La Vergine Maria non deriva dalla dea Iside, ecco le prove
- Dossier
- 27 Lug 2025

La dea Iside modello per la Vergine Maria? Lo dice il comparativismo religioso miticista quando si occupa della Madonna. Le prove esposte da vari accademici contro i parallelismi tra la divinità egiziana Iside e Maria di Nazareth.
Il fenomeno miticista da secoli si sforza di negare l’autenticità del Gesù storico sostenendo bizzarri parallelismi con le più svariate divinità della mitologia antica.
Negli ultimi decenni, tuttavia, si assiste a una sorta di resa da parte dei cultori del comparitivismo religioso ai danni di Gesù di Nazareth.
Gli argomenti sono esauriti, le loro tesi restano indimostrate e indimostrabili e gli esponenti della comunità accademica che studia le origini cristiane, di qualunque fede (atei compresi), si sono espressi con decine di studi e volumi divulgativi.
L’eminente Tryggve Mettinger (Lund University), al termine del suo poderoso studio comparativo sulle divinità e i miti precristiani, conclude inesorabilmente a favore del «carattere di unicità di Gesù di Nazareth nella storia delle religioni»1T.N.D. Mettinger, The Riddle of Resurrection. Dying and Rising Gods in the Ancient Near East, Almqvist & Wiksell International 2001, pp. 220, 221.
L’unica finestra aperta rimasta ai comparativisti è focalizzarsi sui parallelismi di altre figure cristiane, in particolare Maria di Nazareth, madre di Gesù.
LA MADONNA E LA DEA ISIDE, IL DOSSIER
- 2. MARIA DI NAZARETH E LA DEA EGIZIA ISIDE
- 2.1 Parallelismo iconografico tra Iside e la Vergine Maria
- 2.2 L’allattamento è un finto parallelismo
- 2.3 “Maria lactans” non è l’unica immagine antica
- 2.4 Distanza temporale tra iconografia di Iside e quella di Maria
- 2.5 Iconografia di Iside in disuso nel IV secolo
- 2.6 Poche immagini di Maria che allatta come Iside
- 2.7 Gli accademici respingono il parallelismo tra Iside e Maria
—————————
1. COMPARATIVISMO RELIGIOSO, CHI SONO I MITICISTI
Ma chi sono i miticisti e gli attuali sostenitori del comparativismo religioso tra Maria di Nazareth e le figure mitologiche pagane?
1.1 Alexander Hislop
Non si può non citare il teologo presbiteriano anticattolico Alexander Hislop, autore nel 1857 del celebre The Two Babylons (Le due babilonie). La tesi centrale è che la Chiesa cattolica sarebbe il frutto di una cospirazione millenaria e la prosecuzione della religione pagana dell’antica Babilonia.
Inutile sottolineare la fantasiosità dell’opera di Hislop, priva di qualsivoglia valore storico e antropologo.
Più interessante ricordare che, dopo lo screditamento della ricerca di Hislop da parte della comunità accademica, uno dei suoi più entusiasti sostenitori contemporanei, il pastore evangelico Ralph Woodrow, fece ricerche indipendenti confermando a sua volta che l’opera di Hislop era difettosa e scandalosamente sbagliata.
Ritirò così il suo libro Babylon Mystery Religion (1966) dalla stampa, pubblicando al suo posto The Babylon Connection? (1997).
Nel secondo libro, l’evangelico Woodrow dedicò un capitolo proprio a confutare le argomentazioni di Hislop su Maria di Nazareth2Woodrow R., The Babylon Connection?, Woodrow Evangelistic Association 1997, pp. 33-38, vergognandosi degli evangelici che usano questo approccio per condannare la relazione della Chiesa cattolica con Maria, dispiacendosi di aver contribuito a propagandare queste opinioni.
Woodrow è ancora oggi evangelico ma non associa più la Chiesa cattolica al paganesimo.
1.2 Marino Niola e James George Frazer
In Italia uno dei pochi autorevoli esponenti di questo micro-filone miticista è l’antropologo Marino Niola, attivo mediaticamente nel dipingere il Belpaese come sostanzialmente pagano, accusando il cristianesimo di aver «semplicemente sovrapposto alle rappresentazioni delle divinità dell’Olimpo, Cristo, la Vergine e i santi»3Niola M., La Dea in esilio vestita da Madonna, Repubblica 08/2024.
