Chiara Saraceno ancora contro la libertà di insegnamento

Chiara Saraceno«La scuola paritaria non solo è legittimata ad accedere ai fondi pubblici, ma a competere per essi con quella pubblica/statale. Finora ciò era avvenuto con fondi “a parte” – ancorché sempre sottratti al sistema autenticamente pubblico, anche in questi ultimi anni di tagli dolorosi». Questo un passaggio di un articolo lamentoso di Chiara Saraceno, scritto qualche tempo fa. Saraceno è la sociologa di “Repubblica” (abbiamo commentato in passato un suo articolo-autogol sul matrimonio fra persone dello stesso sesso), la sua area culturale è quella di Veronesi, Rodotà, Augias, Zagrebelsky…, la stessa che ha sulle spalle la responsabilità della famosa ed attuale “crisi dei valori”. Rosso, sempre e solo rosso, per farci capire.

Innanzitutto da sociologa mostra di non conoscere (ed è grave) quanto stabilito il 14 marzo 1984 dal Parlamento europeo nella Risoluzione sulla “libertà di insegnamento nella Comunità europea”, quando si afferma: «il diritto alla libertà d’insegnamento implica per sua natura l’obbligo per gli Stati membri di rendere possibile l’esercizio di tale diritto anche sotto il profilo finanziario e di accordare alle scuole le sovvenzioni pubbliche necessarie allo svolgimento dei loro compiti e all’adempimento dei loro obblighi in condizioni uguali a quelle di cui beneficiano gli istituti pubblici corrispondenti, senza discriminazione nei confronti degli organizzatori, dei genitori, degli alunni e del personale».

Inoltre, non mostra di sapere che i fondi complessivi destinati alla scuola statale ogni anno ammontano a 54 miliardi di anno (anno 2009), alle scuole paritarie invece vanno al massimo 530 milioni di euro in teoria, in pratica molti meno. Secondo la Saraceno i problemi della scuola statale si risolverebbero prendendo anche quei 503 milioni, oltre ai 54 miliardi! La sociologa cita anche legge Berlinguer, la quale specifica che le scuole non statali possono essere istituite “senza oneri per lo stato”. Istituite vuol dire create, ma qui si sta parlando di finanziare quelle già esistenti, in ogni caso è stato certificato che la presenza delle scuole paritarie non solo è senza oneri per lo Stato, ma permette ad esso un risparmio di oltre 6 miliardi all’anno (e risparmierebbe altri 500 milioni se aumentasse di 100 milioni i contributi annuali). L’unica nota positiva dell’articolo della Saraceno è il riconoscimento di aver perso il referendum bolognese, di cui ci siamo a lungo occupati.

Il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi, citato dalla Saraceno, ha inviato una replica al direttore di “Repubblica” Ezio Mauro, il quale però ha censurato la sua pubblicazione.

Sullo stesso tema è da segnalare l’articolo del filosofo Dario Antiseri sul “Corriere della Sera”, nel quale cita Antonio Gramsci: «Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai comuni. La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente dal controllo dello Stato». Di continuo, si lamenta Antiseri, «viene additato come un furto il contributo pubblico alla scuola paritaria». E’ il cavallo di battaglia, come ha mostrato puntualmente la Saraceno. «Ora, però, sta il fatto che questi affaccendati agitatori nascondono a se stessi e agli altri “interessati” che non è più che una miseria il contributo dello Stato italiano alle scuole paritarie, soprattutto se paragonato al contributo elargito alle scuole non statali da Stati come la Francia, il Belgio, l’Irlanda, la Germania, la Spagna o l’Inghilterra. E quel che più conta è che i nominati lungimiranti statalisti si guardano bene dal fare i conti e dal dire quanto la scuola paritaria (cattolica e laica) fa risparmiare allo Stato. Dai dati Miur 2012: Alunni delle Scuole statali 7.737.639; Alunni delle Scuole paritarie 1.036.403, di cui 702.997 iscritti alle Scuole cattoliche. Finanziamento totale alle Scuole statali: € 40.596.307.956; Finanziamento totale alle Scuole paritarie: € 498.928.558. Costo allo Stato in media per alunno di Scuola statale: € 5.246,60; Costo allo Stato in media per alunno di Scuola paritaria: € 481,40. Le scuole paritarie, dunque, in un anno, hanno fatto risparmiare allo Stato la bella cifra di € 5.000.000.000 (cinque miliardi). In dieci anni – con un calcolo per difetto, dato che il numero degli alunni iscritti alle Scuole paritarie è progressivamente diminuito – la scuola paritaria ha fatto risparmiare allo Stato oltre 50 miliardi di euro».

Ma non è tanto l’aspetto economico a muovere la critica di Antiseri quanto quello politico-sociale: «Non è giusto e soprattutto non è libero un paese dove una famiglia che iscrive un figlio a una scuola paritaria debba pagare per questa sua scelta di libertà. Uno Stato che costringe a comprare pezzi di libertà non è uno Stato di diritto. E, intanto, negli ultimi tre anni è morta una scuola libera ogni tre giorni – ogni tre giorni è morto un pezzo di libertà». Alla fine dell’articolo si è rivolto al premier Matteo Renzi, il quale ha suscitato la speranza di sapersi staccare dalla zavorra comunista che ancora tiene in scacco parte del Partito Democratico.

