Caso Orlandi, crolla la pista di Londra dopo anni di ingiurie al Vaticano

pista londra orlandi

La Commissione parlamentare affonda la tesi di Emanuela segregata in Inghilterra. Pietro Orlandi e vari giornalisti usavano la pista di Londra per lanciare dure accuse al Vaticano.


 

La pista di Londra è falsa.

Ogni tanto, nell’intricato caso di Emanuela Orlandi, emergono momenti in cui si fa chiarezza e si eliminano false piste.

È quanto accaduto ieri grazie alla Commissione parlamentare che indaga sulla scomparsa della giovane cittadina vaticana, dopo anni in cui la pista inglese era stata rilanciata acriticamente da alcuni giornalisti vicini a Pietro Orlandi, fratello di Emanuela.

Si trattava di un’ipotesi assurda, priva di riscontri, che pare essere stata alimentata più dalla volontà di colpire il Vaticano che da fatti concreti.

 

Emanuela Orlandi e la pista inglese

La cosiddetta “pista inglese” sosteneva che Emanuela Orlandi sarebbe stata trasferita a Londra e tenuta nascosta dal Vaticano, forse sotto falsa identità o ricoverata in una struttura sanitaria, fino alla fine degli anni Novanta, per poi rientrare in Vaticano dopo la morte.

Tutto ebbe origine nel 2017 con un libro di Emiliano Fittipaldi in cui comparve una lettera di cinque pagine, attribuita a una fonte vaticana. La missiva, priva di protocollo e firma e con la data errata, sarebbe stata inviata nel 1998 dal cardinale Antonetti (morto nel 2013, impossibilitato a difendersi) a esponenti vaticani, incluso l’allora segretario di Stato, riferendo spese legate all’«allontanamento domiciliare» di Emanuela.

Secondo i sostenitori della tesi, in Vaticano sarebbero stati così folli da far circolare una lettera simile, intitolata nientemeno che “Resoconto sommario delle spese sostenute dalla Città del Vaticano per le attività relative alla cittadina Emanuela Orlandi.

La lettera citava anche attività commissionate dal cardinale Agostino Casaroli (morto nel 1998, impossibilitato a difendersi) e fatture per spese varie, comprese voci come il “disbrigo di pratiche finali” e il trasferimento in Vaticano.

Pietro Orlandi coinvolse anche il card. Ugo Poletti (morto nel 1997, impossibilitato a difendersi), avanzando sospetti che Emanuela avesse abortito con l’intervento della ginecologa Lesley Regan citata nella (falsa) nota spese.

Lo stesso fratello di Emanuela, sostenuto dall’avvocata Laura Sgrò, si è fatto instancabile promotore della pista inglese, avanzando accuse pesanti al Vaticano e sostenendo più volte che «il muro sta cadendo» perché ciò che c’è scritto nei documenti sarebbe stato vero.

Tuttavia, tutte le indagini, anche a Londra, non hanno mai trovato alcun riscontro.

Lo stesso Fittipaldi ha dovuto ammettere, suo malgrado, di aver pubblicato una polpetta avvelenata, di essere stato una ingenua pedina dei “corvi vaticani” oppositori di Papa Francesco, che il documento è pieno «di errori formali», definendolo «dossier apocrifo», «nota spese taroccata» e «il falso della Orlandi».

Nel 2024, Pietro Orlandi ha rinvigorito la pista inglese riferendo di aver ricevuto un’email da Vittorio Baioni, ex Nar, che si qualificava come coinvolto nel trasferimento di Emanuela. Il soggetto si è poi dileguato nel nulla, eliminando i suoi account.

Ieri la Commissione ha ascoltato il “vero” Vittorio Baioni, il quale ha confermato di non c’entrare nulla con questa vicenda (anche perché si trovava in carcere nel 1983) e di aver querelato Pietro Orlandi.

 

L’entourage di Pietro Orlandi e le accuse al Vaticano

Nel corso dei mesi, tre giornalisti hanno preso parte alla vicenda della pista londinese, rilanciando a volte acriticamente le tesi di Pietro Orlandi.

