No ad un mondo senza sessi, il bimbo ha diritto a padre e madre

happy family 
di Monette Vacquin*,
*psicoanalista

e Jean-Pierre Winter*,
*psicoanalista

da Le Monde, 5/12/2012

 

Le parole padre e madre saranno soppresse dal codice civile. Queste due parole che condensano tutte le differenze, poiché portatrici sia della differenza dei sessi che di quella delle generazioni, scompariranno da ciò che codifica la nostra identità. Bisognerebbe essere sordi per non sentire il soffio giovanilistico che percorre tutto questo.

Il colpo di scopa ideologico capace di rovesciare secoli di uso e di sopprimere le parole alle quali dobbiamo la trasmissione della vita evidentemente si basa su ambivalenze inconsce molto arcaiche, e ampiamente condivise, per avere la minima possibilità di imporsi e… ben presto di fare la legge. Questa violenza, deflagratrice, non è certo solo il fatto di una minoranza di omosessuali che richiedono il matrimonio. Senza eco collettiva del problema della perdita o del rifiuto di qualsiasi punto di riferimento trasmesso, questa violenza avrebbe suscitato nel migliore dei casi la risata o il disagio, non la soddisfazione pura e semplice. Questo avvenimento è tuttavia portato avanti da una ultra-minoranza, con il ricorso indispensabile di un linguaggio che è la rovina del pensiero: il politicamente corretto.

Questo diniego della differenza, “una donna è un uomo”, Freud lo chiamava diniego della castrazione. Ciò significa, nel gergo psicanalitico, che la castrazione non esiste, basta che io la neghi mentalmente perché la sua esistenza reale sia rifiutata. Quando un licenziamento diventa un “piano sociale”, ci sentiamo a disagio. Quando un “pallone” diventa un “referente rimbalzante” ci chiediamo se stiamo sognando. Quando il “matrimonio” diventa “una discriminazione legale contro i cittadini fondata sul loro orientamento sessuale”, cominciamo ad aver paura.

Politicamente corretto: il discorso deve essere cortese, senza alcun taglio drastico. La “levigatura” della forma, oggetto di una sorveglianza ideologica puntigliosa, maschera il terrorismo che fa regnare e che porta ad un’ “etica” dell’odio e della confusione, in nome del bene liberato da ogni negatività… cosa che l’umanità non è. La rivendicazione del matrimonio omosessuale non costituisce una richiesta da soddisfare, ma un sintomo da decifrare. Che cosa significa che il matrimonio disertato sia reinvestito sotto forma di parodia? Si tratta di dargli il colpo di grazia? O che questo posto non sia lasciato vuoto? Che cosa significa infine l’identificazione dei politici e dei media a tali sfide, quando ci sono tanti problemi che richiedono la nostra vigilanza?

Da un lato, secoli e secoli di uso, che fanno sì che matrimonio e alleanza di un uomo e di una donna siano una cosa sola. Dall’altro, la rivendicazione di una minoranza di attivisti che sanno parlare il linguaggio che si desidera sentire oggi: quello dell’egualitarismo ideologico, sinonimo di indifferenziazione. E maneggia efficacemente il ricatto dell’omofobia, che impedisce di pensare. Non spetta agli Stati adeguarsi alle provocazioni di alcuni ideologi che parlano una lingua confusa, ma con violenza, sbalordendo o terrorizzando i loro obiettori con dei sofismi. Ancor meno dare a queste provocazioni una forma istituzionale.

La lotta contro l’omofobia, indispensabile, è una cosa. L’organizzazione giuridica dei rapporti tra gli omosessuali che lo desiderano è un’altra. Ma la destituzione delle istituzioni da parte di quegli stessi che sono incaricati di elaborarle è ancora un’altra cosa. Lì sta la difficoltà di pensare il problema del “matrimonio omosessuale”: una difficoltà che mescola una problematica legittima ad un attacco istituzionale selvaggio che mobilita le forze più arcaiche. Che i governi sappiano ciò che fanno: non ci si impone al linguaggio altrimenti si vendica. Devono scomparire anche le parole uomo e donna? Dobbiamo smettere di tener conto del sesso in diritto, se non per abolirlo, almeno per “cacciarlo” in nome dell’uguaglianza, ritenendo che il linguaggio usato sia testimonianza di antichi furori? La nostra generazione continua a superare dei limiti, o a distruggere tutto ciò che li incarna, piuttosto che trasmetterli con la loro parte di insondabilità.

Omosessuali ed eterosessuali non rientrano nella divisione rigida che sembra essere accettata oggi. Tutti condividono lo stesso mondo ed è insieme che sono tenuti ad occuparsi delle istituzioni che strutturano i rapporti tra gli uomini e tra le generazioni. Le distruzioni simboliche sono riconoscibili per la sofferenza che causano ad alcuni, immersi nell’impotenza, consapevoli dell’odio e della distruttività, e che sentono che non si sta argomentando contro una perversione. Si riconoscono anche per la gioia che procurano ad altri, immersi nel trionfo dell’ “onnipotenza” e del diniego della legge. È probabile che il mondo assorbirà questo con indifferenza, che è l’altro nome dell’odio. È perfino a questo che cominciamo ad assomigliare: non più ad un’umanità conosciuta, ma ad un mondo indifferente. Neutro. Neutralizzato.

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Lo psichiatra Renzi: «adozioni gay? Ostacolo al normale sviluppo»

Ryan e famigliaL’agenda LGBT penetra anche negli asili attraverso libri, come il “Piccolo Uovo”, e spettacoli teatrali, come quello del Teatro Litta nella Milano del sindaco Giuliano Pisapia. Corrompe le menti dei più piccoli ingannandoli sulla genitorialità attraverso fiabe colorate, con le quali si educa alla fobia verso la diversità e la complementarietà sessuale. Il vizio comunista di uniformare ogni cosa non è morto con la caduta delle vecchie ideologie ma rimane e si amplifica grazie all’odio omosessuale contro la famiglia naturale, quella indicata dalla nostra Costituzione come l’unica possibile.

Un’ideologia che genera «tanta confusione» e «a quell’età è molto dannosa, condizionerebbe lo sviluppo e limiterebbe le potenzialità di mio figlio», ha affermato Bruno Renzi, psichiatra e ex direttore all’ospedale Sacco di Milano e docente presso l’Università degli Studi di Milano, l’Università di Bologna, La Sapienza di Roma e l’Università di Catania.

«L’infanzia», ha spiegato, «è un’età fondamentale per la formazione e l’indirizzo psicologico di una persona. È in quegli anni che diversi fattori concorrono alla strutturazione della personalità, e uno di questi è l’introiezione di modelli – emotivi, cognitivi e comportamentali – che provengono dalle figure genitoriali. In un contesto familiare normale, con una polarità maschile e una femminile, il bimbo ha la possibilità di acquisire i modelli congeniali alla sua struttura: se è un maschietto è opportuno che li acquisisca dal padre, altrimenti dalla mamma. Messo di fronte a libri e spettacoli come quello del Teatro Litta, il bimbo è indifeso, quantomeno gli si ingenera confusione, che diventa strutturata se il bombardamento è costante: una favoletta una volta sola pazienza, ma insistere con insegnamenti così fuorvianti può generare false introiezioni rispetto ai modelli che il bambino sta ricevendo da una famiglia normale»

Lo psichiatra non ama evidentemente il politicamente corretto è afferma: «Le persone gay hanno tutti i diritti tranne uno, quello di impedire lo sviluppo delle vaste potenzialità che ogni bambino ha insite in sé. Se gli si negano le due polarità maschile e femminile, cioè il diritto di avere entrambi i modelli parentali, viene privato della possibilità di acquisire le dinamiche utili per la crescita. È a quell’età che i bambini creano dentro di sé le convinzioni su se stessi, la vita, il mondo, che determineranno tutto il loro futuro, e queste derivano da un genitore maschio e uno femmina». La famiglia non è quella omosessuale, «madre natura ne sa più di noi».

Ricordiamo che in questa pagina è possibile visionare la documentazione scientifica sull’argomento (pro e contro), mentre in questa pagina è possibile visionare le prese di posizione di scienziati, filosofi e giuristi.

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Sei contro le adozioni gay? Allora vuoi far morire i bimbi africani

Omosessuale insulta pellegrini che preganoDoveva essere una domenica mattina tranquilla, in una chiesa della Val Marecchia, diocesi di San Marino-Montefeltro, e invece per i presenti alla Santa Messa delle 9:30 lo spettacolo è stato surreale, per non dire di peggio. Ma andiamo con ordine, partiamo dal riferimento principe di ogni cronaca: i fatti.

La celebrazione eucaristica, seguita da una quarantina di fedeli, proseguiva tranquillamente quando il sacerdote, durante l’omelia, ha scelto di soffermarsi su quella crisi morale che anticipa – e di molto – tutte le altre crisi, a partire da quella economica che giustamente tanto ci preoccupa. Per esemplificare come la decadenza morale stia prendendo il sopravvento, il sacerdote ha pensato bene – ce ne fossero di pastori così, che parlano chiaro – di richiamare le adozioni gay, che effettivamente rappresentano la negazione del più elementare diritto dei più deboli fra tutti, i bambini, e cioè il diritto a crescere in una famiglia, ad avere un padre ed una madre.

Nell’udire queste parole, con gran sorpresa di tutti gli intervenuti alla Messa, una fedele, prima di abbandonare la chiesa imbufalita, ha interrotto il parroco urlando: «Eh già! Perché sarebbe meglio lasciarli morire in Africa i bambini, è vero?». Il tutto ha lasciato il celebrante pietrificato, e con lui tutti i partecipanti alla funzione, incapaci di credere ai loro occhi: mai, da quelle parti, si erano infatti verificate sceneggiate simili.

Anche perché, al di là della scelta – assai grave – di interrompere il sacerdote durante la predica, si fatica a comprendere il nesso fra un’opposizione alle adozioni gay e la volontà di lasciar morire i bambini africani (perché proprio quelli africani, poi? Quelli indiani se la passano forse meglio? Bah): che c’azzecca, per dirla con Di Pietro? C’è forse qualcuno che desidera questo? Non risulta; risulta invece che vi siano fior di famiglie, cattoliche e non, in attesa di poter adottare ed impigliate nella burocrazia.

Mentre non risulta, tornando a noi, che la Chiesa si sia mai espressa contro le adozioni: tutt’altro. Solo che il giochino retorico – peraltro non nuovo – funziona così: ti opponi alle adozioni gay? Bene, allora sei per il rogo degli omosessuali, per i piccoli imprigionati in orfanatrofio vita natural durante e via con scemenze di questo genere. Che purtroppo, oramai, stanno ipnotizzando anche molti cattolici, come dimostra quanto accaduto in Val Marecchia e che speriamo non abbia a ripetersi. Anche perché qui, fra l’altro, la fede non c’entra: c’entra solo il buon senso. Lo stesso che sta portando un numero crescente di omosessuali a schierarsi pubblicamente contro le adozioni gay e che, quando manca, porta i devoti al politicamente corretto a protestare durante la Messa.

Ci auguriamo pertanto che episodi come questo – oltre a non ripetersi, come abbiamo detto – non scoraggino i sacerdoti nella loro missione. E soprattutto non scoraggino noi, semplici fedeli, dalla difesa della ragione prima che della fede. Se infatti sorvolassimo sul diritto naturale, e quindi sulla necessità di tutelare la vita di ogni persona umana e l’integrità di ogni famiglia, che ne sarebbe della nostra credibilità non tanto di fronte agli altri, bensì di fronte a Dio? Ad un Dio che si è fatto vero uomo nell’auspicio di renderci tutti così, veri uomini. Persone capaci cioè di distinguere il bene dal male, il retto dall’iniquo. E di riconoscere il diritto di ogni bambino a crescere con un padre ed una madre senza che questo sappia di privilegio o di polveroso tradizionalismo.

Giuliano Guzzo

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Adozioni gay, risposta a Dacia Maraini

Dacia MarainiDopo Roberto Saviano, ritorna in scena un’altra storica avversaria del diritto naturale, la tuttologa 75enne Dacia Maraini. Anche lei ha tentato in modo maldestro un endorsment all’agenda LGBT, anche lei -come Saviano- sprovvista di un argomento serio e razionale a sostegno, tanto che è arrivata perfino a prendere in giro, inconsapevolmente, la Costituzione italiana, che per il laicismo dovrebbe invece rappresentare una sorta di regolamento divino.

La Maraini, anticlericale di lungo corso, ha sempre voluto assumere posizioni in contrasto con i cattolici, arrivando puntualmente ad affermare un’infinità di sciocchezze. Ad esempio nel suo libro Un clandestino a bordo (Rizzoli, Milano 1996, p. 14), difendendo l’aborto è arrivata a sostenere che il bambino non ancora nato sarebbe un «intruso che vuole accampare diritti», un «prepotente che pretende di vivere» a spese della madre.