Come lo stesso Niola ammette4Niola M., La Dea in esilio vestita da Madonna, Repubblica 08/2024, queste tesi le ha prese in prestito dall’antropologo neoplatonico James George Frazer e dal suo Il ramo d’oro. Studio sulla magia e la religione (1915), nel quale applicò il darwinismo alla storia ricavando un comparativismo estremo tra elementi culturali opposti (testi medievali, riti indiani e usanze scozzesi), utilizzando oltretutto fonti di seconda mano.
Quello di Niola è un colossale autogol, o forse probabilmente non sa che Frazer è ancora considerato una sorta di zimbello nel campo dell’antropologia.
Come giustamente ha scritto Fabio Dei, docente di Antropologia culturale presso l’Università di Pisa, «il pensiero» di James George Frazer va «interpretato come “mitico”, basato più su corti circuiti analogici che non su concetti chiari e distinti»5Dei F., Il mito in Frazer e nelle poetiche del modernismo, in Leghissa G. & Manera E., Filosofie del mito del Novecento, Carocci 2015, p. 79.
E ancora, scrive Dei, Frazer è autore di «un linguaggio e un impianto teorico ancora ottocenteschi, non in grado di inserirsi nei dibattiti contemporanei, tanto meno in quelli antropologici»6Dei F., Il mito in Frazer e nelle poetiche del modernismo, in Leghissa G. & Manera E., Filosofie del mito del Novecento, Carocci 2015, p. 79.
Frazer «nel suo limpido razionalismo ottocentesco», intendeva «mostrare l’illusorietà delle religioni rivelate e minare l’autenticità del cristianesimo, trattandolo come uno tra i molti e tardi culti legati all’arcaico complesso mitico-rituale»7Dei F., Il mito in Frazer e nelle poetiche del modernismo, in Leghissa G. & Manera E., Filosofie del mito del Novecento, Carocci 2015, p. 78, osserva ancora l’antropologo italiano, ma già i suoi colleghi videro «nell’impianto di Frazer, nel suo evoluzionismo e nel suo comparativismo di amplissima scala, l’imbarazzante retaggio di una fase preistorica della disciplina»8Dei F., Il mito in Frazer e nelle poetiche del modernismo, in Leghissa G. & Manera E., Filosofie del mito del Novecento, Carocci 2015, p. 75.
Effettivamente fin da subito la sua opera fu osteggiata come “imbarazzante” in ambito accademico, anche l’antropologo Godfrey Lienhardt confermò che già durante la vita di Frazer, i suoi colleghi «in gran parte si dissociarono dalle sue teorie e opinioni», e che l’influenza del suo pensiero «si è verificata nel mondo letterario piuttosto che in quello accademico»9G. Lienhardt, Frazer’s anthropology: science and sensibility, Journal of the Anthropological Society of Oxford 1993, pp. 1–12.
A chi interessano le dettagliate critiche a Il ramo d’oro di Frazer -la Bibbia di ogni miticista contemporaneo-, consigliamo, tra i tanti gli studi, dello storico Timothy Larsen10Larsen T., “James George Frazer”, The Slain God: Anthropologists and the Christian Faith, Oxford University Press 2014 e di David Chidester11Chidester D., Empire of Religion: Imperialism & Comparative Religion, University of Chicago Press 2014, i quali svelano l’inganno di Frazer nell’aver applicato idee, teologia e terminologia cristiane dell’Europa occidentale a culture non cristiane con lo scopo di distorcere quelle culture per farle apparire più cristiane e poter procedere, poi, al comparativismo forzato tra le figure religiose pagane e cristiane.
—————————
2. MARIA DI NAZARETH E LA DEA EGIZIA ISIDE
Il più frequente comparativismo religioso attuato nei confronti di Maria di Nazareth è con la dea egizia Iside.
Soprattutto in ambito protestante c’è la convinzione che Iside sarebbe stata il modello per la creazione dell’icona cristiana della Vergine Maria. Secondo chi accusa i cattolici di sincretismo, quando i pagani convertiti inondarono la chiesa durante il IV secolo, portarono con sé le loro pratiche culturali e religiose.
E’ una tesi talmente generalista che include sicuramente degli aspetti di verità (l’inculturazione è un fenomeno per nulla imbarazzante per la Chiesa cattolica, che ne parla abitualmente da molto tempo), ma per come è esposta può essere applicata a qualunque aspetto del culto cristiano.
