Pakistan, i matrimoni cristiani saranno ufficialmente riconosciuti

pakistan corte supremaLa Corte Suprema del Pakistan, oltre alla definitiva assoluzione di Asia Bibi, si è pronunciata a favore del riconoscimento legale dei matrimoni celebrati nelle chiese cristiane. Due segnali concreti di cambiamento e di speranza.

 

La definitiva assoluzione di Asia Bibi da parte della Corte Suprema del Pakistan, avvenuta pochi giorni fa, è stata un secondo atto storico dopo la prima sentenza dello scorso ottobre.

«La fine di un incubo» per la donna cristiana, ha scritto l’Osservatore Romano, condannata a morte per blasfemia nel 2010 nel paese più islamico che ci sia, dove il popolo è educato ad un credo fondamentalista, alimentato anche dalle scuole coraniche, finanziate dai sauditi con la benevolenza occidentale.

 

La Corte Suprema a favore dei matrimoni cristiani.

Sempre la Corte Suprema pakistana si è pronunciata anche su un altro tema caro alla comunità cristiana, sentenza che è passata in secondo piano e non sufficientemente valorizzata in Occidente. I giudici, infatti, hanno ordinato all’Autorità nazionale di registrazione (Nadra) di riattivare il registro ufficiale dei matrimoni celebrati attraverso il rito religioso cristiano, dando loro valore ed effetti di carattere civile. Un riconoscimento che era stato subito sospeso dopo la sua introduzione nel 2013.

Dal 16 gennaio scorso 2019, invece, grazie al coraggio dei supremi giudici (in particolare al giudice musulmano Mian Saqib Nisar), i matrimoni cristiani celebrati in chiesa sono nuovamente riconosciuti in Pakistan, anche se l’attuazione della sentenza richiederà tempo a causa dei prevedibili ostacoli a livello locale. «Un atto molto importante da parte della Corte Suprema», ha commentato Fr. Mario Angelo Rodrigues, rettore dell’Arcidiocesi di Karachi (Pakistan). «I cristiani del Punjab hanno lottato per ottenere giustizia. Apprezzo la decisione della Corte, finalmente annunciata per il bene dei cristiani in Pakistan», ha dichiarato padre Adeel Patras, vice presidente di Jesus Life TV.

 

Il coraggio dei giudici, la richiesta del Papa: “ai cristiani gli stessi diritti”.

Si stima che il 96% della popolazione pakistana abbraccia l’Islam, religione che vanta il riconoscimento ufficiale da parte dello Stato. I cristiani, invece, sono circa 2,8 milioni, ovvero l’1,6% del totale, e quasi la metà di loro professa la fede cattolica. Una minuscola minoranza, quindi. Anche per questo è degno di lode il coraggio dei tre giudici supremi -Saqib Nisar, Asif Saeed Khosa e Mazhar Alam Khan Miankhel-, consci dei rischi: nel 2011 l’ex governatore del Punjab che si era speso in favore di Asia Bibi, infatti, venne assassinato nelle strade della capitale, Islamabad. Come abbiamo già sottolineato, la Corte Suprema poteva limitarsi ad affermare l’insufficienza delle prove, invece sono entrati nel vivo della questione scrivendo che «è blasfemia anche insultare la religione cristiana, pur facendolo in nome di Maometto». Si spiegano così gli oltre 1000 arresti che la polizia ha effettuato dopo gli incidenti avvenuti in tutto il paese dopo la sentenza, tra cui Khadim Hussain Rizvi, leader del partito radicale islamico Tehreek-e-Labbaik Pakistan (TLP).

Due atti, la doppia assoluzione di Asia Bibi ed il ripristino del valore civile dei matrimoni cristiani, che potrebbero essere indice di uno storico cambiamento e una luce di speranza per i cristiani del Medio Oriente, i quali «siano riconosciuti come cittadini a pieno titolo e con uguali diritti», come ha chiesto pochi giorni fa Papa Francesco.

La redazione

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L’autocoscienza negli animali, un abbaglio scientifico?

autocoscienza animaliUn articolo di “Le Scienze” riapre la discussione su come indagare l’autocoscienza negli animali. Ma abbiamo scoperto veramente la coscienza di sé persino nei pesci o continuiamo a prendere abbagli rimanendo alla superficie del problema?

 

Pare che Alex Jordan, biologo evolutivo del Max-Planck-Institut abbia scoperto tracce di autocoscienza addirittura in un piccolo pesce pulitore: esso riconosce allo specchio una macchia creata ad arte sul suo corpo per somigliare ad un parassita, così cerca di strofinarsi sul fondale per liberarsene. «Significa che i primati non sono più così speciali», ha tuonato il ricercatore, e infatti stupisce che un tale fenomeno avvenga così “evolutivamente lontano” da noi, più di quanto ci si possa ragionevolmente immaginare.

 

La coscienza negli animali: un prodotto evolutivo?