Nel suo nuovo articolo sul Corriere della Sera  ha affermato che «due uomini o due donne che abbiano fra loro rapporti omosessuali, sono capaci di nutrire, curare e fare crescere un bambino o una bambina senza portarli alla depravazione e al suicidio, come teorizza qualcuno». Ancora una volta si vorrebbe convincere sull’adozione gay basando il ragionamento sul sentimento, come se bastasse essere capaci di crescere un bambino senza portarlo alla depravazione e al suicidio per essere genitori adottivi. Questo è il livello degli argomenti della società colta italiana?

Occorre sottolineare ancora una volta che «non è qui in discussione la capacità di cura che possono avere le coppie omogenitoriali», come ha spiegato lo psicoterapeuta Domenico Simeone«Di fatto», ha continuato il filosofo Adriano Pessina, «ci sono bambini equilibrati che sono stati allevati da famiglie poligamiche, o che sono cresciuti in orfanotrofio. Il problema resta un altro: qual è il contesto ideale nel quale pensare lo sviluppo della persona?». Senza contare che decine di studi scientifici contraddicono l’opinione della Maraini sulla presunta bontà nel crescere con due genitori, di cui uno finge di fare quello che non è. Anzi, attualmente non ve n’è nessuno valido scientificamente che sostenga il contrario, come ha dimostrato quest’estate Loren Marks, della Louisiana State University.

 

“Argomento nuove famiglie”: la Maraini ha fortunatamente evitato di usare a suo sostegno “l’argomento dell’orfanotrofio”, usato invece incautamente da Saviano, optando per sottolineare come il concetto di famiglia sarebbe cambiato nel corso della storia, nuove tipologie si sono succedute: dalla famiglia contadina a quella industriale, e così via. Per questo dovremmo accettare i nuovi cambiamenti, e dunque le famiglie gay. E’ un altro argomento chiave dei militanti LGBT, ma anch’esso difettoso: nessuna di queste tipologie di famiglie ha mai preteso di stravolgere la struttura naturale della famiglia, sempre fondata da uomo e donna con la prole (anche se contadina o industriale), al contrario di quello che pretendono fare le unioni omosessuali. Come ha spiegato la storica Lucetta Scaraffia, professore ordinario presso La Sapienza di Roma, «il matrimonio non è solo un contratto come tanti altri che può funzionare o meno, ma è il legame istituzionale alla base di una famiglia, è l’istituzione nata per proteggere e garantire la filiazione, stabilita in modo da determinare i diritti e i doveri che passano fra le generazioni. Dal momento che una coppia omosessuale non prevede la filiazione, è una realtà diversa». 

In ogni caso a questo classico argomento ha risposto perfettamente Marta Cartabia, ordinario di diritto costituzionale all’Università di Milano Bicocca, confutandone le fondamenta: «Qualcuno potrebbe obiettare che non esiste un concetto universale di famiglia, perché l’istituto familiare è cambiato nel corso della storia: la famiglia patriarcale, la famiglia matriarcale, la famiglia allargata e così via. In questa obiezione c’è del vero: vi sono aspetti della famiglia che sono stati profondamente influenzati da fattori culturali, economici, sociali. Tuttavia non è difficile individuare un nucleo invariabile nel concetto di famiglia, dato dall’unione di un uomo e di una donna in vista della procreazione. Possono cambiare le forme e le dimensioni, i rapporti interni, il ruolo dei coniugi e molti altri aspetti ancora. Ma vi è un dato costante nel tempo e nello spazio che ci permette di ricondurre all’idea di famiglia esperienze pur molto diverse fra loro. È a questo nucleo costante nel tempo e nello spazio che la Costituzione rinvia quando usa l’espressione società naturale».

 

Proprio sulla Costituzione è caduta la Maraini, la quale ha affermato: «qualcuno si acciglia e ripete testardamente che la famiglia è fatta “per natura” di un padre, una madre, un marito e dei  figli». Questo “qualcuno”, occorre ricordarlo alla nostra amica laicista, è proprio la Costituzione italiana, quando parla di «società naturale fondata sul matrimonio». Ha spiegato infatti la prof.ssa Cartabia: la Costituzione riconosce «un dato che precede logicamente e storicamente il diritto, a un concetto generalmente condiviso di famiglia, che fa riferimento all’unione di un uomo e di una donna in vista della nascita dei figli. Non è un caso che nel testo della Costituzione italiana subito dopo l’articolo 29 vengano gli articoli 30 e 31 che immediatamente ricollegano la famiglia alla procreazione e alla educazione dei figli […] È a questo nucleo costante nel tempo e nello spazio che la Costituzione rinvia quando usa l’espressione società naturale. Invocare un’interpretazione evolutiva della Costituzione per far rientrare nella tutela dell’art. 29 nuove forme di convivenza non mi pare corretto. Il valore più importante del richiamo alla famiglia come società “naturale” è che esso indica che la famiglia non è creata artificialmente dallo Stato o dall’ordinamento giuridico. Il diritto e la legge ci offrono una disciplina per regolare i rapporti familiari, ma non è loro compito creare la famiglia. La Costituzione non crea la famiglia, ma la riconosce, la tutela, la sostiene, la regola, la disciplina. La famiglia preesiste allo Stato, al diritto e alla Costituzione, perciò si dice che è una società naturale»

La Maraini, infine, si è dimostrata anche incompetente sulla famiglia naturale, oltre che sulla Costituzione, sostenendo una vulgata purtroppo radicata la quale ritiene che «proprio da quando la stabilità viene imposta come un dovere, la famiglia tradizionale è diventata un luogo pericoloso per donne e bambini». Quante volte abbiamo sentito questa affermazione? Peccato che gli studi mostrano proprio l’opposto, ovviamente, cioè che le donne sposate subiscono minor violenze di quelle conviventi o single. Le persone sposate stabilmente, inoltre, presentano una migliore salute mentale e fisica dei loro coetanei non sposati e hanno meno probabilità di sviluppare malattie croniche rispetto alle persone vedove o divorziate, secondo un recentissimo studio pubblicato sul Journal of Family Psychology.

L’editorialista de Il Corriere si lamentava in un’intervista di non essere riuscita ad essere «considerata un modello delle nuove generazioni». Vorremmo tranquillizzarla: riusciremo comunque a sopravvivere!

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Le adozioni gay annullano le rivendicazioni femministe

FemministeDiversi articoli online criticano la puntata di Domenica 27 gennaio della trasmissione “Così è la vita”, condotta da Lorella Cuccarini. Il tema era l’adozione di bambini da parte delle coppie omosessuali e secondo i critici si sarebbe svolta con tesi precostituite e in maniera squilibrata a favore delle tesi gay.

Tra gli ospiti e i filmati c’è stata l’intervista a Francesca Vecchioni (figlia del famoso cantante) e della sua compagna Alessandra. Entrambe si sono recate in Olanda, perché Francesca potesse ricorrere alla fecondazione eterologa, e l’operazione ha avuto successo dando al mondo due gemelline. La conclusione dell’intervista sarebbe stata (circa) questa: “Non esistono il padre e la madre perché ognuno/a di noi ha dentro di sé i ruoli materno e paterno”.

Su internet ho poi trovato un’altra intervista della Vecchioni, realizzata nella trasmissione condotta strafaziosamente da Maria Teresa Ruta. Una puntata da studiare come esempio di giornalismo partigiano, per l’abilità del montaggio della regia, per gli ammiccamenti, le imbeccate e i sorrisi della conduttrice, e per le inquadrature con le espressioni giudicatrici degli ospiti. Ho trascritto la parte del testo in cui la Vecchioni esprime la sua idea del ruolo paterno e materno: “L’aspetto genitoriale prescinde assolutamente dal sesso. La capacità genitoriale, questo noi lo abbiamo appurato, apposta prima di fare il percorso noi volevamo essere sicure che non ci fossero problemi per le nostre bambine, i nostri figli. Sappiamo oggi che l’aspetto che noi spesso confondiamo con paternità e maternità, in realtà è più legato alla capacità normativa e alla capacità affettiva che comunque sono presenti in entrambi i sessi. Ossia esistono figli di genitori single, o di madri o di padri da soli, che coniugano sia l’aspetto normativo che quello affettivo che sono per noi spesso confusi con l’essere maschio o femmina, ma non è a realtà dei fatti. La realtà dei fatti è che si è genitori indipendentemente dal proprio sesso”.

Che dire? Che con queste idee vanno a farsi friggere decenni di contestazioni femministe per rivendicare un ruolo proprio per le donne. I due sessi non hanno niente di specifico che possano rivendicare e condividere. Fine della complementarietà. Il compito materno e paterno secondo la Vecchioni si riduce a quello “normativo e affettivo”: come se i padri non possano baciare, coccolare, abbracciare e le madri non possano indicare, sgridare, guidare i loro figli. Il fatto è che ognuno di questi sessi, oltre ad essere e fare ben altro, vive quegli atteggiamenti ma lo fa da uomo o da donna. Un bacio del padre è diverso da quello della madre, proprio perché il padre è un “sistema olistico” diverso dalla madre.

Accettare quei presupposti ideologici significa sentirsi ininfluenti e non necessari, sia come padri che madri. Chi ha fatto esperienza prima di tutto di figliolanza e poi di genitorialità capisce subito quanto sia banale e superficiale quella tesi appiattente. Mio padre mi ha dato cose che mia madre non mi ha dato. Io sono e dò, come padre, cose diverse da mia moglie. Se penso a mio padre non lo vedo solo come superego e a mia madre come zucchero filato. Ben altro. E comunque se anche i due ruoli fossero riducibili a “normativo” e “affettivo”, il fatto che siano distribuiti in due persone diverse vorrà dire qualcosa? Come si distribuirebbero all’interno della coppia omosessuale? Se ognuno dei due li impersona entrambi allora si creerebbe un cortocircuito (la stessa persona sia normativa che affettiva) che in natura invece sarebbe disgiunta (uomo-donna). È un vantaggio? L’identificazione dei due ruoli nella stessa persona per il bambino può creare un conflitto schizofrenico che fa sembrare favolette, tanto sono semplici, le teorie dell’identificazione mediante fase edipica. Quali contorsioni si devono supporre. Se invece i due ruoli sono impersonati separatamente da ciascuno dei due omogenitori, e ammesso che questo processo sia stabile nel tempo, a parte la conferma che l’omosessualità surroga anche nella dimensione affettiva l’assenza dell’altro sesso, ci si può legittimamente chiedere se questo escamotage funziona, se è la stessa cosa.

Essere padri e madri va ben oltre dall’essere depositari di due ruoli relazionali, essendo questi compresenti nei due sessi ma vissuti in maniera specifica e unica in ciascun genere. Sono sì imitabili e surrogabili, ma un esperto sa riconoscere per es. se una borsa Vuitton è falsa. E un bambino è esperto di figliolanza: sa benissimo chi è e cos’è il padre e la madre e ha bisogno di entrambi, fino a soffrine se questi mancano.

Quanto alla Ruta iperpartigiana forse ha dimenticato la canzone L’altra metà dell’uomo che ha cantato con Nilla Pizzi (mia compaesana) come si legge nel curricolo del suo languido sito ufficiale: www.mariateresaruta.tv. E’ interessante una strofa della canzone “donnista”: “Noi, sempre noi, solo noi, siamo l’altra metà della mela che l’uomo non ha”. Appunto, Ruta, nella prossima intervista ricorda alla Vecchioni e a chi la pensa come lei che voi donne siete la “metà della mela” che “noi non abbiamo”. Entrambi unici, necessari e reciprocamente complementari: sia in amore, che nel concepimento, che nell’educazione. Più che l’arcobaleno, che valorizza le reali e specifiche differenze, a questo mondo piace la tinta unita, l’omotinta.

Massimo Zambelli
www.orarel.com

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Nuovi psicologi prendono posizione contro l’adozione gay

Famiglia Proseguono fortunatamente le prese di posizione degli esperti circa l’argomento caldo del momento, ovvero l’adozione per persone dello stesso sesso. Il pregio di questi professionisti è quello di concentrarsi sul benessere del bambino, al posto dell’inesistente diritto alla genitorialità della coppie omosessuali, escluse dalla natura stessa alla procreazione.

