Sindone, falso medievale? Un “sentito dire” spacciato per prova

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Un pettegolezzo del 1370 trasformato da “La Stampa” nella prova che la Sindone è un falso medievale. Nicola d’Oresme, senza averla mai vista, riferisce un “si dice che” fu usata per ingannare i fedeli. Dov’è la notizia?


 
di Alessandro Piana*
*studioso e specialista internazionale della Sindone

 

Ormai dall’inizio di agosto la Sindone è sotto attacco.

Prima lo studio di Cicero Moraes, di cui abbiamo già parlato.

Ieri un’anteprima dalle colonne de “La Stampa” di una pubblicazione sulla rivista Journal of Medieval History, che il quotidiano torinese ha presentato così: Sindone l’ultima verità. L’Università di Lovanio ha trovato la più antica testimonianza scritta sull’esistenza del Lino. È del 1370 e conferma che già nel Medioevo si sapeva che la reliquia non fosse autentica”.

 

Cosa dice il nuovo studio sulla Sindone

Secondo lo studio condotto dal ricercatore Nicolas Sarzeaud dell’Università Cattolica di Lovanio, infatti, un passaggio tratto dai Problemata di Nicola d’Oresme, teologo e filosofo francese del XIV secolo, proverebbe che già nel 1370 il Sacro Lino fosse conosciuto come un manufatto realizzato per frodare i fedeli.

Ma come stanno davvero le cose?

Durante la revisione di un trattato inedito di Nicole d’Oresme, i due ricercatori Alain Boureau e Béatrice Delaurenti hanno evidenziato una menzione della Sindone di Torino, scritta tra il 1350 e il 1382 (probabilmente dopo il 1370), data di morte di d’Oresme.

Stando a quanto scrive Sarzeaud nel suo studio, l’interesse sarebbe quello del sottolineare l’esistenza della Sindone di Torino circa vent’anni prima di quanto finora noto: il ben noto periodo della Controversia di Lirey (1389-1390), di cui si è già parlato su UCCR.

In quale modo questo documento entra nello specifico ambito della Sindone?

Per Sarzeaud, l’approccio di Nicola d’Oresme è quello di un razionalista ante litteram, come si può arguire da questo passaggio presentato nell’articolo:

«L’originalità della posizione di Oresme risiede nel suo tentativo di fornire spiegazioni razionali per i fenomeni inspiegati, siano essi miracolosi o prodigiosi, piuttosto che interpretarli come divini, demoniaci o dovuti a un'”influenza sconosciuta” (influentia ignota). Il suo è l’epitome di un approccio naturalistico, derivante dalla trasformazione della Scolastica nel XIII secolo, che affrontò i cosiddetti fenomeni magici come i miracoli da una prospettiva nuova. Tuttavia, questo approccio naturalistico fu sempre più messo in discussione a metà del XIV secolo, quando le pratiche magiche e le loro interpretazioni demonologiche guadagnarono terreno, giustificando nuovi metodi di repressione».

Da questa premessa segue la presentazione del testo con il riferimento alla Sindone, relegato in una nota bibliografica, e che è bene citare integralmente:

«Non ho bisogno di credere a chi dice: “Il tale ha compiuto per me questo o quel miracolo”, perché in questo modo molti ecclesiastici ingannano gli altri inducendoli a portare offerte alle loro chiese. Questo è chiaro dal senso della chiesa in Champagne, dove si diceva che fosse la Sindone del Signore Gesù Cristo, e dal numero apparentemente infinito di altri che hanno inventato questo o quello».

Questo è l’unico riferimento alla Sindone!

 

La Sindone un falso medievale? Tutto in un “si dice”

Questo frammento non prova nulla, e non dice che Nicola d’Oresme abbia visto direttamente la Sindone di Lirey.

Un po’ come fece Pierre d’Arcis, anche d’Oresme parla per “sentito dire” («si diceva che…»).

Il breve brano diviene il pretesto nello studio per richiamare il ben noto vescovo di Troyes, Pierre d’Arcis, e le sue convinzioni riguardo alla fabbricazione artificiale del Telo di Lirey, nonché il suo approccio estremamente razionale come quello degli uomini del suo tempo (per chi non capisse il riferimento rimandiamo a un articolo precedente).

 

Come “La Stampa” si inventa la prova

Ora occorre unicamente capire come una testimonianza basata sul «si diceva che» possa corroborare il sottotitolo dell’articolo pubblicato da La Stampa: «Conferma che già nel Medioevo si sapeva che la reliquia non fosse autentica».

Lo scritto appena citato parla semplicemente del possibile inganno (soprattutto economico) perpetrato nei confronti dei fedeli.

Senza nulla togliere all’importanza dello studio diretto dei documenti storici, fondamentali per la comprensione del passato, dove sta la notizia?