La redazione

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Indiana: vittoria della libertà di educazione

Scuola elementareDurante la campagna elettorale delle ultime elezioni politiche italiane il cardinale di Bologna Carlo Caffarra ha voluto indicare ai cattolici una serie di valori non negoziabili da tenere in considerazione per la scelta dei candidati.

Tra questi il punto che più ha fatto infuriare gli statalisti di Repubblica e del Fatto Quotidiano è stato quello riguardante la libertà di educazione. Togliere il potere allo stato per sostenere le famiglie, liberarsi dall’ideologia dello stato-papà tanto caro ai totalitarismi rossi e neri, di cui molti giornalisti e intellettuali sono ancora nostalgici, per offrire un vero pluralismo dell’offerta scolastica pubblica, statale e non statale, pluralismo che consenta alle famiglie una reale possibilità di scelta.

In Europa, la maggior parte degli stati finanzia interamente (o quasi) le scuole paritarie/private e anche in America si stanno facendo progressi importanti. E’ notizia recente della vittoria della libertà di educazione nello stato dell’Indiana, dove i cinque giudici della Corte Suprema hanno votato a favore per la destinazione di fondi alle scuole private, religiose o no.

Il programma è costituzionale, è stato scritto, perché i fondi pubblici «non sono diretti a beneficio delle scuole private, ma piuttosto a diretto beneficio delle famiglie a basso reddito con bambini in età scolare». A livello nazionale, i “buoni scuola” sono usati da più di 100.000 studenti in una dozzina di Stati, tra cui Florida, Georgia, Ohio e Wisconsin. Diversi altri Stati utilizzano i crediti d’imposta per aiutare le famiglie a pagare le tasse scolastiche delle scuole private. Casi simili a quello dell’Indiana sono in appello alla Corte Suprema del Colorado e della Louisiana, le sentenze sono attese a breve, e qualcosa di simile sta per essere approvato in Texas.

In Italia la regione Lombardia attua già qualcosa di simile grazie alla “Dote Scuola”, per le famiglie lombarde interessate è possibile fino al 02 maggio 2013 attuare la richiesta alla Regione. Ricordiamo che, come ha stabilito il Ministero dell’Istruzione (Miur) la presenza delle scuole paritarie in Italia permette un risparmio di 6 miliardi all’anno. Nel 2010 la rivista specializzata di settore Tuttoscuola ha calcolato che lo Stato risparmierebbe oltre 500 milioni di euro l’anno se aumentasse di 100 milioni i contributi alla scuola paritaria, consentendo a più famiglie di sceglierla (ogni euro investito nella paritaria renderebbe allo Stato 5 euro di risparmio).

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Finanziare le paritarie è meglio per tutti, lo dice la Svezia

Alunni in una scuola russaLa qualità educativa dipende dall’autonomia delle scuole, lo ha mostrato anche un recente studio inglese. Lo Stato ha dunque tutto l’interesse di garantire anche alle scuole paritarie la loro autonomia economica, finanziandole come avviene nel resto del mondo occidentale.

A Boston, ad esempio, è stato realizzato un interessante studio che valuta la relazione tra la libertà educativa e la qualità dei risultati dell’insegnamento medio. Un team di professori ha comparato i risultati delle charter schools, gestite da genitori e simili agli istituti scolastici parificati spagnoli e di quelle quelle pubbliche nello Stato del Massachusetts. In entrambi i casi le scuole vengono finanziate completamente con le tasse. Dallo studio è emerso che i migliori risultati si sono raggiunti nelle charter schools: i genitori scelgono e gestiscono, lo Stato paga e la qualità migliora.

Anche in Svezia il sistema è basato sulla libera scelta dei genitori per la scuola dei propri figli. Contrapponendosi alla mentalità statalista-comunista, il ministro della Pubblica Istruzione Per Unckel ha introdotto il “voucher” per i genitori che vogliono scegliere un’alternativa – gratuita – per i loro figli, molto simile a quanto ha effettuato la regione Lombardia con il governatore Formigoni. Il sistema dei “voucher” consiste nel destinare ad ogni studente di un determinato Comune un importo pari al costo medio di una scuola pubblica nello stesso Comune. I fondi non vengono versati ai genitori ma direttamente all’istituto privato che lo studente decide di frequentare. Tale liberalizzazione ha consentito lo sviluppo di un’istruzione privata, e quello svedese resta, fino a prova contraria, il sistema educativo più libero ed efficiente del mondo sviluppato. Secondo un sondaggio, inoltre, commissionato dall’associazione delle scuole libere, nel 2011, tra tutte le categorie (età, reddito, categoria socio-professionale) circa il 75% degli intervistati è favorevole alla libertà di scelta in materia di istruzione. Il 62% degli elettori che hanno votato per i socialdemocratici, la sinistra e i Verdi, si dichiara a favore della scelta della scuola libera.

Ricordiamo che, come ha stabilito il Ministero dell’Istruzione (Miur) la presenza delle scuole paritarie in Italia permette un risparmio di 6 miliardi all’anno. Nel 2010 la rivista specializzata di settore Tuttoscuola ha calcolato che lo Stato risparmierebbe oltre 500 milioni di euro l’anno se aumentasse di 100 milioni i contributi alla scuola paritaria, consentendo a più famiglie di sceglierla (ogni euro investito nella paritaria renderebbe allo Stato 5 euro di risparmio).

