Ho disprezzato Papa Francesco, ma la sua morte mi ha cambiato

papa francesco morte alfredo salata

Riceviamo e pubblichiamo la riflessione del giovane blogger Alfredo Salata. Il suo percorso dall’odio per Papa Bergoglio alla conversione di sguardo dopo la sua morte.

 


alfredo salata

di
Alfredo Salata*

*blogger e neoconvertito

 
 

Il 21 aprile 2025, la notizia della morte di Papa Francesco ha raggiunto la mia comunità parrocchiale.

Fu per me una notizia inaspettata, giunta in un momento particolare della mia storia di fede e che sicuramente ha segnato il mio percorso.

Ricordo che in quelle settimane mi trovavo già immerso in una seria rivalutazione della sua figura.

 

Il disprezzo per Papa Francesco

Confesso che non l’ho mai stimato.

Più onesto sarebbe dire che per molto tempo ho addirittura disprezzato Papa Francesco.

Prima della mia conversione al cattolicesimo, lo consideravo addirittura una specie di «estremista progressista», un antipapa, una comoda stampella ecclesiale per quel potere culturale liberal che è l’antitesi di tutto ciò che è cristiano e che da un ventennio domina ogni ambito della cultura laica.

Per molto tempo ho persino intrattenuto l’idea che Papa Francesco potesse non essere realmente il Papa, ma una sorta di usurpatore del trono petrino.

Solo nel momento in cui la mia riflessione mi portò a riconoscere realmente nella Chiesa Cattolica la vera Chiesa di Cristo – in continuità storica con ciò che il Signore aveva fondato ed affidato agli apostoli – capii di dover rinunciare a queste idee e pentirmi di averle intrattenute.

Questo, però, non causò certamente una rivalutazione automatica e completa della figura di Francesco.

Pur riconoscendolo come legittimo Papa e, di conseguenza, degno del rispetto e dell’obbedienza dovuti al Pontefice, continuai a considerare Francesco troppo progressista, troppo disinvolto nella dottrina, creatore di confusione più che custode della tradizione.

 

Quando ho iniziato a cambiare di sguardo

Solo poco prima della sua dipartita avevo cominciato a leggere i suoi scritti, a partire da Amoris laetitia. Anche questo testo è stato ampiamente criticato, oggetto di Dubia piuttosto critici e addirittura di accuse di eresia.

Quando lo lessi integralmente, però, mi parve invece ricco di un profondo realismo pastorale, un realismo che non si poneva in contrasto alla Tradizione della Chiesa ma, anzi, poggiava su una teologia morale matura e profonda.

Leggendo le sue dirette parole iniziai a scoprire – e capire – come Papa Francesco fosse una figura molto più complessa delle semplificazioni mediatiche su di lui.

Mi resi conto che dietro la sua apparente disinvoltura pastorale vi era una saggezza reale e, soprattutto, una fiducia profonda nella potenza del Vangelo e nella sua capacità di difendersi da solo.

 

L’immagine dell'”ospedale da campo”

Pochi giorni prima della sua morte mi imbattei nella sua celebre immagine della Chiesa come «ospedale da campo».

Oggi penso che attribuire l’etichetta di modernista ad un Papa in grado di proporre una immagine del genere sia sinceramente paradossale.

Nell’immagine dell’ospedale da campo è riflessa quella l’immagine della guerra, dei feriti: ed è la guerra che muove contro la Parola il Principe del Mondo. Satana, l’Accusatore: un nemico reale, la cui esistenza è ridotta a concetto dai cristiani più progressisti, ma da cui Francesco non si è mai stancato di mettere in guardia.

I feriti che la Chiesa cura, come «ospedale da campo», sono gli uomini colpiti dal peccato.

Sono le famiglie distrutte dall’egoismo, dall’avidità e dalla mancanza di fedeltà; sono gli emarginati dal capitalismo finanziario cieco e dall’idolatria del mercato e del profitto; sono gli uomini che si smarriscono nella sessualità confusa e mortificante dell’ideologia del gender; sono le vittime di una politica preoccupata più dagli assetti di potere piuttosto che dalla pace.

Sono i figli di Gaza flagellati dalle bombe, ma sono anche i figli confusi, dispersi e svuotati di un Occidente che ha perso la fede.