Il primo ad utilizzare lo specchio come strumento per indagare l’autocoscienza negli animali fu il ricercatore Gordon Gallup, negli anni settanta. Si accorse che gli scimpanzé dapprima reagivano come se vedessero un estraneo, poi iniziavano a scrutarsi con curiosità. I macachi invece fallivano il test, ma col tempo la pattuglia delle specie che superavano il test divenne nutrita: elefanti, delfini e gazze ladre non fecero che anticipare il pesce pulitore di cui si parla oggi.

Ma tutti questi animali sono davvero autocoscienti? L’autocoscienza è un fenomeno di tipo matrioska, via via più piccolo quanto più in “basso” si scende nella scala evolutiva, o c’è un salto tra l’uomo e gli animali? Di salto e di gradualismo sulle origini del simbolismo umano si parla in un lavoro di Ines Adornetti, dell’Università di Roma Tre, e parrebbe supportare l’ipotesi della graduale comparsa dell’autocoscienza nel mondo animale. Ma abbiamo trovato l’autocoscienza o qualcos’altro?

 

Non esiste una definizione comune di coscienza, né gli strumenti per studiarla.

La prima cosa da sottolineare è che essa è un fenomeno unico, “un’idea particolare, anche misteriosa” che ha confuso e continua a confondere anche i materialisti più incalliti, come il biologo Richard Dawkins: «Né io né Steve Pinker possiamo spiegare la coscienza soggettiva umana. Mi fa perdere la testa» (How the Mind Works, 1997). La seconda è che addirittura «le neuroscienze non hanno gli strumenti per rispondere» alle domande fondamentali su di essa: cosa è e da dove emerge. Tale indefinitezza pesa come un macigno sui tentativi di verificarla nei casi in cui la capacità di esplicitarla (linguaggio e controllo motorio) è impedita da un deficit organico: è il problema medico della coscienza in caso di cerebrolesione.

Come è possibile sostenere che il fenomeno osservato allo specchio dimostra la presenza dell’autocoscienza negli animali, non avendo di essa una chiara definizione? In realtà ciò che essi fanno è riconoscere il proprio corpo separato dal resto dell’ambiente/simili. Una facoltà molto evoluta ed utile, ma ben lungi dal configurare consapevolezza di sé. In questo senso appare più adeguato considerare l’espressività simbolica come conditio sine qua non per riconoscere l’autocoscienza nel senso che noi intendiamo, proprio come fa il paleontologo Ian Tattersall quando afferma che proprio essa «contribuisce in maniera decisiva a darci la sensazione di essere separati dal resto della Natura» (An evolutionary framework for the acquisition of symbolic cognition by Homo sapiens, in Comparative cognition & behavior reviews, n. 3, p. 100). Altrimenti, ci esponiamo al rischio di scoprire autocoscienza ovunque, anche tra pinne e squame.

 

Il salto ontologico animale-uomo.

Il pulitore, la gazza e la scimmia, sono tutti in grado di riconoscere il proprio corpo (che viene esplorato allo specchio come se avessero a disposizione un terzo occhio, un nuovo strumento sensoriale) ma non sono “ontologicamente” in grado di essere “consapevoli” rispetto al proprio pensiero: non possono manipolarlo per creare “senso” e quindi simbolo. La “novità” umana è proprio questa consapevolezza, cioè la capacità di prendere le distanze dal pensiero, il prodotto stesso della mente. Da qui il “salto” che divide dal resto del mondo animale l’uomo, «misteriosa unità duale dentro un Universo di cui rappresenta il punto di consapevolezza, il punto di autocoscienza» (M. Ceroni, L. Vanzago, F. Savoldi, La coscienza. Contributi per specialisti e non specialisti tra Neuroscienze, Filosofia e Neurologia, Aras edizioni 2014, p. 940).

Per concludere, quando lo stesso Jordan ci pone davanti al dilemma «o accetti che il pesce sia consapevole di se stesso, o accetti che forse il test non è una buona verifica di quel fatto», è ragionevole propendere per la seconda ipotesi, anche perché appare chiaro da quale parte del vetro dell’acquario sta il pesce.

Agostinus

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Virgina, il governatore pro-infanticidio con maschera del KKK

virginia governatore kkkRalph Northam, governatore della Virginia e pupillo di Barack Obama, ha sostenuto un disegno di legge a favore dell’uccisione di bambini nati scampati all’aborto. Poche ore dopo è comparsa una sua foto con il cappuccio bianco del KKK. Una relazione per nulla casuale.

 

Scoppia lo scandalo nel Partito Democratico americano per una foto shock del governatore della Virginia, Ralph Northam. E’ spuntata infatti una foto che ritrae uno dei pupilli di Barack Obama mascherato con l’uniforme del Ku Klux Klan, lo storico movimento statunitense che propugna teorie razziste e la superiorità della razza bianca.

Lo stesso governatore ha ammesso di essere lui l’uomo incappucciato di bianco, tipica “divisa” dei membri del KKK, nello scatto risalente al 1984. «Sono profondamente dispiaciuto per aver deciso di apparire in questa foto e per il male che ha causato allora e ora», ha commentato.

 

Il governatore a favore dell’uccisione di bambini scampati all’aborto.