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La presenza di scuole private migliora il profitto degli alunni

Scuola«La presenza di scuole gestite da operatori privati produce un effetto significativamente positivo sul profitto degli studenti in Matematica, Scienze e Letteratura» e dunque «la concorrenza scolastica genera benefici reali per tutti». Un vero e proprio pugno allo stomaco per statalisti e rimasugli comunisti che combattono la presenza di scuole private e paritarie nel nostro Paese all’urlo “più Stato meno società”.

L’affermazione arriva dallo studio “The Learning curve” presentato ufficialmente a Londra nei giorni scorsi e commissionato da Pearson, il colosso mondiale dell’editoria didattica, il quale ha messo a confronto 50 paesi in base a 60 diversi parametri: dai risultati dei test OCSE-Pisa e TIMSS agli investimenti governativi, passando per gli stipendi del personale docente e il rapporto alunni-professori, senza tralasciare indicatori economici come il tasso di occupazione dei diplomati/laureati, il reddito percepito e il benessere generale di ogni paese.

Il ricco documento approntato mostra chiaramente, numeri alla mano, come nei Paesi in cui viene offerta alle famiglie la possibilità di scegliere quale tipo di scuola far frequentare ai loro ragazzi, questi riportino risultati mediamente migliori nelle diverse materie. In particolare, dalla possibilità concreta di scelta della scuola, scaturisce un beneficio che è maggiore proprio per gli studenti di estrazione socio-economica svantaggiata. È il caso, ad esempio, di Belgio e Paesi Bassi, dove le scuole private (spesso confessionali, tra l’altro) sono finanziate direttamente e integralmente dallo Stato: «Se sono presenti più istituti non statali», viene spiegato dai ricercatori, «in modo che il settore scolastico non sia amministrato secondo il modello unico di una sorta di “monopolio di Stato”, i Paesi hanno performance migliori».

Le ragioni sono molto semplici: un sistema in cui vige una concorrenza reale determina una competizione in termini di efficacia ed efficienza da parte dei diversi soggetti operanti nel settore. Insomma, meno Stato e più libertà di scelta uguale migliore qualità scolastica e maggiore equità sociale, alla faccia degli statalisti del “Nuovo Comitato art.33”, che vorrebbero eliminare il sostegno economico che l’Amministrazione Comunale della città di Bologna destina alle scuole dell’infanzia paritarie della città.

Ricordiamo quello che nessuno vuole mai dire: le scuole paritarie fanno risparmiare 6 miliardi all’anno. In particolare molti sono stati convinti che il Governo tolga risorse alla scuola statale per darle alla scuola privata. In realtà, come abbiamo mostrato in passato, è l’esatto opposto, cioè lo Stato, con le risorse date alla scuola privata, risparmia su quanto dovrebbe spendere per le risorse che dovrebbe dare in più a quella pubblica. Nel 2010 la rivista specializzata di settore Tuttoscuola ha calcolato che lo Stato risparmierebbe oltre 500 milioni di euro l’anno se aumentasse di 100 milioni i contributi alla scuola paritaria, consentendo a più famiglie di sceglierla (ogni euro investito nella paritaria renderebbe allo Stato 5 euro di risparmio).

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Il Miur risponde agli statalisti: «scuole pubbliche sono anche le paritarie»

Non sappiamo cosa stesse facendo nel 2000 Antonio Padellaro, l’attuale direttore de Il Fatto Quotidiano, certamente non era distratto a smistare la pila di denunce per diffamazione come si è trovato a fare da quando è divenuto direttore di uno dei più violenti quotidiani italiani (per ultima quella arrivata dal settimanale Tempi). Tuttavia qualcuno dovrebbe aggiornarlo ricordandogli che la legge 62/2000 ha riconosciuto la parità a tutte le scuole private purché in linea con determinati requisiti fissati dalla legge stessa, rendendole parte della scuola pubblica. E’ ora che se ne prenda atto anche sul quotidiano statalista.

Da Il Fatto (seguito dal fazioso Il Giornale, che soffre in modo evidente di senso d’inferiorità) è nata infatti la polemica di questi giorni circa lo spot del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) sulla scuola pubblica, narrato dalla voce fuori campo di Roberto Vecchioni. Gli statalisti hanno gridato alla scandalo quando si è scoperto che il video è stato girato in una scuola privata, la Deutsche Schule Mailand di Milano, uno degli istituti più prestigiosi della città. Anche Il Corriere della Sera è caduto nella trappola dicendo: «La location dello spot è una scuola privata. Il che non è il massimo, se l’intento era pubblicizzare l’istruzione pubblica». Certamente la sterile polemica non è nata solo perché si tratta di una scuola tedesca (il che l’avrebbe anche giustificata, ma solo in parte perché nulla nel video porta ad identificare la location), ma perché tutti fanno finta di dimenticare che le scuole private fanno parte del sistema pubblico.

Non a caso il ministero ha risposto parlando di «polemiche prive di fondamento», spiegando che il video racconta la scuola italiana nel suo complesso. Scuola che, per legge, è composta da scuola pubblica e dalla privata parificata, tanto che è cambiato il nome stesso del ministero che non si chiama più “pubblica istruzione” ma “dell’istruzione”. Il video vuole promuovere la scuola pubblica, paritaria e statale, andando oltre le ideologie stataliste.