Non è vero, come qualcuno a volte ha sostenuto, che questa immagine metta in secondo piano il bene e la morale, o che faccia dimenticare che la fonte di tutto questo dolore è il peccato, la lontananza da Dio.

È vero esattamente il contrario: la tragicità che vi è insita indica chiaramente la realtà del male, riconoscendo la guerra spirituale che è in corso e la natura delle ferite che la Chiesa ha mandato di curare.

 

Papa Francesco, luci e ombre

Ero immerso in queste riflessioni, mentre mi apprestavo a studiare la Dilexit nos – la sua enciclica sull’amore del Sacro Cuore di Gesù – quando Papa Francesco se ne andò.

Partì all’improvviso, lasciandomi con una marea di dubbi, in balia della tempesta di posizioni che attorno al suo nome si è sviluppata.

Eppure leggendo le opinioni su di lui – alcune totalmente incensanti, altre profondamente critiche – sentivo che i miei dubbi non fossero così illegittimi. Papa Francesco fu un uomo di paradossi. Umile nei gesti, nelle forme, nell’approccio ai fedeli – specialmente i più piccoli e deboli – eppure spesso molto severo, quasi autoritario, nel rispondere alle critiche.

Mentre ripeteva l’importanza della sinodalità, non rispondeva se non indirettamente ai Dubia dei conservatori. In più occasioni si permise dichiarazioni controverse, partecipò a celebrazioni religiose di altre fedi, o attaccò piuttosto aspramente i tradizionalisti, apparendo poi quasi disinteressato alle fratture che questi atteggiamenti causavano nella Chiesa.

Eppure Francesco era molto più preciso e fine nei suoi scritti, tanto che è sempre possibile, se solo vi si prova, leggere il suo insegnamento in piena continuità con la tradizione.

Le sue riflessioni sulla responsabilità umana verso la Creazione, sull’amore coniugale e sui fallimenti umani in quest’ambito, così come i suoi pensieri più teologici attorno al Sacro Cuore di Gesù, sono insegnamenti preziosi e più che mai necessari nella nostra particolare epoca.

Nonostante questo, era indiscutibilmente molto disinvolto nella sua predicazione pastorale. Nelle occasioni in cui qualche riflessione particolarmente avventata è stata strumentalizzata dai mass media ed ha causato scandalo, Francesco è stato spesso tardivo nel pubblicare qualsiasi parola di chiarimento – tanto che sembrava che non amasse smentirsi da sé.

È questa sua caratteristica ad avergli valso, da parte di molti fedeli, chierici e persino qualche vescovo – che è fin troppo facile tacciare di disobbedienza e scisma – l’accusa di creare confusione ed addirittura sostenere, magari involontariamente, dottrine eretiche, come forme di indifferentismo religioso o di universalismo, oppure errori legati alla disciplina eucaristica.

Fu estremamente amato dal mondo – cosa non necessariamente positiva, per un Papa – ma anche da moltissimi fedeli, specie i più anziani, i più umili, i più gravati dalla povertà, dal crimine, dalla guerra e dalla sofferenza.

Eppure fu anche detestato da moltissimi, visto come un ausilio per i poteri forti, una fonte di confusione, un uomo dannoso per la Chiesa.

Chi ebbe l’opportunità di conoscerlo di persona, però, quasi sempre lo rispettava ed amava profondamente. Fra coloro che hanno parlato con grande affetto di Francesco, spiccano anche personalità pubbliche fortemente critiche del Cattolicesimo «laissez-faire», come l’apologeta Trent Horn, il vescovo Robert Barron, il card. Robert Sarah ed innumerevoli altri.

Chi fosse Papa Francesco, ancora oggi, a sei mesi dalla sua morte, fatico a capirlo. Se abbia lasciato a Leone XIV una Chiesa in condizioni migliori o peggiori di come a lui la consegnò Papa Benedetto XVI, penso che non stia a me valutare.

 

Perché Bergoglio fu così amato dai lontani?

Una cosa però mi sento di osservare, e di proporre come riflessione. Un’idea che mi fu suggerita a pochi giorni dalla sua morte, nel pregare per lui e per la nostra Chiesa, e che ha da allora continuato ad aleggiare nella mia mente.

Cosa attirò così tanti attorno a Papa Francesco?