La notizia è arrivata anche alle agenzie di stampa italiane ma ciò che i grandi media non stanno riferendo è che il motivo per cui questa fotografia è iniziata a circolare, diventando virale, è a causa della recente dichiarazione del governatore Northam a favore dell’infanticidio. Durante un’intervista, il governatore si è infatti schierato a favore di una proposta di legge che, se non fosse fallita, avrebbe consentito l’interruzione di gravidanza alle donne che sono già in travaglio e in procinto di partorire, sull’onda della recente legge approvata a New York.

Northam ha anche aggiunto che tale disegno di legge consentirebbe ai medici di rifiutarsi di rianimare un bambino nato vivo dopo un aborto fallito, «se questo è ciò che la madre e la famiglia desiderano». Puro infanticidio, è stato il commento di molti opinionisti. «Questa non è una discussione sulla pillola del giorno dopo, non è una discussione sul fatto se un feto senta, o no, dolore. Questa è una dichiarazione secondo cui un bambino completamente formato, nato vivo, dovrebbe essere ucciso se la madre dice che il bambino debba essere ucciso», ha scritto Ben Shapiro. E’ intervenuto anche il vescovo di Arlington (Virginia), mons. Michael Burbidge, che ha definito le parole di Northam una «ammissione sconcertante» che rivela «quanto i sostenitori dell’aborto siano disposti a considerare preziosa la vita di un bambino».

 

L’intervento di Trump: “imperdonabile”. Si attendono le dimissioni.

Anche il presidente americano, Donald Trump, ha commentato il caso che sta scuotendo gli Stati Uniti in queste ore, a proposito della compromettente fotografia del governatore della Virginia e dei suoi goffi tentativi di smarcarsi: «Northam ha appena dichiarato: “Non credo più di essere quella persone in quella foto”. Questo 24 ore dopo aver chiesto scusa per essere apparso nella foto e dopo aver fatto una orribile dichiarazione sull’aborto super tardivo. Imperdonabile!». Ora aleggiano nell’aria le dimissioni, caldeggiate perfino dalla speaker della Camera, la democratica Nancy Pelosi.

 

Lo stesso governatore firmò una legge per vietare l’uccisione di un bruco.

Una nota curiosa ma significativa è che lo stesso governatore Northam, difensore dell’infanticidio, è lo stesso autore di una proposta di legge presentata nello stesso giorno, in cui si vietava l’uccisione, tramite pesticidi, di un piccolo bruco, chiamato canker (o cankerwarm), un parassita capace di distruggere interi alberi. «Salva il bruco, ma uccidi un bambino già nato. Grazie al cielo, i legislatori hanno fermato questa follia», ha twittato Terry Lathan, presidente del Partito repubblicano dell’Alabama.

 

Eugenetica e abortismo: stessa famiglia, il caso Margaret Sanger.

La correlazione tra la fotografia comparsa e le parole pro-infanticidio è piuttosto evidente, solamente un autentico criminale potrebbe approvare l’uccisione di bambini già nati, soltanto perché miracolosamente scampati ad un tentativo di aborto. In queste ore si è anche saputo che Planned Parenthood, la più grande catena di cliniche abortiste negli USA, ha speso circa 3 milioni di dollari per sostenere l’elezione di Northam a governatore della Virgina. E anche questa non è affatto una coincidenza in quanto la fondatrice, Margaret Sanger, era un’appassionata eugenista nazista, che oltretutto ammise nella sua autobiografia (p. 366) di avere relazioni e contatti «con il ramo femminile del Ku Klux Klan». Così, il cerchio si chiude.

La redazione

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La Prima Lettera ai Corinzi e il dibattito sul Gesù storico

gesù storico paolo di tarsoNella Prima Lettera ai Corinzi un resoconto risalente a due o tre anni dopo la morte di Gesù, attestato dai principali studiosi contemporanei. Ancora prima dei Vangeli, era di pubblico dominio il cuore dell’annuncio cristiano: la morte, la resurrezione e le apparizioni di Gesù di Nazareth.

 

Quando si tratta del Gesù storico, uno dei passaggi neotestamentari più importanti è certamente 1 Corinzi 15, 3-7. Ovvero, la Prima lettera ai Corinzi scritta da Paolo di Tarso, datata dalla comunità scientifica nel 50-55 d.C., circa vent’anni dopo la crocifissione del Cristo.

In particolare, a focalizzare l’attenzione è il versetto in cui l’apostolo delle genti confessa: «Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto» (1Cor 15,3-7).

Per quale motivo queste parole di San Paolo sono così determinanti? Perché tutti i più importanti studiosi del Nuovo Testamento, credenti o non credenti, concordano sul fatto che l’apostolo sta qui trasmettendo una tradizione risalente a pochissimi anni dopo la morte di Gesù. Oltre al fatto che è ammesso dallo stesso Paolo e che utilizza paredoka e parelabon, termini greci equivalenti alla consegna e alla ricezione della tradizione rabbinica (1 Cor 11,23), l’apostolo impiega parole chiaramente non paoline, tra cui: “apparizione”, “per i nostri peccati”, “secondo le Scritture”, “i Dodici” ecc. Sono frasi che Paolo non ripeterà più nelle sue lunghe lettere alle prime comunità cristiane.