Bisognerebbe entrare nel dettaglio e sviscerare ogni singolo aspetto che si ritiene assimilato dal paganesimo.
In questo dossier approfondiamo dettagliatamente la presunta assimilazione del culto di Iside a quello di Maria di Nazareth.
Va subito osservato che chi sostiene tale assimilazione, al di là di qualche loro epiteto comune (“Madre di Dio” e “Regina dei cieli”) non presenta mai alcun forte parallelismo tra il culto cristiano di Maria di Nazareth e quello di Iside. D’altra parte Iside e Maria erano venerate in modo totalmente diverso: la prima come dea a pieno titolo, mentre Maria era importante in quanto legata a suo Figlio.
2.1 Parallelismo iconografico tra Iside e la Vergine Maria
Diversi studiosi si soffermano su una somiglianza iconografica tra Iside e Maria, un argomento effettivamente valido che ha portato alcuni a teorizzare un’adozione deliberata del culto pagani da parte dei cristiani.
Le connessioni principali individuate sono racchiuse nelle rappresentazioni iconografiche di Maria e Iside mentre allattano i loro figli (Gesù e Horus). Per la precisione sono definite: Maria lactans (o “Virgo lactans”, cioè “Maria/Vergine che allatta”) e Isis lactans (“Iside che allatta”).

L’archeologo e sacerdote Vincent Tran tam Tinh è stato uno dei massimi studiosi dell’iconografia di Iside e concluse già negli anni ’70 che le uniche connessioni tra Maria di Nazareth e Iside possono riguardare solo questi due tipi di immagini12Tran Tam Tinh V., Isis lactans. Corpus des monuments gréco-romains d’Isis allaitant Harpocrate, Brill 1973.
L’opera di Tran tam Tinh è stata recentemente valorizzata dall’archeologa Sabrina Higgins nel suo studio comparativo tra la Vergine Maria e la dea Iside: «L’osservazione di Tran Tam Tinh secondo cui le somiglianze iconografiche tra Iside e Maria sono limitate al tipo “lactans” rimane valida»13Higgins S., Divine Mothers: The Influence of Isis on the Virgin Mary in Egyptian Lactans-Iconography, Journal of the Canadian Society for Coptic Studies 2012, p. 76.
Altri tipi di raffigurazioni iconografiche di Maria o di Iside, al di fuori di quelle dell’allattamento, non hanno connessioni significative. Il campo del comparativismo, dunque, è ampiamente ristretto.
Gli autori comparativisti in sostanza sostengono che Maria lactans sia una continuazione della tradizione pittorica di Isis lactans.
Nel suo celebre studio, Tran Tam Tinh offre un’analisi dettagliata dello sviluppo dell’iconografia della dea Iside, rinvenendone una crescita di popolarità a partire dal 700 a.C. Le somiglianze tra “Iside lactans” e “Maria lactans” sono innegabili, e furono riconosciute anche dallo stesso Tran Tam Tinh.
2.2 L’allattamento di Maria e Iside è un finto parallelismo
Ma diversi accademici hanno formulato numerose obiezioni all’idea di un parallelismo effettivo.
Il primo argomento è che l’allattamento è semplicemente una tipica immagine di maternità, comune a tutte le culture del mondo.
Sia Iside che la Vergine Maria quando sono ritratte così rappresentano una donna che allatta il proprio figlio, si possono trovare connessioni evidenti tra loro ma anche con qualunque altra immagine di allattamento, antica o moderna, scolpita o ritratta in un dipinto.

I cristiani ritrassero Maria di Nazareth mentre tiene in braccio il Bambino Gesù perché è quello che lei presumibilmente fece quando Gesù era neonato, come qualunque altra madre della storia. Questo non la rende una dea pagana.
La nota egittologa Françoise Dunand, docente emerito dell’Università di Strasburgo, ha infatti sottolineato che l’immagine di una donna (o una dea) che tiene in braccio un bambino non è unica in Iside e Maria di Nazareth, ma appare frequentemente nella storia in Grecia, in Anatolia e persino nel periodo neolitico14Dunand F., Isis: Mère des dieux, Errance 2000, p. 161.
