Caso Orlandi, Marco Accetti era l’Americano: lo prova una testimone

americano accetti boggiani

Con la testimonianza di Gabriella Boggiani e l’analisi della cronaca dell’epoca, le prove che Marco Accetti era l'”Americano”, il principale telefonista del caso di Emanuela Orlandi.


 

Dopo 42 anni, una prova decisiva.

Se finora erano ipotesi, oggi possiamo fornire prove oggettive che Marco Fassoni Accetti era l'”Americano”, da sempre il principale sospettato del caso di Emanuela Orlandi.

Grazie alla testimonianza di Gabriella Boggiani sappiamo infatti che dietro ai comunicati giunti da Boston c’era Marco Accetti.

E dall’analisi della cronaca dell’epoca emerge oggi che l’“Americano”, da sempre il sospettato principale del sequestro di Emanuela, non solo preannunciò i comunicati giunti da Boston, ma li fece addirittura ritrovare!

La controprova si trova sempre nei quotidiani del 1983: quando Accetti venne arrestato nel dicembre 1983, anche il telefonista sparì improvvisamente.

 

Il telefonista “Americano” del caso Orlandi

L’Americano fu il principale telefonista anonimo, italiano ma con un maccheronico accento italo-americano, intervenne per la prima volta il 7 luglio 1983, 16 giorni dopo la scomparsa di Emanuela.

Contattò più volte la famiglia, il Vaticano, diversi giornalisti e soprattutto ebbe lunghe telefonate con l’avv. Gennaro Egidio, legale degli Orlandi, presentandosi come il sequestratore e collegando il rapimento di Emanuela a quello di Mirella Gregori e alla liberazione di Ali Agca, attentatore di Giovanni Paolo II.

Gli inquirenti dell’epoca (lo dimostriamo in questo articolo) lo considerarono sempre come l’unico credibile emissario dei veri rapitori, anche se i comunicati che diffuse erano appositamente strampalati.

Già allora, si legge su un quotidiano dell’epoca, gli investigatori sapevano che all’uomo non interessava comunicare né con la stampa, né con le autorità: «”Si tratta di messaggi in codice” -dicono in questura- “scritti perché solo chi li deve capire capisca”».

L’“Americano”, insomma, usava la stampa per comunicare codici a interlocutori ignoti e a lui avversi.

 

Marco Accetti si presenta nel 2013

Se questo individuo si fosse consegnato all’epoca, il procuratore capo di Roma di allora, Domenico Sica, lo avrebbe immediatamente arrestato.

Ma per vari motivi, l’“Americano”, ha scelto di consegnarsi solo nel 2013, esattamente 30 anni dopo. Oggi sappiamo (a breve spieghiamo perché) che il suo nome è Marco Fassoni Accetti.

Accetti fu indagato in maniera poco approfondita, nel 2015 il caso fu archiviato dal procuratore Giuseppe Pignatone, pur con l’opposizione del titolare delle indagini, Giancarlo Capaldo.

L’uomo fu definito un semplice mitomane nonostante tutta una serie di incredibili riscontri biografici.

 

americano accetti boggiani

 

Nel 2023 la svolta con Gabriella Boggiani

Poi nel luglio 2023 arriva la svolta.

Accetti è nuovamente chiamato dagli inquirenti dopo che viene confermato quanto rivelò 7 anni prima, cioè la sparizione della bara di Katy Skerl dal cimitero Verano di Roma.

Si tratta di una giovane 17enne che l’uomo collegò al caso Orlandi e che fu trovata morta nel gennaio 1984 (recentemente, tra l’altro, è stato confermato un diretto legame con Accetti).

Interrogato dalla squadra mobile di Roma, con metodi diversi da chi condusse le indagini nel 2013, Marco Accetti comunicò il nome di una donna a cui chiese, all’epoca, di prestare la sua voce in uno dei comunicati del caso Orlandi.

Ed è ecco il colpo di scena: la donna, individuata, confermò tutto!