 

Così la psicologa Maria Rita Parsi, fondatrice dell’associazione “Movimento Bambino”, ha spiegato: «Per i bambini quel che vale è l’amore. Però è importante che le bambine trovino un punto di riferimento maschile e i maschietti uno femminile per sviluppare e indirizzare la loro ricerca di un partner quando saranno adulti. Crescere con genitori omosessuali senza avere punti di riferimento dell’altro sesso costituisce un limite». Chi è a favore dell’adozione per le coppie omosessuali intende volontariamente mettere il bambino in una condizione di svantaggio. Ha poi proseguito la psicologa: «cure e amore non sono patrimonio esclusivo delle coppie etero. Vero è, però, che quando si arriva alla fase del complesso edipico è importante avere una doppia realtà di riferimento, maschio e femmina. È fondamentale per sviluppare il cervello e la personalità. Perché i bambini abbiano uno sviluppo pieno e completo, i modelli di riferimento devono essere maschili e femminili. E non devono essere necessariamente il papà o la mamma, possono venir individuate figure esterne alla coppia. Ci tengo però a precisare una cosa. Il rapporto fondamentale e primario resta quello con la madre. Un rapporto prioritario che comincia nella vita prenatale, che è determinante al momento del parto, fondamentale nei primi attimi e nelle prime settimane di vita. Talmente importante ed essenziale che non può essere sostituito da nessun altro». La madre è fondamentale, ma numerosi studi mostrano anche l’insostuibilità della figura paterna per un corretto sviluppo del bambino.

 

Mariolina Ceriotti Migliarese, neuropsichiatra infantile ed esperta di famiglia, ha a sua volta confermato«Fra i bisogni primari del bambino c’è l’amore, la cura, l’accudimento e questo può essere effettivamente dato sia dalla figura maschile sia da quella femminile, ma poi ha bisogno di essere accompagnato nella costruzione della propria identità. La negazione del valore della differenza sessuale – il corpo è un dato – provoca una gravissima interferenza nella costruzione dell’identità». Che magari non si vede nell’infanzia, ma esplode con la pubertà e la preadolescenza».  

 

Anna Oliverio Ferraris, docente di psicologia dell’età evolutiva alla Sapienza di Roma, è più pragmatica: «se a quattro anni un bambino scopre di avere due mamme o due papà» questo è un problema. Bisogna avere la sensibilità di seguire figli nei vari passaggi; è un po’ come per i bambini adottati, a un certo punto vogliono sapere la verità. Non si può negare che è una complicazione in più, che però si può fronteggiare se la società esterna mette da parte pregiudizi e razzismi, e se all’interno i genitori omosessuali evitano a loro volta di chiudersi nella difesa ideologica». Non si capisce però perché correre questo rischio, correndo questo azzardo non si cerca certamente l’interesse del bambino.

 

Rosa Rosnati, docente di Psicologia dell’adozione e dell’affido presso l’Università Cattolica di Milano ha spiegato che «crescere godendo della presenza di un padre e di una madre consente al bambino di conoscere dal vivo cosa vuol dire essere uomo e donna e, quindi, definire nel tempo una solida identità maschile o femminile. Allo stesso tempo il bambino potrà fare esperienza della relazione tra uomo e donna, capace di accogliere e valorizzare le differenze. Due genitori dello stesso sesso non possono fornire questa esperienza di base, quindi il bambino sarà gravato da un compito psichico aggiuntivo. Ai bambini adottati la società deve fornire condizioni ideali di crescita, non esporli ad altri fattori di rischio».

 

Domenico Simeone, psicologo, psicoterapeuta e professore associato di Pedagogia generale presso l’Università degli Studi di Macerata, ha affermato«Crescere con una madre e con un padre, quando è possibile, significa conoscere il valore educativo della differenza, significa inscrivere la parentalità in una rapporto che chiama in causa la corporeità, significa sperimentare una rete relazionale costruita sul riconoscimento dell’alterità. Il fenomeno delle coppie omoparentali è relativamente recente. Molti studi mettono in guardia sulle difficoltà che i bambini che crescono con persone dello stesso sesso possono incontrare. Dal punto di vista scientifico credo sia necessario approfondire le conoscenze del fenomeno in modo rigoroso, guardando la questione dal punto di vista del bambino e dei sui bisogni. Troppo spesso nel dibattito prevalgono i presunti “diritti” degli adulti e ci si dimentica di tutelare la crescita dei bambini.  La differenza di genere tra padre e madre e tra genitore e figlio costituisce l’elemento fondamentale per imparare ad amare, costruendo relazioni e accettando il limite che è in esse inscritto. Nel crogiuolo di tali relazioni i bambini vivono processi di identificazione e riconoscono le differenze, stabilendo relazioni significative. È la differenza che permette la triangolazione della relazione e il riconoscimento dell’alterità. Non è qui in discussione la capacità di cura che possono avere le coppie omogenitoriali quanto piuttosto l’articolazione delle relazioni che i figli possono stabilire».

 

Ricordiamo che in questa pagina abbiamo raccolto i giudizi più recenti espressi su queste tematiche da psicologi, giuristi e   filosofi. In questa pagina, infine, un elenco di studi scientifici contrari all’adozione per le persone dello stesso sesso.

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Adozioni gay, risposta a Roberto Saviano

Roberto SavianoE dopo la banale presa di posizione del filosofo Bernard-Henri Lévy, a cui abbiamo già risposto, ecco che per sostenere le adozioni da parte di persone delle persone dello stesso sesso scende in campo anche lo scrittore Roberto Saviano.

Un suo articolo è infatti comparso sull’Espresso il 17 gennaio ed ha avuto il grande merito di mostrare ancora una volta quanto inconsistenti siano le ragioni addotte a sostegno della genitorialità omosessuale, così come aveva già fatto notare l’intervento del prestigioso (ma non in quel caso) filosofo francese Lévy. Innanzitutto Saviano ha usato la classica strategia di ridurre coloro che dicono “no” alle adozioni gay alla sola Chiesa cattolica: avere come nemici i cattolici serve per accaparrare consensi, indipendentemente da quel che si dice. E’ evidente a tutti, tuttavia, che assieme alla Chiesa condividono tale posizione anche  leader di altre religioni (di recente anche il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni), laici e non credenti (citiamo l’esempio recente di Galli della Loggia), scienziati e intellettuali (importante il recente pronunciamento del presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi) e diversi omosessuali e militanti pink, i quali basandosi sulla ragione naturale riconoscono che il matrimonio è formato da uomo e donna, ed è con queste due figure che i bambini hanno il diritto di crescere.

Concentrandoci su Saviano, si nota che anche lui ha scelto di usare i due tipici argomenti che scattano come riflesso pavloviano appena si affronta questa tematica, ovvero “l’argomento orfanotrofio” e “l’argomento in nome dell’amore”.

 

1) “Argomento orfanotrofio”: scrive Saviano: «preferiamo davvero che ci siano bambini che vivano in situazioni di abbandono o in strutture di accoglienza piuttosto che dare possibilità a nuove forme di famiglia?».  In queste affermazioni si nasconde uno scorretto ricatto sentimentale (“chi è contro l’adozione gay vuole che i bambini stiano in orfanotrofio!!”) , ma fallace perché nessuno preferisce una condizione di abbandono, tuttavia non si capisce perché ovviare a questa situazione aprendo all’adozione gay piuttosto che promuovere culturalmente l’adozione tra le coppie eterosessuali.

La cosa curiosa è che vogliono farci credere che il sostengo alle adozioni per gli omosessuali serva, non tanto per estendere alle coppie dello stesso sesso altri presunti diritti (nessuno ha diritto all’adozione), ma solo per diminuire il numero di bambini orfani. Scrive infatti Saviano: «le coppie etero spesso seguono iter lunghi e complicati. L’obiettivo dovrebbe essere snellire le pratiche e permettere che nuove famiglie possano nascere». Vogliamo dunque tranquillizzare Saviano e gli omosessualisti, così tanto preoccupati per gli orfanelli: la fila di coppie eterosessuali interessate ad adottare è sufficentemente lunga, nel 2010 -ad esempio-, la crescita delle adozioni è stata del +7,9% rispetto all’anno precedente, lo si è visto anche nel recente caso del neonato abbandonato al McDonald’s di Roma o nell’ultimo caso di bimbo lasciato alla “Culla della vita” a Milano. Anzi, in certi casi il vero problema è il numero esiguo di minori adottabili rispetto alle domande di adozione. E’ vero tuttavia che nel 2012 in Italia, anche a causa della crisi, si è assistito ad una crisi delle adozioni, ma il problema sembra essere l’eccessiva rigidità degli operatori sociali che devono certificare l’idoneità delle coppie e il sempre più frequente ricorso alla provetta.

 

2) “Argomento in nome dell’amore”: scrive Saviano: «è raro trovare coppie stabili. Spesso ci si separa e si cresce in famiglie allargate […]. Esiste l’essere cresciuti bene e l’essere cresciuti male […]. Sono convinto che le coppie gay e i single che chiedono di poter adottare dovrebbero avere il diritto di farlo perché la loro è una richiesta in nome dell’amore». Innanzitutto pare poco attinente il riferimento alla frequente instabilità delle famiglie, anche perché c’è una fortissima differenza tra il crescere con un genitore single piuttosto che con un doppione, due padri o due madri. Inoltre, come ha spiegato il filosofo Adriano Pessina, «ci sono bambini equilibrati che sono stati allevati da famiglie poligamiche, o che sono cresciuti in orfanotrofio. Il problema resta un altro: qual è il contesto ideale nel quale pensare lo sviluppo della persona?». Nessuno mette in dubbio la capacità genitoriale degli omosessuali, ma non è questo il punto decisivo: una coppia omosessuale, pur con tutta la sua buona volontà, nega la differenza fra maschile e femminile e questa è una violenza alla natura, come spiegano gli psicologi e come mostrano gli studi scientifici.

Infine, la richiesta di genitorialità da parte di omosessuali è senza dubbio fatta in nome dell’amore, a questo ha però risposto Claude Halmos, psicanalista e una dei massimi esperti riconosciuti in età infantile: «ignorando un secolo di ricerche, i sostenitori dell’adozione si basano su un discorso basato sull”amore”, concepito come l’alfa e l’omega di ciò che un bambino avrebbe bisogno». Ma queste affermazioni, ha continuato la psicanalista, «colpiscono per la loro mancanza di rigore» perché «un bambino è in fase di costruzione e, come per qualsiasi architettura, ci sono delle regole da seguire se si tratta di “stare in piedi”. Quindi, la differenza tra i sessi è un elemento essenziale della sua costruzione»Inoltre, ha proseguito  Anne-Marie Le Pourhiet, docente di diritto pubblico presso l’Università di Rennes, «l’amore non ha nulla a che fare con il codice civile. Questo argomento è sciocco, ma anche pericoloso»perché se l’amore è il criterio che viene usato per legittimare l’adozione a coppie dello stesso sesso, allora per coerenza non si potrebbero escludere tutte le altre relazioni sentimentali umane in cui tale richiesta viene fatta “in nome dell’amore”, come ad esempio possono essere quelle incestuose, poligamiche e addirittura -estremizziamo- quelle tra due pedofili aspiranti genitori. Il vero criterio, invece, è identificare quale sia la condizione ideale per crescere un bambino ed è ovviamente quella naturale (decisa dalla natura) formata dal padre e dalla madre biologica, anche perché, come ha spiegato Pierre Lévy-Soussan, psichiatra specialista in adozione, «anche se sa che i suoi genitori adottivi non sono i suoi genitori biologici, il bambino deve essere in grado di immaginare che “potrebbero” esserlo, deve fantasticare una scena di nascita possibile […] e credibile. Tuttavia, una coppia dello stesso sesso, non offrirà mai una genitorialità credibile».

 

Roberto Saviano non ha chiuso l’articolo definendo i cattolici dei “retrogadi” o degli “omofobi”, tuttavia anche lui ha mostrato quanto intollerante sia il laicismo. Ha affermato infatti: «La Chiesa non ha alcun diritto di condizionare le leggi e le istituzioni dei paesi laici. I cattolici possono dire la loro, ma non influenzare o boicottare nuove leggi. Questo è profondamente ingiusto». Secondo Saviano dunque, come si è ironizzato su Tempi.it, i cattolici possono esprimere la loro opinione a patto che nessuno li ascolti. Non possono quindi impegnarsi in politica perché così facendo influenzano senza dubbio le leggi e le decisioni e anche la loro presenza pubblica o mediatica (blog, siti web ecc.) è “ingiusta” perché rischiano di convincere o condizionare chi li ascolta. Per evitare di influenzare la scena mediatica e politica, i cattolici dovrebbero stare rinchiusi nelle loro case?

Ancora una volta constatiamo che gli argomenti a sostegno dell’agenda LGBT sono decisamente carenti di ragioni adeguate, stupisce sempre più quindi la loro popolarità.

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Le reazioni alla Cassazione: la sentenza non apre alle adozioni gay

FamigliaCome abbiamo già parlato ieri, la Prima sezione civile della Cassazione si è espressa affrontando una causa di affidamento tra un padre e una madre, la quale successivamente ha intrapreso una convivenza omosessuale con una donna. La Cassazione ha negato l’affidamento al padre, mostratosi violento, affidando il bambino alla madre e alla convivente, con la motivazione che si tratterebbe di un «mero pregiudizio» sostenere che tale contesto rechi uno svantaggio al bambino.