Che intorno al 1370 ci fosse una persona che per “sentito dire” riteneva la Sindone un falso? E, così facendo, sarebbe la seconda a lasciare testimonianza del suo pensiero? La seconda, tra l’altro, in un intero secolo.

Un passo alla volta – o meglio, a dieci anni alla volta – , arriveremo a scoprire altri autori che ritenevano la Sindone un falso senza averla mai vista, ma per semplice “sentito dire”.

 

Il falsario e l’irriproducibilità della Sindone

Ma se nel XXI secolo, con tutta la tecnologia possibile a disposizione e con un numero esorbitante di articoli scientifici che dimostrano l’impossibilità di riprodurre l’immagine sindonica, esistono persone che credono all’origine artificiale e medievale del manufatto, ci dovremmo davvero preoccupare di un commentatore del Trecento che parla per “sentito dire”?

Ecco, all’orizzonte ancora lui: il falsario medievale.

Un fantomatico luminare delle falsificazioni con la visione sul futuro che, pur potendo diventare ricco e famoso grazie alla sua abilità nel creare immagini ancora oggi irriproducibili del Christus patiens e in completa contraddizione con l’iconografia del tempo, invece di compiacersi della sua abilità e mettersi a distribuire false reliquie in tutta la cristianità, decide di farne una sola copia da mandare a Lirey con l’intento preciso rendere tutti creduloni.

Anche noi, compresi. Quasi 700 anni dopo.

Se il Medioevo ha prodotto un uomo del genere capace di superare la tecnologia del XXI secolo, allora non abbiamo scoperto la Sindone, ma il più grande genio dimenticato della storia.

Peccato che nessuno l’abbia mai visto, così come Nicola d’Oresme non vide mai la Sindone su cui dubitò dell’autenticità per “sentito dire”.

 


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AGGIORNAMENTO ore 15:00

L’articolo è stato tradotto e diffuso nella versione inglese di UCCR.

Autore

Alessandro Piana

29 commenti a Sindone, falso medievale? Un “sentito dire” spacciato per prova

  • Veronica Triulzi ha detto:

    Il fatto che si citi solo un “si dice che” è un ulteriore prova che la presunta inchiesta di cui parla d’Arcis nel 1389 non è mai esistita perché, se fosse stata scoperta realmente l’identità del falsario, tutti l’avrebbero citato per nome e cognome, Oresme e d’Arcis compresi.

  • Emanuela Marinelli ha detto:

    Nel 1300 pensavano anche che il sole girasse attorno alla terra. Per questo dovremmo pensarlo ancora oggi? I sostenitori della falsità della Sindone in base a documenti trecenteschi dovrebbero avere il coraggio di dirci che secondo loro la terra non gira attorno al sole…

    • Katy ha risposto a Emanuela Marinelli:

      Dottoressa quanto ha ragione! Ma che paura che hanno della Sindone per dover fare queste operazioni di basso livello…è inspiegabile!

  • Panthom ha detto:

    Ho letto qualcosa di questo Nicolas Sarzeaud e si tratta di un amico di Andrea Nicolotti, anzi si potrebbe dire una sua cassa di risonanza. Non c’è un intervento di Sarzeaud in cui non cita e non elogia Nicolotti…quindi ho capito perfettamente il gioco.

    • Laura ha risposto a Panthom:

      Ok tutto chiaro allora. Aggiungo che Nicolotti è di Torino e non mi stupirei affatto se l’autore di questo fantastico scoop sulla Sindone (Andrea Parodi) fosse amico a sua volta di Nicolotti.

    • Ettore Nasi ha risposto a Panthom:

      @Panthom vedi che ieri mattina Andrea Parodi ha già ringraziato sul suo profilo FB Andrea Nicolotti

    • Fabio Poverini ha risposto a Panthom:

      Esattamente come fate voi con i vostri sindonologi..!

  • Daniele ha detto:

    Il professor Nicolotti che prende per buona questo studio mi meraviglia un pò (di fa per dire).
    Se è da prendere per buono uno scritto del trecento dove l’autore nemmeno ha visto il reperto, non si capisce perchè allora contesti per esempio la testimonianza di Robert De Clari che nel 1206 racconta della Sindone. Il ” si dice che” vale solo in un senso?

    • Katy ha risposto a Daniele:

      Credo che Nicolotti avvalori da anni qualunque cosa propenda per la non autenticità, da qualunque fonte arrivi.

      • Daniele ha risposto a Katy:

        Diverso tempo fa ho avuto occasione di scambiare qualche email con lui. Mi anticipò che stava scrivendo quello che al tempo era il suo ultimo libro e che per farlo, dedicò un mese intero (un intero mese addirittura!) per studiare tutti i tipi di tessuti del primo secolo, per confutare l’origine antica del telo Sindonico. Tanto di cappello a lui sicuramente, per la scrupolosità delle sue ricerche, ma non credo che basti un mese per diventare un esperto tessile. La dottoressa Flury-Lemberg che magari ne sa un tantinello più di lui, non credo sia d’accordo.
        A saperlo che bastava un mese di studio per diventare un esperto di tessuti antichi, a quest’ ora facevo altro!