Al contrario del resto d’Europa, dove le private sono completamente (o quasi) finanziate dallo Stato, la legge 62/2000 ha anche assegnato alle scuole paritarie un contributo finanziario di circa 530 milioni di euro (in realtà molti di meno, nel 2012 per ora sono 233 milioni), mentre alla scuola statale le risorse destinate (nel 2009) ammontano (qui se il pdf non si apre) a più di 54 miliardi di euro. Come abbiamo già notato, se si desse alle scuole paritarie la cifra che a esse spetterebbe in base alla percentuale dei suoi iscritti (il 10% degli studenti italiani), il contributo dovrebbe ammontare a oltre 5,4 miliardi di euro, dieci volte in più di quanto viene riconosciuto attualmente. Sul bilancio totale dell’istruzione la scuola paritaria rappresenta, infatti, meno dell’1%, oltreutto servendo ben più alunni di quanto i contributi a essa concessi coprano.

Nel 2010 la rivista specializzata di settore Tuttoscuola ha calcolato che lo Stato risparmierebbe oltre 500 milioni di euro l’anno se aumentasse di 100 milioni i contributi alla scuola paritaria, consentendo a più famiglie di sceglierla (ogni euro investito nella paritaria renderebbe allo Stato 5 euro di risparmio). Come ha di recente spiegato Ugo Lessio, presidente regionale della Federazione italiana scuole materne (FISM), ad esempio, «il costo di un bambino nella scuola per l’infanzia paritaria è di 2.960 euro per dieci mesi. Il costo nella scuola statale è di circa 7.500 euro».

Oltretutto, come riporta su Ilsussidiario.net Tommaso Agasisti, ricercatore nel dipartimento di Ingegneria gestionale del Politecnico di Milano, basandosi sui dati rilevati dall’”Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione” (INVALSI), su incarico del ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, per ogni materia e per ogni area del Paese italiano, i punteggi medi delle scuole paritarie sono superiori a quelli delle scuole statali. Abbiamo già confutato la leggenda che nelle paritarie vi siano servizi più scadenti rispetto alle statali e sempre Ilsussidiario.net ha chiarito la situazione circa i presunti insegnanti pagati in nero.

Ma per gli ideologhi questi dati non serviranno a nulla, per loro lo schema vince sempre sulla realtà. Lo sa bene il laicista furioso Furio Colombo, pluristipendiato senatore del PD,  che è arrivato addirittura a sostenere che la scuola privata esisterebbe «per combattere la scuola pubblica»,  ed è «fondata sui valori del privato, tende a portare tutto dentro ambiti privati» e non solo «prepara un futuro tutto privato», ma anche «tanti piccoli Formigoni». I suoi modelli ideali – scrive ancora – sono «i candidati presidenziali Romney e Ryan, che vogliono moltiplicare le forniture per le spese militari e tagliare le cure mediche gratuite». Non ci stupiamo, siamo già informati sul fatto che nulla di serio può mai uscire dai ragionamenti del Furio nazionale.

Molto più interessante il commento di Elena Ugolini, attuale sottosegretario all’Istruzione (Il Fatto Quotidiano ha cercato più volte di screditare il suo pensiero ricordando che, ha sì un curriculum di tutto rispetto, ma è stata anche preside del liceo privato Malpighi di Rimini): «siamo consapevoli del valore pubblico che le paritarie svolgono all’interno del sistema, per il bene di tutta la collettività […], intendiamo dare certezza e stabilità a chi gestisce le scuole paritarie e soprattutto vorremmo aiutare le famiglie a poter esercitare il loro diritto di scelta in campo educativo». Fa anche cenno al voler «far maturare un concetto di pubblico nel campo scolastico, in linea con i Paesi più avanzati, superarando l’idea che pubblico equivalga a statale».

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Colosio, direttore scolastico Lombardia: «le paritarie fanno risparmiare lo stato»

Qualche organo di stampa ha diffuso come vera una bozza dell’Ufficio di presidenza del Consiglio dei Ministri, poi subito dopo smentita. Si tratta della spending review che andrebbe a toccare anche il sistema scolastico, con presunti tagli all’Università, per poi portare in premio duecento milioni di euro alle scuole non statali.

La stampa statalista (comunista), per reazione, ha così scatenato la solita macchina del fango contro le paritarie. A rispondere è stato innanzitutto Roberto Gontero, presidente nazionale di Agesc (Associazione Genitori Scuole Cattoliche), dicendo: «Non è vero. La gente deve sapere che esiste un fondo per le paritarie che da dieci anni si aggira sui cinquecento milioni di euro. Questi duecento milioni, per i quali i giornali si stracciano tanto le vesti, potrebbero essere i soldi destinati alle scuole paritarie, e allora il fondo si troverebbe decurtato del sessanta per cento, con il rischio reale di chiusura della grande maggioranza degli istituti paritari. Oppure, nella migliore delle ipotesi, sarebbero i soldi dei fondi pluriennali già decisi, a cui però mancherebbero cinquanta milioni. Ma di quale regalo alle paritarie stanno cianciando!».