Il filosofo William Lane Craig ha giustamente osservato che l’unico momento in cui egli può aver appreso questo racconto è «la visita che lui stesso menziona» alla comunità cristiana di Gerusalemme (guidata da Pietro e Giacomo), «avvenuta tre anni dopo la sua conversione sulla via di Damasco». Secondo lo studioso agnostico Bart. D. Ehrman, «Paolo deve aver incontrato Cefa e Giacomo tre anni dopo la sua conversione, ricevendo le tradizioni che riportò nelle sue lettere, verso la metà degli anni Trenta, diciamo nel 35 o nel 36. Le tradizioni che ereditò erano, ovviamente, più vecchie e risalivano probabilmente a un paio d’anni circa dopo la morte di Gesù. Ciò dimostra in modo lampante quanto fosse di pubblico dominio, immediatamente dopo la data tradizionale del suo decesso o quasi, che Gesù fosse vissuto e morto» (Did Jesus Exist? HarperCollins Publishers 2012, p. 132).

 

I principali studiosi (anche atei): “1Cor 15,3-7 risale a due anni dopo la morte di Gesù”.

L’eminente storico del cristianesimo primitivo, Gary Habermas, ha raccolto in un articolo peer-review del 2006 le conclusioni dei principali studiosi (anche critici, agnostici o non credenti) sulla Prima lettera ai Corinzi. «Gli studiosi contemporanei», ha scritto Habermas, «concordano che l’apostolo Paolo è il principale testimone delle prime esperienze di resurrezione. Un ex avversario, Paolo, afferma che Gesù risorto gli apparve personalmente. Il consenso accademico è piuttosto attestato e poche altre conclusioni sono più ampiamente riconosciute del fatto che in 1 Corinzi 15, 3-7 Paolo registra una tradizione orale antica. Questo resoconto pre-paolino riassume il contenuto centrale dei Vangeli, cioè che Cristo morì per il peccato degli uomini, fu sepolto, resuscitò dalla morte e poi apparve a molti testimoni, sia individui che gruppi» (G. Habermas, Experiences of the Risen Jesus: The Foundational Historical Issue in the Early Proclamation of the Resurrection, Dialog: A Journal of Theology, Vol. 45; No. 3 (Fall, 2006), pp. 288-297).

Hebermas cita alcuni esempi. Come il filosofo ateo Michael Martin, sostenitore della teoria del mito di Cristo, il quale scrisse: «Tuttavia, abbiamo un solo testimone oculare contemporaneo di un’apparizione post-mortem di Gesù, cioè Paolo» (M. Martin, The Case Against Christianity, Temple University 1991, p. 81). Ulrich Wilckens, professore emerito di Nuovo Testamento afferma che «indubbiamente risale alla fase in assoluto più antica nella storia del cristianesimo primitivo» (U. Wilckens, Biblical Testimony to the Resurrection: An Historical Examination and Explanation, St. Andrew 1977, p. 2). Lo stesso sostengono il celebre studioso Joachim Jeremias, il filosofo Thomas Sheehan e Walter Kasper, cardinale cattolico e rinomato studioso del cristianesimo primitivo, il quale sostiene che 1Cor 15,2-7 fosse già «in uso alla fine del 30 d.C.» (W. Kaspar, Jesus the Christ, Mahweh: Paulist 1976, p. 125). Anche lo scettico tedesco Gerd Lüdemann ritiene che «la formazione delle tradizioni menzionate in 1Cor 15, 3-8 cade nel tempo tra il 30 e il 33 d.C.» (G. Ludemann, The Resurrection of Jesus, Fortress 1994, p. 38). Allo stesso modo, l’umanista britannico Michael Goulder pensa che il brano «risale a ciò che Paolo ha ricevuto quando è stato convertito, un paio d’anni dopo la crocifissione» (M. Goulder, The Baseless Fabric of a Vision, Oneworld 1996, p.48). «Nel complesso, la mia recente panoramica delle fonti menzionate», conclude Habermas, «indica che coloro che forniscono una data generalmente optano per la ricezione di questo resoconto da parte di Paolo relativamente presto dopo la morte di Gesù, nella prima metà degli anni ’30».

 

La Prima Lettera ai Corinzi anticipa il contenuto dei Vangeli.

Paolo di Tarso fu così attento nell’assicurare il contenuto del suo messaggio, che fece un secondo viaggio a Gerusalemme (Gal 2, 1-10) specificamente per essere assolutamente sicuro di non essersi sbagliato (2,2). La prima volta incontrò, come già detto, Pietro e Giacomo (Gal 1, 18-20), la seconda volta anche l’apostolo Giovanni (2,9). Paolo stava chiaramente facendo una ricerca, cercando i principali testimoni oculari. Come ha notato Martin Hengel, «evidentemente la tradizione di 1Cor 15, 3-7 è stata sottoposta a molte verifiche» da parte di Paolo (M. Hengel, The Atonement: The Origins of the Doctrine in the New Testament, Fortress 1981, p. 38).