Si chiama Gabriella Boggiani, all’epoca aveva 19 anni ed era una ragazza attivista di sinistra (come Katy Skerl). Ha confessato di non essere stata consapevole del suo ruolo e di aver pensato ad uno scherzo.

Quel che conta, però, è che Boggiani avrebbe testimoniato di aver accettato che venisse registrata la sua voce da Marco Accetti mentre leggeva un testo.

Nel 2016 Accetti riferì a UCCR di averlo comunicato anche all’allora titolare delle indagini, Capaldo: «C’è una ragazza che ha finto di essere americana e pronuncia male la parola “States” dicendo letteralmente “States”. Io so chi è questa persona: è romana, di estrema sinistra. Vuole sapere il nome?». Ma non se ne fece nulla.

La voce di Gabriella Boggiani fu impressa in un’audiocassetta allegata a una delle lettere scritte a mano spedite da Boston e destinate al giornalista statunitense Richard Roth, corrispondente della CBS romana.

Perché questa confessione è una chiave si svolta?

Perché conferma in maniera indipendente la presenza e la partecipazione di Marco Accetti nel caso Orlandi già nel 1983 e, ancor di più, lo identifica con l’“Americano” e come l’autore dei comunicati arrivati dalla città di Boston.

Tra l’altro, Accetti ha sempre sostenuto che a spedire materialmente quei comunicati fu la sua ex moglie, Eleonora C. Nel 2013 la donna negò la circostanza ma ammise di essersi recata a Boston a trovare il fratello proprio nell’arco di tempo in cui da lì arrivarono i comunicati.

 

americano accetti boggiani

 

E se Accetti imitò il vero “Americano”?

La testimonianza di Gabriella Boggiani è determinante ma, da sola, lascia in piedi una grande obiezione.

Si potrebbe infatti sostenere che Accetti si inserì effettivamente nel caso Orlandi fin da subito e fu l’autore dei comunicati di Boston.

Ma avrebbe potuto essere un falso “Americano”, un semplice imitatore mitomane diverso dall’originale che finse di essere il principale telefonista, quello che gli inquirenti cercavano davvero.

Oggi siamo in grado di rispondere negativamente a questa obiezione perché, al di là delle perizie foniche, vi sono prove oggettive che l’“Americano” autore dei comunicati di Boston (cioè Accetti), era l’autentico “Americano” del caso Orlandi.

Per verificarlo con ragionevole certezza bisogna andare oltre le incrostazioni rispetto ai fatti autentici, sedimentate in decenni di libri e articoli di ogni tipo, tornando alla genuina cronaca nera dell’epoca, contemporanea ai fatti in esame.

 

Cosa emerge dalla cronaca dell’epoca

Dall’analisi che abbiamo svolto sugli articoli dell’autunno-inverno 1983 emerge che i giornalisti investigativi e gli inquirenti avevano le prove che l’autore dei comunicati di Boston (cioè Accetti), destinati a Richard Roth, era l’“Americano” originale, il principale sospettato.

Si basarono infatti su due elementi, in particolare:

1) L’“Americano” autentico, da sempre in contatto con l’avvocato degli Orlandi, Egidio, più volte avvisò con anticipo lo stesso legale e la stampa che sarebbero arrivati comunicati o telefonate a Richard Roth, addirittura invitando a mettersi preventivamente in contatto con il giornalista.

2) Gli inquirenti, guidati da Domenico Sica, eseguirono delle perizie calligrafiche di confronto tra i comunicati “autentici” del caso Orlandi e le lettere giunte da Boston, accertando la stessa identica grafia (la circostanza è stata confermata recentemente anche dal giornalista Pino Nicotri).

 

americano accetti boggiani

 

L'”Americano” preannunciò i comunicati da Boston

Di seguito mettiamo a disposizione le prove (basta cliccare sui vari link) che il principale telefonista, l’Americano, anticipò, preannunciò e riconobbe la paternità delle lettere, dell’audio con la voce femminile e delle telefonate che arrivarono da Boston al corrispondente Richard Roth.

E chi inviava il materiale da Boston? Marco Accetti, lo sappiamo grazie alla testimone Gabriella Boggiani.