Ha voluto ricordare che «la legge Berlinguer del 2000 afferma che la scuola pubblica è statale e non statale, cioè paritaria. Le notizie di questi giorni sono state diffuse ad arte per creare malcontento tra gli studenti universitari che, se tutto venisse confermato, potrebbero insorgere contro le scuole paritarie che invece all’università non tolgono proprio nulla». Per poi ricordare quel che tutti fingono di non sapere: «chi manda i figli alla scuola paritaria fa risparmiare allo Stato ben sei miliardi di euro all’anno», come dimostrato i dati del Miur.

Un altro intervento è stato quello di Giuseppe Colosio, Direttore Scolastico Regionale per la Lombardia, il quale ha spiegato che invece il rischio è un ulteriore taglio verso le scuole paritarie: «Mi auguro che non si taglino ulteriormente i fondi già decisi per le scuole paritarie, che fanno parte a tutti gli effetti del sistema pubblico dell’istruzione. La vita di queste scuole consente una pluralità di interventi e un risparmio considerevole all’amministrazione statale […]. Noi, come Stato, siamo interessati a sostenere tutti gli attori del sistema dell’istruzione e della formazione, perché ci permettono di abbassare la spesa e mantenere la qualità dell’offerta». Si è soffermato anche sulla «modalità di reclutamento degli insegnanti», delle paritarie, che è «molto più ampia e valida rispetto a quella dissennata dello Stato, che recluta gli insegnanti come stringhe informatiche, senza guardarli in faccia».

Colosio ha colto l’occasione per sfatare la leggenda secondo cui le scuole paritarie affamino quelle pubbliche, causandone il dissesto: «Ma figuriamoci», ha risposto. «Con 120 milioni di euro, che Roma fino al 2011 faceva pervenire alle scuole paritarie in Lombardia, lo Stato risparmiava un miliardo e trecento milioni. Se i trecentomila studenti che frequentano la scuola paritaria avessero, invece, frequentato la statale, ciò avrebbe comportato un aggravio di spesa pubblica di un miliardo e quattrocento milioni. Questi sono i costi dell’amministrazione statale, molto più rigida e farraginosa. Quando parlo di paritarie, non parlo solo di quelle gestite da enti religiosi, le scuole professionali regionali contano 45 mila studenti. Per non parlare di quelle gestite dai grandi comuni, specie al Nord». L’aggressione mediatica, con in testa il quotidiano “Repubblica”, è per Colosio un «pregiudizio novecentesco di statalismo che non ci allinea all’Europa quando si parla di scuola». In Europa, infatti, le paritarie sono completamente finanziate dallo Stato, risultando essere poi le migliori come offerta formativa di qualità.

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L’Ufficio scolastico lombardo: «scuole paritarie? Un patrimonio e un risparmio economico»

Parlare di scuola paritaria significa riesumare ideologie stataliste più profonde e taciute che dai militanti sessantottini della sinistra (anche destra?) extraparlamentare sono passate per osmosi all’area più moderata, e galleggiano ancora in diverse redazioni di quotidiani. Un’intolleranza verso la libertà di educazione tutta italiana, in quanto –come abbiamo già avuto modo di mostrare– nel resto d’Europa le scuole paritarie vengono finanziate completamente (o per una buona percentuale) dallo Stato, risultando poi essere le migliori dal punto di vista qualitativo dei rispettivi Paesi.

In Italia no, nonostante il dipartimento di Scienze antropologiche della facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Genova abbia dimostrato che le paritarie fanno risparmiare allo Stato quasi sei milioni di euro, nonostante la rivista specializzata di settore Tuttoscuola abbia calcolato che lo Stato risparmierebbe oltre 500 milioni di euro l’anno se aumentasse di 100 milioni i contributi alla scuola paritaria, consentendo dunque a più famiglie di sceglierla (ogni euro investito nella paritaria renderebbe allo Stato 5 euro di risparmio), nonostante il MIUR abbia dimostrato che nel bilancio totale dell’istruzione la scuola paritaria rappresenta meno dell’1%, servendo tuttavia ben più alunni di quanto i contributi a essa concessi coprano (ovvero il 10% degli studenti), persiste l’intolleranza verso un finanziamento statale alle paritarie, fomentato dalla leggenda che essa toglierebbe denaro a quella statale.

E’ certamente da stimare l’operato della scuola statale, ma come ha ricordato il card. Angelo Bagnasco arcivescovo di Genova e presidente della Cei – invitato ad un convegno su «La scuola pubblica», organizzato dall’Ufficio regionale per la scuola, l’educazione e l’università e dalla Conferenza episcopale ligure, «almeno per quanto riguarda le scuole paritarie cattoliche la situazione è estremamente critica», esse «hanno costi sempre meno sostenibili per le famiglie, e la Chiesa non è in grado di assicurare a tutti, come vorrebbe, il proprio servizio educativo. Ma la scuola non è un lusso: è un diritto elementare della persona, che deve poter esercitare quella libertà, cioè capacità di scelta, che ne è fattore costitutivo». Da qui la richiesta esplicita affinché lo Stato si faccia carico anche delle scuole paritarie, «che non sono solo cattoliche», perché «è stato anche dimostrato che, se ci fosse un sostegno economico, molte altre famiglie si orienterebbero sulla scuola paritaria». Un vero appello dunque alla libertà di scelta educativa delle famiglie, sostenuto dal direttore dell’Ufficio scolastico regionale per la Liguria, Giuliana Pupazzoni, secondo cui «la Chiesa ligure ha una grande attenzione e altrettanta tradizione in campo formativo-educativo, soprattutto per quanto riguarda la scuola dell’Infanzia e la formazione professionale». Parlare di  scuola pubblica occorre riferirsi «sia relativamente all’erogatore che al tipo di servizio reso, e dunque identificarlo con la sola scuola statale non è coerente».

