Il Medioevo che crea: cultura, città, invenzioni e università

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Recensione del libro “Medioevo che crea” (Laterza 2025), curato da tre docenti universitari. Un’opera che restituisce all’epoca medievale il valore dell’innovazione e della sperimentazione a lungo negata dai cliché.


 

Per secoli il Medioevo è stato descritto come un’età buia, sinonimo di arretratezza e superstizione.

Oggi molti sanno che si tratta di un cliché, che resiste però sedimentato nel linguaggio comune — dove ancora si parla di “leggi medievali” per indicare ingiustizie o brutalità — e nei media, che lo evocano come simbolo di oscurantismo.

È contro questa visione stereotipata che, ancora una volta, scendono in campo tre docenti universitari con il nuovo volume Medioevo che crea. Innovare, inventare, sperimentare nell’Italia dei secoli X-XIV” (Laterna 2025), pubblicato il 20 giugno scorso e curato da Franco Franceschi (Università di Siena), Paolo Nanni (Università di Firenze) e Gabriella Piccinni (Università di Siena).

Non si tratta di una rivalutazione apologetica, ma un invito a guardare al Medioevo come ad un’epoca dinamica, capace di produrre innovazioni nei più diversi ambiti della vita sociale, politica, economica e culturale. Un’epoca creativa, in senso pieno, e non solo sul piano tecnico o materiale.

 

Il Medioevo e le città: nuove sfide e innovazioni

Il libro raccoglie 24 saggi divisi in quattro sezioni tematiche — dalla vita urbana e civile alle trasformazioni tecniche, dai linguaggi alle forme del sapere — e affronta aspetti cruciali della società medievale.

E’ interessante che gli autori non si limitino ad elencare le già note invenzioni medievali (la bussola, gli occhiali, l’orologio meccanico ecc.), ma espongano le forme di creatività che attraversano tutta la struttura sociale.

Dallo sviluppo degli statuti cittadini alle nuove prassi processuali, dall’invenzione del debito pubblico alla nascita di sistemi contabili sempre più articolati, fino alla creazione di strumenti di pagamento innovativi come la lettera di cambio.

Grande attenzione è anche riservata al ruolo delle città, vero motore dell’espansione medievale.

Tra la metà del X e del XIV secolo, molte città italiane conobbero una crescita impressionante — in alcuni casi superando i 100mila abitanti — alimentata da massicci movimenti migratori dalle campagne. Non solo centri economici e politici, le città medievali furono anche spazi di libertà, di opportunità, di formazione e di cultura.

Il governo comunale, nato e sviluppatosi proprio in questo periodo, è presentato come una forma di sperimentazione politica innovativa, capace di ridefinire l’equilibrio tra i diversi ceti sociali e le strutture di potere.

Ma la crescita urbana pose anche sfide importanti, come la gestione dei rifiuti, l’approvvigionamento idrico, la difesa della salute pubblica e il controllo dell’inquinamento. Problemi affrontati con strumenti giuridici nuovi — come gli statuti cittadini — e con l’istituzione di magistrature specializzate.

Anche questo è Medioevo: un’epoca che si interroga sulle proprie trasformazioni e si dota di strumenti per governarle.

 

Il Medioevo tra cultura e università

L’innovazione medievale si riscontra anche sul piano culturale, il volume dedica spazio alla nascita dell’università, una delle istituzioni più originali della storia europea, fondata come corporazione di studenti e docenti nelle città italiane.

È lì che prende forma un nuovo tipo di intellettuale, non più solo uomo di Chiesa, ma giurista, notaio, retore: un professionista della parola. Centrale in questa rivoluzione è la logica, cuore della filosofia e linguaggio del dibattito intellettuale, che segna la svolta verso un sapere sistematico, analitico, rigoroso.

Uno dei saggi del libro mostra anche come persino la cartografia nautica e la letteratura di viaggio siano espressioni di una nuova percezione del mondo, più vasta e precisa. Dante stesso, con la sua Commedia, si inserì in questa stagione di esplorazioni interiori e geografiche.

“Medioevo che crea” è un libro che restituisce all’epoca medievale la sua complessità e vitalità. Lo fa con rigore accademico ma con lo sguardo rivolto anche al pubblico non specialista, che sempre più si mostra desideroso di scoprire un Medioevo lontano dagli stereotipi.

Un Medioevo che, finalmente, torna a essere raccontato come uno dei grandi laboratori di innovazione della storia europea.

Autore

La Redazione

2 commenti a Il Medioevo che crea: cultura, città, invenzioni e università

  • Mario Tanga ha detto:

    Il testo curato da Franco Franceschi “Medioevo che crea” mi ha subito suscitato un forte entusiasmo. Non perché è un libro di storia, ma perché è un libro che, facendo storia, va ben oltre. Gli strumenti concettuali di cui ci dotiamo studiando qualcosa, i criteri che adottiamo, i punti di partenza che scegliamo, nonché i fini cui miriamo magari possono cambiare in corso d’opera, ma non sono neutri né equivalenti o scambiabili con altri. Le scelte degli AA. mi sembrano fatte nel migliore dei modi, con onestà intellettuale e incisività epistemologica.
    Altro compito dello studioso è quello di non cadere trappola di luoghi comuni, presupposti scontati, di non adagiarsi per pigrizia o per involontaria leggerezza in ciò che si è sempre fatto e detto, come se questo bastasse a garantirne la validità.
    Il lavoro di degli AA. scava a fondo in presupposti logori e in luoghi comuni di facile condivisione. E fa un mirabile lavoro di rimozione di quanto non abbia una legittimazione epistemologica degna di questo nome. Ne esce una visione rinnovata di questo periodo storico.
    Quello che però ha maggior valore è che questa operazione travalica lo specifico di cui tratta: indica direzioni e criteri di ricerca e di impostazione epistemologica che possono essere estesi oben ltre i limiti del Medioevo.

  • Paolo Sigura ha detto:

    La mistificazione laicista degli ultimi secoli dei lumi, è “dogma intoccabile”.
    Onore e merito agli studiosi che con rigore scientifico e coraggioso “buon senso”, offrono con questa opera, un contributo concreto al lento sgretolamento di questi falsi miti, divenuti purtroppo, luoghi comuni sedimentati.

    Grazie a questa redazione per tutto il lavoro che svolge in modo mirabile. Mai mi era capitato di condividere così appieno e di essere in tale perfetta sintonia, così come con voi, con una testata.
    Grazie

    Paolo Sigura