Sindone, risposte a MicroMega e a Mauro Pesce

Come abbiamo già avuto modo di segnalarvi, la rivista MicroMega ha dedicato il Supplemento 4/2010 al tema «L’inganno della Sindone». Nello stesso numero, il solito e onnipresente Odifreddi (guest-star di questi tre gruppi Facebook: Piergiorgio Odifreddi: il matematico deficiente; Anch’io voglio essere querelato e/o denunciato da Odifreddi e Dio esiste, ha senso dell’Umorismo, prova ne è la nascita di Odifreddi!), dichiarava di non essere rimasto impressionato dalla sindone prodotto artificialmente dal CICAP e dall’UAAR (di cui è membro onorario), creata con l’intento di smascherare la vera Sindone (cfr. Ultimissima 31/5/10). In questi giorni, il docente di Storia della Chiesa antica e Patrologia alla Facoltà teologica dell’Emilia Romagna, Francesco Pieri, ha risposto su Avvenire, all’articolo di Mauro Pesce, intitolato «I Vangeli e la Sindone». Sintetizziamo ciò che ha detto sotto forma di dialogo e ringraziamo Pesce per il suo ennesimo tentativo.


Domanda. Pesce si chiede: «Mi domando perché la Chiesa cattolica italiana metta oggi così grande impegno a sostenere l’autenticità di questo pezzo di stoffa» (pag. 15).
Risposta: la Chiesa non insegna affatto l’autenticità della Sindone conservata a Torino: afferma anzi di non avere competenza al riguardo, non trattandosi di oggetto di fede, ma di studio per le scienze naturali e storiche. Si parla di «venerazione» (e non di «adorazione» come impropriamente afferma Pesce) della «nobile icona» della Sindone (la differenza è spiegata nell’articolo). Lo stesso Pesce ha scritto che nella sua esperienza cattolica, non si è «mai imbattuto in qualcuno che proponesse la Sindone come un punto di riferimento importante» (pp. 15-16). Ciò conferma che la Chiesa non fa dipendere da essa quello in cui crede e la sua stessa credibilità. Essa non ha nulla di essenziale da perdere se la Sindone si dimostrasse non autentica.

Domanda. Pesce vede nella venerazione della Sindone una radicale discontinuità col cristianesimo delle origini, religione della Parola e del culto «in Spirito e verità», che si contrapponeva al paganesimo anche per l’assenza di realtà materiali e di luoghi «sacri».
Risposta. Se per i primi due secoli non abbiamo resti e documenti sulle immagini di devozione, è storicamente innegabile il precoce localizzarsi, almeno a partire dalla fine II secolo, di un «sacro» cristiano nelle sepolture dei corpi ritenuti eminentemente «santi»: gli apostoli e i martiri. Le loro vesti, i loro oggetti furono venerati perché considerati portatori dello spirito divino, che ha nel corpo il proprio tempio (cf. 1Cor 6, 19). Immagini cristiane esistono almeno dagli inizi del III secolo. Tale sviluppo dottrinale è coerente con le origini cristiane, affondando i suoi presupposti nei testi giovannei e paolini: l’incarnazione di Dio e la divinizzazione dell’uomo in Cristo. Non siamo affatto lontani dallo spirito dei primi secoli.

Domanda. Pesce ricorre insistentemente al fatto che nessun evangelista o commentatore antico parla di recupero del lenzuolo sepolcrale di Gesù o di immagine impressa.
Risposta. Ma non di rado i reperti antichi compaiono senza altra notizia di sé che la propria stessa realtà. Il silenzio sulla Sindone delle fonti del primo millennio è una carenza che non ne rende impossibile l’esistenza, nè una datazione all’epoca proto-cristiana.

Domanda. Pesce insinua che la promozione di «forme di culto più o meno feticistiche» (sic!) rappresenti un’alternativa «alla meditazione, alla lettura della Bibbia, alla preghiera personale» (p. 17).
Risposta. Invece mai come oggi vi è stato impegno per una predicazione autenticamente biblica, testimoniato da una ricca e costante produzione di studi e strumenti, evidentemente incomparabile a quella riguardante la Sindone, oltre che dall’ampia offerta di proposte formative. Ciò grazie alle scelte del Vaticano II di promuovere il più ampio accesso alla Scrittura e persino alla teologia da parte dei fedeli, di farne il centro della catechesi, della liturgia e della institutio dei candidati ai ministeri.

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