Si tratta di Alessandro Ambrosini (Notte criminale), Giulia Ciriaci (Mowmag) e Alessandra De Vita (Il Fatto Quotidiano), che più di altri hanno alimentato queste voci, a volte autocitandosi a vicenda.

Ambrosini, addirittura, diede grande risalto alle affermazioni dell’ex criminale della Magliana Marcello Neroni sul presunto coinvolgimento sessuale di Giovanni Paolo II ai danni di Emanuela.

Una vicenda che spinse lo stesso Orlandi a dichiarare in televisione: «Mi dicono che Wojtyla ogni tanto la sera usciva con due monsignori polacchi e non andava certo a benedire le case».

Sul “Corriere” si legge che Ambrosini ha pubblicato anche una foto che ritrae il card. Poletti mentre gli viene versato dello spumante da un uomo che Orlandi suppone possa essere Enrico De Pedis, boss della Magliana.

Sarebbe la prova di «uno spaccato del Vaticano, meno sacrale di quanto si potesse immaginare», dice Ambrosini. Salvo poi aggiungere: «Ma secondo me non è De Pedis». Il giornalista Fabrizio Peronaci giustamente commenta: «Già. Verrebbe allora da chiedersi perché accreditare dubbi o sospetti, ma tant’è».

Va infine sottolineato che al momento in cui scriviamo né Orlandi, né Ambrosini, né Ciriaci, né De Vita hanno ancora commentato l’audizione di Vittorio Baioni. Le ultime due giornaliste, in particolare, non hanno fornito alcun resoconto della testimonianza, pur essendo sempre state solerti in altre occasioni.

 

Caso Orlandi, quali piste rimangono?

Per quanto riguarda le piste investigative, quella inglese si basava su elementi inconsistenti: fonti anonime e screditate, segnalazioni non confermate, accuse improbabili, assenza di prove materiali e nessuna verifica indipendente. Senza il coinvolgimento del Vaticano, nessuno l’avrebbe mai presa sul serio.

Altre ipotesi improbabili coinvolgono lo zio di Emanuela, Mario Meneguzzi, ma sopravvivono solo grazie a discussioni su alcuni gruppi Facebook.

Mentre la pista legata a Marco Fassoni Accetti, spesso trascurata, è l’unica a nostro avviso con qualche riscontro fattuale.

La recente confessione di Gabriella Boggiani, che ha ammesso di aver prestato la sua voce ad Accetti nel 1983, la quale fu inserita dall’uomo nei comunicati provenienti da Boston, conferma la confessione di Accetti di essere stato il principale telefonista.

Solo un depistaggio? Difficile dato che, già all’epoca, gli inquirenti ritennero non solo autentici i comunicati provenienti da Boston (cioè attribuibili all’autore di tutti i comunicati più importanti del caso, il principale sospettato), ma li collegarono direttamente anche al caso parallelo di Mirella Gregori.

Eppure né Gabriella Boggiani, né Accetti sono ancora stati ascoltati dalla Commissione. E’ incredibile.

Ciò non toglie che i parlamentari della Commissione bicamerale stanno contribuendo in maniera non indifferente al caso Orlandi. La pulizia dalla inquinante pista inglese è una dimostrazione.

 

Pietro Orlandi, il Vaticano e la Commissione

Tutto questo nasconde un grande paradosso.

Uno dei principali sostenitori della costituzione di una Commissione parlamentare è stato certamente lo stesso Pietro Orlandi, che giustamente si è battuto contro chi non la riteneva opportuna essendoci già due inchieste attive in contemporanea (quelle delle Procure romana e vaticana).

Anche all’epoca Orlandi accusò il Vaticano di aver posto resistenza e non volere «assolutamente che venisse approvata» la Commissione. Prove? Nessuna, ancora una volta.

Eppure la Commissione ha innanzitutto sconfessato la sua storica avversità allo Stato Vaticano per aver eretto un “muro di silenzio” sul caso di sua sorella.

