L’Esodo biblico degli ebrei, conferme dall’archeologia

Il più importante archeologo austriaco, Manfred Bietak, riconosce sul Biblical Archaeology Review la storicità del racconto biblico sulla fuga degli ebrei dall’Egitto. Ecco riassunti gli argomenti a favore dell’Esodo biblico.

 
 
 

L’Esodo biblico, realtà o finzione?

Recentemente abbiamo analizzato le origini della Pasqua cristiana, smentendo il legame con il paganesimo e affermando invece un forte legame con la Peasch ebraica.

Questa festa, infatti, celebrava l’Esodo, la fuga degli ebrei dall’Egitto, dov’erano sottoposti alla schiavitù, verso la Palestina e sotto la guida di Mosè.

Da più parti si sostiene tuttavia che l’Esodo sarebbe un racconto leggendario e mitologico, mai provato dall’archeologia.

Pur avendo più volte sostenuto la necessità di interpretazione dell’Antico Testamento, senza ritenerlo un libro di storia o di scienza, abbiamo anche sottolineato che ciò non esclude tratti di storicità.

 

L’Esodo biblico e le prove storiche: nessuna leggenda.

Sul numero di maggio/giugno 2016 della rivista Biblical Archaeology Review è apparsa infatti una dettagliata analisi delle prove a favore della storicità dell’esodo biblico, firmata dal più importante archeologo austriaco Manfred Bietak, professore emerito di Egittologia all’Università di Vienna e fondatore dell’Austrian Archaeological Institute.

Esaminando testi egizi, manufatti e siti archeologici, Bietak conclude sostenendo che il testo biblico riporta eventi storicamente accurati risalenti al XIII secolo a.C.

Un primo esempio sono i nomi di tre luoghi che compaiono nel Libro dell’Esodo, i quali corrispondono precisamente ai toponimi egizi del periodo Ramesside (XIII-XI secolo a.C.).

Si tratta di Pithom, Ramses e Yam Suph corrispondenti ai toponimi egizi Pi-Ramesse, Pi-Atum e (Pa-)Tjuf, i quali compaiono nel periodo Ramesside e cessarono di essere utilizzati all’inizio del Terzo periodo intermedio dell’Egitto (iniziato nel 1085 a.C.).

Questi luoghi specifici registrati nel testo biblico dimostrano che la memoria dei profeti, autori dei brani, è anteriore al Terzo Periodo Intermedio, supportando l’avvenimento dell’Esodo nel XIII secolo a.C. durante il periodo Ramesside (come d’altra parte sostiene gran parte degli studiosi biblici).

Una seconda prova archeologica citata nell’articolo è relativa alle scoperte avvenute a Tebe.

Negli anni ’30, in occasione dello scavo del tempio funerario degli ultimi faraoni della XVIII dinastia egizia (Aya e Horemheb) da parte degli archeologi dell’Università di Chicago, venne alla luce una casa (e parte di un’altra) appartenente agli operai che avevano l’incarico di demolire il tempio su ordine del faraone Horemheb (morto nel 1292 a.C.).

La pianta della casa è caratteristica delle abitazioni israelite durante l’età del ferro pur essendo costruita in canniccio e fango. Risulta significativo che questa casa sia stata costruita in Egitto nello stesso periodo in cui gli israeliti stavano costruendo case simili in Cananea e le forti somiglianze inducono a ipotizzare che i costruttori della casa tebana fossero o proto-israeliti o un gruppo strettamente imparentato con gli israeliti.

Una terza prova a favore dell’Esodo biblico è l’Onomasticon Amenope, un elenco di parole classificate del Terzo Periodo Intermedio dell’Egitto.

Scritto in ieratico, il papiro include il toponimo semitico b-r-k.t, che si riferisce ai laghi di Pithom.

Ciò dimostra che nelle fonti egiziane, al posto del nome egiziano originale, veniva usato un nome semitico inducendo a considerare che una popolazione di lingua semitica abbia vissuto nella regione abbastanza a lungo per far sì che i loro termini soppiantassero gli originali.

Un quarto argomento convincente dell’Esodo deriva dalla stessa analisi del testo biblico in cui si parla della storia della schiavitù. È probabile che una storia di schiavitù sia vera.

L’archeologo Manfred Bietak scrive, infatti:

«La trama dell’Esodo, di un popolo in fuga da un’umiliante schiavitù, suggerisce elementi storicamente credibili. Normalmente, sono solo le storie di gloria e di vittoria che vengono conservate nelle narrazioni da una generazione all’altra. È probabile che una storia di schiavi contenga elementi di verità».

 

La scienza e la separazione delle acque del Nilo

Così, se da un lato le scoperte archeologiche riassunte nell’articolo sembrano confermare l’accuratezza dell’Esodo biblico, sarebbe sbagliato sostenere che ogni dettaglio della storia dell’Esodo nella Bibbia è automaticamente vero.

Ad esempio, non risulta dimostrato che si trattò della fuga di 600.000 ebrei, come afferma la Torah. Numeri così esorbitanti avrebbero senz’altro lasciato maggiori tracce storiche. E’ molto più probabile che l’esodo abbia riguardato solo alcune grandi famiglie.

Che dire, infine, dell’evento più epico del racconto dell’esodo, cioè la separazione delle acque del Nilo da parte di Mosè? Si tratta ovviamente di un evento trascendente che, per ovvie ragioni epistemologiche, non può essere indagato dall’indagine storica o scientifica.

Nel 2010, tuttavia, i ricercatori del National Centre for Atmosphere Research e dell’Università del Colorado, attraverso una simulazione, hanno sostenuto che l’evento sarebbe naturalmente possibile e non avrebbe violato le leggi naturali.

Anzi, è stato concluso, «il nostro studio suggerisce che la narrazione biblica è perfettamente verosimile. Per i credenti sarà un miracolo del Signore, per i non credenti un miracolo della Natura, ma il risultato è lo stesso».

La redazione

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Una scoperta conferma l’età antica della Bibbia: si legge il nome di Dio

Un amuleto datato al X secolo potrebbe riscrivere la storia dell’Antico Testamento. Oltre ad essere il primo uso del nome di Dio in Israele (“YHWH”), anticipa di diversi secoli l’alfabetizzazione degli israeliti e quindi conferma l’età antica della Bibbia.

 
 
 

Una delle scoperte archeologiche più importanti degli ultimi anni.

Se venisse confermata, si tratterebbe del più antico testo ebraico (contenente il nome di Dio, “YHWH“) e anticiperebbe di molti secoli la datazione dell’Antico Testamento.

«Questo è un testo che si trova una volta ogni 1.000 anni», ha spiegato Gershon Galil, studioso dell’Università di Haifa.

L’annuncio è stato fatto giovedì scorso a Houston (Texas) da parte dell’archeologo Scott Stripling ed il ritrovamento è avvenuto sul monte Ebal, noto dal testo biblico del Deuteronomio (Dt 11,29).

Si tratta di un amuleto a forma di tavoletta di piombo (2x2cm) che è stata datato al 1400 a.C.

