Cari preti influencer, grazie ma occhio alla vanità

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Il crescente fenomeno dei preti influencer. Una grande opportunità per la Chiesa di cui essere grati, ma anche un enorme rischio di personalismi, vanità e messaggi fuorvianti.


 

E’ un fenomeno in crescita quello dei sacerdoti che scelgono di farsi strada nel mondo dei social, da TikTok a Instagram, passando per YouTube.

I cosiddetti preti influencer (o missionari digitali, come preferiscono essere chiamati) rappresentano una nuova frontiera della comunicazione religiosa.

 

Chi sono i preti influencer più famosi

Sono sacerdoti giovani, contano migliaia di follower e riescono a far entrare la voce della Chiesa in luoghi in cui prima era quasi sconosciuta o recepita con pregiudizio, raggiungendo fasce di pubblico giovanile che non vengono più intercettate tramite la comunicazione evangelica tradizionale, stimolando curiosità e dialogo.

I media se ne sono accorti da poco, dedicando a loro vari articoli. Nel dicembre scorso abbiamo intervistato don Ambrogio Mazzai, sottoponendogli domande taglienti alle quali ha risposto con profondità.

Altri nomi sono don Cosimo Schena (Brindisi), don Giuseppe Fusari (Brescia) e padre Jefferson Merighetti (Roma).

Il Giubileo degli influencer che si svolgerà a Roma a partire domani 28 e martedì 29 luglio 2025 (per UCCR sarà presente il giovane filosofo Pietro Calore) testimonia l’interesse del Papa e della Chiesa verso questa realtà ma anche la necessità di fornire loro consigli e strumenti adeguati considerando la novità di questa forma missionaria.

Sì, perché l’idea di poter riempire virtualmente un “tempio digitale” è affascinante, ma nasconde anche insidie.

 

Il grande rischio della vanità e del protagonismo

La prima è quella del rischio di scivolare nel protagonismo fine a se stesso.

Mostrare i pettorali scolpiti, i tatuaggi sui muscoli o adottare pose sexy da influencer può facilmente spostare il centro dall’annuncio del Vangelo alla costruzione di un personaggio, di una fama personale.

La vanità è un pericolo reale quando la gratificazione passa dal numero di like e follower più che dalla qualità del messaggio e dalla capacità di accompagnare le persone verso Cristo. Un sacerdote rimane sempre un umile servitore della Chiesa che usa questi strumenti per seminare.

Se la propria immagine prende il sopravvento, si rischia di perdere di vista la missione.

Comprendiamo bene che sia difficile non sentirsi una star planetaria quando si passa dal servire una piccola comunità di periferia a milioni di follower disposti a tutto per assistere al prossimo video.

Eppure, proprio in quel momento è fondamentale non confondere la viralità con la verità, ricordando il valore dell’umiltà evangelica e dell’importanza di testimoniare il volto di Cristo anche a costo di restare invisibili. Quando l’ego cresce, la voce di Dio si fa più flebile, coperta dal frastuono del consenso umano.

Non sono rari i casi di religiosi caduti nel cammino vocazionale dopo aver raggiunto l’effimera ubriacatura del successo, pensiamo padre Matthieu Jasseron (ex star francese di TikTok) o suor Cristina Scuccia.

A tal proposito sono fondamentali le parole pronunciate nella sua prima omelia da Leone XIV: «Un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità: sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato».

 

Attrarre a sé o portare a Cristo?

Un altro rischio a cui sono sottoposti i preti influencer è quello di confondere l’attrazione verso una figura carismatica e mediatica con una vera esperienza di fede.

«Il numero di persone che vengono in chiesa da me è raddoppiato», dice un prete influencer con 500mila follower solo su Instagram.

E’ un’ottima notizia ma anche lui saprà perfettamente che la sua chiesa si riempirebbe tre volte tanto se a celebrare fossero George Clooney o Austin Butler. Ma non sarebbe certo garanzia di un incontro reale con Cristo.

Un grande seguito non coincide necessariamente con la crescita della fede né con una comunità matura e credente. Spesso è più la morbosa curiosità di vedere dal vivo una star mediatica.

Legato a questo c’è il tema della inevitabile impopolarità del vero messaggio cristiano.

E’ difficile raccogliere molti consensi se si toccano particolari tematiche della dottrina sociale della Chiesa, è quindi un’ulteriore sfida quella di riuscire a mantenere la visibilità senza evitare o annacquare il messaggio cattolico sulla sessualità, l’etica e tante altre questioni verso le quali il mondo va in direzione opposta.

 

Un’occasione preziosa, ma serve equilibrio

L’esperienza dei preti influencer è un modo che alcuni sacerdoti hanno trovato per rispondere a una società che cambia e che comunica in modo diverso. Bisogna ringraziarli perché è un’occasione preziosa per riavvicinare tanti giovani, per offrire testimonianze autentiche, per rendere la Chiesa più accessibile e presente.

Ma serve prudenza: la sfida non è quella di raggiungere molti follower, quanto di accompagnare in un cammino di fede sincero. Sta all’abilità di questi sacerdoti, con l’aiuto della Chiesa tutta, mantenere la giusta misura.

L’imminente Giubileo saprà dare loro gli strumenti spirituali necessari per essere ponti credibili tra Vangelo e cultura digitale, testimoni incisivi ma anche umili di una fede che non cerca il clamore ma il cuore delle persone.

Autore

La Redazione

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