San Paolo è un problema per chi nega la cristologia dall’alto

cristologia dall'alto

Recensione al nuovo libro sulla cristologia dall’alto. Le lettere di Paolo smentiscono che la divinità di Gesù fu una graduale elaborazione delle comunità cristiane.


 

Paolo di Tarso è un grande problema per chi crede che la divinità di Gesù sia un’elaborazione tardiva.

Nel dibattito accademico sul Gesù storico infatti, alcuni sostengono che l’idea di Gesù come essere divino sarebbe emersa gradualmente dopo la sua morte. Tra i massimi sostenitori c’è Bart D. Ehrman, famoso docente dell’Università del North Carolina.

Come abbiamo già visto, Ehrman ripropone l’ipotesi formulata da Adolf von Harnack e Wilhelm Bousset: Gesù non era concepito come Dio in origine, ma venne divinizzato gradualmente dalle comunità cristiane influenzate dagli ambienti pagani.

Nella nostra dettagliata recensione al suo “E Gesù diventò Dio” (Nessun Dogma 2017) spiegavamo che questa impostazione si chiama “cristologia dal basso”, opposta alla ben più consolidata e condivisa “cristologia dall’alto”, per la quale i primi cristiani guardarono subito a Gesù come Dio, anche prima della sua morte.

 

Cristologia dall’alto, un nuovo libro

In questo dibattito, i testi scritti da Paolo di Tarso -antecedenti ai Vangeli stessi- risultano un ottimo alleato agli studiosi che difendono la “cristologia dall’alto” e ciò emerge anche dall’imbarazzo con cui lo stesso B.D. Ehrman tratta le sue lettere, costretto ad una giostra di omissioni.

Esattamente un anno fa, tre studiosi del Nuovo Testamento hanno pubblicato un ottimo libro, “The Divine Christology of the Apostle Paul: Retrospect and Prospect” (IVP Academic 2024) di cui val la pena parlare. Si tratta di Chris Bruno (Oahu Theological Seminary), John J. R. Lee (Midwestern Baptist Theological Seminary) e Thomas R. Schreiner (Southern Baptist Theological Seminary).

Nella prima parte del volume vengono ripercorse criticamente le proposte moderne e si offre un’interpretazione coerente dei passi paolini che mostrano come Paolo veda Gesù non come semplice creatura elevata, ma come agente divino preesistente, figura che condivide la signoria e partecipa dell’identità stessa di Dio.

Nel farlo richiamano i lavori del cosiddetto “Early High Christology Club” (EHCC), un gruppo di studiosi specializzati sull’origine della natura divina di Gesù Cristo, formato tra gli altri da Martin Hengel, Larry Hurtado, Richard Bauckham, Chris Tilling e NT Wright.

 

San Paolo e l’immediata divinità di Gesù

La seconda parte del loro studio si concentra invece sull’esegesi: nelle sue lettere, Paolo descrive Gesù come:

  • “Un solo Signore” di Israele (1 Cor 8,4-6; Rom 10,9);
  • L’incarnazione di Dio, che si è umiliato attraverso la sua incarnazione (Fil 2,6-11; Rom 9,4-5);
  • Il governatore e sovrano della creazione e della nuova creazione (Col 1,15-20; 1 Tess 3,11-13; 2Cor 5,10-11);

Di conseguenza, al Signore Gesù, secondo Paolo, spetta l’adorazione che è riservata solo al Dio di Israele. In queste affermazioni si coglie quanto già nei primissimi anni dopo la sua morte, Gesù fosse considerato partecipe dell’essenza divina ed è esattamente ciò che si definisce “cristologia dall’alto”.

Nei testi paolini, scrivono gli studiosi, «Gesù era il centro della vita e del ministero dell’apostolo e il destinatario della sua devozione incondizionata (ad esempio, 1 Cor 2,2)»1C. Bruno, J.R. Lee, T.R. Schreiner, The Divine Christology of the Apostle Paul: Retrospect and Prospect, IVP Academic 2024 pp. 1,2. Qualcosa di incredibile per la sua rigida fede ebraica monoteistica, tanto che fino al giorno prima della conversione era disposto alla violenza contro il minaccioso culto dei primi cristiani.

Eppure, improvvisamente, vide Gesù come il compimento della Torah (Romani 10,4). Gli autori del libro sviluppano proprio le tracce che mostrano come «il monoteismo ebraico e la divinità di Cristo andarono di pari passo»2C. Bruno, J.R. Lee, T.R. Schreiner, The Divine Christology of the Apostle Paul: Retrospect and Prospect, IVP Academic 2024 pp. 1,2.

 

Larry Hurtado e la cristologia dall’alto

Tra tutti gli studiosi che si occupano della cristologia di Gesù (di cui B.D. Ehrman non è uno specialista), è imprescindibile fare riferimento a Larry Hurtado, compianto e celebre studioso dell’Università di Edimburgo.