 

Il più antico uso del nome di Dio: “YHWH”

Il sito archeologico era stato aperto 30 anni fa quando venne alla luce un altare circolare che l’archeologo Adam Zertal ritiene costruito dal condottiero biblico Giosuè una volta entrato nella terra d’Israele.

Si tratta infatti di un evento descritto così nella Bibbia: «In quel tempo, Giosuè costruì un altare al Signore, Dio di Israele, sul monte Ebal, secondo quanto aveva ordinato Mosè, servo del Signore, agli Israeliti» (Giosuè 8, 30-35).

Il prof. Galil, già presidente del dipartimento di Storia ebraica all’Università di Haifa, ha affermato che «l’amuleto è stato lasciato intenzionalmente vicino a questo luogo di culto. La mia conclusione è che la storia biblica dell’altare di Giosuè è un fatto storico».

La tavoletta (o amuleto) sarebbe quindi il primo uso attestato del nome di Dio in Terra d’Israele e riporterebbe indietro di diversi secoli l’orologio dell’alfabetizzazione israelita, dimostrando che gli ebrei erano già alfabetizzati quando entrarono in Terra Santa.

 

La scoperta prova l’alfabetizzazione degli israeliti.

Questo proverebbe, di conseguenza, che i loro profeti avrebbero potuto scrivere la Bibbia.

«Alcuni hanno scritto in modo denigratorio che non sarebbe stato possibile scrivere la Bibbia in un’età così antica perché non c’era una scrittura alfabetica», ha detto Stripling. «Con la scoperta di questo amuleto non si può più sostenere che il testo biblico non sia stato scritto fino al periodo persiano o ellenistico».

«Questo ritrovamento cambia anche la cronologia per l’Esodo dall’Egitto ed il successivo ingresso in Israele», ha aggiunto l’archeologo. Gli studiosi, infatti, concordano che questi eventi avvennero durante il XIII secolo a.C. Ma ora si può sostenere che «siano avvenuti precedentemente».

 

«Il testo coincide con gli eventi biblici».

Secondo la Bibbia, sul monte Ebal vennero invocate alcune maledizioni verso coloro che violarono la legge di Dio, un patto siglato tra gli ebrei e Dio prima di entrare nella terra d’Israele.

Sulla tavoletta, ritrovata grazie a scansioni tomografiche, sono emerse proprio alcune di queste maledizioni.

«Non si tratta di un’iscrizione antecedente alla Bibbia», ha dichiarato l’archeologo Stripling. «Crediamo che coincida con gli eventi biblici, c’è verosimiglianza e coerenza tra ciò che si legge nel testo biblico e ciò che abbiamo scoperto. Se il testo dicesse il vero, questo è ciò che ci aspetteremmo di trovare e, in effetti, è ciò che abbiamo trovato».

 

Occorre avvertire però che i ricercatori non hanno ancora pubblicato la scoperta su una rivista accademica sottoposta a revisione paritaria.

Tuttavia, l’Associates for Biblical Research afferma che un articolo accademico verrà pubblicato entro la fine dell’anno e sarà firmato da Stripling, Galil, Ivana Kumpova, Jaroslav Valach, Pieter Gert van der Veen, Daniel Vavrik e Michal Vopalensky.

La redazione

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Scoperto l’anello di Ponzio Pilato, un’altra prova della storicità del prefetto dei Vangeli

L’anello di Ponzio Pilato e i Vangeli. L’importante scoperta è stata realizzata nel sito archeologico di Herodion, vicino a Gerusalemme, diversi anni fa. Ma oggi è stata decifrata la scritta su un anello di bronzo. Un’altra conferma dell’esistenza storica di quel noto personaggio dei Vangeli.

 

Il nome “Pilato” è stato decifrato su un anello di bronzo ritrovato cinquant’anni fa in scavi effettuati nel complesso archeologico dell’Herodion, vicino Betlemme in Cisgiordania. La notizia è stata data dal giornale israeliano Haaretz e si tratta della seconda scoperta archeologica legata al prefetto romano. Dopo un’opportuna pulizia, le immagini fotografiche hanno rilevato l’effigie di un un vaso di vino sovrastata da una scritta in greco, che è stata appunto tradotto con il nome Pilato. L’oggetto, quasi sicuramente un sigillo, è di fattura semplice e ciò induce a pensare che il funzionario romano lo portasse tutti i giorni e non soltanto in eventi speciali.

Il collegamento con quel personaggio, così centrale nella fine della vita terrena di Gesù, è stato immediato. «Quel nome era raro nell’Israele di quei tempi. Non conosco nessun altro Pilato di quel periodo e l’anello mostra che era una persona di rango e benestante», ha affermato il prof. Danny Schwartz, responsabile della scoperta. Il sito archeologico in cui è stata effettuata la scoperta è lo stesso in cui nel 2015 è stato trovato il palazzo di Erode, dove avvenne anche il processo di Gesù guidato da Ponzio Pilato.

Pilato condannò Gesù di Nazareth alla morte in croce e la sua esistenza storica è dimostrata senza alcun ragionevole dubbio dalla convergenza di numerose testimonianze indipendenti. «La testimonianza convergente dei quattro vangeli, degli Atti degli Apostoli, di Flavio Giuseppe, di Filone, di Tacito e dell’iscrizione di Cesarea Marittima», ha infatti scritto il biblista J.P. Meier, «rendono almeno moralmente, se non scientificamente, certo che Ponzio Pilato fosse il governatore romano della Giudea negli anni 28-30 d.C.» (Un ebreo Marginale, vol 1, Queriniana 2006, p. 158).

Meier cita giustamente anche l’iscrizione di Cesarea Marittima, ovvero una sensazione scoperta del 1961 in cui per la prima volta è comparso il nome di Ponzio Pilato, abbinato al titolo di Praefectus Iudaeae. In quell’occasione si accertò che lo storico romano Tacito commise un errore in quanto definì Pilato come “procuratore” mentre i Vangeli si riferiscono a lui come il termine greco di heghemon, che era la designazione generica per gli incaricati imperiali e quindi valeva allo stesso modo sia per procuratore che per prefetto. Più storicamente attendibili gli evangelisti di Tacito?

Se dunque l’esistenza storica di Ponzio Pilato non è più messa in discussione da nessuno, diversi studiosi contestano la storicità del ritratto che di lui emerge nei Vangeli, ovvero desideroso di rilasciare Gesù ma infine acquiescente nei riguardi delle richieste dell’élite più influente di Gerusalemme, cioè i sommi sacerdoti. Molti suppongono che gli evangelisti abbiano deformato la storia per interessi apologetici, cioè per presentare i primi cristiani “dalla parte di Roma”. Ma due eminenti studiosi come Craig A. Evans e NT Wright hanno respinto tale accusa mostrando in modo convincente che «se consideriamo il contesto politico e sociale della Palestina al tempo di Pilato, non dovrebbe affatto sorprenderci che quest’ultimo fosse riluttante a mettere a morte un profeta popolare proveniente dalla Galilea e i cui seguaci erano presenti in gran numero a Gerusalemme. Inchiodare Gesù ad una croce avrebbe potuto a tutti gli effetti aizzare una sommossa: cosa che Pilato sperava di evitare. Se Gesù non aveva fini militari, allora era poco più di uno scocciatore. Una sferzata e un po’ di prigione sarebbero stati sufficienti. Eppure no: i capi dei sacerdoti lo volevano morto. Pilato si sentì costretto a far loro il favore, ma solo dopo che fosse stato posto in chiaro che la decisione di ucciderlo non sarebbe stata sua» (Gli ultimi giorni di Gesù, San Paolo 2010, p. 33).

