La tradizione orale e scritta su Gesù precedente ai Vangeli
- Ultimissime
- 12 Lug 2025

Su quali fonti si basarono gli evangelisti? Un focus sui testi scritti prima dei Vangeli e sulla tradizione orale su Gesù, rispondendo alle obiezioni circa la sua inaffidabilità.
Cosa accadde tra la morte di Gesù di Nazareth e le prime fonti scritte?
Parliamo della tradizioni pre-evangeliche, cioè la trasmissione dei racconti su Gesù e dei suoi detti che i testimoni oculari tramandarono oralmente e per iscritto alle prime comunità cristiane.
Un tema già toccato su UCCR anche in passato, spiegando perché i quattro Vangeli sono considerati fonti indipendenti tra loro.
Le fonti scritte risalenti a prima della morte di Gesù
Innanzitutto c’è il tema delle fonti scritte antecedenti ai testi evangelici che, secondo il celebre biblista statunitense J.P. Meier, fu un materiale relativo a Gesù messo per iscritto addirittura «anche prima della sua morte»1J.P. Meier, Un ebreo marginale, Vol. 1, Queriniana 2006, p. 157.
Un dettaglio confermato dall’agnostico B.D. Ehrman (University of North Carolina), secondo cui «le storie su Gesù iniziarono a circolare in forma orale o scritta già quando era in vita e dopo la sua morte»2B.D. Ehrman, E Gesù diventò Dio, Nessun dogma 2017, p. 75, 76.
Un esempio famoso di questo tipo di materiale è quello di cui abbiamo già parlato: San Paolo mise per iscritto il nucleo sintetico della biografia di Gesù a 20 anni dalla sua morte, basandosi però su fonti antichissime.
Sempre B.D. Ehrman spiega infatti che «Paolo ha incontrato Cefa e Giacomo tre anni dopo la sua conversione, ricevendo le tradizioni che riportò nelle sue lettere, verso la metà degli anni Trenta, diciamo nel 35 o nel 36. Le tradizioni che ereditò erano, ovviamente, più vecchie e risalivano probabilmente a un paio d’anni circa dopo la morte di Gesù»3B.D. Ehrman, Did Jesus Exist?, HarperCollins Publishers 2012, p. 132.
Dopo le lettere di Paolo, a circa 40 anni dalla morte di Gesù, comparvero i vangeli il cui contenuto, scrive ancora Ehrman, «combacia perfettamente con gli scritti di Paolo»4B.D. Ehrman, Did Jesus Exist?, HarperCollins Publishers 2012, p. 132, 133.
Questa estrema coerenza è dovuta proprio all’ausilio di Paolo e degli evangelisti di fonti scritte (e orali) risalenti «quasi certamente alla Palestina romana degli anni Trenta del I secolo»5B.D. Ehrman, Did Jesus Exist?, HarperCollins Publishers 2012, p. 132, 133.
Per quanto riguarda le antiche fonti scritte, ci si riferisce in particolare alla cosiddetta fonte Q, una raccolta piuttosto ampia dei detti del Nazareno che fu usata da Matteo e Luca, ma non da Marco, alla fonte M -cioè il materiale usato in esclusiva da Matteo- e alla fonte L, quello esclusivo utilizzato da Luca (contenente ad esempio la parabola del buon samaritano, la visita di Maria a Elisabetta, ecc.).
E poi c’è la fonte indipendente da cui attinse Giovanni. Infatti, al di là di quello che si è sempre sostenuto in passato, «l’indipendenza di Giovanni dai sinottici è scontata e a volte è più attendibile storicamente» degli altri tre vangeli, riporta J.P. Meier6J.P. Meier, Un ebreo marginale, Vol. 2, Queriniana 2003, p. 900.
«Nel giro di poco più di una generazione dopo la morte di Gesù», commenta il celebre biblista americano, «tutti i dati e gli insegnamenti più importanti della sua vita erano fissati per iscritto»7J.P. Meier, Un ebreo marginale, Vol. 2, Queriniana 2003, p. 677.
La tradizione orale su Gesù prima dei vangeli
Focalizziamoci ora sulla tradizione orale riguardante Gesù.
Ci sembra superficialmente un tipo di conservazione della memoria piuttosto inaffidabile, in realtà all’epoca era il modo più comune e utilizzato per trasmettere la storia. Gli ebrei del tempo già praticavano l’arte della memoria, imparando lunghe preghiere e testi sacri, come lo Shema, insegnato fin da bambini.
Linguisti e specialisti della tradizione orale, come Birger Gerhardsson (Lund University) e Kenneth Bailey (Princeton University) hanno analizzato questo fenomeno8B. Gerhardsson, The Reliability of the Gospel Tradition, Peabody 2001 9K. Bailey, Jesus Through Middle Eastern Eyes, InterVarsity Press 2008, traendone parallelismi con modelli rabbinici o culture orali contemporanee.
La trasmissione orale su Gesù poteva avvenire sia in ambiti molto controllati – con una rigida preparazione mnemonica – che in contesti informali, come riunioni comunitarie, in cui la trama principale delle storie restava salda pur lasciando spazio a dettagli dinamici
Era culturalmente abituale la memorizzazione e la trasmissione era fedele, durante questo periodo le parole e i gesti di Gesù si rafforzarono infatti in un “patrimonio condiviso” che trovò sistemazione nei vangeli circa 40 anni dopo la sua morte.
I testimoni oculari dell'”evento Gesù” si riunivano assieme a coloro che incontravano divulgando la vita, le opere e i miracoli di Gesù. Queste storie vennero ripetute e ripresentate a memoria per diversi anni consolidando una struttura ben precisa del racconto nelle prime comunità.