Cosa affascinò così profondamente così tante persone, specialmente coloro che sono afflitti da situazioni di sofferenza e soprattutto dal peccato?

Persone storicamente emarginate dalla Chiesa, come i divorziati, o coloro che vivono situazioni familiari irregolari, gli omosessuali, ma anche i giovani che rifiutano la fede, e che sono appassionati da tematiche contrarie alla morale cristiana come l’aborto, o le teorie gender?

Un uomo agli antipodi di Francesco direbbe qualcosa del tipo: «Il mondo vuole veder giustificate le sue dannate perversioni».

Ancora oggi, penso che quell’uomo non avrebbe totalmente torto. Forse davvero il mondo desidera che chi ha il compito di ricordargli la sua iniquità si conformi a lui e taccia definitivamente.

Tuttavia credo che non si tratti della mera ricerca di validazione – almeno non da parte di tutti o della maggioranza di coloro che hanno amato Francesco. Penso che non basterebbe questo a giustificare la sua attrattiva.

Torna alla mente l’immagine dell’ospedale da campo: dei feriti dal peccato, della guerra spirituale, della paura di morire per sempre – non solo nel corpo, ma anche nello spirito. Io credo che Papa Francesco abbia capito ed intercettato questa paura. Una paura che sottende un’enorme fame di misericordia.

Credo vi sia un desiderio nel cuore di ogni uomo moderno. Non sempre consapevole, non sempre ben orientato, ma comunque autentico: quello di sapere riscattata la propria vita – una fame di salvezza, di redenzione.

Questa è la stessa fame che, ancora priva del pentimento autentico, spinge il figliol prodigo a tornare al Padre (Luca 15,11-32). Un vuoto che è oggi più che mai presente.

 

“Nemmeno io ti giudico”

Ecco, con i suoi limiti e le sue contraddizioni, forse Papa Francesco nel suo approccio pastorale riusciva a trasmettere l’idea di essere in grado, come Cristo, di dire agli afflitti dal peccato: «Nemmeno io ti giudico».

Forse non è sempre stato in grado di aggiungere, con la precisione che vorrebbero alcuni di noi, «ora va, e non peccare più». Può darsi. Capisco, ed in parte ancora condivido, i pensieri di chi avrebbe voluto maggiore chiarezza in questo.

D’altra parte, mi viene da dire che chi di noi è in grado di essere pienamente come Cristo, scagli pure la prima pietra.

Papa Francesco aveva una profonda devozione per Maria, e mi viene ora alla mente la rivelazione privata di una mistica che sosteneva che Gesù, parlandole di sua madre, le avesse detto qualcosa del tipo: «Io sono amore e giustizia. Mia madre, invece, è solo amore».

Autore

Alfredo Salata

9 commenti a Ho disprezzato Papa Francesco, ma la sua morte mi ha cambiato

  • Paolo Giosuè ha detto:

    Condivido molte cose dette da Alfredo. Anche per me il pontificato di Francesco è stato un continuo altalenarsi di stati d’animo opposti, dall’entusiasmo allo sconforto, dovuto alla mia natura decaduta. Dodici lunghi anni, un prolungato “mese” di esercizi ignaziani. L’ultima immagine che la Provvidenza mi ha donato di questo santo uomo è stata tuttavia quella di un padre del deserto, il quale, richiesto di praticare un esorcismo (l’opera salvifica del Signore nei nostri confronti), dopo un iniziale diniego, è riuscito nell’intento, ma dopo aver passato l’esame dell’umiltà. Il Maligno, infatti, gli aveva chiesto, come condizione per la liberazione, di spiegargli l’identità del “capri” e delle “pecore” evangeliche. La sua risposta pronta lo aveva messo in fuga. Qualcuno vuol provare a indovinare la risposta?

  • Katy ha detto:

    Molto bello questo testo, a volte pungente per affermazioni un po’ forti ma comunque un bel percorso.

  • Mauro ha detto:

    Caro Alfredo, non sono d’accordo con molte cose ma sei in cammino e questo basta. Buon percorso!