“Poco più di uno scocciatore”, pensava Pilato a proposito di Gesù. Talmente “scocciatore” che il nome di quel remoto prefetto romano è impresso in modo indelebile nella storia umana e oggi, oltre 2000 anni dopo, la notizia del ritrovamento di un anello con il suo nome è diventata d’interesse per milioni di persone in pochissimo tempo. Tutto grazie a quello “scocciatore”, che ha sconvolto l’esistenza dell’umanità anche in seguito a quella terribile decisione di Ponzio Pilato.

La redazione

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I segreti delle reliquie bibliche, un nuovo libro cerca la verità nella leggenda

Pubblichiamo qui di seguito l’invito alla lettura di Massimo Olmi, scrittore e studioso di storia antica, al suo ultimo libro, intitolato “I segreti delle reliquie bibliche” (X Publishing 2018).

 

In questo nuovo libro, vengono esaminati alcuni manufatti menzionati nella Bibbia, tra cui l’Arca dell’Alleanza, la croce di Cristo, la lancia del soldato che trafisse il costato di Gesù e il calice dell’Ultima Cena.

Il primo capitolo del volume è dedicato all’Arca perduta, la misteriosa cassa realizzata all’epoca di Mosè per contenere le tavole dei Dieci comandamenti. Non è chiaro che fine abbia fatto, dal momento che nell’Antico Testamento, ad un certo punto, non se ne parla più. Alcuni studiosi ipotizzano che l’Arca sia stata portata via dai babilonesi, i quali saccheggiarono il tempio di Gerusalemme nel 587 o nel 586 a.C. Ma la Bibbia ci informa che più tardi gli arredi sacri del santuario furono tutti restituiti. Nel Libro di Esdra troviamo l’elenco di tali oggetti, ma dell’Arca dell’Alleanza non vi è alcuna traccia. Oggi si sente spesso dire che il misterioso manufatto biblico si trova in Etiopia. Ad Axum, infatti, è custodita un’arca che viene indicata come l’originale. Qualcuno, invece, ritiene che l’Arca si trovi tuttora a Gerusalemme, in una camera segreta sotto le rovine del tempio. Ma stando ad alcuni testi medievali il prezioso manufatto fu portato addirittura a Roma e nascosto nella basilica di San Giovanni in Laterano. Si tratta solo di una leggenda?

Ampio spazio è dedicato inoltre ad alcuni strumenti della Passione, a cominciare dalla croce. Dopo la deposizione di Gesù nel sepolcro, che fine fecero i legni di tale strumento di supplizio? Circa tre secoli dopo la Crocifissione, furono rinvenuti presso il Golgota i resti di tre croci. Alcuni autori della tarda antichità affermano che fu portata alla luce anche la tavoletta recante il motivo della condanna, posta da Pilato sulla croce di Gesù. Questa si trova oggi a Roma, nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Si tratta davvero dell’autentico titulus crucis descritto nei Vangeli? Dall’esame del carbonio 14 sembra trattarsi di un manufatto medievale, ma dall’esame paleografico il reperto può benissimo essere collocato all’epoca di Cristo. Ci troviamo dunque di fronte ad un altro caso come quello della controversa datazione medievale della Sindone?

Nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme sono conservate anche altre importanti reliquie, tra cui quello che sembra il legno orizzontale di un’antica croce romana, che la tradizione attribuisce allo strumento di supplizio del buon ladrone ricordato dall’evangelista Luca. Di solito gli studiosi tendono a sorvolare su questo straordinario reperto, probabilmente per la difficoltà nel reperire informazioni al riguardo. Alcuni testi medievali contengono comunque notizie molto interessanti sui resti della croce del buon ladrone, che ci portano da Gerusalemme a Roma passando per l’isola di Cipro.

Fra gli oggetti esaminati nel libro c’è anche il Santo Chiodo di Milano, una reliquia dall’aspetto curioso, essendo formata da tre ferri che si avviluppano in uno strano groviglio. Si tratta, pare, di ciò che resta di un antico morso per cavallo, forse quello menzionato da sant’Ambrogio in una sua celebre orazione, realizzato con uno dei chiodi della croce. In tempi recenti, però, è stata avanzata una particolare ipotesi sull’impiego, da parte dei carnefici romani, di strumenti del genere da usare nelle crocifissioni.

Per quanto riguarda invece la cosiddetta lancia di Longino, quasi tutti conoscono la reliquia conservata a Vienna, ma in pochi sono a conoscenza della lancia di Cracovia, di quella conservata in Armenia e di quella di Smirne, ma soprattutto del ferro della lancia custodito nella basilica di San Pietro. Di quest’ultimo, è possibile ricostruirne la storia a partire dal VI secolo e non è da escludere, anche in base alla testimonianza di Andrea di Creta (660 circa-740), che si tratti dell’autentica lancia menzionata nel Vangelo di Giovanni e che sia stata rinvenuta anch’essa da sant’Elena durante gli scavi eseguiti presso il Golgota nel IV secolo. Cosa interessante, la sua larghezza coincide perfettamente con la ferita del costato dell’Uomo della Sindone. Nel libro ci sono diverse immagini di questa reliquia.

C’è poi la coppa usata da Gesù nell’Ultima Cena, che nell’immaginario di ognuno di noi è legata indissolubilmente alla leggenda del Santo Graal. Antichi documenti ne attestano la presenza a Gerusalemme in età tardo antica. Secondo un anonimo pellegrino del VI secolo, tale coppa era di onice. Ma in un testo di circa un secolo più tardi si parla di un recipiente d’argento con due manici. Come si spiega questa differente descrizione? E dove si trova oggi la preziosa reliquia?

Nel libro si tenta di dare una risposta a questi e ad altri interrogativi. Ma a proposito del Santo Graal, alcuni studiosi continuano a riproporre la tesi secondo cui deriverebbe da sang réal, il “sangue reale” dei re merovingi discendenti di Gesù e di Maria Maddalena. Vedremo invece che ciò è assolutamente privo di fondamento e che i testi medievali dedicati al Graal parlano semplicemente di un recipiente, di una coppa di pregevole fattura con incastonate delle pietre preziose, in cui è raccolto il sangue divino scaturito dalle ferite del Cristo crocifisso. Una reliquia, dunque, estremamente preziosa.