Dopo le opportune verifiche, il presidente della Commissione, Andrea De Priamo, ha dichiarato invece: «Nella corrispondenza diplomatica, nell’analisi della documentazione che abbiamo cominciato a reperire, emerge un’ampia collaborazione, diversamente da quanto spesso è stato riportato, tra Stato italiano e Santa Sede».

Ciò, ha aggiunto il presidente, «smentisce anche alcune ricostruzioni di un Vaticano reticente o indifferente rispetto a questa vicenda, ma al contrario mostra un quadro molto diverso: una forte preoccupazione e una volontà di collaborazione per risolvere il caso».

Come se non bastasse, la stessa Commissione ha anche affondato (definitivamente?) la tesi anti-vaticana difesa strenuamente da Pietro Orlandi in questi anni, che vedeva sua sorella rapita e segregata dai cardinali a Londra.

Autore

La Redazione

5 commenti a Caso Orlandi, crolla la pista di Londra dopo anni di ingiurie al Vaticano

  • Giorgio ha detto:

    Che tristezza uno che campa sul fatto di essere il fratello di una ragazza scomparsa più di trent’anni fa

    • Mario ha risposto a Giorgio:

      Quello della sorella non gliene frega più niente. La sta usando per colpire il Vaticano che, tra l’altro, non se lo fila manco di striscio.

  • Marco ha detto:

    Ciriaci non parla perché si è beccata una bella querela per diffamazione aggravata a mezzo stampa. Lo aveva scritto lei stessa: “Parlare del caso Orlandi oggi può costare più di un like”. E infatti a lei e al suo quotidiano è costata una denuncia penale. Ovviamente, insieme a Pietro Orlandi che sta affondando sotto i colpi della commissione che lui stesso stesso ha voluto. E’ già la terza denuncia che si piglia Orlandi. Se continuerà così, Pietro passerà il resto della sua vita a difendersi nelle aule dei tribunali.

  • Marco ha detto:

    AL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI… DENUNCIA / QUERELA

    Io sottoscritto… con il presente atto si onora di esporre alla S.V. quanto segue: i fatti che mi accingo a rappresentare hanno gravemente leso e compromesso la mia dignità, il mio decoro e la mia reputazione.

    *** per chiarezza espositiva mi accingo a fare una ricostruzione cronologica dei fatti accaduti. In data 06.05.2025, veniva pubblicato sul blog “MOW” l’articolo intitolato “Pietro Orlandi rivela il nome del Blogger indagato per favoreggiamento: Emanuela portata in Inghilterra perché incinta? Quando è stata rapita aveva il ciclo. Le tipiche stroz*te che…”, a firma dalla blogger Giulia Ciriaci. (All.to 1) L’articolo, poi, così prosegue: “Piero Orlandi svela il nome di BM blogger, indagato per favoreggiamento nel caso della quindicenne cittadina vaticana scomparsa nel 1983[…]”. (All.to 1) Nello specifico, l’intero articolo ruota su quanto pubblicamente diffuso dal Pietro Orlandi a mezzo post sulla piattaforma Facebook, riportando per intero le parole offensive, denigratorie e minacciose affermate dall’Orlandi.

    In particolar modo, veniva scritto dall’Orlandi: “Poi mi chiedo, ma questo gran pezzo di merda di MB ma come si permette di parlare così di mia sorella? Ma che ne sa di lei cosa faceva o cosa non faceva? Qual era la sua vita? Lui non l’ha mai conosciuta. Questo bastardo di MB me le venisse a dire in faccia queste cose, ma non ha le palle per farlo perché è un verme in grado solo di strisciare. Mi dispiace per i suoi genitori che hanno messo al mondo una monnezza del genere. Questo è anche il risultato di una certa disinformazione di giornalisti che continuano a scrivere nei loro libri insinuando sulla vita di Emanuela, sulle false assenze a scuola, le feste con militari di leva, ma quali feste con militari di leva? Che gente bastarda esiste al mondo. Caro MB, ti auguro con tutto il cuore il peggio che la vita possa darti.” (All.to 2)