L’Ufficio scolastico regionale per la Lombardia, attraverso il direttore Giuseppe Colosio, ha anch’egli affermato«La scuola paritaria? Un patrimonio culturale e pedagogico da difendere. La sua presenza rappresenta per lo Stato un enorme risparmio economico». E in tempi di “spending review” (controllo della spesa) non intervenire a sostegno della loro attività rischia di apparire antieconomico». Egli afferma di sapere che «queste mie parole potranno risultare sgradite a qualcuno», ma «oggi in Lombardia sul milione e mezzo di studenti oltre 305mila sono iscritti a istituti paritari». Senza essi, «costerebbe allo Stato un miliardo e 400 milioni di euro» mentre oggi per l’intero sistema paritario lombardo, «lo Stato sborsa 120 milioni di euro». Occorre aggiungere la formazione professionale, che con 45mila iscritti, rappresenta per lo Stato un risparmio di 450 milioni di euro. Le parole del «rappresentante» del ministero dell’Istruzione in questo territorio, sono lapidarie: «da un punto di vista economico per lo Stato è decisamente più conveniente che la scuola paritaria continui la propria attività», ma non solo, «l’esistenza della scuola paritaria per il sistema scolastico lombardo è preziosa dal punto di vista culturale e pedagogico», è loro il merito di aver praticamente azzerato la dispersione scolastica, gli istituti statali con la loro rigidità strutturale e organizzativa non ce l’avrebbero fatta.

Anche Elena Ugolini, attuale sottosegretario all’istruzione (“Il Fatto Quotidiano” ha cercato più volte di screditare il suo pensiero ricordando che, ha sì un curriculum di tutto rispetto, ma è stata anche preside del liceo privato Malpighi di Rimini), si è espressa in questi giorni: «siamo consapevoli del valore pubblico che le paritarie svolgono all’interno del sistema, per il bene di tutta la collettività […], intendiamo dare certezza e stabilità a chi gestisce le scuole paritarie e soprattutto vorremmo aiutare le famiglie a poter esercitare il loro diritto di scelta in campo educativo». Fa anche cenno al voler «far maturare un concetto di pubblico nel campo scolastico, in linea con i Paesi più avanzati, superarando l’idea che pubblico equivalga a statale»

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La scuola paritaria inferiore a quella statale? Una bufala

Nella tematica della scuola e dell’istruzione da anni c’è una guerra ideologica da parte di alcune fazioni della società, contro la libertà di scelta e di educazione.

Lo ha spiegato bene mons. Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro, parlando di comunismo e dello Stato assoluto: «la scuola deve venire assoggettata al pieno arbitrio dei governanti, a seconda dell’ideologia che domina. Questo è il fondamento dello statalismo scolastico, sia dei paesi liberal-borghesi che in quelli totalitari. La scuola serve a un’omologazione culturale, a far dimenticare una varietà di forme tradizionali e culturali, per assimilare tutto a un’unica forma, quella dello Stato» (“False accuse alla Chiesa”, Piemme 1997, pag. 69). Questi i motivi per cui sostenere la libertà di educazione delle famiglie, senza ovviamente delegittimare l’ottimo servizio offerto dalla scuola pubblica, seppur anch’essa poco sostenuta finanziariamente dallo Stato.

Affermare però che questo sia causato dall’esistenza delle scuole paritarie, è una bufala, come abbiamo già dimostrato: le risorse destinate (nel 2009) alla scuola statale ammontano a più di 54 miliardi di euro, per le scuole paritarie sono destinati invece 530 milioni (molti meno in realtà). Tuttavia, se si desse alle scuole paritarie la cifra che a esse spetterebbe in base alla percentuale dei suoi iscritti (il 10% degli studenti italiani), il contributo dovrebbe ammontare a oltre 5,4 miliardi di euro, dieci volte in più di quanto viene riconosciuto attualmente. Dunque sul bilancio totale dell’istruzione, la scuola paritaria costa allo Stato meno dell’1%,, ma serve ben più alunni di quanto i contributi a essa concessi coprano (il 10% del totale, per l’appunto).

