La conversione dell’abortista Bruchalski, ora ginecologo per la vita
- Ultimissime
- 23 Mar 2011
Non ci si stanca mai di notare che i più agguerriti paladini della vita siano quasi tutti ex abortisti. E’ il caso del dr. John Bruchalski, ex pro-choice ormai diventato un punto di riferimento nel campo della medicina pro-life. Attraverso il suo Tepeyac Family Center, il team di Bruchalski offre un rifugio sicuro per le donne in gravidanza che sono in crisi, diffondendo speranza attraverso un’autentica assistenza sanitaria, rispettando i processi naturali del corpo della donna e il diritto alla vita del nascituro. Una sua intervista è apparsa su LifeNewSite.
Anche se cresciuto in una famiglia cattolica ha iniziato ad abbandonare la fede dopo l’università. Nel 1983 diventò docente di medicina presso l’University of South Alabama, e la contraccezione e l’aborto gli sembravano ormai «il modo migliore per promuovere la salute, la felicità e la pienezza della vita riproduttiva di una donna». Eppure cominciò lentamente ad essere assillato dai dubbi. «Non vedevo la felicità o la gioia nelle mie cliniche. Più praticavo aborti, più era diffuso la contraccezione e più i rapporti spezzati, più infezioni, più distruzione, più fratture. Non sapevo cosa fare perché i miei colleghi dicevano: ‘Beh, abbiamo solo bisogno di più istruzione, di più contraccezione e più aborto». Un giorno sua madre gli ha chiesto di accompagnarla a Medjugorje, paesino in Bosnia Erzegovina, dove molti cattolici credono che Maria, la madre di Gesù Cristo, si stia manifestando dal 1981 attraverso sei veggenti. E’ stata la svolta decisiva, poiché ha permesso il riemergere della fede della sua infanzia. «E’ stata la semplicità dei messaggi che mi ha portato alla conversione», ha spiegato il ginecologo. Tornato a casa si è rifiutato di procurare altri aborti o sterilizzazioni, anche se ci volle un anno per riuscire a districarsi da queste procedure contro la vita. «Tornato a casa dal pellegrinaggio, mi è stata data la grazia non solo di vedere me stesso come ero veramente ma anche di capire che c’era un modo migliore per esercitare la professione medica».
Nel 1994 ha fondato il Tepeyac Family Center. Sulla base della visione cattolica della sanità, il Centro promuove pratiche sanitarie che rispettano il ritmo naturale del ciclo della donna e la santità della vita umana. Sostengono la pianificazione naturale al posto dei contraccettivi e nei casi di infertilità si concentrano sulla cura delle cause piuttosto che utilizzare tecniche di riproduzione assistita come la fecondazione in vitro. Il Centro rivolge una particolare attenzione alla teologia che Giovanni Paolo II ha fatto sul corpo umano, che è -dice il dottor Bruchalski- «rivoluzionario per i rapporti, per la medicina, e per le famiglie». Il centro medico accoglie anche numerosi universitari organizzando diversi stage.
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9 commenti a La conversione dell’abortista Bruchalski, ora ginecologo per la vita
Che belle queste storie!
Con il progresso della medicina gli abortisti non tengono più.
«Più praticavo aborti, più era diffusa la contraccezione e più i rapporti spezzati, più infezioni, più distruzione, più fratture. Non sapevo cosa fare perché i miei colleghi dicevano: ‘Beh, abbiamo solo bisogno di più istruzione, di più contraccezione e più aborto», ma la contraccezione non serviva mica per ridurre gli aborti?
Ma sbaglio o siamo pieni di ex? Ex gay, ex abortisti, ex atei…dovremmo riflettere.
ma sbaglio o anche in questo campo non esistono versioni al contrario?
In effetti ho sentito di una cantautrice irlandese che è passata da pro life a pro choice. Ma in campo medico mi pare si viaggi a senso unico.
Un’altra cosa che ho notato è che anche quelli che si “convertono”, pur diventando agguerriti e integralisti come noi (anche di più, come accade spesso ai “pentiti”), non smettono, come noi, di porre l’attenzione anche sui problemi della donna. Problemi che i pro choice regolarmente minimizzano o dei quali addirittura negano l’esistenza.
Chi è questa eccezione irlandese? Sai per caso il nome? Ci dev’essere qualcosa sotto. Cmq l’essere per i diritti del nascituro non significa certo smettere di porre attenzione alla donna. Anzi! Il Cile, se ne parlava qualche giorno fa, è stato premiato come Paese sudamerica col più basso tasso di mortalità materna. In Cile l’aborto è proibito.
Mi dispiace, ma non ricordo il nome. A suo tempo avevo messo nel motore di ricerca qualcosa del tipo “da pro life a pro choice”, e smanettando un po’ era uscita ‘sta tipa. Se ci metti anche “cantautrice irlandese” mi sa che ti esce. Per quanto riguarda le donne, quello che dici tu è esattamente quello che volevo dire, anche se ho sistemato male la punteggiatura facendomi forse fraintendere.
Non l’ho trovata…ma non importa, era solo una curiosità. Non si sa mai che esista veramente quell’eccezione che conferma la regola!