 

• La prima lettera da Boston (27 settembre 1983)

Nel caso della prima lettera giunta da Boston, gli inquirenti capirono solo successivamente che l’autore era l’“Americano” autentico. Ecco cosa accadde.

Nell’articolo de “L’Unità” (28/09/1983) si rende noto che il giorno precedente, il 27 settembre 1983, arrivò una lettera non firmata alla CBS con il timbro di Boston, indirizzata a Richard Roth.

Si specificò che «era già stata annunciata da due telefonate» e che all’interno fu «trovato un cartoncino bianco con scritto a penna “795 RNL”». Il contenuto fa riferimento alla scarcerazione di Agca e ad una precedente comunicazione al presidente Sandro Pertini.

Anche “La Stampa” (28/09/1983) confermò la notizia, aggiungendo che la lettera fu spedita il 22 settembre 1983.

In un secondo articolo de “L’Unità” (29/09/1983), si specificò che per gli investigatori del reparto operativo dei Carabinieri, la lettera di Boston «sarebbe stata scritta dai veri rapitori della ragazza o da quelli che l’hanno tenuta prigioniera».

Pochi giorni dopo, il giornalista investigativo Raimondo Bultrini firmò un altro articolo su “L’Unità” (05/10/1983) in cui scrisse: «Il sospetto» che l’autore della lettera di Boston sia il solito “Americano” «è diventato certezza» grazie ad «un esame grafologico sulle ultime lettere dei veri rapitori».

Confrontando tra loro i comunicati, infatti, gli inquirenti accertarono che gli autori sono «i misteriosi telefonisti che telefonavano in stentato italiano all’avvocato Egidio, gli stessi che scrissero una lunga lettera fatta trovare a Castel Gandolfo il 4 settembre, con allegati gli spartiti della scuola di musica frequentata da Emanuela. La grafia è identica. Nessun dubbio quindi».

La perizia, come confermò lo stesso avv. Egidio, stabilì quindi che i comunicati di Boston erano stati scritti dalla stessa persona che firmò tutti i comunicati del caso Orlandi attribuiti all’“Americano”.

Accetti ha sempre dichiarato che l’autrice materiale dei comunicati fu la sua fidanzata dell’epoca. Più volte ha chiesto di effettuare perizie grafiche di confronto su di lei.

Sul blog ufficiale dedicato ad Emanuela Orlandi (curato da Giovanni Pacitti su approvazione di Pietro Orlandi), si conferma tutto e si aggiunge che «i periti sono sicuri che il misterioso scrivente sia lo stesso, anche se ha cercato di confondere le acque modificando la propria grafia in qualche dettaglio, per esempio nello scrivere la lettera “r”. Tra l’altro chi scrive dimostra di conoscere il contenuto di una lettera con la quale i familiari di Mirella Gregori chiedevano aiuto al presidente della Repubblica per ritrovare la figlia».

Sempre sullo stesso blog c’è un dettaglio importante relativo al 28 settembre 1983: «L’Amerikano telefona all’avvocato Egidio e parlano della lettera pervenuta a Richard Roth da Boston». E lo stesso legale, si legge su “L’Unità” (06/10/1983), riconobbe pubblicamente la paternità dell’“Americano” della lettera giunta a Richard Roth .

Un mese circa dopo, sempre su “L’Unità” (23/10/1983), il legale degli Orlandi tornò a parlare degli autori dei messaggi giunti da Boston affermando: «Sono la logica conseguenza di tutto quanto precedentemente annunciato dal gruppo che si fece vivo per primo subito dopo la scomparsa di Emanuela».

 

• L’audio di Gabriella Boggiani fatto trovare dall'”Americano”

L’audiocassetta con la voce femminile -che oggi sappiamo essere di Gabriella Boggiani-, fu inviata da Boston a Richard Roth e una copia fu fatta ritrovare all’interno di una furgone in piazza San Pietro.

Quest’ultima, chi la fece trovare? Il solito telefonista Americano.

