Nuove prove: nessun risultato a favore dell’omogenitorialità
- Ultimissime
- 04 Ago 2025

La Cornell University riprocessa l’indagine del sociologo Mark Regnerus sulle problematiche dei figli di coppie omosessuali. Secondo il responso non emergono risultati a favore. Il dibattito sull’omogenitorialità si riapre?
Dalla Cornell University è uscita una rigorosa indagine accademica di cui nessuno parla.
Pubblicata dalla Cambridge University Press, la ricerca ha analizzato seriamente un precedente studio risalente al 2012 che suscitò un vespaio internazionale.
Si tratta dell’indagine condotta dal sociologo Mark Regnerus (Università del Texas) su un campione nazionale statunitense di oltre 15mila giovani adulti, le cui madri o padri avevano avuto relazioni omosessuali.
Era il più grande campione rappresentativo casuale a livello nazionale e, per la prima volta, si interrogavano direttamente i figli ormai cresciuti.
L’indagine sull’omogenitorialità di Mark Regnerus
I risultati mostrarono che questi giovani, rispetto a quelli cresciuti in famiglie naturali, ottenevano risultati peggiori in vari ambiti: rendimento scolastico, stato occupazionale, salute mentale, uso di sostanze, e persino tassi più elevati di detenzione, depressione e coinvolgimento con l’aiuto pubblico.
La ricerca fu da subito osteggiata dall’associazionismo LGBTQ+ e anche da diversi accademici, che sollevarono limiti metodologici.
Le pressioni mediatiche portarono l’Università del Texas ad aprire un indagine interna di valutazione dello studio che si concluse, però, con la smentita di cattiva condotta scientifica. Ma non bastò per placare le polemiche.
Nessuna prova a favore dell’omogenitorialità
E arriviamo a pochi mesi fa quando il dibattito sull’omogenitorialità è stato riaperto da due sociologi della Cornell University, Cristobal Young e Erin Cumberworth.
Tramite una revisione accademica, hanno applicato una tecnica chiamata “multiverse analysis” a vari studi, tra cui proprio quello di Mark Regnerus sui figli cresciuti da coppie omosessuali.
I ricercatori hanno riprocessato sistematicamente tutti i possibili modelli analitici, variando scelte e criteri, per verificare la solidità del risultato originale.
Il motivo per cui nessun organo di stampa ha ripreso la notizia dipende dal risultato ottenuto: in nessuno dei milioni di modelli testati emergevano effetti favorevoli al crescere con genitori dello stesso sesso. Al contrario, l’ipotesi di fondo – cioè che il crescere con una famiglia biologica stabile fornisce condizioni migliori di benessere sociale ed emotivo – si è dimostrata robusta in ogni scenario analizzato.
I sociologi della Cornell University hanno ammesso di essere «rimasti sorpresi dalla solidità dei risultati di Regnerus». Pur attendendo una complessità e talvolta una diminuzione della significatività statistica, non si sarebbero aspettati che l’effetto complessivo negativo legato all’aver avuto un genitore omosessuale emergesse in tutte le varianti.
Certo, in alcuni modelli tale effetto si attenuava, senza però mai scomparire. In altri approcci che consideravano simultaneamente la transizione familiare e la presenza di genitori LGBTQ+, entrambi i fattori risultavano contributivi: non si poteva ridurre a uno solo il peso delle variabili.
Esprimendosi sullo studio di Regnerus, Young e Cumberworth commentano che il suo divenne presto «uno degli studi più accanitamente contestati nella sociologia del XXI secolo».
Eppure, i due sociologi della Cornell hanno analizzato le principali obiezioni accademiche ricevute da Regnerus (in particolare quelle di Michael Rosenfeld, Simon Cheng e Brian Powell) osservando che i critici semplicemente truccarono le carte (riducendo in particolare la dimensioni del campione) per tentare di ridurre la significatività statistica.
Gli studiosi hanno quindi concluso osservando che il vantaggio dell’avere genitori biologici stabili, e di sesso opposto, per i figli, sia persistito in modo così robusto nei dati non tanto perché gli argomenti a difesa di questa scoperta siano più intelligenti di quelli usati per confutarla, piuttosto perché riflettono un fatto sociale ostinatamente radicato nella realtà umana stessa.
Il dibattito sull’omogenitorialità è viziato
Young e Cumberworth sperano che la solida convalida delle conclusioni di Mark Regnerus possa portare a rinnovare il dibattito sull’omogenitorialità.
Una speranza che Paul Sullins, docente di Sociologia presso la Catholic University of America, commenta con scetticismo in quanto, scrive, «i critici di Regnerus o i sostenitori della genitorialità omosessuale» si opposero alla ricerca per una motivazione «che non era metodologica, ma etica».
Per questo, conclude Sullins, è altamente probabile «che la rianalisi di Young e Cumberworth incontrerà un silenzio ideologico». E così si è puntualmente verificato, infatti.














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