La Polonia resta leader in Europa per le vocazioni religiose

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Una fede popolare ben radicata ma anche legata alla Chiesa, è forse questo il segreto? La Polonia guida l’Europa come numero di vocazioni, un piccolo focus anche sulla situazione politica.


 

La Polonia rimane leader europea delle vocazioni sacerdotali cattoliche.

Nel 2025, infatti, il Paese conta 206 nuovi sacerdoti ordinati, tra cui 141 per il sacerdozio diocesano e 67 legati a ordini religiosi. E’ il numero più alto in Europa.

Nonostante vi sia anche lì una leggera flessione (153 ordinazioni nel 2024 contro 141 nel 2025), la Polonia mantiene una stabilità invidiabile rispetto a tutti gli altri Paesi europei, risultato di una forte e ben radicata identità cattolica.

 

La politica in Polonia, non proprio un monolite

Amiamo da sempre privilegiare i dati oggettivi alle opinioni e consideriamo questo un messaggio chiaro per tanti cattolici che guardano con supponenza alle forme popolari di fede, come quelle polacche, considerate troppo “tradizionali”.

Non ci si lamenti però della crisi vocazionale che da anni investe il nostro continente, spingendolo a essere sempre più terra di missione da parte di sacerdoti di altri continenti.

Oltretutto, come in altri Paesi, anche in Polonia si vivono le identiche tensioni politiche tra “destra” e “sinistra” e, le stesse, coinvolgono gli esponenti ecclesiastici locali. Si fatica a vedere questo “monolite conservatore” che alcuni riferiscono.

Per usare le etichette mediatiche, al momento alla guida del paese polacco convive l’identità “filo-europeista” del primo ministro Donald Tusk con quella “ultra-conservatrice” del neo-presidente Karol Nawrock.

All’interno della Chiesa, invece, recentemente il card. Grzegorz Rys di Lodz è intervenuto richiamando a una “conversione di linguaggio” dopo che due vescovi in ​​pensione avevano suscitato indignazione con dichiarazioni sulla politica migratoria e di frontiera.

Le stesse dinamiche quindi di tanti altri Stati, Italia compresa.

 

La vitalità cattolica della Polonia: il caso di Tarnów

Concentrandoci invece sulla vitalità di fede in Polonia, essa si dimostra anche da altri dati oltre a quelli sulle vocazioni.

Nel censimento del 2021, il 71,4% della popolazione si identificava come cattolica romana e -al netto di un calo rispetto al passato- anche l’osservanza sacramentale resiste con il 30% dei cattolici che partecipano settimanalmente alla Messa e si accosta ai sacramenti, come la confessione.

All’interno di questo quadro, la diocesi di Tarnów si distingue come vera eccellenza.

Con 13 nuovi sacerdoti ordinati nel 2025, guida la classifica nazionale del numero di vocazioni.

Una forza che affonda le radici nella storia: un tempo parte della Galizia austriaca, oggi Tarnów conserva una forte spiritualità e un legame con il proprio vescovo.

Una figura chiave in questo processo fu l’arcivescovo Leon Walęga (1901–1931) che, grazie alla devozione mariana a Nostra Signora di Tuchów e il coinvolgimento dei redentoristi, avviò una tradizione che ancora oggi ispira la vocazione sacerdotale.

Il pellegrinaggio annuale a Tuchów, frequentato anche da moltissimi religiosi per contrastare quella che è stata definita “accidia sacerdotale”, conferma il forte legame della diocesi con il territorio.

La diocesi di Tarnów rappresenta da tempo anche uno sbocco missionario, con sacerdoti partiti per servire in Europa occidentale, negli Stati Uniti e in territori di missione.

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Checche se ne dica, quanto accade in Polonia è un modello di speranza per la vecchia Europa.

Una comunità che riesce a generare nuove vocazioni grazie a una fede vissuta, una cultura religiosa radicata e una esperienza ecclesiale legata al popolo.

Autore

La Redazione

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