Il Discorso della Montagna proviene storicamente da Gesù
- Ultimissime
- 19 Giu 2025
Quale storicità vanta il Discorso della Montagna? Può essere attribuito davvero a Gesù? Ecco cosa pensano gli studiosi del discorso delle beatitudini contenuto nei vangeli.
Il Discorso della Montagna fu realmente pronunciato da Gesù di Nazareth?
Nel corso di una recente video-intervista, lo studioso Bart D. Ehrman ha affrontato questo tema, ovvero se il celebre “discorso delle beatitudini” (è anche chiamato così) si basi o meno su un evento storico o sia un’invenzione degli evangelisti.
Innanzitutto cos’è il Discorso della Montagna e quale significato ha.
E’ una delle parti più famose degli insegnamenti di Gesù di Nazareth, riportata nel Vangelo di Matteo (Mt 5,3-12) e in quello di Luca (Lc 6,20-23), e composta da passaggi chiave chiamati “le beatitudini”.
Matteo e Luca riportano versioni diverse
Gli evangelisti Matteo e Luca riportano questo discorso ma utilizzando una forma diversa l’uno dall’altro. Sia in lunghezza che nei termini utilizzati. Quale dei due riflette più da vicino ciò che Gesù disse davvero?
L’opinione di B.D. Ehrman, professore emerito presso l’Università del Nord Carolina, è quella di Luca sia «la versione che si avvicina di più agli insegnamenti autentici di Gesù».
L’evangelista Matteo, invece, interpreterebbe il Discorso della Montagna «per riflettere Gesù come il nuovo Mosè», inserendo in maniera redazionale enfasi su alcuni passaggi, ad esempio quando Gesù dice che bisogna osservare la legge meglio degli scribi e dei farisei (Mt 5,17-20).
Vi sarebbe infatti un interesse in Matteo a strutturare la vita di Gesù secondo il modello della vita di Mosè. «Non so se Gesù abbia detto o no» quei passaggi, afferma Ehrman, «di sicuro è ciò che Matteo voleva che dicesse».
Lo studioso americano non dice molto altro e il suo sembra un giudizio semplicistico e superficiale, probabilmente dovuto al fatto che si è espresso in un video YouTube e non in un testo.
Discorso della Montagna, le autentiche parole di Gesù
L’indagine sulla storicità del Discorso della Montagna è molto più approfondita e gli studiosi hanno individuato tracce di autenticità in entrambi gli evangelisti, non soltanto in Luca.
Innanzitutto, l’analisi inizia capendo da dove i due evangelisti abbiamo ricavato le parole di Gesù: Matteo riporta 9 beatitudini, mentre Luca 4. Alcune beatitudini sono in comune tra i due testi, mentre altre si trovano solo in Matteo.
Per vari motivi gli specialisti escludono che Luca abbia usato come fonte lo stesso Matteo (anche B.D. Ehrman è d’accordo) e ritengono, invece, che vi sia una fonte comune da cui entrambi hanno tratto le beatitudini. E’ la cosiddetta fonte Q (dal tedesco Quelle, cioè “fonte”), molto antica, precedente ai vangeli stessi e usata per l’appunto dagli evangelisti Matteo e Luca.
L’eminente biblista J.P. Meier ha infatti spiegato1J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol 2, Queriniana 2003, p. 408 che l’opinione maggioritaria tra gli studiosi è che le beatitudini in comune tra Matteo e Luca derivino dalla fonte Q, mentre quelle presenti soltanto in Matteo derivino dalla fonte M, un’altra fonte pre-sinottica utilizzata unicamente dall’evangelista Matteo.
Certamente i detti contenuti nella fonte Q sono «tra i candidati più probabili per essere ritenuti detti autentici di Gesù»2J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol 2, Queriniana 2003, p. 408.
Eppure, come già detto, pur attingendo alla stessa fonte, Matteo e Luca scrivono il discorso delle beatitudini con parole diverse. La differenza più evidente è che Matteo utilizza la terza persona plurale (“essi”) mentre Luca la seconda (“voi”).
Sintetizzando brevemente la conclusione di vari specialisti3J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol 2, Queriniana 2003, p. 409 4J. Dupont, Le Beatitudini, Paoline 1976, pp. 389-403 5J. Fitzmyer, The Gospel According to Luke, Yale University Press 1970, pp. 631-632 possiamo dire che si ritiene che sia la versione di Matteo a riportare la forma più originaria, lo stesso dicasi per le altre differenze minori tra i due.
Concentrandosi solo sulle beatitudini presenti nella fonte Q (quelle in comune tra Matteo e Luca) e dopo una lunga analisi di ogni singola parola contenuta nel testo, J.P. Maier estrae e isola quella che potrebbe essere stata la forma più vicina alle autentiche parole di Gesù:
1. Beati i poveri, perché di essi è il regno Dio.
2. Beati gli afflitti perché saranno consolati.
3. Beati quelli che hanno fame, perché saranno saziati.
4. Beati voi quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e diranno ogni sorta di male contro di voi, a causa del Figlio dell’uomo.