Così, la Prima lettera ai Corinzi riporta una descrizione nell’imminenza dei fatti, risalente a due o tre anni dopo il loro avvenimento. L’agnostico B.D. Ehrman usa questo resoconto paolino come prova oculare dell’esistenza di Gesù, ma sorvola sul fatto che 1Cor 15,3-7  conferma anche che già due o tre anni dopo la morte di Gesù fossero di pubblico dominio la Sua resurrezione e le apparizioni post-mortem, anche a «cinquecento fratelli in una sola volta». Non c’era dunque il tempo per sviluppare leggende, bugie fantasiose o teologie in quanto tutti i testimoni oculari erano vivi, sia gli amici che i nemici del cristianesimo nascente. Poco importa che il primo Vangelo sia distante qualche decennio dai fatti raccontati, un resoconto risalente a pochissimi anni dopo Gesù già contiene il cuore dell’annuncio cristiano.

La redazione

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Chi va a Messa più felice dei non religiosi e dei cristiani nominali

credenti felicitàI cristiani praticanti sono più felici dei non praticanti e dei non religiosi, lo scopre il Pew Research Center in una nuova analisi basata su dati provenienti da diversi paesi del mondo. Chi va a Messa è anche più impegnato nella carità e in comportamenti sani.

 

Si parla di “persone religiose”, in realtà lo studio che presentiamo è svolto in Paesi a dominanza cristiana (e cattolica). Gli stessi autori precisano, infatti: «I paesi analizzati sono per lo più nazioni a maggioranza cristiana, in Europa e nelle Americhe, sebbene l’analisi includa anche alcuni paesi e territori africani e asiatici, come il Sud Africa, la Corea del Sud ed il Giappone».

La conclusione è che i fedeli praticanti, che partecipano attivamente alla Messa e alla vita parrocchiale, tendono ad essere più felici, più civicamente impegnati e meno attivi in comportamenti dannosi e anti-sociali, rispetto agli adulti non affiliati ad alcuna religione o ai credenti non praticanti.

E’ una nuova, enorme, analisi pubblicata due giorni fa dal Pew Research Center, basata sui dati delle indagini svolte negli Stati Uniti e in molti altri paesi del mondo (tra cui Colombia, Ecuador, Australia, Brasile, Perù, Argentina, Germania, Cile, Spagna ecc.). Molti studi precedenti hanno trovato associazioni positive tra religiosità e benessere psico-fisico, qualità e longevità della vita, in gran parte li abbiamo raccolti in un dossier specifico.

 

Una fede attiva è correlata a livelli più alti di felicità e altruismo.

La nuova indagine ha suddiviso il campione in tre categorie: le persone “attivamente religiose”, cioè coloro che si recano a Messa e partecipano ai sacramenti (almeno una volta al mese); le persone “credenti nominali”, coloro che rivendicano un’identità religiosa ma non frequentano e non praticano (chiamati anche “inattivi”); e le persone “religiosamente non affiliate”, cioè coloro che non si identificano in alcuna religione organizzata.

Il primo dato che emerge è che «questa analisi rileva che negli Stati Uniti ed in molti altri paesi, la partecipazione regolare ad una comunità cristiana è chiaramente collegata a livelli più elevati di felicità e impegno civico (in particolare, il voto durante le elezioni e l’adesione a gruppi di carità o organizzazioni di volontariato). Ciò potrebbe suggerire che le società con livelli decrescenti di coinvolgimento religioso, come gli Stati Uniti, potrebbero essere a rischio di declino nel benessere personale e sociale».

Soltanto negli Stati Uniti, il 58% degli adulti attivamente cristiani è attivo in organizzazioni di volontariato, gruppi di beneficenza, club sportivi o sindacati. Al contrario, lo è il 51% dei credenti nominali e il 39% dei non affiliati religiosamente.

Il secondo fattore rilevante dall’indagine è che negli Stati Uniti e negli altri paesi studiati, «le persone attivamente religiose hanno meno probabilità rispetto ad altre di impegnarsi in determinati comportamenti, come fumare e bere alcolici». Non si riscontra una correlazione diretta tra il praticare più attività fisica e l’obesità, tuttavia i credenti praticanti godono, in generale, di buona salute.

 

La pace sgorga quando l’esistenza si giudica alla luce di un Significato tangibile.

I ricercatori non spiegano il motivo di questa positiva correlazione tra una fede vissuta con coscienza e una migliore felicità ed un più alto impegno civico, «l’esatta natura delle connessioni tra partecipazione religiosa, felicità, impegno civico e salute rimane poco chiara e richiede ulteriori studi», scrivono.