Il leitmotiv del giornalista Salvio Ingraio, al soldo di “Repubblica”, recita da tempo così: le private (paritarie) in Italia sono le peggiori d’Europa e quindi va abolito ogni finanziamento. Questa è un‘affermazione infondata, come vedremo, ma è suggestivo il fatto che Ingraio dimentichi sempre di informare che le private in Italia sono anche le uniche in Europa a non ricevere un contributo adeguato da parte dello Stato. Negli altri Paesi europei infatti (a parte Grecia e Scozia) il finanziamento statale è  totale o comunque copre buona percentuale delle spese: in Belgio e nei Paesi bassi, ad esempio, la parificazione tra istituti pubblici e privati (di carattere confessionale o meno che siano) è totale, in Danimarca il contributo statale copre l’80-85% dei costi delle private, in Austria i due terzi delle spese delle scuole private sono a carico dello stato (che garantisce però per intero il pagamento degli insegnanti), il governo francese invece copre per intero gli stipendi del corpo docente, in Germania il finanziamento pubblico è spettanza esclusiva delle autorità regionali, che comunque coprono mediamente il 40 e il 50% delle spese, e così via. Questo spiega quel che il militante Salvo Intravaia non capisce nei suoi continui attacchi (pare comunque che lui riceva forti censure dal quotidiano di Ezio Mauro).  I dati dimostrano anche che, laddove è riconosciuto il ruolo delle paritarie, come nel resto d’Europa, esse svettino come eccellenze rispetto a quelle statali: accade nel Regno Unito, accade negli USA, accade in Spagna e in Germania, e così via.

Questi attacchi, esclusivamente italiani, alle scuole paritarie (in particolare da “Repubblica” e meno vistosamente da “Il Corriere della Sera”) dimostrano proprio l’opposto di quel che vorrebbero, cioè rilevano che è più che mai necessario uniformarsi all’Europa e avviare un finanziamento corretto. Roberto Pasolini, membro del gruppo di lavoro per la parità scolastica presso il MIUR, ha comunque fatto notare che le accuse di “inferiorità”, oltre ad essere controproducenti, sono anche per la maggior parte sostenute da tesi infondate. Nel 2010 ad esempio “Repubblica” ha titolato: “Nella scuola pubblica si impara di più. L’Italia in basso per colpa delle private” (autore sempre Salvo Intravaia), mentre “Il Corriere”: “Efficienza e qualità. La scuola statale batte quella privata”, basandosi sui dati dell’indagine Ocse-Pisa.

Diversi ricercatori, come Luisa Ribolzi (docente di sociologia dell’educazione, Università di Genova), Giorgio Vittadini (docente di statistica metodologica, Università Bicocca) e Norberto Bottani (già alto funzionario OCSE, ex Direttore dello SRED di Ginevra, tra i più noti ricercatori europei nel campo dell’istruzione) hanno tuttavia dimostrato l’infondatezza scientifica, l’inaffidabilità del campione e la sua non rappresentatività delle scuole paritarie. Si ricorda poi che i dati “oggettivi”, non di un campione, ma basati sul numero reale di studenti che hanno sostenuto l’esame di terza media, dimostrino proprio l’opposto, cioè che gli studenti delle scuole paritarie sono meglio preparati. Lo riporta, ad esempio, Tommaso Agasisti, ricercatore nel dipartimento di Ingegneria gestionale del Politecnico di Milano, basandosi sui dati rilevati dall'”Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione” (INVALSI), su incarico del ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca: per ogni materia e per ogni area del Paese italiano, i punteggi medi delle scuole paritarie sono superiori a quelli delle scuole statali. Lo stesso, occorre dirlo, è riconosciuto dall’articolista de “Il Corriere della Sera” nell’articolo già citato, seppure in tre righe nel finale dell’articolo. L’Osce dice una cosa, dunque, ma si basa su un campione controverso e non rappresentativo, l’INVALSI si basa sul totale degli studenti e rileva la superiorità delle paritarie in termini di istruzione.

Negli articoli di Salvo Intravaia & Co, c’è però una cosa vera, un dato di fatto: le scuole statali possono avvalersi, nel loro insieme, di strumentazione tecnologica in quantità notevolmente più consistente. Come si diceva sopra, questo dimostra appunto che -al contrario di quanto avviene in Europa- in Italia i finanziamenti alle paritarie scarseggiano ingiustamente (nonostante esse servano il 10% degli studenti). Nessuna agevolazione per loro nell’acquisto di strumentazioni legate all’innovazione tecnologica, né per l’aggiornamento dei propri docenti, anche se bisogna ricordare che non è la lavagna interattiva ad assicurare una miglior istruzione, per cui non può nemmeno dirsi dimostrata l’equazione tecnologia = maggior istruzione. Oltretutto è possibile avere strumenti avanzati e non usarli e infatti, dai dati emersi, c’è il forte sospetto che l’utilizzo di tale strumentazione tecnologica da parte degli studenti della scuola pubblica e paritaria, sia sostanzialmente simile (nonostante vi sia maggior disponibilità di strumentazione in quella pubblica). Rimane il fatto che il progetto educativo e formativo delle scuole paritarie è maggiormente attento all’alunno, alle sue esigenze formative ed educative e alle relazioni umane, questo i genitori lo sanno e infatti si registra un vero e proprio boom di iscrizioni per la scuola privata tra l’anno scolastico 2004/2005 e 2010/2011. Alla faccia delle lavagne interattive.