Abbiamo già mostrato che questa posizione, al di là del caso specifico, non è assolutamente un pregiudizio, ma un giudizio basato sull’esperienza e sulla letteratura scientifica in nostro possesso. In ogni caso la sentenza non è ideologica e non ha per nulla aperto all’adozione omosessuale, è sbagliata la strumentalizzazione della comunità LGBT. Interessante, in ogni caso, è stato osservare le reazioni a tale originario pronunciamento, che aiutano anche ad inquadrare meglio tutto il contesto.

 

Maria Gabriella Luccioli, presidente della Prima sezione civile della Cassazione che ha presieduto il collegio giudicante, ha invitato ad una «lettura pacata di questa sentenza. Il bambino era già stato affidato alla madre. Già la Corte d’appello aveva bollato come ‘generica’ la difesa sostenuta dal padre che non trovava riscontro alcuno. Qui poi non e’ in ballo l’adozione per le coppie gay ma la legittimità dell’affidamento ad una mamma che vive con un’altra donna. Una sentenza assolutamente rigorosa. Mi pare che sia stato fatto tanto rumore per nulla».

Pietro Zocconali, presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi (ANS), ha affermato: «I bambini sono dotati di grande capacità di adattamento, tuttavia, sulla base della letteratura scientifica disponibile, che evidentemente la Corte di Cassazione disconosce, vivono meglio quando trascorrono l’intera infanzia con i loro padri e madri biologici. Il bambino riconosce se stesso e il proprio futuro rispecchiandosi e relazionandosi al maschile e al femminile di una madre e di un padre, biologici o adottivi. In assenza di questa diversità sessuale il benessere del bambino è a rischio, come dimostra la stragrande maggioranza dei dati raccolti dalla più validata letteratura psico-sociale a livello mondiale, debitamente richiamati dal sociologo Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori, e non da quattro sofismi artatamente richiamati dalla comunità gay e privi di riconoscimento scientifico».

Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio per i Diritti dei minori e e consulente della Commissione parlamentare per l’Infanzia, ha affermato: «Non si capisce di cosa parli la Cassazione quando afferma che non esistono certificazioni scientifiche attestanti l’inidoneità dei gay ad adottare. D’altro canto non è la prima volta che la Suprema Corte stupisce con sentenze scioccanti, come alcune relative alla violenza sulle donne. Un’equipe, guidata dal prof. Loren Marks della Louisiana State University ha messo a punto un’ennesima analisi, pubblicata sul Social Science Research, che attesta le notevoli differenze sussistenti tra figli adottati da coppie gay conviventi e figli naturali di coppie eterosessuali». Una analisi, quella citata da Marziale, che secondo lui stesso, valida «quanto rilevato da Mark Regnerus, professore di Sociologia presso l’Università di Austin, a capo di un’equipe che ha osservato che quanti sono cresciuti in famiglie omosessuali sono dalle 25 alle 40 volte più svantaggiati dei loro coetanei cresciuti in famiglie normali. Sono costretto a ripetere che non sono omofobo e che sono aperto ad ogni altro sacrosanto diritto civile per la comunità omosessuale, ma sulle adozioni non è dato transigere. Si tratta del diritto di ogni bambino ad avere una famiglia pedagogicamente completa delle figure di riferimento, maschile e femminile, e non già di appagare le voglie degli adulti che per avere figli devono ricorrere a metodi alternativi rispetto al naturale rapporto eterosessuale».

Carlo Cardia, docente presso la facoltà di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Roma Tre, ha sottolineato che la «primordiale relazione tra genitori e figli è tutelata dalla Convenzione sui diritti umani e dalla nostra Carta Costituzionale. Per l’articolo 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 il “fanciullo ha diritto a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi”, mentre la Costituzione italiana oltre alla celebre formula dell’articolo 29 per la quale “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» aggiunge che «è dovere e diritto dei genitori mantenere ed educare i figli”». Questi principi sono stati definiti “pregiudizio” dalla Cassazione ed è «gravissimo che la sentenza della Cassazione mette da parte formulazioni legislative del più alto livello, internazionale e costituzionale, che parlano del diritto del bambino ad essere curato e allevato dai genitori». Ma la cosa più sconvolgente della pronuncia è «quando considera il bambino come soggetto manipolabile, attraverso sperimentazioni che sono fuori della realtà naturale, biologica e psichica, umana, e che non si sa bene quanto dovrebbero durare». Così il bambino viene «privato artificiosamente della doppia genitorialità, vede venir meno la dimensione umana e affettiva necessaria per la crescita e il suo armonico sviluppo, ed è lasciato in balia di esperienze, rapporti, relazioni umane, sostitutive e del tutto slegate rispetto alla naturalità del rapporto con il padre e la madre. Siamo di fronte ad una concezione che attinge il suo humus culturale alle forme illuministiche più primitive, nega ogni preziosità dell’esperienza umana, e ritiene che anche per la dimensione della paternità e maternità il genere umano possa ricominciare daccapo, perché l’educazione e la formazione del bambino può avvenire contro i parametri naturali e le garanzie che la famiglia presenta in ogni epoca e in tutti i Paesi del mondo. Si intravede in questo modo un profilo disumanizzante della tendenza a spezzare il legame del bambino rispetto ai genitori naturali, che comporta il declassamento dei suoi diritti proprio in quella fase più delicata dell’esistenza che condiziona per sempre la crescita successiva».

Su Avvenire si è osservato che la «scelta, si potrebbe sintetizzare, a favore del male minore e non una sentenza ideologica che “apre” alla possibilità di adozione da parte delle coppie gay. Anche perché i giudici, forse per evitare che le loro parole si trasformassero, come si dice, in “giurisprudenza”, si sono limitati a un accenno fuggevole in riferimento al caso specifico e non teorizzano in alcun modo la necessità di legiferare a favore dell’adozione da parte delle coppie omosessuali. Del tutto fuori strada quindi i commenti di chi ha subito colto l’occasione per gridare alla “modernità” e alla “lungimiranza” dei supremi giudici». Una posizione simile è stata presa in un secondo illuminante articolo.

Lucetta Scaraffia, docente di Storia Contemporanea all’Universita degli Studi di Roma La Sapienza, ha a sua volta puntualizzato che «pare evidente infatti che il bambino non sia stato affidato dal tribunale a una coppia gay, ma a sua madre, dopo che il padre, si può arguire dalle condizioni del primo affidamento, si era comportato in modo per lo meno discutibile nei confronti del figlio. In una situazione così drammatica e lacerata, in cui anche la madre evidentemente presenta vere difficoltà, è stato però scelto di affidarlo alla madre, come persona capace di educarlo. Insisto: alla madre, e non a una coppia gay che si spaccia come genitori del bambino. Certo, la convivenza sentimentale della madre con un’altra donna può provocare problemi al bambino, non è una condizione ottimale, ma qui mi sembra che le disgrazie si sommino alle disgrazie e questa di vivere con la madre possa essere considerata per questo bambino la soluzione meno negativa, il minore dei mali. Non si tratta quindi di riconoscimento di possibilità dei gay di allevare figli, né di adottarli: trovo assolutamente fuori posto tutte le polemiche sulla bontà di questa ipotetica situazione, in Italia non permessa né adombrata da nessuna legge, neppure da questa sentenza. L’alternativa mi sembra di capire che fosse affidare a qualche nucleo familiare non legato da legami di sangue il bambino, e questo sarebbe stato per lui, che presumibilmente ama sua madre con la quale è cresciuto finora, motivo di grave danno e dolore».

Cesare Mirabelli, giurista e presidente emerito della Corte Costituzionale, ha affermato: «La sentenza della Cassazione si riferisce a un caso specifico, non mi pare che dia enunciazioni assolutizzanti da estendere, per esempio, all’adozione. I titoli che stano uscendo sugli organi d’informazione vanno al di là del caso concreto». La Cassazione con questa sentenza chiede di verificare «non in astratto, ma in concreto la situazione del minore nel contesto di quel rapporto tra i genitori e della situazione di convivenza». Non è quindi il caso di parlare di «deriva ideologica», conclude il giurista, dal momento che è «legata al caso specifico e non intende dettare una disciplina, né apre all’adozione per le coppie omosessuali».

Giuseppe Di Mauro, presidente della Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps), ha affermato: «Non si tratta di pregiudizi. Da pediatra voglio affrontare la questione da un punto di vista medico e scientifico. Esistono studi internazionali, seri, in particolare negli Stati Uniti, che dimostrano statisticamente come una percentuale significativa di bambini adotatti da coppie gay siano più svantaggiati dal punto di vista psicosomatico e depressivo, con una maggior tendenza al suicidio. Il fatto che non ci siano in Italia, dove le adozioni da parte di coppie omosessuali sono vietate, non significa che si debbano ignorare studi autorevoli condotti in altri Paesi. Non parliamo di semplici sondaggi ma di lavori condotti con tutti i crismi. Da pediatra ritengo che il bambino deve incontrare stili educativi diversi, uomo-donna; dal suo punto di vista l’habitat migliore è quello di una famiglia composta da padre e madre uniti il più a lungo possibile. Perché quello che deve interessare è il bambino. Non c’entra niente il “diritto” dei genitori, non sono in discussione quelli legali o civili degli omosessuali, c’è di mezzo un’altra persona. Bisogna chiedersi: in queste situazioni il bambino è contento? Come medico mi interessa non solo la sua salute fisica ma anche quella psichica, etica e morale, il suo equilibrio affettivo».

Lorenza Violini, docente di diritto costituzionale all’Università statale di Milano, ha spiegato: ​«Il caso è certamente da ridimensionare. Non c’è possibilità di far derivare da questa sentenza una promozione delle adozioni da parte di coppie omosessuali. La giurisprudenza in materia è piuttosto consolidata, non è certo il primo caso di minore affidato alla madre o al padre, anche quando il genitore dopo la separazione abbia avviato una convivenza e una relazione omosessuale. Tecnicamente, siamo nel campo della giurisdizione minorile e le decisioni sono più simili ad atti meramente amministrativi che non giurisdizionali. E se è vero che qualsiasi sentenza è indissolubilmente legata al caso specifico che viene giudicato, ciò è ancora più vero nella vicenda di cui stiamo discutendo. Non possiamo prescindere dalla storia di questo bambino, quantomeno per come emerge dalle carte. Qui mi sembra di poter dire che sia stato valutato il benessere del minore da parte dei giudici d’appello e poi la Cassazione si è limitata a respingere il ricorso del padre trovando scarsamente argomentate le sue motivazioni». Certo, parlando di “pregiudizi”, «ci si lascia influenzare dal “politicamente corretto”, mettendo in secondo piano i principi generali del nostro ordinamento».

Come al solito appaiono dunque assolutamente fuori luogo le reazioni scomposte e la strumentalizzazione, anche questa volta, dei leader omosessuali, i quali parlano di “sentenza storica” e di “abbattimento dei pregiudizi”.

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Pregiudizio? E’ la scienza a dire di “no” all’adozione omosessuale

Famiglie In questi giorni la Prima sezione civile della Cassazione si è espressa affrontando una causa di affidamento tra un uomo di religione islamica E.T. S. che aveva avuto un figlio con una donna italiana I.B., residente a Brescia, che successivamente era andata a convivere con un’amica optando per una relazione omosessuale.

Il ricorso dell’islamico è stato respinto dalla Cassazione, la quale ha evidenziato che sostenere sia «dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale» è un «mero pregiudizio», dato che «non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza».

Molti hanno parlato di “sentenza storica”, anche se in realtà si tratta di un pronunciamento su un caso specifico assai controverso, difficilmente utilizzabile come precedente: i giudici hanno evitato di affidare il bambino ad un padre violento, preferendo non strapparlo dalla madre biologica (come avviene quasi sempre in questi casi), anche se essa convive con un’altra donna. In molti hanno ritenuto che la Cassazione abbia optato per il “male minore”, tuttavia stupisce come i giudici abbiano velocemente liquidato come “pregiudizio” una consistente mole di dati scientifici prodotti fino a oggi, oggettivamente contrari all’adozione verso le coppie omosessuali.

Prima di affrontare tutte le questioni in gioco, cosa che faremo nei prossimi giorni (i nostri lettori ci scuseranno se insisteremo su questo tema così “caldo”), abbiamo voluto partire da un dossier specifico, ancora abbozzato e in continuo aggiornamento, dove abbiamo iniziato ad elencare in ordine cronologico la letteratura scientifica e autorevoli pronunciamenti su questa tematica, i quali dovrebbero convincere che la difesa della famiglia naturale non si basa affatto su un “pregiudizio”, ma su un “giudizio” fondato su basi razionali medico-scientifiche.

