La cattedrale di Canterbury coperta da graffiti woke
- Ultimissime
- 12 Ott 2025

Graffiti adesivi su muri e colonne della cattedrale di Canterbury. Un problema di decoro e di ironia su Dio con domande provocatorie, tipiche da social network. L’autore è un artista “vegano queer”.
La cattedrale di Canterbury coperta di graffiti come fosse un muro di periferia.
Dopo quasi 1500 anni di storia, la chiesa fondata nel 597 d.C. da sant’Agostino di Canterbury, inviato da papa Gregorio Magno per evangelizzare l’Inghilterra, viene deturpata da una mostra piuttosto controversa.
Perché i graffiti sulla cattedrale di Canterbury?
Si parla impropriamente di “graffiti” ma si tratta di adesivi appiccati ai muri e alle colonne della cattedrale madre dell’anglicanesimo, per l’installazione denominata Hear Us (“Ascoltaci”), recanti domande rivolte a Dio.
L’obiettivo sarebbe quello di dare voce a comunità emarginate, come i gruppi punjabi, quelli della diaspora nera e ispanica, i neurodivergenti e i gruppi LGBTQIA+, lasciando che si esprimano con interrogativi non convenzionali per stimolare un dialogo “crudo” e non filtrato.
La vicenda è diventata nota in quanto è stata presa di mira addirittura dal vicepresidente statunitense J.D. Vance e da Elon Musk, che hanno dato alla mostra una visibilità internazionale.
Entrambi hanno convogliato migliaia di critiche concentrate sul fatto che, nel nome dell’inclusione tipicamente woke, si stia desacralizzando un edificio storico.
I graffiti che ironizzano su Dio
In realtà l’intento degli organizzatori avrebbe anche un significato interessante anche se certamente il risultato è di cattivo gusto.
Ma quel che sottolineiamo è che le domande poste dagli autori non hanno alcuna profondità, nessuna obiezione pensata. Sono frasi superficiali, sfoghi buttati lì, invettive che spesso si prendono gioco di Dio.
“Ci sei o no?”, si legge su uno degli scarabocchi. Oppure: “Perché hai creato odio quando l’amore è di gran lunga più potente?”. E ancora: “Non ti penti mai della tua creazione?”. “La malattia gay è peccato?”, chiede provocatoriamente un altro messaggio.
Non stupisce che il responsabile della mostra sia Alex Vellis , un poeta che si identifica come “vegano queer” e chiede di essere identificato con pronomi neutrali per non violare la sua auto-identificazione di genere.
“Putrefazione spirituale”
E’ inevitabile che gran parte dei commenti parlino della “putrefazione spirituale” del Regno Unito. Qualcuno scrive che la mostra «è paragonabile alle cose più stupide che abbia mai sentito».
A loro si sono aggiunte voci critiche del mondo religioso, come quella del reverendo Gavin Ashenden (ex cappellano della defunta regina Elisabetta II convertitosi al cattolicesimo), che ha parlato di «dissonanza estetica che non credo aiuti la ricerca di Dio».
I responsabili della cattedrale di Canterbury, sede dell’arcivescovo e primate della Comunione anglicana mondiale, hanno invece difeso l’installazione, spiegando che essa non lascia traccia permanente e intende dare spazio all’ascolto delle domande contemporanee, specie di chi si sente escluso dai linguaggi ecclesiali convenzionali.
Perché è una mostra fuori luogo
Come già abbiamo detto però, non si tratta soltanto di una questione estetica o di decoro — sebbene vedere le colonne di una chiesa millenaria ricoperte da scritte adesive sia di per sé un gesto discutibile — ma di un problema spirituale e culturale.
La sacralità dello spazio, che per secoli ha parlato attraverso la bellezza, viene sostituita da un linguaggio provocatorio e infantile, che scambia la banalità per autenticità. Una cattedrale non è un muro di periferia su cui scarabocchiare qualunque cosa passi per la testa: è un luogo dove l’uomo si misura seriamente con il Mistero.
La sgradevole sensazione è la stessa di quando si vede un goffo e anziano insegnante che cerca di rappare per accalappiare l’attenzione dei giovani. Si può ascoltare la sofferenza e la diversità degli emarginati affidando il progetto a persone serie che non riducano le domande alla retorica banale tipica da social network.
L’episodio arriva tra l’altro una settimana dopo l’elezione di Sarah Mullally come prima “arcivescova” di Canterbury, che ha spinto alcuni membri della Comunione anglicana a condannare la Chiesa d’Inghilterra come abbandonata all’apostasia.














2 commenti a La cattedrale di Canterbury coperta da graffiti woke
Non dubito che più di un cattolico auspicherebbe qualcosa del genere, segni dei tempi. Speriamo che lo Spirito aiuti la nostra gerarchia a tenere la barra dritta.
Per quanto riguarda gli anglicani, io continuo a domandarmi che senso abbia, oggi, un’istituzione creata da un dittatorello per la sola ragione di avere una chiesa non domestica, ma addomesticata.
E chissà perché i graffiti non sono andati a metterli in una moschea. Con tutte quelle che ci sono in Inghilterra, non avrebbero avuto problemi a sceglierne una. Oppure sì?