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Qui si svolse il Concilio di Nicea? Una chiesa di 1600 anni rinvenuta in un lago turco

Gli archeologi che stanno esplorando un lago in Turchia hanno scoperto una antica basilica cristiana, risalente a 1.600 anni fa, che potrebbe essere stata la sede del famoso Concilio di Nicea, tenutosi nel 325 d.C.

 

L’archeologo Mustafa Şahin dell’Università Bursa Uludağ, ha scoperto una antica chiesa a tre navate usando fotografie aeree. La basilica è sepolta sotto al lago Iznik vicino all’attuale città di Iznik, che anticamente era conosciuta appunto come Nicea. «Quando ho visto per la prima volta le immagini del lago, sono rimasto piuttosto sorpreso nel vedere una chiara struttura ecclesiale», ha riferito l’archeologo. «Stavo facendo ricerche a Iznik dal 2006 e non avevo mai scoperto una struttura così magnifica».

Un terremoto del 740 d.C. distrusse la chiesa che ora si trova a circa 3 metri sotto al livello dell’acqua e a 50 metri dalla riva dalla riva. All’interno sono state trovate alcune tombe che custodivano monete risalenti agli imperatori romani Valente (che regnò dal 364 al 378 d.C.) e Valentiniano II (dal 375 al 392). Secondo gli studiosi potrebbe trattarsi della sede in cui si volge il Primo Concilio di Nicea, convocato dall’imperatore Costantino nell’anno 325.

Quest’anno sono state effettuate altre scoperte importanti per la storia ebraico-cristiana. Una su tutte: la studiosa Eilat Mazar ha infatti annunciato di avere trovato in scavi nei pressi del Muro del Pianto un piccolo reperto, risalente a 2700 anni fa, che sarebbe appartenuto al profeta Isaia. Se venisse confermata sarebbe una scoperta eccezionale in quanto rappresenterebbe il primo “contatto” fisico con uno dei più grandi profeti della Bibbia.

La redazione

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Fede e Storia

Qual è stato l’impatto del cristianesimo nella storia dell’umanità?

La storia stessa è divisa tra un “prima” e un “dopo Cristo“, come sappiamo, e il filosofo e storico laico Benedetto Croce espresse il suo giudizio affermando: «Non possiamo non dirci cristiani».

È possibile non essere credenti, ma è inevitabile riconoscere i numerosi frutti del cristianesimo, come l’origine della civiltà umana, del concetto di persona, dei valori e dei diritti fondamentali dell’uomo, della sua unicità e irripetibilità.

Tuttavia, non tutto è stato positivo. Dalla storia emergono anche molti eventi controversi causati da individui cristiani che hanno danneggiato l’immagine del cristianesimo e della Chiesa. Su questo argomento, la pubblicistica anticlericale (a partire dall’Illuminismo) ha scritto abbondantemente, spesso strumentalizzando, estrapolando e manipolando la verità storica.

Indubbiamente, sono state commesse ingiustizie indicibili anche in nome della Chiesa. Spesso coloro che le hanno perpetrate volevano il bene, ma hanno compiuto il male, tradendo così il messaggio stesso di Cristo e l’insegnamento della Chiesa. Questo è stato sottolineato anche da Giovanni Paolo II durante il Giubileo del 2000, quando guidò l’intera Chiesa cattolica in un grande atto di pentimento per le colpe commesse nei due millenni trascorsi.

Riconoscere ciò non implica che dobbiamo minimizzare le accuse o credere a leggende nere. Anzi, proprio il contrario è ciò che abbiamo fatto nei seguenti dossier:

 

Ecco i nostri dossier:

 
 

L’Inquisizione e la leggenda nera smentita dagli storici moderni

Una raccolta di citazioni dei principali specialisti internazionali dell’Inquisizione contro la leggenda nera che impedisce ai risultati della storiografia moderna di uscire dalle università e raggiungere il pubblico generale. Il mito popolare di un’istituzione brutale e sanguinaria, prodotto dalla propaganda illuminista e protestante.

 
 
 

Madre Teresa di Calcutta, nessun lato oscuro: risposta alle falsità.

Nemmeno la famosa missionaria, simbolo internazionale di dedizione agli altri, è stata risparmiata da feroci critiche, paragonata addirittura al criminale nazista Adolf Eichmann. Abbiamo perciò analizzato tutte le accuse e, grazie allo studio delle fonti storiche e biografiche, dato opportuna risposta ad esse, citando anche i tanti intellettuali non credenti che si sono accostati a Madre Teresa e che oggi sono i suoi primi difensori.

 

La scienza nasce nel Medioevo cristiano: analisi storica.

Gli storici moderni da anni hanno ormai certificato l’origine della scienza moderna e del metodo scientifico nel Medioevo cristiano, sotto l’ala della Chiesa cattolica. Fu proprio la teologia cristiana, ben differente da quella pagana, orientale ed islamica, a spronare lo studio della natura così da poter maggiormente conoscere il suo Autore. Non a caso i principali scienziati della storia sono tutti stati cristiani convinti, spesso più interessati alla teologia che alla scienza.

 

Colonialismo e Chiesa cattolica: sfatiamo la leggenda nera.

Quale ruolo ebbero i pontefici e l’istituzione ecclesiastica nel colonialismo? Grazie al contributo di numerosi storici e specialisti del tema, ricostruiamo dettagliatamente l’epoca colonialista affrontando le polemiche moderne sulle presunte evangelizzazioni forzate, sulla difesa degli indios, sul ruolo dei missionari che viaggiarono assieme ai colonizzatori.

 

Emanuela Orlandi: analisi dettagliata di tutte le piste investigative.

La ricostruzione dettagliata della vicenda riguardante la giovane cittadina vaticana scomparsa il 22 giugno 1983 e la valutazione della fondatezza o meno delle teorie emerse finora per spiegare l’accaduto. Il dossier è costantemente aggiornato in quanto ogni mese emergono nuove (e presunte) rivelazioni o vicende comunque collegate al caso.

 

Il cristianesimo ha dato dignità alla donna e ai bambini.

Attraverso gli scritti e i pensieri di numerosi storici, donne e femministe, spesso ben lontani dal percorso cristiano, illustriamo quanto la civiltà cristiana ha fatto per modificare radicalmente la concezione della donna e dei bambini nel corso della storia umana.

 

Cristianesimo e schiavitù: l’abolizione iniziò nel Medioevo.

In che rapporti il primo cristianesimo si pose nei confronti degli schiavi? Grazie al contributo di numerosi storici abbiamo mostrato come, grazie all’affermarsi della cristianità, lo schiavismo passò da una pratica moralmente accettata all’essere moralmente riprovevole.

 

Il falso mito di Ipazia di Alessandria: la morte ed il vescovo Cirillo.

Davvero fu uccisa dal vescovo Cirillo e dai cristiani? Fu una filosofa pericolosa per il cristianesimo? Una proto-femminista? Analizzando le fonti storiche e gli studi di storici accreditati sulla tragica morte ne emerge uno scenario ben differente da quello presentato dalle pubblicazioni anticlericali.