 

Adozione agli omosessuali, gli studi scientifici dicono di “no”

 

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace

Adozioni omosessuali, la scienza dice no: elenco degli studi

omogenitorialità Adozioni gay, cosa dice la letteratura scientifica? In questo dossier gran parte degli studi più autorevoli, per offrire una panoramica spesso nascosta sui grandi media.

 
 
 

Nel gennaio 2013 la Prima sezione civile della Cassazione ha sostenuto che si tratta di un «mero pregiudizio» affermare che sia «dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale», in quanto «non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza». In molti hanno visto in tale dichiarazione la prima apertura in Italia all’adozione da parte di persone dello stesso sesso.

Vengono così liquidati come “pregiudizio” una consistente mole di dati scientifici prodotti fino a oggi, contrari alla loro posizione.

In questo dossier, in continuo aggiornamento, elenchiamo in ordine cronologico la letteratura scientifica e autorevoli pronunciamenti su questa tematica, i quali mostrano che la difesa della famiglia naturale si basa su un “giudizio” certamente morale, ma anche fondato su basi medico-scientifiche.

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 

————- ————–

1) ADOZIONI GAY, SITUAZIONE GENERALE DELLA RICERCA

Le principali associazioni scientifiche mondiali hanno assunto una posizione favorevole o neutrale circa l’adozione da parte di figli da parte di coppie omosessuali.

Tuttavia, almeno per quanto riguarda la più influente, l’American Psychological Association (APA), alcuni ex presidenti hanno affermato che tale posizione è tutt’altro che basata su evidenze empiriche.

«L’APA», ha spiegato ad esempio, Nicholas Cummings, ex presidente APA, professore emerito di Psicologia presso l’Università del Nevada, «ha permesso che la correttezza politica trionfasse sulla scienza, sulla conoscenza clinica e sull’integrità professionale. Le persone non possono più fidarsi della psicologia organizzata per parlare di prove, piuttosto ci si deve basare per quel che riguarda l’essere politicamente corretti. Al momento la governance dell’APA è investita da un gruppo elitario di 200 psicologi che si scambiano le varie sedi, commissioni, comitati, e il Consiglio dei Rappresentanti».

Vale la pena ricordare, inoltre, che la principale ricercatrice dell’APAn che si occupa dei pronunciamenti ufficiali circa l’omosessualità, è Charlotte Patterson, lesbica, convivente e attivista LGBT.

Nonostante queste prese di posizione “politicamente corrette”, numerosi studiosi continuano a sottolineare come la vulgata della “no differences” (“nessuna differenza”) tra figli di coppie omosessuali ed eterosessuali, sia fondata su basi empiriche inesistenti o deboli, al contrario della stabilità di evidenze scientifiche che mostrano come il luogo ideale per la crescita di un bambino sia la famiglia formata da madre e padre biologici, meglio se sposati.

In particolare, è stato fatto notare che:

a) In diversi studi i campioni di soggetti esaminati non sono adeguatamente selezionati e randomizzati, ad esempio quelli in cui il campione di analisi si propone in modo volontario;
b) In molti studi il ridotto numero di figli di omosessuali esaminati non è rappresentativo (quasi sempre sotto le 40 unità);
c) Vi sono importanti difficoltà di ricerca a causa del numero ridotto del fenomeno e della sua dispersione geografica;
d) la quasi totalità degli studi “neutrali” riguarda “famiglie” omosessuali femminili, dove il figlio è cresciuto inizialmente in una normale famiglia eterosessuale; e) Gli studi ad intervista risultano in genere poco affidabili in quanto osservazioni qualitative-soggettive possono raccogliere alterazioni derivanti da desiderabilità sociale;
f) una nuova elaborazione dei dati raccolti da alcuni dei primi studi porta a risultati diversi, e non è possibile distinguere se si tratti di errori statistici o di alterazioni volontarie dei ricercatori.

E’ condivisibile la constatazione di Walter R. Schumm (Kansas State University) circa l’esistenza di un bias pro-omosessuale nella gran parte delle ricerche al riguardo.

 

————- ————–

2) ADOZIONI GAY, ECCO GLI STUDI SCIENTIFICI

 

  • Nel novembre 2016 i ricercatori dell’università di Oxford hanno rilevato la fondamentale e insostituibile importanza della figura paterna, sopratutto nei primi anni di vita. In particolare è stato positivamente associato allo sviluppo emotivo e ai comportamentali positivi nei bambini.

 

  • Nel settembre 2016 il prof. Walter Schumm, docente presso la Kansas State University ha pubblicato lo studio intitolato A Review and Critique of Research on Same-Sex Parenting and Adoption. In esso ha documentato come la maggior parte degli studi a favore dell’omogenitorialità sono imperfetti, non conclusivi, basati su piccola scala e quasi tutti condotti su coppie istruite e benestanti. E molte questioni preoccupanti, inoltre, non raggiungono mai i media. Ad esempio, l’instabilità del rapporto sembra essere più elevato tra coppie di genitori gay e lesbiche e potrebbe essere un fattore di influenza negativo per i bambini, inoltre è stato osservato che la maggior parte dei ricercatori ritiene che molte, se non la maggior parte, coppie gay e lesbiche non sono monogami e questo è un altro fattore negativo per la salute dei bambini.

 

  • Nell’aprile 2016 la Pediatric Academic Societies (PAS), schierata politicamente a favore dell’omogenitorialità, ha presentato uno studio con il quale vorrebbe giustificare la sua posizione sulla tematica. Il campione utilizzato sono 732 padri gay contattati tramite un sondaggio online, i quali hanno risposto sul rendimento scolastico, l’autostima e le relazioni tra pari dei loro figli. Le risposte date sono state più che prevedibili: l’88% ha detto che “non era vero” che il loro bambino è infelice o depresso e così via. Lo studio è stato presentato sotto al titolo: “I figli di padri gay sono ben adattati”. Un esempio perfetto di come vengano realizzate le ricerche a favore dell’omogenitorialità: campione irrilevante, sondaggi online e risposte dei genitori rispetto a cosa pensano dei loro figli.

 

  • Nell’agosto 2015 sul British Journal of Education, Society & Behavioural Science sono stati riesaminati 3 precedenti studi pubblicati tra il 2004 il 2008 dal Dr Jennifer Wainright e dalla Dr.ssa Charlotte Patterson, forse tra i più citati a sostegno della genitorialità omosessuale in quanto hanno utilizzato per la prima volta un campione rappresentativo, concludendo che i bambini che crescono con genitori dello stesso sesso non hanno svantaggi rispetto a quelli che crescono con genitori di sesso opposto. La revisione dei dati ha tuttavia rilevato che dei 44 casi di coppie lesbiche che costituivano il campione, ben 27 erano in realtà genitori eterosessuali male identificati (un errore presente nell’Add Health survey consultato dai due autori), cioè erano bambini che vivevano con una madre e un padre. Dopo la correzione dell’errore fatale, la ri-analisi del campione ha rivelato che gli adolescenti cresciuti con genitori dello stesso sesso sperimentano una significativamente minor esperienza di autonomia e livelli maggiori di ansia rispetto ai bambini con genitori di sesso opposto. Analizzando i dati del campione di adolescenti cresciuti con famiglie omosessuali è emerso inoltre che se i due genitori dello stesso sesso erano sposati, i bambini mostrano sintomi ben maggiori di crisi di depressione, di pianto e attacchi di panico rispetto a quelli cresciuti con genitori non sposati.

 

  • Il 25 gennaio 2015 sul British Journal of Education, Società & Behavioral Science è stato pubblicato uno studio intitolato “Emotional Problems among Children with Same-Sex Parents: Difference by Definition”. Come abbiamo mostrato anche su UCCR, basandosi su un campione più ampio rispetto a quelli di qualsiasi altro precedente studio è stato mostrato che vi sono «problemi emotivi maggiori per i bambini con genitori dello stesso sesso rispetto a quelli con genitori di sesso opposto addirittura con una incidenza più che doppia». Ovviamente lo studio ha ricevuto alcune critiche dal mondo Lgbt, alle quali è stato però ottimamente risposto.

 

  • Il 21 gennaio 2015 sul British Journal of Medicine & Medical Research è stato pubblicato lo studio intitolato “Child Attention-Deficit Hyperactivity Disorder (ADHD) in Same-Sex Parent Families in the United States: Prevalence and Comorbidities” in cui si è rivelato che i bambini cresciuto con genitori dello stesso sesso negli Stati Uniti hanno avuto più del doppio della probabilità di soffrire della Sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) rispetto ai bambini cresciuti con genitori di sesso opposto. In molti casi la causa è dovuta a forme di bullismo e discriminazione.

 

  • Il 10 gennaio 2015 sul “Journal of Scientific Research & Reports” è stato pubblicato lo studio “Bias in Recruited Sample Research on Children with Same-Sex Parents Using the Strengths and Difficulties Questionnaire (SDQ)” il quale ha mostrato un bias (“pregiudizio”) a sottovalutare le difficoltà psicologiche dei bambini cresciuti con coppie omosessuali negli studi che si avvalgono di campioni di popolazione reclutati. Per questo «gli studi non dovrebbero basarsi sui campioni reclutati, ma rigorosamente casuali. Allo stesso modo le riviste scientifiche o accademiche dovrebbero astenersi dal pubblicare studi basati su campioni di popolazione reclutati e non anonimi». Infatti, gli studi basati su campioni casuali hanno mostrato maggiori problemi emotivi tra questi bambini, più il campione era grande e più le differenze erano statisticamente significative.

 

  • Nel dicembre 2013 Richard E. Redding, vice cancelliere dell’istruzione universitaria e docente di Diritto e Psicologia presso la Chapman University, ha ricordato il noto “caso Regnerus” (il sociologo aggredito mediaticamente per aver realizzato uno studio i cui risultati rilevavano maggiori problemi per i bambini cresciuti da genitori omosessuali), affermando che «la scienza, in particolare le scienze sociali, sono spesso politicizzate. La controversia Regnerus dimostra che il punto di vista socio-politico degli scienziati influenza spesso il tipo di scienza che viene condotta su questioni di rilevanza politica, influenza l’interpretazione dei risultati e il grado di analisi critica che questi studi ricevono». E’ noto che nelle scienze sociali il rapporto tra liberali e conservatori è da 8:1 a 30:1 e questa «omogeneità di vedute socio-politiche porta quasi sempre ad un “pensiero di gruppo”, un fenomeno che si verifica quando i membri del gruppo hanno sfondi relativamente omogenei o viste ideologiche simili».

 

  • Nel dicembre 2013 i ricercatori del McGill University Health Centre hanno pubblicato sulla rivista “Cerebral Cortex” uno studio nel quale rilevano come l’assenza del padre durante la crescita porti i bambini ad aumentato rischio di comportamenti devianti riscontrabili nella fase adulta. Hanno concluso gli autori: questi studi «dovrebbero indurre i ricercatori a guardare più profondamente nel ruolo dei padri durante le fasi critiche della crescita e suggeriscono che entrambi i genitori sono importanti nello sviluppo della salute mentale dei bambini».

 

  • Nel dicembre 2013 Douglas W. Allen, docente di Economia alla Simon Fraser University, ha pubblicato sulla rivista accademica peer review “Review of Economics of the Household” dopo aver confrontato su larga scala la genitorialità omosessuale, le famiglie monoparentali e genitori non sposati di sesso opposto basandosi sui dati del censimento canadese del 2006. I dati raccolti hanno mostrato che i bambini cresciuti da coppie gay e lesbiche hanno avuto solo il 65% di probabilità di ottenere il diploma delle scuola superiore rispetto ai bambini cresciuti in famiglie naturali con due genitori di sesso complementare, ovviamente confrontati per reddito e istruzione dei genitori simile. I figli di coppie dello stesso sesso hanno avuto anche tassi di diploma più bassi rispetto ai figli di genitori single.