Da una parte Hurtado ha reso obsolete e irricevibili le tesi del teologo protestante Wilhelm Bousset, che collocava l’emergere della devozione al Cristo divino nel contesto ellenistico, dall’altra ha ulteriormente sviluppato gli studi di Martin Hengel e Richard Bauckham sulla cristologia antica nel contesto ebraico.

Lo stesso Hurtado, prima della morte, ebbe modo di confutare anche l’opera di B.D. Ehrman rilevando che «attinge ampiamente al lavoro di altri studiosi (incluso me), con encomiabile riconoscimento. Tuttavia, sfortunatamente, su diverse questioni sembra basarsi su opinioni ormai screditate, e semplifica eccessivamente o fraintende le cose»3L. Hurtado, How Jesus became “God” per Ehrman, 29/05/2014.

 

San Paolo, la cristologia sviluppatasi in un anno

Concentrandosi specificatamente sulle lettere di San Paolo (scritte tra il 50 e il 60 d.C.), Hurtado spiega che «il comune giudizio degli studiosi è che esse preservano le testimonianze delle credenze su Gesù professate nei primissimi anni»4L. Hurtado, Honoring the Son. Jesus in Earliest Christian Devotional Practice, Lexham Press 2018, p. 18 e sono «ampiamente rappresentative del movimento cristiano primitivo»5L. Hurtado, Honoring the Son. Jesus in Earliest Christian Devotional Practice, Lexham Press 2018, p. 41.

Da esse, prosegue Hurtado, emerge che il «trattamento di Gesù come il “Signore del culto” degno del tipo di venerazione riservata solo a Dio, è stato sorprendentemente precoce ed esplosivamente rapido, non un processo incrementale»6L. Hurtado, Honoring the Son. Jesus in Earliest Christian Devotional Practice, Lexham Press 2018, p. 18.

Gesù non era adorato come una seconda divinità o separatamente da Dio Padre, spiega lo specialista, si trattava piuttosto di «un modello di adorazione di tipo “diadico”, in cui Gesù risorto è incluso unicamente insieme a Dio come destinatario di una riverenza che può essere intesa solo come adorazione»7L. Hurtado, Honoring the Son. Jesus in Earliest Christian Devotional Practice, Lexham Press 2018, p. 20.

Per questo Hurtado si unisce alla memorabile affermazione di Martin Hengel sullo sviluppo cristologico riflesso in questi e altri passaggi, che deve essere collocato in un arco di circa diciotto anni al massimo, il tempo trascorso tra la crocifissione di Gesù e le prime lettere di Paolo.

Anzi, aggiunge, «lo sviluppo cristologico più cruciale probabilmente si è verificato nei pochissimi anni (forse anche solo un anno) tra l’esecuzione di Gesù e l’esperienza di Paolo sulla via di Damasco (comunemente datata tra il 30 e il 35 d.C.)»8L. Hurtado, Honoring the Son. Jesus in Earliest Christian Devotional Practice, Lexham Press 2018, p. 39.

E, naturalmente, «l’impressione che dà nelle sue lettere (ad esempio, 1 Cor 15,1–7) è che lui e la chiesa di Gerusalemme fossero essenzialmente uniti in queste questioni, senza mostrare differenze nelle credenze cristologiche»9L. Hurtado, Honoring the Son. Jesus in Earliest Christian Devotional Practice, Lexham Press 2018, p. 40.

 

Chi vuole relegare la divinità di Gesù a un’invenzione tardiva, quindi, non può che inciampare sulle lettere di Paolo, il testimone più scomodo e più antico della fede cristiana.

Autore

La Redazione

4 commenti a San Paolo è un problema per chi nega la cristologia dall’alto

  • E.D. ha detto:

    Studio e insegno cristianesimo antico da una vita e vi ringrazio cari ragazzi per il coraggio di portare tematiche così complesse a livello divulgativo, in maniera accurata, sintetica e comunque fresca. Non credo ci sia nulla di paragonabile in giro.

    • Paolo Giosuè ha risposto a E.D.:

      Condivido. Questo blog è capace di rispondere alla sfida immane che il pensiero unico dominante offre per demolire la fede e la ragione. Forse l’unico avversario ora rimane il fatto che ci troviamo in un contesto post illuminista, che non ha nessun interesse per il bello, il vero, il buono, dato che ha assunto le categorie esclusivamente volontaristiche per plasmare di fatto e di diritto la società.

  • Jacopo ha detto:

    Solo un appunto: che i Vangeli (quanto meno Marco, ma probabilmente anche Matteo) siano successivi e non anteriori (o contemporanei) alle lettere di San Paolo, è affermazione su cui (ormai) ci sarebbero solidi elementi per dubitare (cfr. per es. il papiro 7Q5 e gli studi di Carsten Peter Thiede sul Papiro Magdalen e quelli di Jean Carmignac sul testo ebraico dei Vangeli).