2.3 Maria che allatta non è l’unica immagine antica
C’è un secondo argomento, forse ancora più problematico per i comparativisti religiosi.
L’iconografia della Vergine Maria che allatta non è la più antica o, comunque, è contemporanea ad altre in cui la Madre di Gesù viene rappresentata in modi totalmente diversi dalle classiche iconografie riguardanti Iside.
Vincent Tran tam Tinh rilevò infatti che le prime immagini della Vergine Maria rappresentavano soprattutto temi cristologici ed escatologici, tra cui le raffigurazioni di Gesù seduto sulle ginocchia della Madonna o mentre viene presentato ai Magi15Tran Tam Tinh V., Isis lactans. Corpus des monuments gréco-romains d’Isis allaitant Harpocrate, Brill 1973, p. 43.
In queste rappresentazioni, Maria ha un ruolo secondario, riflette ciò che è scritto nei racconti biblici della nascita di Gesù.
Maria Giovanna Muzi, docente di Iconografia e iconologia cristiana presso la Pontificia Università Gregoriana, ha indicato che i più antichi tipi iconografici mariani sono i cicli storici dell’Infanzia, quindi l’Annunciazione, la Natività, l’Adorazione dei pastori e dei Magi.
Parallelamente vi sono anche immagini autonome, come il gruppo Madre-Bambino (tra cui anche Maria che allatta) e la Vergine Orante16Muzi M.G., L’iconografia absidale mariana della Chiesa indivisa quale Locus Theologicus, Theotokos XVI 2008, p. 26.
Nei più antichi reperti in nostro possesso vi è la Vergine Madre con e senza bambino, in varie rappresentazioni diverse e tipicamente cristiane, ovvero coincidenti con i racconti evangelici.
Nel gruppo Madre-Bambino, solo in alcuni casi compare l’immagine dell’allattamento, in altri la Madonna è “guancia a guancia” con Gesù (chiamata Vergine della Tenerezza), oppure il Figlio è semplicemente seduto sulle sue ginocchia17Muzi M.G., L’iconografia absidale mariana della Chiesa indivisa quale Locus Theologicus, Theotokos XVI 2008, p. 47.
Anche l’antropologo Tran tam Tinh fece anche notare che l’immagine di Gesù seduto sul grembo di Maria non rientra affatto nell’iconografica del tipo Maria lactans. Quest’ultima è caratterizzata dalla propensione di Maria di allattare il figlio, ben diversa dall’iconografia di una madre e un bambino semplicemente seduti.
Al momento le più antiche immagini conosciute della Madonna sono quelle rinvenute nelle Catacombe di Priscilla a Roma, risalente alla prima metà del III secolo (circa 230-240 d.C.). Qui sotto le due raffigurazioni.
In un affresco compare (presumibilmente) Maria che tiene in braccio (presumibilmente) il Bambino Gesù, ma non è chiaro se lo stia allattando. Nel paragrafo successivo approfondiremo i dettagli di questa immagine.
Vicino è presente un’altra immagine, in cui si raffigura l’Annunciazione: Gesù è assente e la Vergine è mostrata seduta, con una figura alata (l’angelo Gabriele) davanti a lei. L’iconografia è molto stilizzata e simbolica, come tipico dell’arte cristiana primitiva.

Inoltre, vi sono altre rappresentazioni antiche della Madonna in cui è evidente l’assenza di allattamento.
Ci riferiamo ad esempio all’Adorazione dei Magi ritrovata su un sarcofago conservato nel Museo Pio Cristiano risalente al 330 d.C., e quelle presenti su una lunetta dell’arcosolio della cripta della Madonna nelle catacombe dei SS. Pietro e Marcellino e nelle catacombe di Domitilla (prima metà del IV secolo).

Altri filoni antichi di rappresentazione della Vergine sono quelli della Natività, come quella ritrovata sul sarcofago di Boville Ernica (metà IV secolo d.C.), dove la Vergine medita sulla nascita del figlio.
2.4 Distanza temporale tra iconografia di Iside e quella di Maria
C’è un terzo argomento veramente rilevante da sottolineare e riguarda la distanza temporale tra l’ultima immagine della dea Iside mentre allatta e la prima della Vergine Maria che compie la stessa azione.
Vi è infatti disaccordo tra gli studiosi sul fatto che le due più antiche immagini rivendicate come la Vergine Maria che allatta Gesù stiano davvero raffigurando questa scena.