La risposta proviamo a darla noi ed è piuttosto semplice. Innanzitutto, si dimostra che non è la stessa cosa, non è uguale credere o non credere, non è indifferente vivere attivamente la fede piuttosto che limitarsi a difendere un’identità cristiana nazionalistica. Soltanto chi si coinvolge nella comunità cristiana, vive la parrocchia e i Sacramenti sperimenta la profonda possibilità della pace. Questo perché costruisce la sua esistenza sulla roccia della presenza tangibile di Dio e sperimenta una unità di coscienza, una semplicità unificante nel percepire, sentire e giudicare l’esistenza alla luce di un Significato. Tutto viene valorizzato, tutto si connette, nulla scandalizza e nessun aspetto della realtà è rinnegato (il dolore, la sofferenza, l’ingiustizia ecc.). Questa è la promessa che vive, già ora, la comunità cristiana, i cui effetti oggettivi sono riscontrati anche in studi scientifici come questo.

La redazione

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Dopo la Gmg di Panama, 700 giovani scelgono il sacerdozio

gmg 2019 panamaGiornata Mondiale della Gioventù 2019, durante l’Incontro vocazionale organizzato dal Cammino Neocatecumenale, 700 ragazzi e 650 ragazze hanno manifestato il loro desiderio di iniziare una vita di dedizione a Cristo. Già raccolti i primi frutti di un evento storico.

 

Da pochi giorni si è conclusa la XXXIV Giornata Mondiale della Gioventù, un immenso popolo di giovani cattolici che si è dato appuntamento a Panama per confermare la propria fede, uniti alla Chiesa e al Papa. E i primi frutti stanno già per essere raccolti.

Il giorno dopo, infatti, nello stadio panamense Rommel Fernández, si è svolto il tradizionale Incontro vocazionale del Cammino Neocatecumenale, il movimento cattolico fondato da Kiko Argüello. Vi hanno partecipato circa 25mila giovani provenienti da tutto il mondo, in particolare dall’America centrale e dai Caraibi, ed è stato presieduto dall’arcivescovo di Boston, il card. Sean O’Malley. Presenti anche molti vescovi e cardinali dell’America latina.

 

La decisione di 700 ragazzi e 650 ragazze nell’incontro del Cammino neocatecumenale.

Kiko Argüello ha parlato, spiegando che «Dio ha bisogno dei cristiani per cambiare il mondo annunciando il Vangelo a tutte le nazioni, perché la cosa più importante per il mondo e per questa vita è conoscere il grande annuncio del Vangelo: la salvezza degli uomini dal nulla eterno». Si è quindi rivolto ai giovani presenti, invitandoli a chiedersi se Dio li stesse chiamando al sacerdozio o ad un ordine religioso. Dopo un momento di preghiera, 700 ragazzi e 650 ragazze si sono alzati in piedi manifestando il loro desiderio di intraprendere un cammino di dedizione a Cristo.

Un pomeriggio che ha cambiato la vita per decine di giovani e adolescenti, desiderosi di prendere sul serio la loro vita e la loro vocazione. «Inizia la vostra avventura», ha spiegato Kiko, «l’avventura di aiutare Gesù Cristo a salvare la vostra generazione. Abbiamo bisogno di aprire le orecchie a questa generazione». Il seme è stato messo. Nel suo profondo discorso di apertura della GMG, Papa Francesco aveva infatti ricordato che «questa Giornata non sarà fonte di speranza per un documento finale, un messaggio concordato o un programma da eseguire. Quello che darà più speranza in questo incontro saranno i vostri volti con cui tornerete a casa, col cuore cambiato. Ognuno tornerà a casa con la nuova forza che si genera ogni volta che ci incontriamo con gli altri e con il Signore».

 

GMG 2019: l’esperienza vissuta dai nuovi cattolici.

Per tantissimi adolescenti, anche questa GMG è stata una vera sorpresa, hanno trovato una giovane Chiesa, lontana dalle caricature che ne vengono fatte. Tra questi pellegrini c’erano anche molti nuovi arrivati ​​al cattolicesimo, come Naoki Kawada, 29 anni, che è arrivato a Panama assieme alla diocesi di Parigi e ha potuto salutare personalmente Papa Francesco, suo grande desiderio. È stato battezzato il 31 marzo 2018, meno di un anno fa, cresciuto con un padre giapponese di fede buddista e una madre ebrea. Nessuna educazione cattolica, ma ciò non gli ha impedito di entrare in contatto, durante gli anni scolastici, con la comunità parrocchiale della cappella di Notre Dame, rimanendo affascinato dal carisma del sacerdote, dalla fratellanza tra i fedeli. Così è giunto a chiedere il battesimo.

 

«Non conquistate, non occupate, ma “fate discepoli”, cioè condividete con gli altri il dono che avete ricevuto, l’incontro d’amore che vi ha cambiato la vita». Questo è il mandato che Papa Francesco aveva consegnato al Cammino neocatecumenale nel maggio 2018, in occasione dei 50 anni dalla fondazione. Lo hanno già preso sul serio.

La redazione

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Bambini transgender, lo diventano per influenza sociale: nuovo studio

trangender bambiniI bambini transgender non sono così dalla nascita ma lo diventano a causa dell’influenza sociale, per emulazione e per pressione mediatica. E’ quanto ha concluso uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Plos One.