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Miur: le scuole private fanno risparmiare 6 miliardi all’anno

L’esenzione dall’IMU delle scuole paritarie ha riacceso un dibattito ormai antico: l’affidabilità delle scuole paritarie rispetto a quelle statali, e il senso dei loro costi per lo Stato. Il Ministero dell’Istruzione (Miur) ci dà dati utili per capire qual è la realtà: in Italia, il 74,6% delle scuole totali è costituito di scuole statali, 56.789 unità che accolgono l’87,6% degli alunni. Le scuole paritarie sono il 24,1%, 13.670 unità. Di queste, circa 8000 (il 41% delle paritarie totali) sono scuole dell’infanzia, 1500 le primarie, quasi 700 le secondarie di primo grado e circa 1500 le secondarie di secondo grado. Gli alunni che frequentano le paritarie sono il 10% della popolazione scolastica totale, che in tutto è 8.960.000 unità.

A seguito della legge 62/2000 (che ha riconosciuto la parità a tutte le scuole private purché in linea con determinati requisiti fissati dalla legge stessa) è stato assegnato alle scuole paritarie un contributo finanziario che nell’anno 2006 ha raggiunto il suo apice, circa 530 milioni di euro, e poi è stato sistematicamente messo in discussione dalle successive leggi finanziarie con tagli rilevanti (oltre il 45%), scongiurati, solo in parte, dalle proteste di alcune associazioni di famiglie, scuole ed enti gestori. Nel Quaderno La scuola in cifre 2009-2010”, (qui se il pdf non si apre) curato dalla “Direzione Generale per gli Studi, la Statistica e i Sistemi informativi del MIUR”, si legge che in Italia uno studente che assolve l’obbligo d’istruzione nella scuola statale (sino ai 15 anni) senza esser ripetente e frequentando la scuola materna (13 anni di scolarità) costa circa 88.700 euro; il costo per i diplomati di scuola secondaria di II grado (16 anni di scolarità) raggiunge i 109.420 euro. Per i ripetenti tra essi, il costo sale di oltre il 6%. Le risorse destinate nel 2009 alla scuola statale ammontano a più di 54 miliardi di euro.

Riassumendo i dati suddetti, si può dire che, se si desse alle scuole paritarie la cifra che a esse spetterebbe in base alla percentuale dei suoi iscritti (il 10%), il contributo dovrebbe ammontare a oltre 5,4 miliardi di euro, dieci volte in più di quanto viene riconosciuto attualmente (circa 530 milioni). Sul bilancio totale dell’istruzione la scuola paritaria rappresenta, infatti, meno dell’1%. Quindi, non solo la scuola paritaria costa allo Stato meno dell’1% di quella statale, ma serve ben più alunni di quanto i contributi a essa concessi coprano: il 10% del totale.  Allo Stato ogni alunno di scuola paritaria costa annualmente 584 euro nell’infanzia, 866 euro nella primaria, 106 euro nella scuola secondaria di primo grado, 51 euro nella secondaria di secondo grado. Invece, la spesa per studente delle istituzioni scolastiche pubbliche si attesta nel 2009 a 6.351 euro per la scuola primaria, 6.880 per la secondaria.

A conti fatti, dunque, l’esistenza delle scuole paritarie garantisce allo Stato un risparmio annuo di oltre 6 miliardi di euro, che è quanto spenderebbe se tutti gli alunni che le frequentano passassero alla scuola statale. Molti sostengono che il Governo toglie risorse alla scuola statale per darle alla scuola privata; è l’esatto opposto, cioè lo Stato, con le risorse date alla scuola privata, risparmia su quanto dovrebbe spendere per le risorse che dovrebbe dare in più a quella pubblica. Nel 2010 la rivista specializzata di settore Tuttoscuola ha calcolato che lo Stato risparmierebbe oltre 500 milioni di euro l’anno se aumentasse di 100 milioni i contributi alla scuola paritaria, consentendo a più famiglie di sceglierla (ogni euro investito nella paritaria renderebbe allo Stato 5 euro di risparmio).

La redazione

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Le scuole private fanno risparmiare 6 milioni di euro allo Stato

Le scuole private paritarie fanno risparmiare allo Stato quasi sei milioni di euro. Lo stabilisce una ricerca eseguita dal dipartimento di Scienze antropologiche della facoltà di Scienze della formazione dell’Università di Genova, sotto la guida della professoressa Luisa Ribolzi. Ed è anche l’opinione dell’Agesc, l’Associazione dei genitori delle scuole cattoliche, che chiedono più finanziamenti allo Stato perché comunque l’amministrazione pubblica ci guadagna.

Se lo Stato incentivasse il passaggio dalla pubblica alla paritaria con un bonus di 500 euro annui per studente risparmierebbe comunque perché quello studente costerebbe di meno che se continuasse a frequentare la scuola pubblica. Basterebbe soltanto guardare la differenza tra la spesa media dello Stato per uno studente del liceo pubblico, 7.147 euro, e la spesa dello Stato per uno studente che va alla paritaria: 51 euro.

Anche nella scuola d’infanzia c’è un grande risparmio: 5.828 € contro i 584 € per coloro che vanno alle paritarie. Nella scuola primaria si parla di 6.525€ contro gli 866€ e alle medie 7.232€ contro 106€. Senza le scuole paritarie lo Stato non riuscirebbe a sostenere il costo di tutti gli alunni e tantissimi studenti non potrebbero andare a scuola.

Lo Stato, sostengono i ricercatori di Genova, risparmierebbe il 20% se permettesse a quella percentuale di famiglie che non si può permettere di spostarsi nelle paritarie con un incentivo di circa 500 euro annui.

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