    Le parole, i termini forti ed offensivi, dispregiativi, non solo diretti alla mia persona, ma addirittura ai miei genitori, utilizzati hanno non solo gravemente compromesso la mia dignità, il mio decoro e la mia reputazione, ma hanno, altresì, fomentato circostanze non veritiere, accusandomi pubblicamente di favoreggiamento. In merito, evidenzio che il procedimento cui si fa riferimento nell’articolo è nelle primissime fasi primordiali, ove le indagini non risultano concluse e le accuse mai formalizzate. Per queste ragioni, non comprendo come sia potuto essere stato messo sotto gogna mediatica, quando per il nostro ordinamento, le indagini sono secretate e non soggette a divulgazione. Invece, nel caso di specie non solo veniva resa nota un’attività investigativa, ma addirittura il Pietro Orlandi veniva a conoscenza di dati sensibili, quali le mie generalità, in un procedimento nuovo e diverso da quello riapertosi per indagare sulla vicenda della povera Emanuela.

    In altri termini, quel che non comprendo è come un cittadino sia potuto essere venuto a conoscenza delle mie generalità in un procedimento di cui, in teoria, non avrebbe dovuto sapere nemmeno dell’esistenza. Tale circostanza ha comportato una divulgazione di dati, a me riferiti, contornati da termini offensivi forti- tanto che lo stesso Orlandi, consapevole, si scusa per le parole usate – di fatto diffamatori, che in un breve arco temporale hanno aggiunto un numero indefinito, ma copioso, di utenti e lettori. Tale circostanza, si ripercuote, poi, negativamente anche sulla mia attività lavorativa, di fatto compromettendo ogni articolo o addirittura la possibilità di scriverlo. Proprio al fine di salvaguardare la mia reputazione, invero, prima di ricorrere all’Autorità Giudiziaria, annunciavo alla stampa di voler essere sentito affinché potessi dichiararmi estraneo dalle accuse mosse, secondo il diritto di replica sancito dalla Legge.

    Sul punto, evidenzio e sottolineo come ritengo di essere estraneo alle accuse di favoreggiamento nell’inchiesta della scomparsa di Emanuela Orlandi, trattandosi di post in cui esprimevo solamente il mio pensiero nella piena libertà di espressione ampiamente riconosciuta dalla nostra Costituzione, oltre che, non comprendere come questi possa ostacolare le indagini. Per tutto quanto sopra descritto, ritengo di essere vittima del reato di diffamazione di cui all’art. 595 c.p. in quanto l’Orlandi Pietro con la propria condotta, comunicando contemporaneamente con un numero indefinito e copioso di persone / utenti, offendeva duramente e gravemente la mia reputazione, attribuendomi un determinato fatto e sottoponendomi a gogna mediatica.

    Pertanto, con il presente atto dichiaro di proporre, come in effetti propongo DENUNCIA – QUERELA nei confronti di PIETRO ORLANDI, nato a Roma il 22.12.1956, del reato di cui all’art. 595 comma 2 e 3 c.p. e qualsiasi altro reato che l’Autorità Giudiziaria dovesse ravvisare. Al fine di fugare ogni dubbio si ritiene, anche alla luce dell’Ordinanza n. 21661 del 13.10.2009 emessa dalla Suprema Corte a Sezioni Unite, che la competenza territoriale sarebbe da ravvisarsi innanzi alla S.V. Si chiede, altresì, nell’ipotesi ultima che l’Autorità Giudiziaria procedente dovesse disporre la richiesta di archiviazione in merito all’instaurando procedimento penale, di ricevere avviso rituale ai sensi dell’art. 408 с.р.р. Si ci oppone sin da ora all’eventuale emissione di decreto penale di condanna e si ci riserva la costituzione di parte civile nell’instaurando procedimento. Si allega: 1) Articolo MOW del 06.05.2025; 2) commento Facebook di Pietro Orlandi; 3) procura speciale.

    Con alta considerazione… 28.05.2025 In fede, MB

    (Da un blog)

    • Alma ha risposto a Marco:

      Finalmente uno che gli rende la pariglia. Ben gli sta! Dovrebbero farlo anche altri, così la smette di offendere gli altri con un linguaggio che denota aggressività e volgarità. Bel fratello che aveva Emanuela.