 

  • Nel giugno 2013 i risultati dello studio “The Australian Study of Child Health in Same-Sex Families” condotto dall’università di Melbourne e realizzato tramite questionari online, hanno sostenuto che i bambini che crescono nelle same-sex families (famiglie omosessuali) avrebbero uno sviluppo normale e punteggi più alti dei coetanei in tema di benessere e coesione familiare per via delle discriminazioni cui sono sottoposti. E’ stata mediaticamente presentata come la “più ampia ricerca al mondo” sul tema, anche se basata su 500 soggetti. In realtà, è stato osservato, la ricerca è viziata dall’errore presente in quasi tutti gli studi che affermano la “normalità” dei bambini cresciuti con coppie dello stesso sesso: il campione non è casuale, ma reclutato attraverso annunci, pubblicità, elenchi di indirizzi mail della comunità gay (campionamento di convenienza e non probabilistico). Inoltre lo studio, il cui autore è il dottor Crouch, omosessuale militante, non chiarisce se si tratta di figli coi genitori sposati, conviventi, separati o single. La situazione economica di oltre 400 bambini su 500 è fuori dal comune, fra i 60.000 ed i 250.000 dollari, così come i titoli di studio dei genitori gay reclutati sono risultati mediamente superiori a quelli degli altri di confronto. Lo studioso Walter R. Schumm della Kansas State University, ha invece sottolineato che la rivista su cui è stata pubblicata la ricerca non è peer-review e quindi non ha la necessaria credibilità scientifica, inoltre l’età dei bambini è inferiore ai 10 anni quindi le risposte probabilmente sono state compilate dai genitori che, si sa, vogliono pensare sempre il meglio per i figli. Anche Mark Regnerus, della University of Texas, ha rilevato difetti evidenti nella metodologia della ricerca. Critiche sono arrivate anche da studiosi italiani (qui)

 

  • Nel maggio 2013 la rivista “Early Children Develop­ment and Care” ha dedicato sette articoli alla figura del padre e del suo contributo allo sviluppo mentale del bam­bino. Viene confermato che padre e madre so­no ugualmente importanti per il figlio ed insostituibili poiché ognuno ha un suo ruolo indispensabile per l’equilibrio psicofisico del bambino. Nell’edi­toriale si ricorda che i figli di genitori con ruoli madre-padre differenziati «hanno capacità sociali più sviluppate e sono più pronti alla competizione» rispetto ai figli di genitori con ruoli non differenti. Inoltre, viene affermato, «i padri sembrano giocare un ruo­lo maggiore nel processo di apertura dei figli al mondo esterno che è legato allo sviluppo dell’autonomia e alla ca­pacità di affrontare i rischi». Invece, «le madri attribuiscono maggior valore al lavoro in casa, al supporto e­motivo per i figli e all’educazione ses­suale».

 

  • Nel novembre 2012 uno studio pubblicato su Demography ha mostrato forti limitazioni nell’interpretazione di uno studio precedente (Rosenfeld 2010) e utilizzando lo stesso insieme di dati di tale indagine, si è verificato che rispetto a quanto accade nelle tradizionali famiglie sposate, i bambini allevati da coppie dello stesso sesso presentano il 35% in meno di probabilità di progredire attraverso un percorso scolastico normale. Ha inoltre rilevato che «quasi nessuna delle ricerche che utilizzano campioni rappresentativi a livello nazionale ha incluso genitori dello stesso sesso come parte dell’analisi»

 

  • Nell’agosto 2012 uno studio pubblicato su Child Development ha mostrato la fondamentale importanza della figura paterna nello sviluppo dell’adolescente, evidenziando il fatto che più tempo trascorre con il padre e maggiore sarà l’autostima del ragazzo, e migliori saranno le sue abilità sociali.

 

  • Nel luglio 2012, sulla rivista Social Science Research il prof. Loren Marks della Louisiana State University ha mostrato l’infondatezza della posizione “possibilista” dell’American Psychological Association (APA), secondo la quale i figli di genitori gay o lesbiche non sarebbero svantaggiati rispetto a quelli di coppie eteorsessuali. Lo scienziato ha analizzato i 59 studi citati dall’APA per sostenere la propria tesi, dimostrandone l’inaffidabilità dal punto di vista scientifico e attestando notevoli differenze sussistenti tra figli adottati da coppie gay conviventi e figli naturali di coppie eterosessuali

 

  • Sempre nel luglio 2012 il sociologo Mark Regnerus dell’Università del Texas, basandosi sul più grande campione rappresentativo casuale a livello nazionale, ha pubblicato uno studio su Social Science Research con il quale, interrogando direttamente i “figli” (ormai cresciuti) di genitori omosessuali, ha dimostrato un significativo aumento di problematiche psico-fisiche rispetto ai figli di coppie eterosessuali. Lo studio ha ricevuto numerose critiche su alcuni quotidiani internazionali da parte di alcune fazioni di parte (come associazioni gay, militanti e anche scienziati ecc.) ma avendo superato la revisione anonima in peer-review lo studio può essere confutato soltanto attraverso una pubblicazione a sua volta pubblicata su una rivista scientifica di pari livello. Dall’altra parte l’indagine ha trovato il sostegno di un gruppo di 18 scienziati e docenti universitari attraverso un comunicato pubblicato sul sito della Baylor University. In ogni caso, l’Università del Texas ha comunque avviato un’indagine interna per analizzare nuovamente lo studio di Regnerus, pubblicando un comunicato finale con il quale si rileva che «nessuna indagine formale può essere giustificata sulle accuse di cattiva condotta scientifica», dato che «non ci sono prove sufficienti per giustificare un’inchiesta». L’indagine interna ha riconosciuto la legittimità del lavoro e la fedeltà al protocollo seguita dalla metodologia utilizzata. Occorre infine ricordare che, come accade in tutti gli studi scientifici, anche in quello di Regnerus esistono delle imprecisioni e lo stesso sociologo lo ha tranquillamente ammesso. Tuttavia questa ammissione è stata divulgata come un riconoscimento da parte dello studioso dell’inattendibilità del suo lavoro, ma in realtà egli ha semplicemente affermato (il link originale non è più rintracciabile, qui un sito Lgbt riprende le sue parole, seppur strumentalizzandole): «Io ho parlato di “madri lesbiche” e “padri gay”, quando in realtà, non conoscevo il loro orientamento sessuale, conoscevo solo il loro comportamento di relazione omosessuale. Ma per quanto riguarda gli stessi risultati, io li confermo». L’importanza e la diffusione di questo studio nel campo scientifico è stata mostrata nelle dichiarazioni di Pietro Zocconali, presidente dell’Associazione Nazionale Sociologi (ANS) e di Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio per i Diritti dei minori e consulente della Commissione parlamentare per l’Infanzia, i quali hanno entrambi fatto riferimento a tale indagine. Nel dicembre 2016 sul New York Post, Naomi Schaefer Riley è tornata sull’argomento scrivendo: «Regnerus è stato oggetto di aspre critiche per le sue scoperte in un articolo 2012 sugli effetti della genitorialità omosessuale sui bambini. Nonostante le richieste di correzione, l’Università del Texas non ha trovato irregolarità. I critici sono rimasti in disaccordo con la sua metodologia, ma non c’era alcun mistero su come è arrivato alle sue conclusioni».

 

  • Ancora nel luglio 2012 Daniel Potter dell’American Institutes for Research ha pubblicato sul Journal of Marriage and Family uno studio con il quale si è concentrato sui bambini cresciuti all’interno di relazioni dello stesso sesso, paragonandoli a quelli cresciuti con genitori di sesso opposto. Ha sottolineato come la ricerca mostri chiaramente che «i bambini cresciuti in famiglie tradizionali (vale a dire, con i due genitori biologici sposati) tendono a fare meglio dei loro coetanei cresciuti in famiglie non tradizionali».

 

  • Nel marzo 2012 l’American College of Pediatricians ha preso posizione su questa tematica affermando: «i bambini allevati da due individui dello stesso sesso crescono in modo adeguato come i bambini allevati in famiglie con una madre e un padre? Fino a poco tempo la risposta univoca a questa domanda è stata “no”. Nell’ultimo decennio, tuttavia, organizzazioni sanitarie professionali, accademici, politici e mezzi di comunicazione hanno affermando che i divieti di genitorialità verso le coppie dello stesso sesso debbano essere tolte. Nel prendere questa decisione di tale portata, qualsiasi sostenitore responsabile dovrebbe basarsi su elementi di prova completi e conclusivi. Ma non solo non è questa la situazione, ma esistono al contrario prove tangibili che i bambini esposti allo stile di vita omosessuale possono avere un rischio aumentato di danno emotivo, mentale e anche fisico». Si è concluso quindi: «l’American College of Pediatricians ritiene inopportuno, potenzialmente pericoloso e pericolosamente irresponsabile, per i bambini, annullare il divieto di adozione per i genitori dello stesso sesso. Questa posizione è radicata sulle migliori conoscenze scientifiche disponibili».

 

  • Nel marzo 2012 su Hormones and Behavior è apparso lo studio di Ruth Feldman intitolato “Oxytocin and social affiliation in humans”, che ha confermato, dal punto di vista psico-sociale dello sviluppo dei bambini, il beneficio della complementarità di una famiglia intatta, formata da una madre e da un padre, situazione ottimale per un sano sviluppo del bambino. Lo studio in particolare fa notare la differenza dei ruoli delle madri e dei padri, l’importanza di queste differenze per lo sviluppo umano, suggerendo che i sistemi umani dell’ossitocina possono spiegare le diverse e complementari funzioni materne e paterne» (pag. 380-391)

 

  • Nel dicembre 2011 su Archives of Sexual Behavior uno studio ha mostrato che le figlie 17enni di madri lesbiche, concepite mediante inseminazione artificale, sono più propense a segnalare a loro volta un comportamento omosessuale e ad identificarsi come bisessuali, rispetto alle figlie di genitori eterosessuali.

 

  • Nell’ottobre 2011 uno studio realizzato dal Melbourne Institute of Applied Economic and Social Research presso l’Università di Melbourne, ha scoperto che i ragazzi adolescenti (meno per le femmine) che hanno una figura paterna presente nella loro vita hanno significativamente meno probabilità di impegnarsi in successivi comportamenti delinquenziali rispetto ai loro coetanei orfani o senza padre. «Il senso di sicurezza generato dalla presenza di un modello di ruolo maschile in un giovane un effetto protettivo per un bambino, indipendentemente dal grado di interazione tra il bambino e il padre», ha detto il professor Deborah Cobb-Clark, direttore del Melbourne Institute e autore principale dello studio. Dunque è importante anche solo la presenza, senza valutare la qualità di questa figura. «I padri offrono ai bambini modelli di ruolo maschile e possono influenzare le preferenze dei bambini, valori e atteggiamenti, dando loro un senso di sicurezza e rafforzano la loro autostima», ha continuato. In particolare, lo studio ha rilevato che ogni forma di comportamento delinquenziale è stato ridotto di 7,6 punti percentuali per i ragazzi che vivevano con i loro padri biologici, e di 5 punti percentuali per quelli che vivono con il loro padre non biologico. «I padri sono associati ad una riduzione particolarmente grande di incidenza in comportamenti violenti e la lotta tra gang di ragazzi adolescenti»

 

  • Nell’agosto 2011 sul Canadian Journal of Behavioural Science uno studio a lungo termine ha esaminato come i padri contribuiscono a rendere i loro figli più intelligenti e meglio controllabili. La situazione muta notevolmente nei bambini con i padri assenti.

 

  • Nel marzo 2011 sono apparsi i risultati di uno studio condotto dall’Istituto di ricerche economiche e sociali (ISER) dell’Università di Essex, Regno Unito. Dopo aver utilizzato un campione di 11.825 adulti e 1.268 giovani (età 10-15) è stato valutato il grado di felicità dei bambini nelle famiglie con alto e basso reddito verificando che l’influenza maggiore sulla felicità di un bambino è se esso vive con entrambi i genitori -maschio e femmina- e dal rapporto che hanno con essi, in particolare la loro madre.

 

  • Nel 2010 uno studio pubblicato su Marriage & Family Review ha esaminato la letteratura scientifica precedente mostra che essa «suggerisce maggiore conoscenza circa la stabilità delle relazioni omosessuali (lesbiche) di quanto precedentemente sospettato e che, in media, tali rapporti tendono ad essere meno stabili di quelli dei genitori eterosessuali sposati». Evidentemente l’alta instabilità, rilevata statisticamente, dei rapporti di coppie omosessuali è un dato contrario all’affidamento dei bambini, conoscendo i danni sui minori causati dalla separazione e dal divorzio.

 

  • Nel 2010 sulla base del censimento USA del 2001, lo studio con conclusioni “no differences”  di Michael J. Rosenfeld ha esaminato (su oltre 700.000 casi) quanti ragazzi sono stati bocciati a scuola a seconda del nucleo famigliare: 6,8% i figli naturali di coppie eterosessuali, 9,5 e 9,7% i figli di coppie lesbiche e gay. A parità di fattori (reddito, residenza…) la probabilità è non statisticamente significativa, 7,94% (etero) e 9,07% (omo). L’interpretazione è stata messa in forte dubbio in quanto è stato fatto notare che tale divario non può risultare ai ricercatori come “non significativo”

 

  • Nel settembre 2010 in uno studio apparso su Archives of Sexual Behavior gli studiosi hanno mostrato che gli adolescenti cresciuti in famiglie lesbiche hanno meno probabilità di essere vittime sessuali di un altro genitore (la pedofilia è un fenomeno prevalentemente maschile) ma maggiore probabilità (le femmine) di essere a loro volta omosessuali o identificarsi come bisessuali (circa +200%), mentre i maschi sono meno predisposti a relazioni eterosessuali (-35%). Le ragazze mostrano anche un minore ricorso a protezioni contraccettive durante i rapporti sessuali (-35%), e sebbene questo non sia correlato a un aumento di rischio di malattie veneree, implica un maggiore ricorso alla pillola del giorno dopo (+560%).

