Padre Pio, il Concilio e la Messa in latino: un modello per tutti
- Ultimissime
- 31 Ago 2025

Cosa pensava Padre Pio della Messa in latino e del Concilio Vaticano II? Un’indagine rivela l’accettazione delle riforme conciliari e la celebrazione in latino per problemi di vista.
Padre Pio si oppose al Concilio Vaticano II e alla Messa in latino?
E’ questo che si sente talvolta ripetere da coloro che bollano come “modernista” chiunque accetti le riforme introdotte dal Concilio, elogiando chi le rifiuta come unico custode dell’ortodossia.
Reazioni spropositate ad altri esponenti che invece condannano come “retrogradi” coloro che legittimamente denunciano un impoverimento liturgico o si battono per la salvaguardia della Messa in latino.
Su questi temi, tra l’altro, ha riflettuto recentemente don Mario Proietti, instaurando anche un interessante e cortese scambio di opinioni con Corrado Gnerre, giornalista e apologeta vicino al mondo tradizionalista.
Un bell’esempio di dialogo costruttivo che dovrebbe proseguire.
Padre Pio e la Messa in latino
Tornando alle tensioni sulla liturgia nel mondo cattolico e alla necessità di un maggior equilibrio, presentiamo come contributo la figura di Padre Pio, uno dei santi più venerati della Chiesa cattolica.
Se n’è parlato in un’inchiesta realizzata alcuni anni fa dal vaticanista Luigi Accattoli e da due autorevoli testimoni.
Si tratta di Stefano Campanella, direttore di Padre Pio Tv e responsabile dell’Ufficio Stampa della Provincia religiosa di Sant’Angelo e Padre Pio dei Frati Minori Cappuccini e fra Luciano Lotti, custode dell’Archivio di Padre Pio e fin dall’infanzia a contatto con Padre Pio, di cui fu uno dei ministranti che servirono Messa all’ultima celebrazione presieduta dal santo, il 22 settembre 1968.
Fra Luciano, tra l’altro, è figlio di Francesco Lotti, uno dei più stretti collaboratori di Padre Pio.
La documentazione storica da loro raccolta smentisce una voce infondata e circolata sul web, secondo la quale Padre Pio avrebbe rifiutato il nuovo messale, continuando a celebrare solo in rito latino.
Si dice, infatti, che il frate avrebbe scritto a Paolo VI chiedendo di essere dispensato dalle nuove norme liturgiche, esprimendo al card. Antonio Bacci la sua contrarietà.
Ma le carte mostrano un’altra verità: Padre Pio chiese una dispensa solo nel febbraio 1965, ben dopo l’introduzione di alcune parti della Messa in italiano.
Il motivo, come emerge dalla lettera1allegata alla Positio della causa, vol. III/1, p. 753 scritta dal guardiano del convento, padre Carmelo da San Giovanni in Galdo, al card. Ottaviani, fu la debole vista del frate 78enne e la sua fatica nel leggere i nuovi testi. Al contrario, si legge, Padre Pio conosceva perfettamente a memoria il latino.
La lettera di risposta di approvazione del card. Ottaviani arrivò il 20 febbraio 19652allegata alla Positio della causa, vol. III/1, p. 754.
La richiesta era quindi motivata unicamente da ragioni pratiche e di salute, non da opposizioni di tipo ideologico. Non fu tra l’altro un caso isolato: già nel 1961 Padre Pio ottenne di sostituire la recita del breviario con quella del rosario, sempre per problemi di vista.
Padre Pio celebrava anche con il novus ordo
Per i più scettici al fatto che il santo di Pietrelcina accogliesse le innovazioni conciliari, è sufficiente guardare video e fotografie in cui Padre Pio celebra rivolto al popolo e ascoltare le letture in italiano durante la liturgia da lui presieduta.