 

Sant’Agostino e le false citazioni sulle donne e la terra piatta.

Esistono un florilegio di citazioni attribuite ai Padri e Dottori della Chiesa, alcune volte inventate di sana pianta e molto spesso estrapolate da veri testi ed opportunamente alterate, così da poter mettere in bocca ai vari autori ciò che si vuole loro far dire. L’accanimento su Sant’Agostino è particolarmente evidente e questo dossier dimostra la falsità delle citazioni a lui attribuite.

 

pensiero di san tommaso

Il vero pensiero di Tommaso d’Aquino sulle donne e sull’aborto.

Anche secondo molti cattolici, Tommaso d’Aquino disapproverebbe l’attuale insegnamento del Magistero della Chiesa Cattolica sull’aborto. Inoltre, anche a lui vengono falsamente attribuite opinioni contro le donne che invece non rispecchiano il suo reale pensiero. Questo dossier analizza entrambe le questioni.

 

Maciel Degollado ed il Vaticano: connivenza? La verità sui Legionari di Cristo.

Il Vaticano sapeva della doppia vita di Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo? Cosa fecero realmente Giovanni Paolo II e Benedetto XVI? A queste e altre domande rispondiamo in questo dossier, presentando anche una cronologia della vicenda.

 

Le Case Magdalene e la falsa storia di cui è accusata la Chiesa.

Dopo il film “Magdalene” (2002) di Peter Mullan è esplosa la polemica delle case religiose irlandesi in cui finirono diverse donne orfani, prostitute o meritevoli di “correzione” secondo la mentalità dell’epoca. In questa ricostruzione dello scrittore Francesco Agnoli osserviamo e rispondiamo alle accuse rivolte alla Chiesa cattolica.

 

Emanuela Orlandi: tutte le news e la cronologia dei fatti.

La ricostruzione dettagliata della vicenda riguardante la giovane cittadina vaticana scomparsa il 22 giugno 1983, la cui vicenda è diventata un cold case italiano. Il dossier è costantemente aggiornato in quanto ogni mese emergono nuove (e presunte) rivelazioni o vicende comunque collegate al caso.

 

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Re biblico Ezechia, l’archeologia conferma l’esistenza

ezechiaFino a pochi decenni fa molti storici e studiosi concordavano sul fatto che le narrazioni bibliche che descrivono il tempo prima dell’esilio babilonese sarebbero state frutto della fantasia di scribi pii, mossi dall’obiettivo di giustificare le loro preoccupazioni sull’esilio attraverso la creazione di un passato a cui far riferimento.

E’ stata anche messa in dubbio l’esistenza di figure come i re Davide e Salomone, mentre alcuni studiosi oggi affermano che sarebbero esistiti ma soltanto come piccoli capi tribali, oggetto di successiva glorificazione. E’ stata l’archeologia a smentire queste convinzioni.

Proprio in questi giorni è stata annunciata la scoperta a Ophel, ai piedi della parete meridionale del Monte del Tempio, di un sigillo reale del re biblico Ezechia. Gli scavi, condotti dall’Università Ebraica di Gerusalemme sotto la direzione di Eilat Mazar, hanno portato alla luce questo reperto di forma ovale, sul quale compare un’iscrizione in alfabeto ebraico antico, che recita: “Hezkiahu (figlio di) Achaz re di Giudea“. Vi è inciso anche un sole con due ali rivolte verso il basso, affiancato dall’ankh simboleggiante la vita, che è l’emblema scelto dal monarca nella fase finale del suo regno, protrattosi negli anni 727-698 a.C. Ezechia è descritto favorevolmente nella Bibbia (Re2, Isaia, Cronache) come re intraprendente e audace: «Fra tutti i re di Giuda nessuno fu simile a lui, né fra i suoi successori né fra i suoi predecessori» (Re2 18,5).

Il ritrovamento va connesso a quelli emersi in questi anni rispetto agli altri re biblici, come Davide e Salomone. Ricordiamo ad esempio la scoperta di una città fortificata in Giudea al tempo di re Davide, che ha fatto concludere così gli studiosi: «le ipotesi di chi nega la tradizione biblica per quanto riguarda Davide e sostiene che egli era una figura mitologica, o un semplice capo di una piccola tribù, vengono ora dimostrate essere errate». I reperti di Khirbet Qeiyafa indicano, inoltre, che uno stile architettonico elaborato si era sviluppato fin dal tempo del noto re biblico, così come la formazione di uno stato e la creazione di una élite, con un certo livello sociale e urbanistico.

L’esistenza di Davide è stata anche confermata dalla stele di Tel Dan, trovata nell’odierno Israele settentrionale nel 1993-94, e datata all’incirca all’842 a.C.. L’iscrizione reca il nome di re Davide e descrive la sconfitta di Joram (o Jehoram), re del regno di Israele, e suo figlio Ahaziah (o Ahaziyahu), re del regno di Giuda, da parte del sovrano del regno di Aram Damasco all’inizio del 9° secolo a.C. Allo stesso tempo è stato trovato il palazzo di re Salomone e l’antica muraglia di Gerusalemme da lui fatta costruire.

Ci sono conferme anche sui personaggi più famosi e apparentemente più mitologici della Bibbia, come ad esempio Sansone. E’ stata ritrovata, infatti, una moneta dell’XII secolo a.C. in cui si descrive un grande uomo con i capelli lunghi che lotta contro un leone. E’ noto infatti il famoso episodio biblico della forza di Sansone che squarciò, come fosse un capretto, un leone che lo aggredì (Giudici 14,6). Gli studiosi sono infatti convinti che rappresenti il famoso giudice biblico.  Il prof. Lawrence Mykytiuk , della Purdue University, ha spiegato e mostrato che ad oggi l’archeologia ha confermato l’esistenza di almeno 50 personaggi biblici.

Rimandiamo un approfondimento su questa tematica ad un nostro dossier specifico sull’archeologia biblica. Ci teniamo tuttavia a ricordare che la prudenza è obbligatoria, tali scoperte vanno tenute in alta considerazione ma è sbagliato pensare all’Antico Testamento come fosse un testo storico o scientifico. Non è stato scritto con queste intenzioni ed è sbagliata una lettura letterale: il messaggio inspirato da Dio ha esclusivamente un significato salvifico, descrive la rivelazione pedagogica di Dio agli uomini e va bel al di là della narrazione dei fatti, molti dei quali sono effettivamente storici come oggi conferma l’archeologia. Sant’ Agostino, infatti, definiva la Bibbia come il libro della pazienza di Dio, che vuole condurre gli uomini e le donne verso un orizzonte più alto (I Comandamenti, p. 100).

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Fede e Storicità

In questa sezione del sito web ci occupiamo delle origini del cristianesimo, delle fonti bibliche e dell’affidabilità storica del Nuovo Testamento. Esaminiamo anche le scoperte dell’archeologia biblica e la compatibilità reale o presunta tra il Gesù storico e il Cristo della fede.