        • Katy ha risposto a Daniele:

          Con la differenza che Flury-Lemberg non viene pubblicata da La Stampa e da tutti i media all’unisono.

  • Cicero Moraes ha detto:

    Hai scritto del mio articolo su Archaeometry e ho confutato il tuo approccio. A quanto pare non hai imparato nulla e continui a basarti su argomentazioni deboli.

    • Otto ha risposto a Cicero Moraes:

      Ma a te, Cicero Moraes, cosa importa di questa scoperta? Evidentemente questo tuo intervento dimostra la malizia celata dietro al suo orribile studio, ma anche l’esistenza di un pool di personaggi che si auto-sostengono contro la Sindone grazie alla complicità mediatica.

    • Panthom ha risposto a Cicero Moraes:

      Un commento veramente arrogante, evidentemente sei davvero infastidito che il suo studio è stato confutato in maniera così facile.

      Hai avuto perfino il coraggio di scrivere che la Sindone è un tessuto di cotone!! Capisci perché dovresti continuare a occuparti di ricostruire malamente il volto di Beethowen e Topolino e lasciare perdere un tema di cui non sai nulla?

    • Alessandro Piana ha risposto a Cicero Moraes:

      Caro Cicero,
      il tuo lavoro è un ridicolo disastro!
      Non pensare che mi sia dimenticato di te: non ho ancora finito il mio lavoro di critica.
      A presto. Anzi, a prestissimo
      P.S. Ricorda che il problema non sei solo tu, ma – soprattutto – chi ti sostiene

    • Daniele ha risposto a Cicero Moraes:

      Veramente l’unica cosa che è stato confutato è il tuo studio. Negli articoli di risposta pubblicati qua e là, hai pensato bene di glissare completamente alle osservazioni che ti sono state mosse, che mettevano il luce il fatto che hai affrontato l’argomento in modo superficiale.

  • Claudio ha detto:

    Quando ho letto l’articolo, sono rimasto stupito dalla superficialità e dalla faziosità con cui è stato scritto dal collega Parodi. Alla fine della lettura ho pensato che questa interessante testimonianza storica documenta la vivacità intellettuale medievale, che consentiva approcci scettici anche nei confronti delle reliquie. Quella delle false reliquie era, evidentemente, un problema sentito a diversi livelli. Se, tra duemila anni, trovassero solo i libri di Baima Bollone sulla sindone, potrebbero pensare che nel XX secolo credevano tutti alla sua autenticità, e viceversa se trovassero quelli di Garlaschelli? Sarebbe un approccio storico francamente superficiale. È giusto valutare anche le prove documentali, ma cum grano salis. La sindone è davvero lo “scherzo” del cielo perfetto, per questo tempo scientista e razionalista: si svela con la tecnologia per parlare all’uomo moderno, ma con la consueta e giusta ambiguità del segno. La fede è rovello e interlocuzione, è scomoda anche per chi crede. Porta la spada e non la pace. Quando si deposita in sapere statico, rischia la morte. Ma vaglielo a spiegare in quest’era nemica di ogni complessità.

  • Enrico Loi ha detto:

    Quindi se domani troviamo una lettera di Pinco Pallo che nel 1341 scrive che “si dice che” la Sindone sia il vero sudario di Cristo bisogna quindi concludere che “nel Medioevo si sapeva già che la Sindone era autentica”?

    Questi sono gli argomenti di Andrea Nicolotti e dei suoi amici?

    Mi pare che dopo il fantomatico studio del designer brasiliano che ricicla la tesi del bassorilievo stiamo sempre più raschiando il fondo del barile.

  • IspeDixit ha detto:

    Andrea Nicolotti è intervenuto su Facebook sotto il post di Andrea Parodi (l’autore di questa anticipazione su La Stampa) a difendere a spada tratta questa lettera di Oresme, sostenendo che va interpretata come falsità della Sindone. C’è infatti chi anche sotto al post di Parodi dubita che sia significativa.

    Ecco un passaggio del post di Nicolotti:
    “Che la sindone sia falsa lo sapevamo già prima, non c’è bisogno che lo dica Oresme: lo è per motivazioni storiche, scientifiche e tecnologiche. Se questa non è una prova che la sindone è falsa… vogliamo chiamarla una testimonianza direttamente informata che conferma quello che già sappiamo? Naturalmente a titolo puramente ipotetico potremmo affermare che qualunque cosa affermata nel passato non è prova che tale affermazione sia vera, ma in questo caso un vescovo che dice che una reliquia è falsa e che ne ha identificato anche l’autore, e questa reliquia esiste ancor oggi, e si vede ancora oggi che è falsa, direi che è ben più di un puro parere come tanti altri”.