Tra le altre, lo documenta chiaramente l’ultima Messa da lui officiata il giorno prima della morte.
Molto significativo il fatto che nell’ultima lettera inviata da Padre Pio a Paolo VI, a sostegno dell’enciclica Humanae vitae, il frate ribadì l’amore, la fedeltà e l’obbedienza alla Sede Apostolica, auspicando che l’Ordine cappuccino continuasse nella sua tradizione «secondo le direttive del Concilio Vaticano II»3Padre Pio, Epistolario IV, p. 12 e 13.
“Adesso senti, vedi e capisci”
A questo si aggiunge una testimonianza di Fr. Donato Ramolo, frate minore cappuccino della Provincia di Sant’Angelo e molto vicino al santo di Pietrelcina.
Gli capitò casualmente di assistere alla confessione dei peccati di Padre Pio a un uomo molto sordo, il quale parlò male ad alta voce del Papa e dei cambiamenti avvenuti dopo il Concilio, della messa in italiano, dell’altare rivolto al popolo ecc.
Padre Pio, racconta frate Ramolo, lo lasciò finire e, con voce affettuosa e in dialetto napoletano, rispose: «Zi’ zi’, se tu fossi papa che facissi neh? Tu conosci il latino?». «No, padre», la risposta.
«E, allora, quando andavi a Messa, non capendo niente, che pensavi alle pecore? Adesso senti bene la Parola di Dio e la capisci! Prima, con il prete che celebrava con la faccia al muro, non vedevi cosa stesse facendo. Adesso vedi e capisci. Figlio mio, ricorda che tutto ciò che avviene sull’altare è avvenuto sul calvario».
Ritrovare l’equilibrio sulla liturgia
Un simile episodio, unito alla documentazione storica, restituisce l’immagine di un Padre Pio lontano dalle contrapposizioni liturgiche che ancora oggi dividono -almeno sui social- il mondo cattolico (nella realtà, secondo gli ultimi dati, solo il 3% degli americani partecipa alla Messa in latino, mentre l’87% non ha mai partecipato).
Il frate di Pietrelcina non rigettò le riforme del Concilio Vaticano II, né si fece promotore di battaglie contro di esse: le accolse ma, allo stesso tempo, celebrò anche tramite vetus ordo e chiese legittimamente la dispensa per la Messa in latino per motivi di salute.
In questo modo mostrò che le due forme liturgiche possono coesistere senza contraddizione, a patto di essere vissute rispettando la forma “ordinaria” e “straordinaria” con spirito di fede e obbedienza alla Chiesa.
Pensiamo che la testimonianza di Padre Pio sia un invito a superare gli steccati, riscoprendo che l’unità ecclesiale si fonda non su preferenze di rito, ma sull’amore per Cristo e sulla fedeltà al suo Vangelo.

















7 commenti a Padre Pio, il Concilio e la Messa in latino: un modello per tutti
Ho letto già in giro la prima obiezione all’articolo e la riposto qui: “Ma per favore. Padre Pio non aveva nulla a che vedere con quello che sta diventando la Chiesa oggi. Non avrebbe mai accettato il dialogo interrelugioso sincretistico, i vescovi e cardinali pro LGBT, Amoris Laettitia, Fiducia Supplicans, nonché l’idea che anche le altre religioni conducano a Dio.”
Mi chiedo come si possa rispondere così! A parte il fatto che il focus è solo sul CVII e sul rito antico, ovviamente l’ostilità verso le riforme conciliari è precedente a Papa Francesco quindi che senso ha un commento del genere??
Oltretutto quando si comincia a dire “Padre Pio non avrebbe mai accettato…” si chiama processo alle intenzioni, un tipico modo di procedere abusato da Andrea Cionci per far dire a Benedetto XVI qualunque scemenza.
Ciao, sei per caso il Panthom che scriveva su cattoliciromani.com, prima che il suo amministratore cancellasse tutto e alcuni dei moderatori di allora ricreassero un forum simile nella piattaforma per forum gratuiti forumfree?
Ciao conoscevo cattoliciromani ma non credo di aver mai scritto sul forum, forse l’ho visitato un paio di volte. Perché hanno cancellato tutto?
Non lo so. Ha cancellato senza preavvisi lʼamministratore. Grazie per la risposta!
Un bell’articolo, l’assenza di commenti critici immagino sia un segnale importante che non ci sia molto e modo di replicare.
Spett.le UCCR,
innanzitutto grazie dell’articolo.
A mio avviso sarebbe opportuno aggiungere la menzione dei seguenti elementi, ai fini di avere un quadro ancor più preciso:
1) il Novus Orso Missae viene promulgato nel ’69, mentre S. Pio muore nel ’68: ha visto e recepito le prime riforme liturgiche, ma non è vissuto abbastanza per vedere l’introduzione del nuovo rito completo e del nuovo messale, quindi è forse un’operazione azzardata tirarlo in ballo per avere da lui un giudizio su qualcosa che per motivi anagrafici non ha potuto neanche fisicamente vedere (almeno in parte);
2) per quanto mi è parso di capire, per il periodo degli anni ’60 è difficile parlare di tradizionalismo come inteso oggi: basti pensare, per fare solo un esempio, che il Messale romano del ’65 (il primo a recepire le istanze del Vaticano II in materia liturgica) fu accolto anche da Mons. Lefebvre.
Morale della favola: la mia impressione è che, più che partigiano di una parte o dell’altra, S. Pio da Pietrelcina dovrebbe essere considerato come esterno/estraneo a una questione (il tradizionalismo COME OGGI inteso) che, fino a quando è vissuto, non si poneva (e che è esplosa più negli anni ’70, cioè dopo la morte del santo).
E’ solo parzialmente vero quello che dici secondo me.
Ti invito infatti a concentrarti sulla testimonianza di frate Donato Ramolo descritta nell’articolo in cui emerge che le stesse contrapposizioni di oggi erano già presenti allora (la Messa in italiano, il prete rivolto al popolo ecc.), e già allora c’erano critiche sprezzanti al Papa. E lo stesso Padre Pio le respinse come è spiegato.
Quindi mi sento di dire che sì, Padre Pio visse le stesse polemiche sulle principali questioni del tradizionalismo di oggi e non fu affatto estraneo a queste vicende. Poi hai ragione a dire che allora non c’era il “tradizionalismo” che c’è adesso.