Lo si apprende dal blog dedicato a Emanuela Orlandi (anche se non viene citata la fonte dell’epoca): venerdì 21 ottobre 1983, l’“Americano” telefonò all’avv. Egidio (che lo riconobbe come tale), indicando un comunicato in via della Conciliazione, presso l’ambasciata Canadese, e uno in un furgone postale di Piazza S. Pietro.

Il primo era un testo scritto a mano e si accreditavano le lettere «ai contatti indirizzati a Roth Richard», mentre nel furgone postale fu rinvenuta un’audiocassetta con una voce di donna dall’accento straniero. Informava il sequestro di un’altra ragazza e che il nome sarebbe stato rivelato il 24 ottobre successivo (è in questo audio che l’autrice pronunciò “states” in maniera letterale).

 

• La telefonata a Richard Roth (24 ottobre 1983)

Al corrispondente della CBS, Richard Roth, arrivarono anche telefonate da parte dell’Americano.

Giovedì 20 ottobre 1983, si legge su “L’Unità” (22/10/1983) un telefonista chiamò “l’Upi”, l’agenzia di stampa americana, annunciando che il lunedì successivo (cioè il 24 ottobre 1983) sarebbero arrivati dei comunicati provvisti di codice identificativo e «li faremo pervenire al giornalista della CBS, Richard Roth».

Così come preannunciato, lunedì 24 ottobre 1983, il telefonista Americano chiamò l’avv. Egidio (che lo riconobbe come «il solito, con accento americano»), invitandolo a mettersi in contatto con Richard Roth.

Dopo un’ora, puntualmente, Roth ricevette la telefonata.

Anche “Il Corriere” (25/10/1983) confermò le telefonate del 24 ottobre 1983 dell’“Americano”: prima all’avv. Egidio, poi a Roth. Si legge: «Le telefonate sono state fatte dall’uomo che fino a ieri sera era considerato l’interlocutore vero, cioè il solito emissario dei rapitori di Emanuela».

Sul blog dedicato a Emanuela Orlandi si fa anche presente che il 02 dicembre 1983 l’avv. Egidio scrisse in Vaticano trasmettendo il messaggio dell’“Americano” del 25 novembre precedente, definendolo «lo stesso che varie volte ha telefonato alla Segreteria di Stato».

Nella lettera (inviata per conoscenza anche alla Questura e al Reparto Operativo dei Carabinieri) l’avvocato si fa portavoce dell’Americano e riferisce che i sequestratori «restituirebbero il corpo di Mirella Gregori della quale rivendicarono il rapimento con una lettera al giornalista americano Richard Roth della CBS in data 24/10/1983».

Precisiamo che l’avv. Egidio effettuò per un anno intero lunghe telefonate con l’Americano, registrandole ed entrando in confidenza con l’uomo. Sapeva perciò riconoscere perfettamente se era lui o se si trattava di un imitatore.

 

• Le ultime due lettera da Boston (3 dicembre 1983)

Nel caso delle ultime lettere giunte da Boston, fu il quotidiano “La Stampa” (20/01/1984) a occuparsene più dettagliatamente, mettendo la notizia addirittura in prima pagina.

Si legge infatti che da Boston arrivarono due lettere, «dalla stessa grafia», al giornalista Richard Roth, «preannunciate poco prima di Natale con alcune telefonate all’avvocato Gennaro Egidio, dalla stessa persona che con inconfondibile accento italo-americano sin dall’inizio della vicenda ha indicato la presenza di messaggi dimostrando di conoscere elementi concreti su Emanuela».

Nell’articolo è presente una citazione tra virgolette degli investigatori dell’epoca, che ritennero validi questi messaggi «in quanto trasmessi dall’unico gruppo che fino ad ora ha dimostrato la propria attendibilità».

Ancora una volta, quindi, l’Americano anticipò all’avv. Egidio le sue mosse da Boston, autenticandole.

Del caso si occupò anche il giornalista Corrado Ruggeri sul “Il Corriere della Sera” (21/01/1983), precisando che le lettere arrivarono a Richard Roth il 3 dicembre 1983 precedente e furono spedite da Boston il 23 novembre (la stampa ne parlò solo nel gennaio 1984 perché Roth si trovava negli USA e trovò le lettere al suo rientro in Italia agli inizi di gennaio).