  • Lorenzo ha detto:

    “… forse Papa Francesco nel suo approccio pastorale riusciva a trasmettere l’idea di essere in grado, come Cristo, di dire agli afflitti dal peccato: «Nemmeno io ti giudico».”: da queste tue parole deduco che papa Francesco ha traviato anche te!
    Il compito del Papa è quello di confermare nella fede, non quello di trasmettere un Vangelo depurato da tutto quello che non piace e tranquillizza noi peccatori: papa Francesco è il peggior Papa dei 7 Papi, escluso ovviamente l’attuale, sotto i quali sono fino ad ora vissuto.

    • Otto ha risposto a Lorenzo:

      da queste tue parole deduco che papa Francesco ha traviato anche te!

      Non è un po’ forte come affermazione? Addirittura “traviato”?

      papa Francesco è il peggior Papa dei 7 Papi, escluso ovviamente l’attuale, sotto i quali sono fino ad ora vissuto.

      Queste sono frasi che funzionano sui social quando si commenta il nuovo allenatore della squadra di calcio. Detta sul Vicario di Cristo fa un po’ sorridere.

      • Lorenzo ha risposto a Otto:

        Io ho pregato ogni giorno per papa Francesco quando era in vita perché era il mio Papa ed ho invocato per Lui la Misericordia del Padre quando si è presentato davanti alla Giustizia divina: tu lo hai fatto?

      • Lorenzo ha risposto a Otto:

        Io credo che papa Francesco, assieme a tantissime perle evangeliche, abbia porto ai cattolici anche talune “mele avvelenate”: la più satanica di tutte è la “Misericordite”!

        Sant’Agostino dice che il demonio inganna gli uomini in due modi: con la disperazione e con la speranza. Dopo il peccato, tenta il peccatore alla disperazione con il terrore della divina giustizia; ma prima di peccare spinge l’anima al peccato con la speranza nella divina misericordia. Perciò il Santo ammonisce: «Dopo il peccato, spera nella misericordia, prima del peccato, abbi timore della giustizia». Infatti non merita misericordia chi si serve della misericordia di Dio per offenderlo. Dio usa misericordia con chi lo teme, non con chi si serve di essa per non temerlo.
        È difficile trovare una persona così disperata, che voglia veramente dannarsi. I peccatori vogliono peccare senza perdere la speranza di salvarsi. Peccano dicendo: «Dio è misericordioso; farò questo peccato e poi mi confesserò». «Farò ciò che mi piace, tanto Dio è buono»: cosi parlano i peccatori, come scrive sant’Agostino. Però tanti con questo modo di pensare sono finiti male. Dice il Signore: Non dire: «La sua misericordia è grande; mi perdonerà i molti peccati» (Sir 5,6). Non dire: «Per quanti peccati io possa commettere, con un atto di dolore sarò perdonato!» E perché? Poiché ci sono presso di lui misericordia e ira, il suo sdegno si riverserà sui peccatori. Dio pur essendo misericordioso, è anche giusto… Dio promette la sua misericordia a chi lo teme, non a chi abusa di essa. La sua misericordia si stende su quelli che lo temono (Lc 1,50), cantò la Madre di Dio. Agli ostinati Dio minaccia la giustizia. […]
        Insomma, dice San Paolo, non ci si può prendere gioco di Dio (Gal 6,7). Non si può offenderlo continuamente con proposito e poi pretendere il Paradiso. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato: chi semina peccati non ha motivo di sperare altro che il castigo da scontare nell’inferno. La rete con la quale il demonio trascina le anime all’inferno e l’inganno sibilato attraverso le parole: «Peccate pure liberamente, perché vi salverete nonostante tutti i peccati». Dio detesta la speranza di chi si ostina al peccato poiché la loro speranza è abominio. Una tale speranza provoca Dio al castigo, meritato da chi, abusando della sua bontà, lo ha offeso in tutti i modi.
        Sant’Alfonso Maria de’ Liguori

        • Paolo Giosuè ha risposto a Lorenzo:

          Come direbbe padre Cavalcoli, “la cosa più seria è che dietro a questo permissivismo e falsa misericordia sembra fare capolino l’idea marcionista di un Dio, preferibilmente detto «veterotestamentario», che non punisce mai, ma sempre perdona, tollera e scusa, per non dire che lascia libero l’uomo di agire come crede («libertà religiosa»), nella falsa certezza, di marca rahneriana, che tutti si salvano. Se così il Concilio insegnasse veramente, sarebbe nell’eresia. Ma è stata una delle eresie di Lutero condannate da Leone X, il credere che l’eresia possa entrare in un Concilio (Denz. 1479).