Oggi nessun studioso serio mette più in dubbio l’esistenza storica di Gesù Cristo.

Tuttavia, rimangono aperti numerosi interrogativi che riguardano la sua figura, oggetto di indagini da parte degli storici, ma anche di studiosi e polemisti anticristiani. Vi è anche un gruppo rumoroso di “miticisti” che nega qualsiasi affidabilità alle fonti cristiane.

Attraverso i seguenti dossier offriamo una panoramica di tutto ciò, sono costantemente aggiornati per tenere il passo con le nuove pubblicazioni che emergono nel corso degli anni.

 
 

Ecco i nostri dossier:

 
 

Le prove storiche della resurrezione di Gesù.

Dieci argomenti a favore della storicità della resurrezione di Gesù Cristo e una dettagliata risposta a tutte le obiezioni avanzate nel corso dei secoli. Oltre 300 citazioni delle conclusioni a cui sono giunti i principali studiosi internazionali.
 
 
 

Le testimonianze extrabibliche su Gesù di Nazareth.

Ecco tutte le fonti non cristiane su Gesù, testimonianze storiche extrabibliche risalenti al I° e II° secolo d.C. Un’analisi dettagliata delle opere che parlano di Cristo al di fuori dei Vangeli, commentate e sostenute nella loro autenticità da innumerevoli storici e specialisti (credenti e non) della storia cristiana.

 

Il 25 dicembre: data storica di Cristo, non ha origini pagane.

Il 25 dicembre era la festa pagana del Sol Invictus? Oppure è la data storica della nascita di Gesù? Oppure, ancora, è solo una data convenzionale? In questo dossier storico analizziamo tutte le ipotesi proposte nei secoli e giungiamo ad una conclusione facendoci aiutare da storici e specialisti che si sono occupati del tema.

 

San Giovanni Battista, esistenza storica ed il battesimo a Gesù.

Il 25 dicembre era la festa pagana del Sol Invictus? Oppure è la data storica della nascita di Gesù? Oppure, ancora, è solo una data convenzionale? In questo dossier storico analizziamo tutte le ipotesi proposte nei secoli e giungiamo ad una conclusione facendoci aiutare da storici e specialisti che si sono occupati del tema.

 

La profezia biblica delle “settanta settimane”: previde la venuta di Cristo?

Davvero la profezia delle “Settanta settimana” contenuta nell’Antico Testamento (Libro di Daniele) e conosciuta sicuramente prima del 163 a.C. predice esattamente la venuta del Messia? Guidati da diversi accademici risponderemo a tutto questo con il seguente dossier, giungendo a una conclusione vertiginosa.

 

Maria Maddalena prostituta o sposa di Gesù? La verità storica

Chi era Maria Maddalena? Fu la moglie di Gesù? Oppure si trattò realmente di una prostituta che divenne seguace di Cristo? In questo dossier facciamo luce tra le diverse teorie fantasiose prodotte da libri scandalistici ed equivoci storici.
 
 
 

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Cercare la Storia anche leggendo la Bibbia

Papa francescoTorniamo a parlare della storicità della Bibbia. Lo abbiamo fatto recentemente quando la femminista Vanna Vannuccini, su “Repubblica”, ha pensato di intervistare l’archeologo Zeev Herzog, professore alla Facoltà di archeologia di Tel Aviv, secondo il quale l’archeologia smentirebbe la veridicità storica della Bibbia.

Innanzitutto occorre osservare che quando “Repubblica” parla di Bibbia in realtà intende l’Antico Testamento, il quale -lo abbiamo già scritto- non ha alcuna pretesa di essere un documento storico o scientifico, ma solamente morale. Tuttavia, gli studiosi hanno rilevato che i profeti si sono sempre serviti di un contesto, a volte immaginario e altre volte storicamente attendibile. In ogni caso il prof. Herzog si è concentrato esclusivamente nel tentare di negare le mura di Gerico, i fatti dell’Esodo e il regno di Davide e Salomone, anche se avesse ragione sarebbe lontano dall’aver “smentito l’Antico Testamento”. La sua, comunque, è una posizione certamente minoritaria nel mondo scientifico, oltre che smentita dalle recenti scoperte. Abbiamo risposto a tutto , citando queste scoperte, nel nostro articolo già pubblicato.

Dopo un mese esatto, “Repubblica” è tornata all’attacco. Questa volta non più attraverso la femminista Vannuccini, ma tramite un altro inesperto del tema: il noto scrittore Guido Ceronetti, che ringraziamo per essersi interessato improvvisamente a questi argomenti. Solitamente non si occupa di questo, recentemente ha ad esempio invocato una battaglia contro “la barbarie della vecchiaia senza sesso”, chiedendo il servizio erotico volontario per gli over 70 (con un quasi auto-plagio di un suo pezzo del 1998). Negli anni ’80, da ecologista e vegetariano convinto, nel suo “Il silenzio del corpo” si scagliava invece contro l’essere umano in quanto tale, parlando di “immoralità della procreazione”, di “atto più crudele di tutti: generare”, di aborto come “legittima difesa”, di “se sei amico della vita devi essere nemico della riproduzione umana” (“Insetti senza frontiere”, 2009).

Per parlare di storicità dell’Antico Testamento, Ceronetti si è totalmente basato sull’articolo della Vannuccini citato all’inizio. «Sul versante archeologico, a quanto pare, il deserto si è allargato molto», ha commentato Ceronetti, parlando di «decostruzione veterotestamentaria, come la chiama Vanna Vannuccini». Ma Vannuccini ha qualche competenza in merito? Certo, ha intervistato uno studioso su mille, ovviamente quello che la pensa come piace agli editori di “Repubblica”, negando oltretutto l’esistenza di un dibattito accademico. Lo scrittore ha poi trasformato la singola intervista in un giudizio globale della comunità degli archeologi: «Mentre gli archeologi israeliani concludono con la negazione radicale della storia biblica, in specie dell’Esodo e del regno davidico (spero non tutti, a Gerusalemme, concordino col negazionismo dell’intervistato), la verità simbolica di quelle storie mute agli scavatori vola aldisopra di tutte le storie del mondo, marcando a fuoco la vicenda di Israele». Se la cantano e se la suonano, insomma: negare l’Esodo, il regno di Davide e le mura di Gerico diventa una “negazione radicale della storia biblica”, e il giudizio di uno studioso si trasforma nella posizione degli “archeologi israeliani”.