 

Sulla rivista scientifica PLOS ONE è stato pubblicato uno studio condotto da una docente della Brown’s School of Public Health University, Lisa Littman, in cui si esaminano le ragioni per cui sempre più bambini ed adolescenti dicono di essere transgender, una condizione nota come “disforia di genere ad insorgenza rapida”, e di come questo fenomeno sia oggettivamente in progressivo aumento rispetto al passato.

In particolare le adolescenti femmine, secondo i dati pubblicati dall’Economist. Nel 2009, meno del 41% degli adolescenti che accedevano alle “cliniche di genere” nel Regno Unito erano donne, ma nel 2017 quel numero è balzato a quasi il 70%.

 

Luxuria insegna ai bambini: “Sono così dalla nascita”.

Qualche giorno fa il transessuale Vladimiro Guadagno (Luxuria) ha insegnato ad alcuni bambini di 9-12 anni, all’interno di un programma televisivo, di essere nato femmina nonostante il suo corpo biologico maschile. Si nascerebbe così, dunque, tanto che si moltiplicano gli appelli a bloccare immediatamente la pubertà dei bambini che “si dichiarano” trans, già a partire dai 10 anni.

Una decisione a dir poco controversa anche considerando che gli studi mostrano, quasi all’unanimità, che il 60 – 90% degli adolescenti che si dichiara “trans” cambia idea una volta giunto alla vita adulta, smettendo di identificarsi in tale modo.

 

Bambini trans emulano altri adolescenti, influenzati dal web.

La ricerca scientifica su PLOS ONE, pubblicata quest’estate, ha smentito la tesi del “si nasce così” suggerendo che bambini ed adolescenti diventano transgender a causa della pressione e dell’influenza sociale, non perché nati in quel modo. La disforia di genere tra gli adolescenti, ha scritto la Littman, « si verificava nel contesto dell’appartenenza ad un gruppo di pari dove uno, più o anche tutti gli amici iniziavano a soffrire di disforia di genere e si identificavano come transgender durante lo stesso periodo di tempo». In altre parole, questi adolescenti si dichiaravano transgender per emulazione sociale dei loro amici.

Per quale motivo i loro amici improvvisamente dichiaravano la loro confusione sessuale? Anche a questa domanda è stata trovata una risposta: «I genitori di questi adolescenti riferiscono anche che i loro figli hanno mostrato un aumento dell’uso dei social media e di internet poco prima di dichiarare di avere un’identità transgender», ha scritto l’autrice. D’altra parte, sempre l’Economist ha osservato che «la maggior parte degli adolescenti che è emerso pubblicamente come trans è diventato molto più popolare di quanto lo era prima», guadagnando visibilità sopratutto sul web. La ricercatrice statunitense ha studiato l’esperienza di 250 genitori di adolescenti che improvvisamente hanno sviluppato la disforia di genere: un «contagio sociale tra pari», ha concluso. Ha infine osservato che quasi due terzi degli adolescenti che hanno espresso sentimenti di disforia di genere erano stati precedentemente diagnosticati con altri disturbi psichiatrici o dello sviluppo, e quasi la metà aveva subito traumi o aveva cercato di danneggiare se stesso.

 

Gli attivisti Lgbt contro lo studio, la comunità scientifica difende la libertà accademica.

Lo studio ha infiammato l’opinione pubblica statunitense in quanto smentisce apertamente, per l’ennesima volta, le convinzioni della comunità Lgbt. Come sempre accade, la furia dei social e molti attivisti transgender hanno addirittura chiesto che la ricerca venisse ritirata e fosse comminata una sanzione all’autrice, così la rivista Plos One ha annunciato un’indagine sulla metodologia utilizzata e la Brown University ha cancellato dal suo sito web il comunicato stampa che annunciava la pubblicazione della ricerca.

La azioni della rivista e dell’università hanno però fatto infuriare parte del mondo scientifico, il quale ha replicato accusando i censori di calpestare la libertà accademica. «Questo è un giorno triste per la Brown University e per l’integrità della loro leadership accademica e amministrativa», ha twittato Jeffrey Flier, ex preside della Harvard Medical School di Boston e professore di Medicina. In un’intervista a Science Insider, ha nuovamente condannato il loro comportamento come «completamente antitetico alla libertà accademica», e ha detto di aver trovato «terrificante» che la Brown University non sia riuscita a difendere l’autrice dello studio, Lisa Littman. E’ così nata una petizione, firmata da molti dei genitori intervistati (quasi tutti  a favore del “matrimonio gay” e dei “diritti trans”) che sollecita la Brown University e PLOS ONE a «resistere ai tentativi ideologici di reprimere la ricerca». Anche Ray Blanchard, professore di Psichiatria all’Università di Toronto in Canada, è intervenuto in difesa della ricerca.

 

Il precedente: la campagna d’odio contro Mark Regnerus.

Il tentativo degli attivisti Lgbt di mettere a tacere le ricerche scientifiche scomode è già accaduto nel 2012 alla pubblicazione di due famosi studi. Il primo realizzato da Loren Marks (Louisiana State University), che ha confutato l’apertura favorevole all’adozione da parte di persone omosessuali dell’American Psychological Association (APA), dimostrando la non scientificità degli studi su cui giustifica la sua posizione (la quale influenza fortemente tutte le altre associazioni mediche internazionali).

