Perché la matematica spiega il mondo: coincidenza o miracolo?
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- 09 Ott 2025

La “miracolosa” efficacia della matematica di spiegare l’universo: ma perché? Un dibattito filosofico che porta alla possibilità di una spiegazione metafisica.
Nel 1960 il fisico Eugene P. Wigner pubblicò un celebre saggio in cui spiegò che la matematica non spiega, predice.
Sottolineava un fatto sorprendente, cioè che molte leggi fisiche, nate dall’osservazione empirica grossolana, trovano una descrizione matematica che riesce a prevederle con precisione inaspettata.
La legge di gravitazione di Newton, ad esempio, originariamente concepita per descrivere la caduta libera sulla Terra, si estende al moto dei pianeti e le equazioni di Maxwell, ideate per elettricità e magnetismo, spiegano anche i fenomeni delle onde radio.
La matematica spiega l’universo, un “miracolo”?
Wigner vide in questa “miracolosa” efficacia qualcosa di sfuggente a una spiegazione puramente empirica o funzionale.
E lo stesso stupore lo ebbe Albert Einstein scrivendo all’amico Solevine:
«Trovi strano che io consideri la comprensibilità del mondo al punto da poterla definire un miracolo o un eterno mistero. Ebbene, a priori ci si dovrebbe aspettare un mondo caotico, che non può essere in alcun modo afferrato dal pensiero […]. Anche se gli assiomi della teoria sono postulati da un essere umano, il successo di un’impresa del genere presuppone un ordine nel mondo oggettivo di un grado elevato, che non si ha il diritto a priori di aspettarsi. Questo è il “miracolo” che diventa sempre più persuasivo con il crescente sviluppo della conoscenza»1A. Einstein, Letters to Solovine 1906–195.
In poche parole: la matematica, pur essendo un prodotto astratto della mente o di entità indipendenti dal mondo fisico, è sorprendentemente efficace nel descrivere e prevedere la realtà naturale. Ma perché la matematica è il linguaggio della natura?
La spiegazione realista e antirealista
Il dibattito filosofico vede confrontarsi varie opzioni per spiegare questo ordine “inatteso” della natura.
C’è il realismo matematico di Maria Leng (University of York), secondo cui per l’appunto la realtà fisica si comporta in linea con i dettami di entità matematiche acausali, esistenti al di là dello spazio e del tempo, solo per una felice coincidenza2M. Leng, “Mathematics and Reality”, Oxford University Press 2010, p. 239.
Un’idea a cui però si contrappone Mark Balaguer (California State University) definendola “controintuitiva” perché comporta credere che «ci siano oggetti matematici causalmente inerti, esistenti al di fuori dello spaziotempo, ed è un’idea che è intrinsecamente implausibile»3M. Balaguer, “Platonism and Anti-Platonism in Mathematics”, Oxford University Press 1998, p. 136.
C’è anche l’antirealismo matematico, secondo cui le strutture matematiche non esistono come entità autonome, ma riflettono solo schemi o relazioni che già esistono nel mondo. Una falsa spiegazione perché lascia intatto il problema del perché il mondo abbia una struttura matematica così ricca e complessa, e del motivo per cui i modelli astratti matematici siano così utili nella scienza.
Il filosofo William Lane Craig ha riflettuto spesso su questo, sottolineando che sia le posizioni realiste che antirealiste non riescono a spiegare adeguatamente l’efficacia della matematica, chiamando in causa la possibilità che il fatto che il mondo “funzioni” secondo strutture matematiche non si tratti di una mera coincidenza.
Il teista, che sia realista o antirealista, è l’unico che riesce a offrire una vera risorsa esplicativa vedendo la matematica non solo uno strumento creato dall’uomo per descrivere la natura, ma il riflesso della struttura del reale che è “prestata” dalla mente che ordina l’universo stesso.
La risposta di Craig non cade nella fallacia del “Dio delle lacune” (o “tappabuchi”), cioè l’invocazione di Dio semplicemente per colmare un vuoto di conoscenza. Essa infatti parte da ciò che la scienza ha già constatato, ossia l’inaspettata corrispondenza tra entità matematiche astratte e fenomeni fisici concreti, e ne cerca la ragione ultima sul piano metafisico proponendola come spiegazione più coerente rispetto alle alternative.
La matematica e l’universo: una spiegazione metafisica?
Lo stesso già citato premio Nobel Wigner, pur non “sconfinando” in ambito metafisico, scrisse che «è difficile evitare l’impressione che ci troviamo di fronte a un miracolo».
Il “miracolo” torna spesso, Wigner lo ripete una seconda volta: «Il miracolo dell’adeguatezza del linguaggio matematico per la formulazione delle leggi della fisica è un dono meraviglioso che né comprendiamo né meritiamo».
Chi invece chiamò direttamente in causa una spiegazione metafisica fu John David Barrow, celebre matematico dell’Università di Cambridge, scomparso nel 2020. Nel suo saggio più famoso, scrisse: «Se l’intero universo materiale può essere descritto dalla matematica, deve esistere una logica immateriale più vasta dell’universo materiale […]. Convinzioni di questo tipo sembrano implicare che Dio sia un matematico»4J.D. Barrow, Perché il mondo è matematico?, Laterza 1992, p. 69.
Anche Paul Davies, noto astrofisico inglese, ritiene che «le equazioni della fisica hanno in sé un’incredibile semplicità, eleganza e bellezza» e questo, di per sé, «è sufficiente a dimostrarmi che deve esserci un Dio responsabile di queste leggi e responsabile dell’universo»5P. Davies, “God and the New Physics”, 1984.
Per Enrico Bombieri, medaglia Fields e il più importante matematico italiano, «la consistenza matematica del nostro universo è certamente una ragione per vedere il Dio creatore dell’Universo»6E. Bombieri, intervista a Il Foglio, 23/04/2015.
Senza dover necessariamente arrivare a invocare una spiegazione metafisica per apprezzare l’efficacia della matematica, riteniamo importante tenere aperta questa possibilità.
E soprattutto lasciarsi sfidare dalla suggestione che la struttura matematica dell’universo possa davvero riflettere qualcosa di più profondo, un ordine e una bellezza che invitano a interrogarsi sul senso ultimo della realtà.
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