Il liberalismo tra successi e fallimenti: due giuristi a confronto
- Ultimissime
- 27 Ago 2025

Due visioni opposte ma entrambe sostenute da valide ragioni: apprezzabile il confronto sul liberalismo tra Patrick Deneen e Joseph Weiler andato in scena al Meeting di Rimini. Ecco una sintesi.
Cos’è il liberalismo, perché è in crisi e quali sono gli aspetti positivi e quelli negativi.
Di questo si è parlato venerdì scorso al Meeting di Rimini 2025, evento che stiamo seguendo con interesse, nell’incontro “Il mondo dopo il liberalismo”, moderato dal giornalista Mattia Ferraresi.
I due interlocutori sono stati Patrick Deneen, professore di scienze politiche alla Notre Dame University e Joseph Weiler, professore di diritto alla New York University.
La definizione di liberalismo è già essa stessa controversa, in termini classici è quella di una concezione politica e sociale che pone al centro l’individuo e la sua libertà di scelta. Tutto bene, peccato che non sia affatto solo un sistema politico o economico, ma una vera concezione della persona, della società e dello Stato.
Deneen: il liberalismo è in crisi perché ha avuto successo
Deneen è stato il primo a intervenire, fortemente critico verso il liberalismo e illustrandone una definizione come un «cambiamento per cui ogni aspetto della nostra vita è definito non più dall’eredità, ma dalle scelte individuali».
Questo movimento ha creato dei vantaggi indubbi ma anche dei costi, tra cui l’indebolimento di alcune istituzioni che un tempo erano fonti della nostra eredità: la famiglia, la Chiesa, la comunità e la nazione.
Se la libertà di scelta degli individui deve essere predominante, afferma lo studioso, allora le guerre dimostrano proprio la debolezza del liberalismo «e di qualsiasi sua possibilità di imporre la propria volontà ovunque». Il discorso di Deneen spazia fino alla assoluta libertà dei costumi sessuali, dove ciò che conta è la scelta e non più la natura.
Così, aggiunge, «il vero liberalismo mina e alla fin fine attacca frontalmente tutte le forme tradizionali che sono contrarie al liberalismo e che sono viste come limitazioni arbitrarie, la nazione, la famiglia, tutta una serie di limitazioni del mondo globalizzato». Se parliamo di crisi del liberalismo è perché ha avuto successo nel raggiungere i propri ideali e quindi, proprio per questo, ha distrutto le istituzioni pre-liberali, generando crisi economiche, disuguaglianze sociali e instabilità morale.
Per superare questa crisi, il docente propone un approccio post-liberale: non nostalgico, ma volto a ricostruire istituzioni e prassi essenziali per il fiorire umano in un contesto moderno, promuovendo la famiglia, la comunità e la fede senza rinunciare alla libertà individuale. E, soprattutto, rifiutando il liberalismo a livello antropologico.
Weiler: il problema è il secolarismo, non il liberalismo
A questa visione ha risposto il giurista ebreo Joseph Weiler, celebre per aver difeso il crocifisso nelle aule scolastiche italiane presso la Corte europea dei diritti dell’uomo.
Weiler ha condiviso le osservazioni di Deneen (in particolare l’enfasi esagerata sui diritti e la mancanza della cognizione dei doveri), ma ha operato delle distinzioni, innanzitutto tra il liberalismo come premessa organizzativa dello Stato, come una democrazia liberale, e il liberalismo come credo individuo o di un gruppo di persone.
«Se la democrazia è liberale ed è piena di difetti», ha spiegato il giurista, «non dobbiamo però buttare il bambino con l’acqua sporca».
Difendendo la democrazia liberale, Weiler ritiene che la causa principale della crisi sociale non sia dovuta al liberalismo, ma alla secolarizzazione, che ha progressivamente soppiantato la religione come matrice culturale e morale.
«In Europa ci sono due principali religioni», spiega. «Una religione maggioritaria e una religione minoritaria. La religione maggioritaria è il secolarismo. La religione minoritaria è il cristianesimo. E il secolarismo è trattato come religione da parte dello Stato».
Pur essendo ebreo, Weiler ha osservato che la Dignitatis Hamanae è arrivata laddove «ebrei e i musulmani non sono arrivati», cioè che «forzare la religione di una persona non è in contraddizione con un principio liberale, è in contraddizione con la volontà del Dio. Per Ratzinger la vera religione può soltanto svilupparsi ed esistere in condizione di libertà, politica e individuale».
Liberalismo, mantenerlo o affondarlo?
Per entrambi gli interlocutori, quindi, il liberalismo ha portato libertà e opportunità senza precedenti, ma ha anche generato fragilità sociali, crisi culturali e morali.
Mentre Weiler è convinto che la democrazia liberale e il liberalismo vadano mantenute e la rinascita dipenda dall’accettare, come singoli, la sfida del secolarismo (curioso che, da ebreo, parli di “re-evangelizzare” l’Europa e si preoccupi per la scarsa frequenza alla Messa), per Deneen non si può rinunciare dal mettere in discussione gli stessi principi del liberalismo.
Entrambe prospettive articolate e stimolanti, su un tema non certo facile.

















1 commenti a Il liberalismo tra successi e fallimenti: due giuristi a confronto
Le riflessioni di Zamagni possono aiutare a inquadrare il dibattito Weiler-Deneen in una prospettiva più ampia. Se si vuole criticare il secolarismo (Weiler) o il liberalismo (Deneen), la sfida più profonda è quella che Zamagni chiama la seconda secolarizzazione: non più etsi Deus non daretur, ma etsi communitas non daretur. La logica del “voglio, dunque sono” dissolve i corpi intermedi da cui dipende la democrazia, riducendo la società a individui isolati e mercati impersonali.
Per questo la proposta cattolica non può essere semplicemente “liberale” o “statalista”, ma deve recuperare il paradigma dell’economia civile: un ordine tripolare di Stato, Mercato e Comunità, orientato al bene comune e alla prosperità inclusiva. La vera scelta oggi non è meramente politica, ma antropologica: tra neoumanesimo e transumanesimo, tra uno sviluppo incentrato sull’uomo o una post-umanità tecnocratica che mina le fondamenta stesse della nostra fede.