MURO OCCIDENTALE DI GERUSALEMME. L’unica obiezione circostanziata di Ceronetti è quella contro la storicità del Muro Occidentale di Gerusalemme, sostenendo che credere che sia un avanzo del Secondo Tempio è una «pia ipotesi senza fondamento». Talmente illusoria che la prestigiosa Encyclopedia Britannica ha scritto: «Il Muro Occidentale, chiamato anche Muro del Pianto, nella Città Vecchia di Gerusalemme, è l’unico resto del Secondo Tempio di Gerusalemme, ritenuto il solo Santo dagli antichi ebrei e distrutto dai Romani nel 70 d.C. L’autenticità del Muro occidentale è stata confermata dalla tradizione, dalla storia e dalla ricerca archeologica; il muro risale a circa il 2° secolo aC, anche se le sue sezioni superiori sono stati aggiunte in un secondo momento». Basterebbe questo, senza ricostruire tutta la ricerca storico-archeologica sul Muro del Pianto. Ricordiamo solo che addirittura nel 2008 alcuni scavi hanno rilevato che l’antica pavimentazione (il cosiddetto “litostrato”) in prossimità del Muro occidentale risale per ampie parti all’epoca della vita terrena di Gesù. Tale convinzione è stata ricavata appunto dalla comparazione del livello della pavimentazione con quelli di camminamenti e strutture varie attigui al Tempio, databili con sicurezza al periodo erodiano.

Un consiglio agli amici di “Repubblica”: rispettiamo il vostro tentativo mensile di attaccare la storicità dell’Antico Testamento, è legittimo. Tuttavia, provate a farlo utilizzando persone preparate e competenti sull’argomento. Se li trovate.

La redazione

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L’archeologia conferma la Bibbia: risposta al prof. Herzog

Mura di GericoQualcuno ha segnalato l’articolo di ieri del quotidiano “Repubblica” in cui si cerca di sostenere con grande enfasi che l’archeologia avrebbe smentito i racconti della Bibbia. L’autrice è la femminista settantenne Vanna Vannuccini, poco competente in materia e che solitamente si concentra sulla sessualità degli anziani. L’articolo si basa sulla nota opinione -la ripete dal 1999- dell’archeologo Zeev Herzog, professore alla Facoltà di archeologia di Tel Aviv.

Innanzitutto occorre premettere che chi pensa di screditare l’Antico Testamento prendendolo alla lettera cade nella stessa imbarazzante situazione dei creazionisti protestanti. Non si tratta di un’opera storica e non è un volume scientifico, non è stato scritto con questi scopi: i suoi obiettivi sono rivelare verità morali, l’istruzione morale del popolo di Israele da parte dei profeti. Tuttavia, per raggiungere questi obiettivi, è stato usato un contesto storico, altre volte immaginario, per questo i libri che compongono l’Antico Testamento sono da secoli un materiale di studio per storici e archeologici. E’ stato ricordato infatti che «La Parola di Dio rivelata, opera ed è presente nel testo biblico, nonostante le contraddizioni storiche, i punti critici e le incongruenze. Una Parola che incide la nostra coscienza, che inquieta e nel contempo dona pace». Qualche anno fa proprio “Repubblica” riconosceva infatti: «Molti studiosi ritengono che la Bibbia, pur basandosi in parte su fatti realmente accaduti, ne distorca lo svolgimento, aggiungendo personaggi e situazioni di fantasia. Quasi tutti concordano sulla veridicità del racconto biblico della storia del popolo di Israele a partire dall’epoca di Davide in poi, dato che esistono altre fonti a corroborare gli eventi». L’opinione di Herzog è comunque controversa: andiamo ad analizzare le sue argomentazioni.

 

LE MURA DI GERICO.
Nell’intervista Herzog utilizza come “prova regina” della falsità storica della Bibbia la vicenda delle mura di Gerico, assumendo però una posizione che viene respinta perfino dagli studiosi che, in linea generale, concordano con lui. Secondo lui, al contrario di quanto è scritto nel Libro di Giosuè, non furono gli israeliti a far crollare le mura attorno al 1400 a.C, e «le città di Canaan non erano “grandi”, come si legge nella Bibbia, non erano fortificate, non avevano mura “che si levavano alte fino al cielo”. E perciò l’eroismo dei conquistatori, che erano pochi contro i tanti canaaniti ma erano sorretti dall’aiuto di Dio che combatteva per la sua gente, non è che una ricostruzione teologica priva di qualsiasi base fattuale».

Ovviamente né lui né la femminista Vannucchi hanno accennato al fatto che la comunità scientifica respinge questa descrizione e, sopratutto, al fatto che esiste come sempre un confronto di opinioni diverse: dopo gli scavi di Charles Warren e di Ernst Sellin e Carl Watzinger, il primo scavo realizzato con una metodologia moderna è stato quello dell’archeologo John Garstang, il quale nel 1930-1936, ha datato la doppia parete della città crollata al tardo 15° e ai primi del 14° secolo a.C., rilevando che la città venne completamente distrutta in un incendio violento attorno al 1400 a.C.. Ha attribuito la distruzione all’invasione di Israele: «Sintetizzando, la caduta di Gerico ha avuto luogo come descritto nella narrazione biblica. La nostra manifestazione è limitata, però, a osservazioni di rilievo: le mura caddero apparentemente scosse da un terremoto e la città fu distrutta da un incendio, circa nel 1400 a.C. Questi sono i fatti fondamentali risultanti dalle nostre indagini. Il collegamento con Giosuè e gli Israeliti è solo circostanziale, ma sembra essere solido e senza difetto» (J. Garstang, “Jericho and the Biblical Story”, p.1222).

Dopo alcuni anni, Kathleen Kenyon (1952-1958) ha messo in discussione queste conclusioni: Gerico venne distrutta verso la metà del 16° secolo a.C., fu occupata per tutta l’Età del Bronzo ad eccezione di una piccola area occupata per un breve periodo nel 14° secolo a.C. Anche lui, comunque, rilevò la fortificazione delle mura e «pareti e pavimenti erano anneriti o arrossati dal fuoco» (“Excavations at Jericho”, British School of Archaeology in Jerusalem, 1981). Trascorsi oltre vent’anni, Bryant Wood, nel frattempo divenuto uno dei maggiori esperti sull’archeologia di Gerico (nonché direttore dell’Associazione per le Ricerche Bibliche), ha dato nuovamente ragione a Garstang. Riprendendo in mano i documenti prodotti dall’equipe di Garstang e da quella di Kenyon ha trovato diversi errori metodologici in quest’ultimo,  rilevando tre argomentazioni a sostegno delle conclusioni di Garstang. 1) ritrovamenti in ceramica di stile cipriota, «uno dei principali indicatori diagnostici per l’occupazione di Gerico nel periodo del Bronzo Tardo, 1550-1200 a.C.»; 2) considerazioni sulle 20 fasi architettoniche trovate: «Se fosse vero quel che sostiene Kenyon, cioè che Gerico incontrò la sua distruzione finale alla fine del Bronzo Medio (ca. 1550 aC), queste 20 fasi avrebbero dovuto essere concentrate in soli 100 anni, attività poco probabile»; 3) la serie continua degli scarabei trovati, dal 18° secolo a.C. al 14° secolo a.C.: «La natura continua della serie degli scarabeo suggerisce che il cimitero era in uso attivo fino alla fine del periodo del Bronzo Tardo, contraddicendo l’affermazione di Kenyon che la città fu abbandonata dopo il 1550 a.C.». Concludendo la lunga e complessa argomentazione, il prof. Wood ha sostenuto nel 2008 che «la correlazione tra le testimonianze archeologiche e la narrazione biblica è sostanziale: “La città era fortificata” (Giosuè 2:5,7,15, 6:5,20); “L’attacco è avvenuto poco dopo il raccolto nel tempo in primavera” (Giosuè 2 :. 6, 03:15, 05:10); “Gli abitanti non hanno avuto la possibilità di fuggire con i loro prodotti alimentari” (Giosuè 6:01);  “L’assedio è stato breve” (Giosuè 6:15); “Le pareti erano state livellate da un terremoto” (Giosuè 6:20); “La città non fu saccheggiata” (Giosuè 6:17-18); “La città fu bruciata” (Giosuè 6:20)». Un approfondimento anche qui, qui e qui.