          Questa idea marcionista del Dio bonaccione che non castiga perché sennò sarebbe cattivo, è balzata in piena luce nei discorsi e negli articoli di molti prelati e teologi durante la pandemia… un clima di buonismo e di misericordismo, incapace di fornire quella risposta risolutiva e consolante alla sofferenza, che solo dalla Parola di Dio può provenire.

          Sono sorti molti studi su questo problema suscitato da Papa Francesco, problema molto delicato, perché tocca la questione della conoscenza della verità della dottrina della fede, circa l’insegnamento della quale il Papa possiede un dono d’infallibilità. Alcuni Autori hanno messo in luce certe affermazioni o frasi del Papa, che sembrerebbero smentire quel dono, ma che occorre invece interpretare o come sfuggite di bocca, o dette scherzosamente, o inavvertitamente o imprudentemente o in forma ambigua o come opinioni personali.

          D’altra pare, bisogna anche dire che se è vero che i Pontefici del postconcilio si sono sempre premurati di dare la retta interpretazione delle dottrine del Concilio, non hanno efficacemente contrastato la falsa interpretazione rahneriana, dando l’impressione di una certa doppiezza, col permettere che essa si diffondesse tranquillamente in tutta la Chiesa e che quindi Rahner sembrasse sostituire S.Tommaso, apparendo come il nuovo Doctor communis Ecclesiae, contro le direttive dello stesso Concilio, che raccomandano la dottrina dell’Aquinate.

          A discolpa e a giustificazione di quei Pontefici, partecipi dell’umana fragilità, tra i quali ve ne sono di Santi, si può dire che essi non hanno avuto la forza sufficiente per frenare il potentissimo rahnerismo ed è molto probabile che Benedetto XVI, critico di Rahner, si sia ridotto a dare le dimissioni su pressione dei rahneriani”.

          Se posso aggiungere una nota, anche San Giovanni Crisostomo, le cui Omelie del Vangelo di san Matteo consiglio a tutti caldamente di meditare, metteva in guardia proprio da questa misericordia contraffatta. Commentando le parole «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36), osserva che la misericordia divina non esclude mai la giustizia: «Dio è misericordioso, ma è anche giusto; risparmia il penitente, ma non approva l’ostinato». Altrove, nelle sue Omelie su Matteo citate, rimprovera coloro che prendono la pazienza di Dio come licenza di peccare: «Poiché Egli è longanime, non pensate che sia indifferente; il suo ritardo non è oblio, ma occasione di pentimento». Pertanto, la misericordia è offerta in vista della conversione, non come indulgenza del peccato.

          Allo stesso modo, Sant’Agostino nelle Enarrationes in Psalmos (Sal 85,5) ci ricorda che «Misericordia e verità si sono incontrate»; se la misericordia è separata dalla verità, cessa di essere misericordia. Il diavolo, dice Agostino, “imita la misericordia di Dio per condurre alla perdizione” – questa è la pseudo-misericordia che scusa, anziché guarire, il peccato.

          E come aggiunge San Gregorio Magno nei suoi Moralia in Iob (XX, 1), “Chi è misericordioso senza giustizia diventa complice del peccatore”. La vera misericordia, quindi, presuppone il riconoscimento del peccato e il desiderio di emendarsi. Senza di essi, la parola “misericordia” degenera in una parodia romantica del Vangelo.

          • Lorenzo ha risposto a Paolo Giosuè:

            “… la questione della conoscenza della verità della dottrina della fede, circa l’insegnamento della quale il Papa possiede un dono d’infallibilità.”
            CCC 891 « Di questa infallibilità il Romano Pontefice, capo del Collegio dei Vescovi, fruisce in virtù del suo ufficio, quando, quale supremo Pastore e Dottore di tutti i fedeli, che conferma nella fede i suoi fratelli, proclama con un atto definitivo una dottrina riguardante la fede o la morale. …»
            Papa Francesco non ha mai proclamato con “un atto definitivo una dottrina riguardante la fede o la morale”; pertanto tutto quello che ha detto e scritto durante il suo pontificato, va vagliato alla luce della Retta Dottrina.
            Condivido in pieno quello che scrivi sulla divina Misericordia.