Della prima abbiamo già parlato nel paragrafo precedente ed è la “Vergine con il Bambino e un profeta” ritrovata nelle catacombe di Priscilla, attribuita alla fine del II secolo o all’inizio del III.
Gli studiosi dubitano seriamente che la Vergine sia veramente raffigurata nell’atto di allattare18Bonani B.P. & Baldassarre Bonani S., Maria lactans, Marianum 1995.
L’archeologa Sabrina Higgins scrive, ad esempio, che «il bambino si aggrappa al petto della donna, ma non c’è nulla che indichi una scena di allattamento». E aggiunge che «il dipinto manca di qualsiasi attributo che possa identificare positivamente questa donna come Maria»19Higgins S., Divine Mothers: The Influence of Isis on the Virgin Mary in Egyptian Lactans-Iconography, Journal of the Canadian Society for Coptic Studies 2012, p. 73.

La seconda scena raffigura il Buon Pastore al centro, a destra il profeta Balaam con la Vergine e il bambino seduti. Il bambino sembra accarezzare il seno della madre, ma ancora una volta, prosegue Higgins, «non ci sono prove che suggeriscano l’allattamento»20Higgins S., Divine Mothers: The Influence of Isis on the Virgin Mary in Egyptian Lactans-Iconography, Journal of the Canadian Society for Coptic Studies 2012, p. 73.

Queste due antiche immagini, ritrovate nelle catacombe di Priscilla, difficilmente rientrano in maniera chiara al tipo lactans, e lo stesso Tran Tam Tinh osservò che non dovrebbero essere usate come rappresentanti delle prime iconografie di questo tipo.
Escludendo dunque queste due antiche raffigurazioni, la prima immagine chiara e nitida di Maria lactans compare in modo incontestato nei reperti archeologici soltanto nel VII secolo, e solo in Egitto21Tran Tam Tinh V., Isis lactans. Corpus des monuments gréco-romains d’Isis allaitant Harpocrate, Brill 1973, p. 42.
Per la precisione si tratta di due dipinti murali, scoperti negli scavi del monastero di San Geremia a Saqqara.
Allo stesso modo, non esistono prove di una raffigurazione di Iside lactans dopo il IV secolo d.C.
Viene così a crearsi un problematico gap di ben 300 anni tra l’ultima immagine di Isis lactans e la prima di Maria lactans.
Queste prove portarono l’eminente Vincent Tran tam Tinha a ritenere chiusa qualsiasi discussione su una sequenza cronologica diretta tra Iside e Maria di Nazareth in Egitto.
2.5 Iconografia di Iside in disuso nel IV secolo
Passiamo ora al quarto argomento contrario al comparativismo religioso tra la dea Iside e Maria.
Nel III secolo vi sono diverse raffigurazioni di Iside mentre allatta, tuttavia ne esistono soltanto tre nel IV secolo (una statua in pietra calcarea ad Antinopoli, un dipinto murale a Karanis e una statuetta in pietra calcarea ad Akhmim22Higgins S., Divine Mothers: The Influence of Isis on the Virgin Mary in Egyptian Lactans-Iconography, Journal of the Canadian Society for Coptic Studies 2012, p. 74).
Questo dimostra chiaramente un declino nell’uso di questo tipo di raffigurazione di Iside nel IV secolo d.C..
Come già spiegato nel paragrafo precedente, le più antiche e incontestate iconografie della Vergine che allatta compariranno ben tre secoli dopo l’ultima immagine di questo tipo della dea Iside, la cui particolare raffigurazione in fase di allattamento era già in una fase di forte declino.
Si allontana quindi ancora di più la possibilità di un’assimilazione culturale-religiosa da parte dei cristiani.
2.6 Poche immagini di Maria che allatta come Iside
Il quinto argomento evidenzia la scarsità delle raffigurazioni cristiane della Vergine Maria mentre allatta. Ce ne sono soltanto sette.
Tutte le altre rappresentazioni iconografiche della Madonna (la presentazione di Gesù ai Re Magi, l’annunciazione ecc.) non hanno alcuna similitudine con Iside.
Il filone iconografico di Maria lactans è un tema frequente quasi esclusivamente in alcuni monasteri in Egitto23Muzi M.G., L’iconografia absidale mariana della Chiesa indivisa quale Locus Theologicus, Theotokos XVI 2008, p. 54.