Lo stesso Gesù enfatizzò più volte l’importanza di ricordare e trasmettere oralmente le sue parole, i casi sono moltissimi:
«Mettetevi bene in mente queste parole» (Luca 9,44);
«Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica…» (Mt 7,24);
«Andate dunque, e fate discepoli di tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro di osservare tutte le cose che io vi ho comandato» (Mt 28,19-20);
«Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Mc 13,31)
«Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi» (Gv 15,7).
E’ stato anche suggerito10M. Licona, Are the Gospels “Historically Reliable”? A Focused Comparison of Suetonius’s Life of Augustus and the Gospel of Mark, Religions 2019 che, al contrario dei sacerdoti di oggi che creano un’omelia nuova ogni giorno o settimana, Gesù potrebbe aver ripetuto una dozzina di discorsi innumerevoli volte, spesso utilizzando parabole facilmente ricordabili.
I suoi discepoli ascoltarono così varie volte gli stessi concetti che, pur radicalmente innovativi, si impressero nella memoria e continuarono ad insegnarli per decenni dopo la morte del Maestro.
Obiezione alla tradizione orale: inaffidabile
Non si trattò affatto di una creazione creativa di narrazioni e neanche di una mera ripetizione meccanica. Come spiega il celebre studioso James Dunn (University of Durham), esisteva infatti un controllo attivo sui contenuti da parte di figure centrali, radicate a Gerusalemme e in stretto contatto tra loro, che assicuravano la fedeltà alla realtà dei fatti.
D’altra parte lo stesso Paolo parla di informazioni “ricevute” e “trasmesse” (con parola greca paradosis) nei suoi scritti.
L’obiezione che le tradizioni orali potessero essere libere e scollegate tra loro, modellate di volta in volta per esigenze locali o teologiche, è stata messa in discussione da studiosi come Richard Bauckham11Jesus and the Eyewitnesses: The Gospels as Eyewitness Testimony, Grand Rapids 2017 e il già citato James Dunn12The Oral Gospel Tradition, Wm. B. Eerdmans Publishing Company 2013.
E il raccontare frequentemente una stessa storia a partire dall’evento tende ad affinare e non a diminuire la memoria. Come scrive Bauckham: «Il richiamo frequente è un fattore importante sia per conservare la memoria che per conservarla accuratamente»13R. Bauckham, Jesus and the Eyewitnesses: The Gospels as Eyewitness Testimony, Grand Rapids 2017.
La memoria di gruppo, cioè una narrazione condivisa, aiuta inoltre a mantenere stabili i nuclei narrativi, anche se alcune sfumature possono naturalmente modificarsi.
Il potere della memoria evocativa
Oltre a quanto già detto occorre segnalare recenti evidenze emerse dalla sociologia e dalla psicologia sulla cosiddetta memoria evocatica.
Studi cognitivi sull’affidabilità della memoria rivelano che eventi significativi, soprattutto quelli emotivamente intensi o comunitari, tendono a conservarsi nella memoria anche nel lungo periodo.
Un esempio classico è che tutti coloro che stanno leggendo questo articolo ricordano perfettamente cosa stavano facendo quando seppero dell’attacco terroristico al World Trade Center l’11 settembre 2001.
Nonostante siano passati più di 20 anni (quanti separano la morte di Gesù dal primo scritto di Paolo) e nonostante non fossimo lì presenti come testimoni oculari degli eventi -quindi con un minore coinvolgimento emotivo-, ricordiamo esattamente cosa accadde attorno a noi quel giorno.
Questo dev’essere accaduto ai discepoli che per 1 o 2 anni vissero giorno e notte con il Maestro, assistendo alla sua vita eccezionale che li travolse a tal punto che abbandonarono le rispettive famiglie per seguirlo.
Lo si intuisce dal fatto che i testi evangelici risultano sommari su molti eventi ma includono dettagli precisi totalmente irrilevanti, un esempio tipico è l’annotazione del quarto evangelista sull’orario in cui Andrea e Giovanni, incontrarono Gesù per la prima volta: «Erano circa le quattro del pomeriggio» (Gv 1,39).
Ecco come il biblista Richard Bauckham spiega tutto questo:
«I testimoni oculari ricordavano eventi della vita di Gesù che erano intrinsecamente memorabili: episodi insoliti, capaci di imprimersi nella memoria, di grande importanza per chi li aveva vissuti, spesso veri e propri momenti di svolta che avevano cambiato la loro vita. Non era necessario che ricordassero dettagli marginali della scena o dell’evento – che, secondo la psicologia, sono meno affidabili nella memoria evocativa e che infatti i Vangeli riportano raramente – bensì gli elementi centrali, quelli che per i testimoni avevano un significato profondo e che sono stati tramandati in modo attendibile. Possiamo quindi concludere che i ricordi dei testimoni oculari della storia di Gesù soddisfano in modo elevato i criteri di attendibilità riconosciuti dallo studio psicologico della memoria evocativa»14R. Bauckham, Jesus and the Eyewitnesses: The Gospels as Eyewitness Testimony, Grand Rapids 2017.
Ecco che la primitiva narrazione cristiana emerse da un intreccio di memoria evocativa, cornice comunitaria, tradizione orale formalizzata e, parallelamente, detti e testi scritti anche prima della morte di Gesù.
Una tradizione coscienziosa, con meccanismi consapevoli di trasmissione orale e scritta sottoposta a verifica da parte della comunità di Gerusalemme.











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