteva partecipare attivamente alla vita familiare e di amicizia».

Semplicemente, in quel momento, non trovava ragioni valide per vivere.

Questo legittimerebbe l’apertura del suicidio di Stato non solo per i malati terminali, ma anche per le persone che non provano più gioia e sentono di rappresentare un costo emotivo o economico per chi le sta intorno.

 

Tutte le idee geniali di Peter Singer

E’ la nuova frontiera dell’utilitarismo di Peter Singer, dopo aver ripetutamente sostenuto:

  • Il paragone tra gli interessi dei “bambini delle baraccopoli” afroamericani con gli interessi dei topi che li mordono (in “Animal Liberation”, 1973);
  • La correttezza morale dell’infanticidio dei neonati sani e malati (ripreso anche in Italia) (1979 e 2021);
  • La legalizzazione della maternità surrogata a pagamento (1987);
  • L’abolizione della nozione di sacralità della vita in quanto obsoleta, non scientifica e irrilevante per comprendere i problemi della bioetica contemporanea (in “Rethinking Life and Death”, 1994);
  • L’impiego di soggetti disabili (neonati e adulti) piuttosto che gli scimpanzé negli esperimenti medici (1999);
  • Limitare o selezionare l’accesso a cure mediche (razionamento sanitario o discriminazione medica) a favore delle persone fisicamente abili e dei giovani rispetto a disabili e anziani (2009);
  • La legittimità di violenza sessuale su persone affette da grave disabilità fisica (caso Stubblefield, 2017);
  • La difesa della bestialità e l’annullamento del divieto del sesso con gli animali (2023);

 

Il suicidio legale degli anziani sani

Come anticipato, Peter Singer ha partorito un altro pensiero favoloso.

Tre mesi fa, scrivendo sul New York Times, si è lamentato del fatto che «consentire a persone relativamente sane di porre fine alla propria vita perché la considerano conclusa è più controverso» del consentire la morte assistita volontaria per i malati terminali.

Da questo assunto ha argomentato a favore del suicidio legale per gli anziani intellettualmente e fisicamente sani «se decidono che la loro vita è completa» e «si trovano in un’età in cui non possono sperare in un miglioramento della propria qualità di vita».

E’ una prospettiva coerente con l’etica utilitarista, che valuta il bene in termini di bilancio tra piacere e sofferenza.

«Un mondo alla Peter Singer sarebbe profondamente immorale», è stato commentato sul National Review.

 

Tre argomenti laici contro la proposta di Singer

Ma è sbagliato respingere istintivamente la proposta di Singer senza argomentare razionalmente la propria opposizione.

Esponiamo quindi tre grandi motivi laici (cioè comprensibili anche da chi non è religioso) per rifiutare la visione di Peter Singer a favore del suicidio legale per gli anziani.

 

1) Il peso sociale influenza la libertà di scelta

A parte la fiducia incondizionata nell’esistenza giuridica dell’autodeterminazione assoluta, dove finisce la (presunta) libertà individuale e dove comincia la pressione sociale?

Singer parla di “decisione razionale”, ma nessuna scelta avviene nel vuoto. In un contesto in cui gli anziani vengono percepiti come un fardello per il sistema sanitario, per le famiglie e per l’economia, quanto sarà davvero “libera” la scelta di morire?

Lui ne è ben consapevole anticipando questa obiezione e rispondendo con la necessità di prevedere un colloquio psicologico all’anziano per determinare che non sia spinto da pressione sociale.

Una soluzione ingenua che non prevede la possibilità che un anziano determinato (e magari ben istruito dal Marco Cappato di turno) non potesse convincere lo psicologo, o come se lo psicologo stesso (magari pure simpatizzante per l’Associazione Luca Coscioni di turno) non fosse lui stesso condizionabile dalla cultura introdotta da una legge simile.

Se la società comincia infatti a suggerire che certi individui “farebbero meglio” a togliersi di mezzo, la pressione implicita — se non esplicita — sarebbe enorme. E per tutti, non solo per gli anziani.