Le più antiche raffigurazioni, infatti, sono dipinti murali ritrovati nel monastero di San Geremia a Saqqara all’interno delle celle dei monaci. Immagini diverse tra loro, una senza espressione di affetto da parte della Vergine nei confronti di Gesù mentre l’altra è visivamente più materna nel suo gesto24Higgins S., Divine Mothers: The Influence of Isis on the Virgin Mary in Egyptian Lactans-Iconography, Journal of the Canadian Society for Coptic Studies 2012, p. 75.
Sempre nel monastero di San Geremia a Saqqara vi sarebbe stata una terza immagine ma non è più visibile25Higgins S., Divine Mothers: The Influence of Isis on the Virgin Mary in Egyptian Lactans-Iconography, Journal of the Canadian Society for Coptic Studies 2012, p. 75 e altre due, anch’esse non più visibili, sarebbero state presenti nel monastero di Baouit26Higgins S., Divine Mothers: The Influence of Isis on the Virgin Mary in Egyptian Lactans-Iconography, Journal of the Canadian Society for Coptic Studies 2012, p. 75.
Vi sono poi altre due immagini rivenute di Maria lactans al di fuori di un contesto monastico: una nella chiesa del Monastero Rosso, vicino a Sohag (datata VII-VIII secolo), una scoperta nel 1996 nella chiesa della Vergine Maria nel Monastero dei Siriaci nel Wadi El-Natrun (datata VII secolo).
In totale, quindi, tra tutti i tipi di rappresentazioni della Vergine Maria, soltanto sette immagini raffigurano Maria che allatta in maniera simile alla dea Iside (due dipinti trovati all’interno di chiese e cinque dipinti trovati in celle monastiche), tra l’altro 300 anni dopo l’ultima rappresentazione della dea egizia.
Dunque, anche se si volesse ignorare l’imponente intervallo di tempo e continuare a sostenere che l’iconografia della dea Iside mentre allatta avrebbe esercitato una forte influenza sulla creazione dell’iconografia della Vergine Maria che allatta, sarebbe stata limitata soltanto a 7 raffigurazioni.
2.7 Gli accademici respingono il parallelismo tra Iside e Maria
Il sesto e ultimo argomento che presentiamo è l’opinione della comunità accademica che si è occupata di analizzare il presunto parallelismo tra la Vergine Maria e la dea Iside.
Una delle opere più recenti è quella dell’archeologa Sabrina Higgins, docente presso la Simon Fraser University e specializzata proprio nello studio del culto primitivo della Vergine Maria. Alla fine del suo studio comparativo tra Iside e Maria di Nazareth, scrive: «Vi sono poche prove che suggeriscano che questa particolare immagine isiaca abbia avuto un profondo impatto sul repertorio artistico della Vergine Maria»27Higgins S., Divine Mothers: The Influence of Isis on the Virgin Mary in Egyptian Lactans-Iconography, Journal of the Canadian Society for Coptic Studies 2012, p. 78.
Nonostante vi siano paralleli iconografici evidenti, ha aggiunto, l’uso dell’immagine della Vergine Maria mentre allatta è «limitato e confinato a un contesto monastico e suggerisce che non sia stato ampiamente adottato da coloro che desideravano illustrare la Vergine». Perciò, «non giustifica la conclusione che abbia avuto luogo un’adozione deliberata tra i culti di Iside e Maria»28Higgins S., Divine Mothers: The Influence of Isis on the Virgin Mary in Egyptian Lactans-Iconography, Journal of the Canadian Society for Coptic Studies 2012, p. 78.
Anche l’eminente specialista di storia bizantina all’Università di Oxford, Averil Cameron, ha scritto che lo sviluppo religioso non può essere spiegato in termini monocausali e il sincretismo religioso in questo caso, sempre che vi sia stato, ha giocato solo un ruolo minore29Cameron A., The Cult of the Virgin in Late Antiquity: Religious Development and Myth-Making, in Swanson R.N., The Church and Mary, Boydell and Brewer 2004, p. 1–21.