Al di là delle diverse conclusioni a cui sono arrivati i diversi studiosi, si può osservare che tutti smentiscono la descrizione di Gerico fatta dal prof. Herzog, anche chi concorda con lui in linea generale (Kenyon e altri). Occorre anche ricordare che lo stesso frate Pietro Kaswalder, docente di geografia biblica presso lo
Studium Franciscanum di Gerusalemme, ha ricordato che «il racconto biblico oggi non viene più ritenuto come la cronaca fedele della conquista della città. Piuttosto è una rielaborazione tardiva, orientata a spiegare in che modo il possesso del paese dei cananei sia stato opera esclusiva dell’intervento divino. Le trombe, l’arca e i leviti sono il simbolo dell’azione miracolosa di Dio che consegna a Israele la prima città del Canaan». Dunque, anche se avesse ragione Herzog, non ci sarebbe alcuna contraddizione o “smentita”.

 

L’ESODO.
L’archeologo citato da “Repubblica” sostiene inoltre che «nei tanti documenti egiziani per esempio non c’è traccia dell’esodo, vi si parla invece dell’abitudine di pastori nomadi di entrare in Egitto nei periodi di siccità e accamparsi sulle rive del Nilo. Al massimo l’esodo può aver riguardato qualche famiglia, la cui storia era stata poi allargata e nazionalizzata per ragioni teologiche».

Ancora una volta affermazioni eccessivamente nette, lontane dal dibattito scientifico in corso, che tradiscono gli intenti apologetici di Herzog. Oltre alle importanti riflessioni del biblista e paleografo Leone Tondelli sull’Enciclopedia Treccani, occorre prendere in considerazione la Stele di Merneptah e il Papiro di Ipuwer e diverse altre “prove” discusse a sostegno della storicità dell’Esodo. E’ interessante anche valutare le conclusioni dell’archeologo ebreo Emmanuel Anati.

 

REGNO DI DAVIDE E SALOMONE.
Gli argomenti di Herzog si concludono con il regno di Davide e Salomone, criticandone l’imponenza descritta dalle Scritture, così come la grandezza di Gerusalemme con un tempio centrale e un palazzo reale. Secondo lui, infatti, «Davide e Salomone erano capi di regni tribali che controllavano piccole aree, David a Hebron e Salomone a Gerusalemme».

In questo caso Herzog non soltanto non cita l’esistenza di un dibattito scientifico, ma si dimostra impreparato. Nel 2003  infatti uno studio ha trovato a Tel Rehov i segni di una società urbana del 10° secolo a.C. che può essere confrontata con reperti provenienti da altri siti in Israele, come Megiddo, Hazor e Ghezer, attribuiti al regno della Monarchia israelita guidata da re Davide e Salomone. Nel 2012, inoltre, il team di archeologi guidati dal prof. Yosef Garfinkel, docente presso l’Istituto di Archeologia dell’Università ebraica di Gerusalemme, ha scoperto diversi santuari e una città fortificata in Giudea al tempo di re Davide, concludendo che «le ipotesi di chi nega la tradizione biblica per quanto riguarda Davide e sostiene che egli era una figura mitologica, o un semplice capo di una piccola tribù, vengono ora dimostrate essere errate». I reperti di Khirbet Qeiyafa indicano, inoltre, che uno stile architettonico elaborato si era sviluppato fin dal tempo del re David, così come la formazione di uno stato e la creazione di una élite, con un certo livello sociale e urbanistico. Per quanto riguarda la grandezza di Gerusalemme, uno studio del prof. Avi Ofer condotto nelle colline della Giudea, ha dimostrato che nel periodo di re Davide (XI-X° secolo a.C.), la popolazione della Giudea è quasi raddoppiata rispetto al periodo precedente e un forte centro della popolazione esisteva sul bordo della regione. Gerusalemme è la candidata più probabile per questo grande centro abitativo, tanto da essere citata in documenti egiziani.

Rispetto a re Salomone, nel 2012 Eilat Mazar dell’Università di Gerusalemme, ha scoperto un’antica muraglia della città di Gerusalemme risalente al X secolo a.C., lunga 70 metri e alta 6, confermando il racconto che la Bibbia fa delle gesta di Salomone. Nella stessa area sono stati scoperti un corpo di guardia interno per l’accesso al quartiere reale della città, una struttura reale adiacente al corpo di guardia e una torre d’angolo che si affaccia su una considerevole sezione della vicina valle Kidron. «Il muro dell’antica città che è stato scoperto», ha detto Mazar, «testimonia una presenza dominante. La forza e la forma della sua costruzione indicano un alto livello di ingegneria. Un confronto tra questi ultimi reperti e le mura e le porte della città del periodo del Primo Tempio, oltre al vasellame trovato sul sito, ci permette di stabilire con un alto grado di certezza che il muro appena scoperto è quello che fu costruito da re Salomone a Gerusalemme nella seconda parte del X secolo a.C. È la prima volta che viene trovata una struttura di quell’epoca che può essere messa in correlazione con le descrizioni per iscritto delle costruzioni di Salomone a Gerusalemme». Oltre alla torre è stato scoperto il palazzo reale di Gerusalemme, proprio quello negato da Herzog. Qui un approfondimento.

 

In conclusione di questa risposta al prof. Herzog, possiamo oggettivamente rilevare che in alcuni casi le sue affermazioni sono viziate dall’ideologia, tanto da censurare la complessità delle posizioni in campo e limitando la sua tesi a tre argomenti, dimenticando tutte le ulteriori scoperte dell’archeologia biblica. In altri casi, le sue dichiarazioni sono semplicemente false e chiaramente smentite dalle scoperte. «L’archeologia è alleata della fede, nel senso che dà consistenza al nostro rapporto con Dio», ha spiegato Simone Venturini, biblista e scrittore, ricercatore dell’Archivio Segreto Vaticano e docente di Scienze Bibliche alla Pontificia Università della Santa Croce. Lo aveva certamente intuito Werner Keller, divulgatore scientifico e autore del celebre volume La Bibbia aveva ragione, bestseller sulle scoperte dell’archeologia biblica, tradotto in 24 lingue, adottato nelle scuole e venduto in milioni di copie in tutto il mondo.

La redazione

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