Rallegratevi ed esultate, perché la vostra ricompensa è grande nei cieli.
Va precisato che sull’ultima beatitudine, la quarta, gli studiosi sono in disaccordo se facesse o meno parte del nucleo originale del Discorso, mentre c’è un consenso abbastanza unanime sulle prime tre.
Discorso della Montagna, la storicità e i criteri soddisfatti
Un’obiezione al fatto che il discorso citato derivi effettivamente dal Gesù storico è la sua assenza nel vangelo più antico, quello di Marco.
Sempre il biblista americano J.P. Meier risponde spiegando che, invece, non è affatto sorprendente: nel suo testo Marco riporta meno detti e meno materiale discorsivo. Al contrario, Matteo, Luca e Giovanni presentano tutti e tre Gesù mentre pronuncia beatitudini di vario genere.
Perciò, spiega Meier, «la molteplice attestazione rende assai probabile che Gesù abbia pronunciato le beatitudini»6J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol 2, Queriniana 2003, p. 420.
Lo studioso M. Eugene Boring, grande esperto della storicità del Discorso della Montagna, ritiene che anche alcuni passaggi sulle beatitudini contenute nella Prima lettera di Pietro possano essere un’altra fonte, indipendente dai vangeli7M.E. Boring, The Continuing Voice of Jesus. Christian Prophecy and the Gospel Tradition, Westminster John Knox Press 1991.
Oltre al criterio della molteplice attestazione, la storicità del Discorso della Montagna è bastato anche sul criterio della discontinuità.
Infatti, l’uso delle beatitudini nell’Antico Testamento ebraico è completamente diverso da quello espresso dai vangeli, così, scrive J.P. Meier, «alla luce di ciò penso che si possa trarre dalla discontinuità una valida argomentazione per attribuire il nucleo Q delle beatitudini a Gesù stesso piuttosto che ai primi cristiani»8J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol 2, Queriniana 2003, p. 427.
La soddisfazione di questo criterio storico rende anche «piuttosto ridotta»9J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol 2, Queriniana 2003, p. 427 la possibilità che le beatitudini siano state attribuite a Gesù dai cristiani successivi. Sia perché al di fuori dei vangeli le beatitudini sono usate raramente dagli autori neotestamentari (Paolo, ad esempio, non le usa quasi mai), sia perché -come già detto- nei pochi casi presentano forme e contenuti diversi.
Infine, il Discorso della Montagna soddisfa anche il criterio della coerenza: il nucleo delle beatitudini presenti nella fonte Q corrisponde perfettamente ad altri detti di Gesù sul regno di Dio, ritenuti autentici dalla gran parte degli studiosi10J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol 2, Queriniana 2003, p. 428.
In conclusione, J.P. Meier scrive che «l’affermazione dell’autenticità delle beatitudini che forma il nucleo originario del discorso Q deve fondarsi principalmente» sui criteri di discontinuità, molteplice attestazione e coerenza. Essi «mostrano che la loro autenticità è l’opinione più probabile»11J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol 2, Queriniana 2003, p. 435.
Il Discorso della Montagna e la fonte specifica di Matteo
Finora abbiamo parlato delle beatitudini presenti sia in Matteo che in Luca (derivanti dalla fonte Q, a loro precedente). Ma cosa dire delle frasi del Discorso della Montagna contenute solo in Matteo? Ci riferiamo a quelle sui miti, sui misericordiosi, sui puri di cuore, sugli operatori di pace e quelli che sono perseguitati per causa della giustizia.
Sono state spesso messe da parte perché si dava per scontato che non provenissero dal Gesù storico ma dalla tradizione cristiana primitiva o dalla redazione creativa di Matteo.
Sempre per J.P. Meier (e altri specialisti), si tratta di un atteggiamento ingiustificato in quanto, come già detto, queste beatitudini appartengano con tutta probabilità alla fonte M, utilizzata da Matteo e «non ci sono motivi decisi per attribuire le beatitudini proprie di Matteo alla redazione matteana»12J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol 2, Queriniana 2003, p. 438.
Per vari e complessi argomenti esposti dagli specialisti, oltre al nucleo di beatitudini contenuto nella fonte pre-sinottica Q, si ritiene quindi che «almeno alcune» delle beatitudini contenute esclusivamente nel testo di Matteo siano autentiche13J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol 2, Queriniana 2003, p. 440.
In questo breve excursus sul Discorso della Montagna abbiamo spiegato perché gli studiosi ritengono altamente probabile che Gesù abbia realmente pronunciato un nucleo di beatitudini, poi trasmesso in forme diverse da Matteo e Luca.
I criteri storici ne confermano l’autenticità, rendendo plausibile che il Discorso della Montagna rifletta, almeno in parte, le parole storiche del Nazareno.
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