    Un’affermazione che andrebbe studiata per capire che è davvero convinto che la Sindone sia falsa per motivazioni “storiche, scientifiche e tecnologiche”. Addirittura tecnologiche!! E che “si vede ancora oggi che è falsa”. Siamo alla follia?

    • Daniele ha risposto a IspeDixit:

      Quindi se ho capito bene.. in questo caso l ” sentito dire” costituisce una prova di falsità. La testimonianza di uno che nemmeno ha visto il reperto ma ha solo sentito delle notizie prese chissà da dove. Si, in questo caso è una prova ulteriore della falsità della Sindone….ok….mentre la testimonianza di un Papa, tale Stefano II il quale diceva intorno al 750 d.C. che l’immagine di nostro Signore era interamente trasferita sul telo, quella no, non è attendibile perché non sappiamo se sta parlando della Sindone …..ok….tutto chiaro. Due pesi e due misure. Viva l’imparzialità della ricerca

    • Giorgio ha risposto a IspeDixit:

      Certo che se la qualità della prosa di Nicolotti è pari a quella delle sue tesi…

  • Alessandro Piana ha detto:

    LA CORRETTA CITAZIONE DEL TESTO DELL’ORESME È QUESTA, RELEGATA IN UNA NOTA BIBLIOGRAFICA DEL LAVORO PUBBLICATO SUL JOURNAL OF MEDIEVAL HISTORY, p.4, nota 16:
    “non est michi necesse credere cuilibet dicenti: “talis fecit michi tale miraculum”, quia sic multi viri ecclesiastici deciperent alios ut oblationes suis ecclesiis afferrent. Patet hoc ad sensum de ecclesia in Campania ubi dicebatur quod esset sudarium domini Ihesu Christi, et de quasi infinitis qui finxerunt talia et cetera”

    “Non ho bisogno di credere a chi dice: “Il tale ha compiuto per me questo o quello miracolo”, perché in questo modo molti ecclesiastici ingannano gli altri inducendoli a portare offerte alle loro chiese. Questo è chiaro dal senso della chiesa in Campania (Champagne), dove si diceva che fosse la Sindone del Signore Gesù Cristo, e dal numero apparentemente infinito di altri che hanno inventato questo o quello”.

    Contrariamente a quanto riportato (monco) sull’articolo de “La Stampa”, 28 agosto 2025:

    Nel testo compaiono le frasi: «quia sic multi viri ecclesiastici deciperent alios ut oblationes suis ecclesiis afferrent. Patet hoc ad sensum de ecclesia in Campania ubi dicebatur quod esset sudarium domini Ihesu Christi» (traduzione: «perché in questo modo molti ecclesiastici ingannano gli altri, per far in modo che portino offerte alle loro chiese. Ciò si vede chiaramente in quella chiesa nella Champagne dove si diceva che ci fosse la sindone del Signore Gesù Cristo»).

    LA FRASE INIZIALE OMESSA (VOLUTAMENTE?) CAMBIA COMPLETAMENTE DI SIGNIFICATO IL RESTO DEL TESTO PERCHÉ DENUNCIA, A PRIORI, L’APPROCCIO RAZIONALISTA DELL’ORESME.
    AP

  • Giovanni ha detto:

    I violini Stradivari non si riescono a riprodurre, tecnica dimenticata. Il liutaio era dio?

    • Enrico ha risposto a Giovanni:

      Il paragone non regge: i violini di Stradivari sappiamo come funzionano, semplicemente come qualunque altra cosa non riusciamo a replicarne tutte le condizioni storiche e materiali (anche una pizza non è mai uguale all’altra!!). La Sindone invece non è solo “irripetibile”: non conosciamo neppure il processo con cui l’immagine si è formata. Mentre conosciamo perfettamente tutti i materiali con cui vengono formati i violini, la Sindone non è un prodotto di arte o artigianato: non mostra pigmenti, non ha direzionalità, non penetra le fibre ma si limita alle fibrille più superficiali, e possiede una tridimensionalità codificata che non corrisponde a nessuna tecnica pittorica o di stampa conosciuta. Non è un fenomeno compreso ma difficile da replicare perfettamente (come uno Stradivari o anche un qualunque quadro di Van Gogh), ma a qualcosa che non si spiega in termini di processo fisico-chimico.

    • Igloo ha risposto a Giovanni:

      E’ pieno di violini nel mondo, migliaia di persone sanno creane uno e nessuno è esattamente uguale l’uno all’altro. Anche quello che costruisco io è unico. Di Sindone con quelle caratteristiche macro e microscopiche ce n’è invece una sola nella storia e nessuno riesce a riprodurla in alcun modo, nemmeno con i laser ad eccimero