 

  • Nel luglio 2010 sul Journal of Biosocial Science uno studio ha mostrato che «l’ipotesi che i genitori gay e lesbiche avrebbero più probabilità di avere figli gay, lesbiche, bisessuali o dall’incerto orientamento sessuale è confermata». La percentuale di bambini di genitori gay e lesbiche che hanno adottato un’identità non-eterosessuali a distanza di tempo è tra il 16% e il 57%.

 

  • Nel 2009 su Psychological Reports una revisione di 9 studi ha dimostrato che i bambini cresciuti con genitori gay erano (a) più propensi ad adottare interessi e attività omosessuali, (b) più propensi a segnalare confusione sessuale, (c) più suscettibili ad essere socialmente disturbati, (d) più propensi all’abuso di sostanze, (e) meno propensi a sposarsi, (f) più inclini ad avere difficoltà nelle relazioni d’amore, (g) meno religiosi e più non convenzionalmente religiosi, (h) più inclini ad avere difficoltà emotive, (i) più probabilità di essere esposti a molestie da parte dei genitori, e (j) più inclini al tradimento.

 

  • Nel 2009 su Psychological Reports uno studio ha mostrato che in diversi studi sulla genitorialità gay, «taluni risultati potenzialmente negativi possono essere stati oscurati da effetti soppressori». Tuttavia, si prosegue, «le differenze sono state osservate, tra cui alcune prove in dissertazioni più recenti, le quali suggeriscono che l’orientamento sessuale dei genitori potrebbe essere associato con l’orientamento sessuale dei bambini in seguito all’emulazione e l’attaccamento all’adulto». Si conclude quindi che «la più recente ricerca sulla genitorialità gay continua ad essere viziata da molte delle stesse limitazioni delle ricerche precedenti in questo settore di studi, compresi gli effetti soppressori trascurati».

 

  • Nel novembre 2009 sull’American Psychologist è stata pubblicata una ricerca di Charlotte J. Patterson nella quale si conclude che i risultati «non forniscono alcuna garanzia per la discriminazione legale contro» le famiglie omosessuali in quanto i bambini si svilupperebbero in modo simile a quelli nelle coppie eterosessuali. E’ stato fatto notare in seguito che la Patterson è un’attivista omosessuale, convivente con tre bambini e ricercatrice di riferimento su questo tema dell’American Psychological Association. Nel suo studio ha riconosciuto che «la ricerca sui genitori gay e lesbiche e i loro figli è ancora molto nuova e sono relativamente scarsi gli studi longitudinali che seguono famiglie di gay e lesbiche nel tempo». Tuttavia la sua stessa indagine presenta numerosi difetti di campionamento, oltre al fatto che 44 bambini -come da lei utilizzati- non possono essere rappresentativi. In passato, dopo un’analisi dei suoi studi da parte di un tribunale della Florida, la Corte ha concluso che «l’imparzialità della Dr. Patterson è venuta in discussione quando prima del processo si è rifiutata di consegnare ai suoi legali le copie della documentazione da lei utilizzata negli studi. Questa corte le aveva ordinato di farlo ma lei ha unilateralmente rifiutato, nonostante i continui sforzi da parte dei suoi avvocati di raggiungere tale scopo. Entrambe le parti hanno stabilito che il comportamento della dott.essa Patterson è una chiara violazione dell’ordine di questa Corte. La dott.ssa Patterson ha testimoniato la propria condizione lesbica e l’imputata ha sostenuto che la sua ricerca era probabilmente viziata dall’utilizzo di amici come soggetti per la sua ricerca. Tale ipotesi ha acquisito ancora più credito in virtù della sua riluttanza a fornire i documenti ordinati» (JUNE AMER, Petitioner, v. Floyd P. Johnson, District Administrator, District X, Florida Department of Health and Rehabilitative Services, Respondent, 17th Judicial Circuit in and for Broward County, Case No. 92-14370 (11). July 27, 1997)

 

  • Nel febbraio 2006 sul Journal of Family Issuses, lo studio “The ParentChild Relationship and Opportunities for Adolescents’ First Sex”, realizzato da Mark D. Regnerus e Laura B. Luchies, basandosi su 2000 adolescenti ha notato che la relazione padre-figlia, più che quella madre-figlia, è risultata essere un fatto fondamentale durante la transizione dell’adolescente alla fase della attività sessuale

 

  • Nel maggio 2006 una ricerca pubblicata sul Journal of biosociali Science ha chiaramente evidenziato che l’orientamento omosessuale dei genitori influenzava significativamente quello dei figli.

 

  • Nel 2006 i ricercatori Gunnar Anderson et al., nello studio intitolato “The Demographics of Same-Sex Marriages In Norway and Sweden”, pubblicato su Demography hanno rilevato che il rischio di divorzio è maggiore nei matrimoni dello stesso sesso. Non è stata rilevata, inoltre, nessuna variazione sulla notevole instabilità nel corso tempo, anche in funzione della nuova legge legalizzante le unioni gay. Gli autori hanno stimato in particolare che in Svezia il 30% dei matrimoni femminili rischiano di finire in divorzio entro 6 anni, rispetto al 20% dei i matrimoni di sesso maschile e il 13% di quelli eterosessuali (pp. 76-89). L’alta instabilità dei matrimoni omosessuali, rilevata statisticamente, è un altro dato importante contro all’adozione di bambini da parte di queste coppie.

 

  • Nell’aprile 2005 uno studio su Psychological Reports ha rilevato che il 50% degli abusi su bambini in adozione in una indagine sulla popolazione generale, e il 34% di abusi determinati dal DCF dell’Illinois, erano stati vittime di un genitore omosessuale.

 

  • Nel 2005 sul Journal Of Law & Family Studies è stato mostrato come la letteratura scientifica dica chiaramente che madri e padri sono essenziali per ottimizzare la crescita dei figli. La complementarità di genere offre ai bambini la possibilità di prosperare in un ambiente migliore, mentre altre forme familiari non sono altrettanto utili o salutari per i bambini. Ricerche sostanziali dimostrano infatti gli effetti negativi dell’assenza del padre, mentre si possono solo supporre le conseguenze negative dell’assenza della madre. Inoltre, si continua a leggere, i dati che emergono sul collocamento dei bambini in coppie omosessuali forniscono segnali di avvertimento significativi, suggerendo che ci sono differenze tra i bambini allevati da coppie omosessuali ed eterosessuali.

 

  • Nel febbraio 2005 su Psychological Reports sono stati analizzati i dati dell’Illinois child services dal 1997 al 2002, mostrando che gli omosessuali praticanti erano proporzionalmente più inclini ad abusare sessualmente dei bambini a loro affidati o adottati rispetto ai genitori eterosessuali.

 

  • Nel dicembre 2003 uno studio su Psychological Reports ha mostrato che nel campione selezionato la maggioranza di vittime di abusi sessuali aveva genitori omosessuali, arrivando a concludere che tali dati dovrebbero «mettere in discussione l’attuale politica favorevole all’adozione e all’affidamento a genitori omosessuali»

 

  • Nel 2002 su Regent Law Review University George Rekers e Mark Kilgus hanno recensito 35 dei migliori studi disponibili sulla genitorialità omosessuale pubblicati su riviste accademiche, arrivando alla conclusione che «tranne pochissime eccezioni, gli studi esistenti sulla genitorialità omosessuale sono metodologicamente errati e devono essere considerati non più di un lavoro-pilota esplorativo che suggerisce indicazioni per studi di ricerca rigorosi» (p. 345). Questi studi, hanno proseguito, «sono metodologicamente difettosi, fuorvianti, distorti, e forme di propaganda a sfondo politico che irresponsabilmente affermano conclusioni che non sono scientificamente giustificate» (p. 375)

 

  • Nel giugno 2002 i sociologi Kristin Anderson Moore, Susan M. Jekielek e Carol Emig, attraverso il loro studio, hanno dimostrato che esiste un ampio corpus di ricerche che indicano come i bambini si sviluppano meglio quando crescono con entrambi i genitori biologici, all’interno di un matrimonio. Hanno affermato in particolare: «non è semplicemente la presenza di due genitori, ma è la presenza di due genitori biologici che sembra sostenere lo sviluppo dei bambini».

 

  • Nel febbraio 2002 su Psychological Reports uno studio ha rilevato che su 57 bambini cresciuti con genitori omosessuali, 48 presentavano una o più problematiche di vario tipo attribuibili al genitore omosessuale. Inoltre, il 27% delle figlie e il 20% dei figli erano a loro volta omosessuali

 

  • Nel gennaio 2001 su Marriage Law Project alcuni ricercatori hanno valutato 49 studi empirici sull’omogenitorialità evidenziando almeno un difetto fatale in tutti. Come risultato, essi concludono che nessuna generalizzazione può attendibilmente essere basata su tali ricerca e che l’affermazione che non vi sia alcuna differenza tra l’omogenitorialità e la genitorialità eterosessuale è priva di qualsiasi fondamento scientifico

 

  • Nel 2001 i sociologi Judith Stacey e Timothy J. Biblarz della University of Southern California hanno pubblicato su American Sociological Review una revisione di 21 studi precedenti sui figli di genitori omosessuali constatando che la ricerca non ha trovato differenze sistematiche tra i bambini allevati da una madre e padre e da quelli allevati da genitori dello stesso sesso. Tuttavia hanno mostrato che le madri lesbiche hanno avuto un effetto femminilizzante sui loro figli e un effetto mascolinizzante sulle loro figlie, tanto che essi riferiscono: «le ragazze adolescenti e i giovani adulti allevati da madri lesbiche sembrano essere stati più sessualmente avventurosi e meno casti, in altre parole, ancora una volta, i bambini (soprattutto le ragazze) allevati da lesbiche sembrano discostarsi dalla norma tradizionale basata sul genere, mentre i bambini cresciuti da madri eterosessuali appaiono conforme ad essa». Inoltre hanno rilevato più alti tassi di omosessualità tra i bambini cresciuti in famiglie omosessuali: «Riconosciamo i pericoli politici nel far notare che gli studi recenti indicano una maggiore percentuale di figli di genitori omosessuali che sono inclini a impegnarsi in attività omosessuali» (Stacy, J. & Biblarz, TJ (2001). Does sexual orientation of parents matter? American Sociological Review, 66 (2), pp. 159-183). Inoltre anche loro hanno anche osservato che in diverse occasioni tali ricerche offrivano risultati che venivano distorti dalla loro interpretazione in base alle inclinazioni degli studiosi. Hanno quindi concluso che le «pressioni ideologiche vincolano lo sviluppo intellettuale in questo settore». Tutto questo è avvenuto per «non attirare le ire degli attivisti omosessuali o incoraggiare la retorica anti-gay»

 

  • Nel 2000 uno studio realizzato da R.N. Williams ha osservato che figli di genitori lesbiche avevano significativamente più probabilità di essere impegnati in relazioni omosessuali e minore autostima di quelli cresciuti in famiglie eterosessuali. Williams ha scoperto inoltre che diverse omissioni sono state fatte da altri ricercatori che hanno condotto la ricerca in queste aree (Williams, R. N. (2000). A critique of the research on same-sex parenting, in D.C. Dollahite, ed., Strengthening Our Families, Salt Lake City, Utah: Bookcraft, p.352-355.)

 

  • Nel 1999 su “American Psychologist”, rivista dell’American Psychological Association (APA), è apparso l’articolo intitolato Deconstructing the Essential Father firmato da due sostenitori delle istanze Lgbt, Louise Silverstein e Carl Auerbach, in cui si sostiene che né le madri né i padri sono essenziali per lo sviluppo del bambino e che la genitorialità responsabile può verificarsi all’interno di una varietà di strutture famigliari. I due autori sostengono le loro posizioni dall’osservazione del comportamento animale, in particolare dalle scimmie americane chiamate uistitì, concludendo che i bambini, come gli animali, non hanno bisogno di madri e padri, ma solo di operatori sanitari che si prendano cura di loro.
    Sorprendentemente non c’è alcun riconoscimento delle differenze incolmabili tra gli esseri umani e gli animali, inoltre loro stessi scrivono: «Riconosciamo che la lettura della nostra letteratura scientifica sostiene
    la nostra agenda politica
    . Il nostro obiettivo è quello di generare nell’opinione pubblica iniziative che supportino gli uomini nel loro ruolo paterno, senza discriminare le donne e le coppie dello stesso sesso. Siamo interessati anche a favorire politiche pubbliche che supportano la legittimità di diverse strutture familiari, piuttosto che privilegiare i due genitori eterosessuali»
    . Gli autori hanno anche dichiarato: «Ci rendiamo conto che alcune delle ricerche che citiamo per sostenere il nostro punto di vista si sono rivelate scorrette». In altre parole, i due attivisti non si mostrano preoccupati per ciò che è meglio per i bambini (il migliore interesse del bambino non è mai stato menzionato nell’articolo), né sono preoccupati del fatto che le loro fonti non sono supportate dalla scienza.