Clelia Martínez Maza, docente di Storia Antica all’Università di Malaga, ha invece respinto drasticamente qualunque parallelismo e continuità tra i due culti osservando che la figura della Vergine Maria subì una conversione da personaggio minore nella tradizione cristiana a una presenza divina a partire dal Concilio di Efeso nel 431 d.C. Ciò la allontanerebbe completamente da Iside, la quale era completamente divina30Maza C.M., Los antecedentes isíacos del culto a María, Aegyptus 2000, pp. 195–214.
Sulla stessa linea anche John McGuckin, teologo britannico e docente di Storia della chiesa presso l’Università di Oxford, il quale respinge qualunque sincretismo e sostiene che le rappresentazioni di Maria lactans, come anche altre, erano pienamente comprese dai cristiani sin dall’inizio all’interno del loro stesso sistema culturale. Nel caso dell’allattamento, ritiene incidentali e insignificanti le somiglianze con Iside31McGuckin J., The Early Cult of Mary and Inter-Religious Contexts in the Fifth Century Church, in The Origins of the Cult of the Virgin Mary, Burns and Oates 2008, pp. 1–22.
Anche altri due studiosi, Gail Paterson Corrington (Rhodes College) ed Elizabeth S. Bolman (Case Western Reserve University), unendo le discipline della storia dell’arte e della teologia, hanno rilevato che il significato dell’immagine di Maria lactans è assolutamente cristologico in quanto enfatizza la natura divina di Cristo.
Maria, essendo vergine, è impossibilitata a produrre latte e tramite il suo seno nutrirebbe Gesù del cibo divino fornitogli da Dio (il latte è dunque interpretato come metafora per l’Eucaristia e mantiene un significato interamente cristiano, indipendente da eventuali somiglianze iconografiche che possa avere con Iside lactans32Corrington G.P., The Milk of Salvation: Redemption by the Mother in Late Antiquity and Early Christianity, Harvard Theological Review 1989, pp. 393–420 33Bolman E.S., The Coptic Galaktotrophousa Revisited, in Coptic Studies on the Threshold of a New Millennium, Peeters 2004, pp. 1173–1184.
—————————
3. LA MADONNA NON DERIVA DA MADRE TERRA (O DALLA DEA GAIA)
Un filone minoritario di miticismo ai danni di Maria di Nazareth la compara alla Grande Madre (o Madre Terra, o dea Gaia).
Ne è convinto ad esempio il saggista Diego Conticello, autore di un articolo privo di fonti bibliografiche in cui dichiara addirittura: «E’ storicamente ormai appurato che la gran parte dei culti devozionali legali alla Vergine Maria nel mondo cristiano delle origini derivi in modo diretto o indiretto dalla venerazione della Grande Madre in alcune civiltà antiche»34Conticello D., Madonne Nere, un’eredità egiziana, La Provincia 02/10/2022.
E’ talmente “appurato” che l’autore ha ritenuto superfluo citare qualche opera bibliografica a suo supporto.
Si tratta in realtà di teorie rinvenibili quasi esclusivamente nei forum online dei miticisti di mezzo mondo, dove la “prova” più importante che viene solitamente prodotta è il simile epiteto con cui viene chiamata la Madonna: vergine e/o madre.
A partire da ciò si creano parallelismi con le più bizzarre divinità, come Semiramide, che incarnano valori completamente opposti a quelli cristiani ed erano destinatarie di culti profani e dissoluti.
3.1 I culti opposti della Vergine Maria e della dea Madre Terra
La dea Gaia o Madre Terra e la Vergine Maria appartengono a due mondi religiosi e culturali profondamente diversi e la seconda rappresenta tutto ciò che è all’opposto del messaggio evangelico incarnato dalla stessa Maria di Nazareth.
Mentre la Madonna, venerata nella tradizione cristiana, è la madre di Gesù Cristo, una figura umana elevata a un ruolo di grande rilevanza spirituale per la sua obbedienza a Dio e per essere il tramite del divino nella nascita di Cristo, modello di umiltà, purezza e intercessione, la dea Gaia, invece, nella mitologia greca si identifica con la Terra stessa, una divinità primordiale che rappresenta la forza creatrice e generatrice della natura.
E’ semplice verificare che Gaia non è legata ad alcuna storia di redenzione personale o a una relazione specifica con un dio incarnato, ma è piuttosto il principio cosmico che dà vita a tutte le cose, compresi gli dei. E’ adorata come un’entità immanente, la Madre Terra, associata alla fertilità, alla natura e ai cicli della vita.