 

2) Introduce il dovere morale di morire (e l’egoismo del rifiuto)

In secondo luogo, Singer cade proprio sul tema della libertà che vorrebbe difendere.

La sua proposta, pur proclamando difesa dell’autonomia, rischia di trasformare la propria morte in un dovere sociale. Una cultura che “consiglia” il suicidio degli anziani come scelta razionale limita la libertà individuale perché il rifiuto può essere visto come egoismo o irresponsabilità.

 

3) Il pendio scivoloso: dopo gli anziani perché no i senza tetto?

Infine, un’obiezione che viene dal campo della bioetica secolare: il pendio scivoloso.

Una volta che si apre la porta al criterio della “utilità” come misura del valore della vita, dove ci si ferma?

Se un anziano può essere invitato a morire per il bene collettivo, lo stesso non potrebbe valere per un disabile grave (Singer sarebbe già d’accordo), per un malato psichiatrico cronico (anche in questo caso), per un senza tetto, per chi non riesce a uscire da qualche dipendenza ecc.

Non è un caso che Singer abbia sempre avallato scenari di questo tipo. O gli sosterrà tra qualche anno.

Autore

La Redazione

1 commenti a Suicidio legale per gli anziani: nuova idea di Peter Singer

  • Paolo ha detto:

    Leon Kass, con la sua esperienza di medico, bioeticista e umanista, non cattolico, ma interessato ai fondamenti morali della medicina moderna, aggiungerebbe probabilmente diverse altre ragioni che approfondiscono le precedenti.

    4) Il degrado della dignità umana attraverso l’enfasi sull’autonomia radicale.

    Kass ha costantemente criticato la riduzione della dignità umana alla sola autonomia. Egli distingue tra autonomia e dignità umana propriamente intesa, che include la nostra natura incarnata, l’interdipendenza e i limiti morali.

    Per Kass, trattare la vita umana come qualcosa di sacrificabile a discrezione dell’individuo corrode il rispetto condiviso per la vita che è alla base di una società umana. Invece di accrescere la dignità, tale legalizzazione consacra sottilmente la disperazione e l’abbandono come conseguenze ragionevoli dell’invecchiamento.

    5) Il tradimento del nucleo morale della medicina.

    Kass insisterebbe sulla tradizione ippocratica: la medicina non esiste per servire i desideri, ma per guarire, confortare e mai uccidere intenzionalmente. Una legge che consentisse il suicidio, anche per chi è relativamente sano, altererebbe la posizione morale della medicina. Ha ripetutamente ammonito che quando la medicina diventa al servizio della volontà personale piuttosto che un patto di cura, perde la sua anima.

    Legalizzare il suicidio per gli anziani rappresenterebbe una ridefinizione del ruolo del medico: da guaritore a facilitatore della morte, in un contesto in cui l’età e la fragilità sono per antonomasia sinonimo di patologia.

    6) La perdita della memoria sociale e della trasmissione della saggezza.

    Kass ha riflettuto spesso sull’importanza degli anziani come portatori di memoria, tradizione e saggezza. Incoraggiare il suicidio in età avanzata impoverisce il tessuto morale e culturale della società, trattando gli anziani non come una fonte di significato accumulato, ma come sacrificabili una volta che la loro produttività diminuisce.

    In quest’ottica, gli anziani non sono solo individui, ma una risorsa pubblica. La loro presenza continua, pur nella fragilità, fa parte della continuità generazionale che costituisce l'”ecologia” morale di una comunità sana. Legalizzare la loro scomparsa volontaria significa indebolire tale bene comune.

    7) La cultura dell’ingratitudine e dell’utilitarismo.

    Una volta che la società benedice il suicidio di coloro che “hanno esaurito la loro utilità”, segnala una più ampia ingratitudine culturale nei confronti di coloro che hanno guidato la società nei decenni precedenti. Ciò riflette una mentalità utilitaristica, sottolineata opportunamente dall’articolo, in cui il valore è legato alla funzione, in contrasto con una cultura che venera i suoi anziani semplicemente per essere ciò che sono: genitori, nonni, testimoni.