 

  • Nel 1999 su Violence and Victims è stata messa a confronto la vittimizzazione violenta subita tra gli uomini e le donne con una storia di convivenza dello stesso sesso e le loro controparti con una storia di matrimonio eterosessuale. Lo studio ha trovato che gli intervistati omosessuali, rispetto a quelli eterosessuali avevano significatamene più probabilità di: (a) essere stati violentati come minori e adulti, (b) essere fisicamente aggrediti da bambini, (c) essere fisicamente aggrediti da adulti dai loro partner. Lo studio, si conclude, «conferma che la violenza domestica è più diffusa tra coppie gay rispetto a coppie eterosessuali». L’alto tasso di violenza domestica nelle coppie omosessuali, rilevata statisticamente, è un dato da tenere in considerazione circa la loro possibilità di adozione di bambini.

 

  • Nel 1999 sul Journal of Marriage and Family, lo studio Paternal Involvement and Children’s Behavior Problems di Paul R. Amato & Fernando Rivera ha verificato che i padri riescono a offrire un un contributo unico per il comportamento dei propri figli. L’influenza positiva della presenza della madre e del padre è stata confermata, è risultata indipendentemente e significativamente associata ai problemi di comportamento dei bambini. In particolare l’influenza paterna gioca un ruolo importante nel mantenere nel figlio bassi livelli di delinquenza e criminalità e abbassando le probabilità che la figlia adolescente possa entrare in stato di gravidanza. Questi risultati sono stati confermanti anche dopo aver controllato per il coinvolgimento della madre.

 

  • Nel marzo 1999 David Popenoe, professore emerito di Sociologia presso la Rutgers University, ha pubblicato il libro Life without Father (Harvard University Press 1999) mostrando come madri e padri svolgono ruoli diversi nella vita dei loro figli: «attraverso il loro gioco, così come nelle altre attività dei figli, i padri tendono a sottolineare competizione, sfida, iniziativa, l’assunzione di rischi e di indipendenza, mentre le madri, al contrario, forniscono sicurezza emotiva e personale». I genitori inoltre disciplinano i loro figli in modo diverso: «Mentre le madri forniscono una grande flessibilità e simpatia nella loro disciplina, i padri offrono prevedibilità e coerenza». Ed ancora: «Entrambe le dimensioni sono fondamentali per una efficiente, equilibrata educazione dei figli, in tre decenni di attività come scienziato sociale sono a conoscenza di dati in cui il peso delle prove è così decisamente schiacciante: nel complesso, per i bambini, le famiglie con due genitori eterosessuali sono preferibili alle altre forme di relazioni» (p. 176)

 

  • Nel 1997 sul Journal of Sex Research sono stati analizzati i profili di 2.583 omosessuali, scoprendo che il campo modale dei partner sessuali andava dal 101 al 500. Inoltre, il 10,2-15,7% ha avuto tra i 501 e i 1000 partner, un ulteriore 10,2-15,7% ha riferito di aver avuto più di 1000 partner vita sessuale. L’altissimo tasso di numero di partner, conseguente all’instabilità delle relazioni omosessuali, è un dato da tenere in considerazione nel dibattito sull’adozione da parte di coppie dello stesso sesso.

 

  • Nel 1997 su Violence and Victims è stato analizzato un campione di 283 gay e lesbiche, i quali hanno riferito le loro esperienze sia come vittime che come autori di violenza nella loro relazione. I risultati generali indicano che il 47,5% delle lesbiche e il 29,7% dei gay è stato vittima di un partner dello stesso sesso. L’alto tasso di violenza domestica nelle coppie omosessuali, rilevato statisticamente, è un dato da tenere in considerazione nel dibattito sull’adozione da parte di coppie dello stesso sesso.

 

  • Nel 1997 su University of Illinois Law Review Lynn D. Wardle si è occupato dell’uso improprio di studi di scienze sociali a confronto tra gli effetti della genitorialità omosessuale alla genitorialità eterosessuale, affermando: «collettivamente, gli studi di scienze sociali che pretendono di dimostrare che i bambini cresciuti da genitori che si impegnano in comportamenti omosessuali non sono soggetti a un rischio significativamente maggiore sono metodologicamente e analiticamente viziati, e cadono al di sotto degli standard di affidabilità necessari per sostenere tali conclusioni» (p. 852). Questi studi hanno ignorato gli effetti potenziali significativi dei figli di gay, tra cui un maggiore sviluppo dell’orientamento omosessuale nei bambini e svantaggi emotivi e cognitivi causati dalla mancanza di genitori di sesso opposto, e una precaria sicurezza economica (p. 833-920)

 

  • Nell’ottobre 1997 sul Journal of Child Psychology and Psychiatry sono stati mostrati i risultati di uno studio che ha confrontato trenta famiglie con genitori lesbiche e 42 famiglie con una madre single eterosessuale e con 41 famiglie formate dai genitori eterosessuali. I risultati hanno mostrano che i bambini cresciuti in famiglie senza padre fin dall’infanzia hanno vissuto con maggior intensità e interazione il rapporto con la madre, anche se sono stati percepiti meno cognitivamente e fisicamente competenti rispetto ai loro coetanei con un padre presente in famiglia

 

  • Nel 1996 sul Journal of Gay & Lesbian Social Services è stato analizzato un campione di 288 soggetti gay e lesbiche, rilevando una elevata incidenza di storie personali segnate dall’abuso nella loro relazione omosessuale. Il tasso di violenza, rilevato statisticamente, che contraddistingue le relazioni omosessuali è un dato da tenere in considerazione nel dibattito sull’adozione da parte di coppie dello stesso sesso.

 

  • Nel 1996 nello studio di S. Sarantokas intitolato “Children In Three Contexts: Family, Education, and Social Development”, pubblciato su Children Australia, si conclude che: «Nel complesso, lo studio ha dimostrato che i figli di coppie sposate hanno più probabilità di fare bene a scuola a livello accademico e sociale rispetto ai figli di coppie conviventi e omosessuali» (pp. 742-743)

 

  • Nel gennaio 1996 in uno studio scientifico su Developmental Psychology i ricercatori Tasker e Golombok, anche se hanno cercato di affermare il contrario, hanno rivelato attraverso i loro risutlati una connessione tra l’essere cresciuto in una famiglia lesbica e l’essere omosessuali, infatti nessuno dei bambini provenienti da famiglie eterosessuali aveva avuto una relazione lesbica o gay, al contrario, cinque (29%) delle diciassette figlie e uno (13%) degli otto figli cresciuti in famiglie omosessuali hanno riferito di avere avuto almeno una relazione dello stesso sesso. Lo studio ha presentato altre piccole manipolazioni interpretative

 

  • Nel 1995 su Developmental Psychology è stato fatto notare che il 9,3% di un gruppo di 75 figli di 55 padri gay o bisessuali sono omosessuali a loro volta, dato che è notevolmente superiore alla prevalenza di maschi omosessuali nella popolazione generale.

 

  • Nel 1994 su Archives of Sexual Behavior ci si è concentrati sugli episodi di attività sessuale non consensuale tra 930 uomini omosessuali attivi in Inghilterra e Galles. Il 27,6% di essi ha riferito di essere stato aggredito sessualmente da altri uomini, un terzo è stato costretto ad attività sessuali da altri uomini con i quali aveva avuto o stava avendo un rapporto sentimentale. Il tasso di violenza domestica, rilevato statisticamente, che contraddistingue le relazioni omosessuali è un dato da tenere in considerazione nel dibattito sull’adozione da parte di coppie dello stesso sesso.

 

  • Nel 1994 in una ricerca sul Journal of Divorce & marriage sono stati analizzati i dati di letteratura pubblicati sulla genitorialità omosessuale e dei suoi effetti sui bambini. Scrivono i ricercatori: «Ogni studio è stato valutato secondo gli standard accettati di ricerca scientifica. La scoperta più impressionante è stata che tutti gli studi mancavano di validità esterna, e non un singolo studio rappresentava la sub-popolazione di genitori omosessuali. Solo tre studi hanno soddisfatto gli standard minimi di validità interna, mentre gli undici restanti presentati hanno mostrato minacce mortali alla validità interna. La conclusione che non vi sono differenze significative nei bambini allevati da madri lesbiche rispetto a madri eterosessuali non è supportata dalla ricerca scientifica». Hanno inoltre aggiunto: «Un altro limite reciproco di molti degli studi è stato quello già identificato da Rees (1979), vale a dire, il desiderio politico e giuridico “di presentare una felice e ben regolata famiglia lesbica al mondo”» (p. 116)

 

  • Nel 1994 la Harvard University Press ha pubblicato un ampio studi dei ricercatori Sara McLanahan e Garry Sandefur sui bambini cresciuti senza un genitore. La loro conclusione è stata: «i bambini che crescono in famiglie con un solo genitore biologico hanno uno sviluppo peggiore, in media, rispetto ai bambini cresciuti in famiglie con entrambi i genitori biologici, indipendentemente dal fatto che la madre residente si sia risposata»

 

  • Nel dicembre 1994 sul Journal of Interpersonal Violence sono stati analizzati i rapporti intimi tra omosessuali, concludendo che la “violenza lesbica” non è un fenomeno raro. Quasi tutti gli intervistati (circa 300 soggetti) sonno stati vittima di uno o più atti di aggressione verbale da parte del loro partner durante l’anno precedente, e il 31% ha riferito uno o più abuso fisico subito, mentre il 12% ha dichiarato di essere stata vittima di un grave abusi fisici. Il tasso di violenza domestica, rilevato statisticamente, che contraddistingue le relazioni omosessuali è un dato da tenere in considerazione nel dibattito sull’adozione da parte di coppie dello stesso sesso.

 

  • Nel 1993 su Families and Society sono stati sintetizzati i lavori Erik Erikson, uno dei più apprezzati psicologi dello sviluppo in tutto il mondo, notando che le madri e i padri amano in modo diverso e non sono affatto intercambiabili. Inoltre, gli adolescenti che hanno rapporti affettuosi con i loro padri presentano migliori abilità sociali, maggiore fiducia, e sono più sicuri nelle loro competenze.

 

  • Nel 1993 sul New Directions for Child and Adolescent Development lo studio intitolato “Distinctive role of the father in adolescent separation-individuation” di Shmuel Shulman e Moshe M. Klein, ha analizzato il rapporto tra il padre e l’adolescente, valorizzando il suo ruolo come unico e insostituibile. Hanno concluso: «i padri, più delle madri, trasmettono la sensazione agli adolescenti di poter contare su se stessi, così padri possono fornire un “ambiente facilitante” per il conseguimento, da parte dell’adolescente, della differenziazione dalla famiglia e del consolidamento dell’indipendenza» (pp. 41-53).

 

  • Nel 1992 sul Journal of Sex & Marital Therapy gli studiosi Freund K, Watson RJ hanno pubblicato lo studio “The proportions of heterosexual and homosexual pedophiles among sex offenders against children: an exploratory study”, analizzando i profili degli autori di pedofilia, da cui è emerso -seppur senza generalizzare- che la percentuale di pedofili veri tra le persone con uno sviluppo omosessuale è maggiore rispetto a persone che si sviluppano eterosessualmente. In particolare hanno rilevato che il rapporto tra vittime femmine e maschio era di circa 2:1, anche se il rapporto tra uomini eterosessuali e omosessuali è di circa 20:1. I due ricercatori hanno concluso affermando che i loro risultati «supportano l’idea che uno sviluppo omosessuale spesso non si traduce in androphilia [desiderio sessuale per gli uomini] ma in pedofilia [desiderio omosessuale di ragazzi]. Questo, ovviamente, non dovrebbe essere inteso come dire che gli androphiles possano avere una maggiore propensione ad offendere i bambini di quanto non facciano gli uomini gynephiles [interessati alle donne]» (p. 41).

 

  • Ne 1991 sul Journal of Social Service Research uno studio ha valutato la violenza domestica tra coppie omosessuali e eterosessuali concludendo che l’abuso tra partner lesbiche si verifica maggiormente (55%) rispetto ai rapporti eterosessuali (37 al 55%). Il tasso di violenza domestica, rilevato statisticamente, che contraddistingue le relazioni omosessuali è un dato da tenere in considerazione nel dibattito sull’adozione da parte di coppie dello stesso sesso.

 

Condividi su:
  • Aggiungi su Facebook
  • Aggiungi su Twitter
  • Aggiungi su Windows Live
  • Aggiungi su MySpace