Al contrario, la Madonna è venerata per la sua umanità trasfigurata dal divino, per l’essere mediatrice tra Dio e l’umanità e il culto mariano è intriso fin da subito di temi cristologici.
Dove sono i parallelismi tra le due figure? Sono l’una il contrario dell’altra.
3.2 Il figlio di Maria e i figli della dea Gaia (o Madre Terra)
Le differenze tra la Madonna e la da Gaia si amplificano considerando che figlio di Gaia (o Madre Terra), nella mitologia greca, è qualunque forma di vita, inclusi i titani, i giganti e altre creature straordinarie.
Tra i figli più celebri di Gaia ci sono i Titani, nati dall’unione con Urano (il cielo). Ad esempio Crono, il titano che detronizzò il padre per diventare re degli dei, e Rea, madre degli dei olimpici.
Inoltre, Gaia generò i Giganti, potenti e ribelli, che si scagliarono contro gli dei dell’Olimpo nella cosiddetta Gigantomachia. Gaia partorì anche i Ciclopi e gli Ecatonchiri, esseri dalle molte braccia e grande forza, spesso associati al caos primordiale.
Sono simboli di forze naturali potenti e distruttive, che spesso si ribellano contro l’ordine cosmico rappresentato dagli dei olimpici. Essi riflettono il mito greco del continuo scontro tra caos e ordine, forze primordiali ed equilibrio divino, con Gaia come la madre da cui tutto nasce, ma che non può controllare completamente la potenza della sua progenie.
3.3 L’iconografia della dea Gaia
Non esistono nemmeno connessioni dal punto di vista dell’iconografia.
Come spiega l’Enciclopedia Treccani, nell’arte antica Gaia fu rappresentata generalmente come una figura femminile emergente dal suolo, spesso a mezzo busto (già nell’arte greca del V° sec. a.C.).
Successivamente venne raffigurata sdraiata a terra, con una cornucopia (un vaso riempito di frutti e fiori) e una giovane mucca.
Quale sarebbe dunque il possibile comparativismo tra tutto questo è il cristianesimo? Quali sarebbero i collegamenti tra il culto della dea Madre Terra e la Vergine Maria, destinataria di venerazione soltanto per suo figlio, Gesù di Nazareth?
Al di là del comune epiteto “Madre”, né il culto, né l’iconografia, né la “biografia”, né i valori trasmessi sono in alcun modo comparabili.
—————————
4. CONCLUSIONE
Le teorie miticiste e comparativiste che tentano di accostare Maria di Nazareth a divinità pagane come Iside o la dea Gaia non reggono alla prova dei fatti.
Dopo aver mostrato la debolezza metodologica e il discredito accademico che colpiscono autori miticisti come Alexander Hislop e James Frazer, il dossier si è concentrato sul confronto iconografico tra la Madonna e Iside, dimostrando che le somiglianze delle immagini durante l’allattamento sono superficiali, rare e storicamente distanti nel tempo.
Le immagini incontestate di “Maria lactans” sono poche e successive (o, al massimo parallele) a tanti altri tipi di raffigurazioni mariane, appaiono secoli dopo le ultime raffigurazioni di “Iside lactans” e sono comunque limitate a contesti monastici egiziani, senza diffusione nel culto universale mariano.
Anche il paragone tra Maria e Gaia viene smontato, evidenziando differenze abissali di significato teologico, ruolo spirituale e iconografia.
Lo stesso pastore evangelico Ralph Woodrow, ex seguace del miticista Alexander Hislop, riconobbe che «ogni singolo cattolico romano che io abbia mai conosciuto, considera Maria come una donna dal carattere immacolato, una vergine, una che era totalmente dedicata a Dio e alla virtù. Nessuno di questi attributi si adatta ad alcuna dea pagana! Il suo stile di vita è esattamente l’opposto»35Woodrow R., The Babylon Connection?, Woodrow Evangelistic Association 1997 p. 35.
La venerazione di Maria di Nazareth non originò dal culto pagano di qualche dea primitiva, bensì dai primi cristiani che rifiutavano il paganesimo e non ne avrebbero mai adottato o incorporato il loro culto.

















0 commenti a La Vergine Maria non deriva dalla dea Iside, ecco le prove