Si conferma che la grafia era «la stessa» della prima lettera giunta a Roth (cioè quella del 27 settembre 1983) e che le due missive vennero preannunciate «con una telefonata fatta dal solito “italo-americano” all’avvocato Gennaro Egidio, legale della famiglia Orlandi».

Anche “L’Unità” (21/01/1984) si occupò del caso: «Tutte e due le lettere sono state preannunciate poco prima di Natale all’avvocato Gennaro Egidio dalla stessa persona che con un inconfondibile accento italo americano ha indicato la presenza delle precedenti lettere, dimostrando di sapere molte cose sulla sorte di Emanuela».

 

• Accetti viene arrestato e l'”Americano” sparisce

Abbiamo anche una sorta di controprova del fatto che Marco Accetti fu l’“Americano”, il principale telefonista.

Nell’articolo dell’epoca del “Corriere della Sera” (21/01/1984) ci si lamenta infatti che «dal 14 dicembre lo sconosciuto interlocutore non si fa più vivo».

Il definitivo silenzio dell’“Americano” venne certificato anche in un successivo articolo del “Corriere” datato 26 aprile 1984: «Nell’ufficio di Richard Roth, in via Condotti, giungono il 3 dicembre due lettere […], da allora il silenzio sul “caso Orlandi” non si è più incrinato».

L’articolo riporta anche il commento della famiglia Orlandi: «Perché questo silenzio? Forse è un aspetto positivo. Potrebbero aver ottenuto ciò che volevano».

Si evince quindi che almeno dal 14 dicembre 1983, l’“Americano” sparì completamente e improvvisamente. Come mai?

Tutto coincide con quanto accadde a Marco Accetti che, nella notte tra il 20 e il 21 dicembre 1983 fu arrestato a causa dell’omicidio del piccolo José Garramon. Proprio da quel giorno cessarono per sempre le telefonate dell’“Americano”.

 

americano accetti boggiani

 

Conclusione: Marco Accetti era l'”Americano”

Quali conclusioni trarre da questa analisi sulla cronaca dell’epoca, contemporanea ai fatti?

Riassumendo, abbiamo rilevato che:

1) La confessione di Gabriella Boggiani del 2023 certifica che Marco Accetti fu l’autore dei comunicati e delle audiocassette provenienti da Boston.

2) I quotidiani dell’epoca certificano che più volte che il principale telefonista e sospettato del caso Orlandi, il cosiddetto “Americano”, non solo preannunciò le telefonate e le lettere da Boston attribuendosene la paternità, ma fece addirittura ritrovare l’audio di Gabriella Boggiani.

3) Le perizie sulla grafia certificano che chi scrisse i comunicati di Boston fu lo stesso autore o autrice degli scritti fatti ritrovare dall’“Americano”.

 

C’è una sola possibile conclusione logica: Marco Fassoni Accetti non solo inviò i comunicati da Boston, ma fu il principale telefonista del caso Orlandi. Una volta arrestato Accetti, infatti, l’Americano non telefonò più.

Non serve credere al complesso racconto fatto da Accetti, è sufficiente recepire la testimonianza di Gabriella Boggiani e ripercorrere la cronaca dell’epoca.

La Commissione parlamentare farà un vero servizio alla famiglia Orlandi e alla verità se deciderà di convocare la testimone Gabriella Boggiani e lo stesso Marco Accetti, orientando finalmente le indagini verso il principale telefonista del caso Orlandi.

Autore

La Redazione

1 commenti a Caso Orlandi, Marco Accetti era l’Americano: lo prova una testimone

  • Massimo ha detto:

    Grazie cari ragazzi per il lavoro che fate, siete un passo avanti a tutti. Non seguo abitualmente questo sito perché la penso diversamente da quasi tutto ma su questo caso siete gli unici che portate prove e ragionamenti seri e dimostrate di essere razionali come da vostro titolo.