Il secondo, realizzato da Mark Regnerus (Università del Texas), ha rilevato problematiche nei bambini cresciuti all’interno di una relazione omosessuale basandosi sul più grande campione rappresentativo casuale a livello nazionale. In seguito ad una violentissima campagna di delegittimazione, in particolare contro il secondo ricercatore, l’Università del Texas ha deciso di avviare un’indagine per “cattiva condotta scientifica”, concludendo però con esito negativo ed approvando la validità scientifica della ricerca.

 

La coppia trans cambierà il sesso del figlio adottivo.

A volte non è solo un tentativo di emulare la confusione identitaria degli amici, ma possono essere anche gli stessi genitori ad influenzare gli adolescenti a identificarsi come “nati in corpi sbagliati”. E’ di pochi giorni fa la notizia che una coppia di transessuali inglesi ha annunciato che aiuterà il figlio adottivo di 5 anni nella sua transizione da ragazzo a ragazza.

L’emulazione del comportamento dei genitori è un fenomeno segnalato anche nelle coppie omosessuali: Archives of Sexual Behavior ha mostrato che le adolescenti sono più propense ad adottare un comportamento omosessuale e ad identificarsi come bisessuali, rispetto alle figlie di genitori eterosessuali. Lo stesso fenomeno è stato osservato in ricerche nel 2009, nel 2006 e nel 2001.

La redazione

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Un commento al “senso della morte” di chi non crede

significato morireSenso della morte. Un commento alle parole del filosofo non credente Salvatore Natoli, per il quale il senso della morte degli atei è lasciare se stessi in eredità a chi resta. Un rispettabile pensiero che però non ha la forza di reggere ad uno sguardo più attento.

 

Da questa avventura che è la vita, nessuno di noi ne uscirà vivo. La morte è ciò che nega tutto quanto si è affannosamente costruito, è ciò che nega il senso, è l’assenza. Quale senso può avere questo enorme limite, se non una profonda ingiustizia che sminuisce ogni azione umana, resa inutile dalla ghigliottina di una data di scadenza che, prima o poi, la cancellerà?

 

“Il senso della morte è lasciare traccia di sé”, dice il filosofo ateo. Ma non basta.

E’ interessante leggere l’opinione del filosofo Salvatore Natoli, ordinario dell’Università Milano-Bicocca, un non credente “pensante”, come direbbe il card. Carlo Maria Martini. All’avvio di un tour di incontri e letture sul tema “Il morire e la morte”, ha spiegato che «il senso della morte è un darsi in eredità a chi è stato importante per noi nella vita, è fondamentale non morire soli, sapendo che la propria vita verrà ceduta, passerà, ad un altro, o ad altri, con cui si è stabilita una vera relazione durante la vita».

E’ con profondo rispetto che ci accostiamo a queste parole, un tentativo onesto di sfidare l’insensatezza dell’esistenza. Eppure un pensiero emerge spontaneo: sapere di lasciare traccia di sé in chi rimane, forse può essere significativo per un importante filosofo come il prof. Natoli ma non a tantissimi suoi lettori che, come altre miliardi di persone, moriranno soli, senza figli, senza legami importanti, senza qualcuno che si ricordi veramente di loro. Il laico “senso della morte” risulta così poco convincente per l’uomo comune, non ha la forza di reggere, non ha ragioni valide adeguate alla realtà.

Ma anche per i pochi “eletti” che riusciranno a lasciare se stessi in eredità a qualche persona per qualche tempo dopo la loro scomparsa, davvero le gioie, le speranze, i dolori, le fatiche, le lotte quotidiane, la sofferenza dell’esistenza possono riempirsi di un significato solo alla luce della speranza che, forse, saranno ricordate e apprezzate da qualcuno? Davvero la vita dei nostri predecessori, dei nostri nonni o genitori scomparsi, ha avuto un senso solo perché qualcosa di loro è rimasta nella nostra memoria? Almeno per un breve periodo, fino a quando il tempo non sbiadirà il ricordo.

Molta stima per il filosofo e per chiunque si sofferma su queste riflessioni, ma il senso della vita e della morte in una prospettiva totalmente immanente è destinato a rimanere un no-senso. E’ più crudelmente realista Jean-Paul Sartre quando definisce l’esistenza una parentesi tra due nulla, una effimera scintilla tra il non c’ero e il non ci sarò, una collocazione accidentale di atomi fonda «le salde fondamenta di un’inesorabile disperazione», secondo Bertrand Russell (A Free Man’s Worship, Portland 1923).

 

Fede e ragione, così la realtà diventa segno tangibile del Mistero.

Se dall’immanenza si passa invece alla trascendenza, le cose cambiano in modo radicale. Il dono della fede è innanzitutto un dono alla ragione, perché ne potenzia la capacità di intercettare l’eternità che già vive nella realtà: il suo essere voluta da Qualcuno, il suo essere creata e perciò amata. La percezione che tutto è dato per me e non c’è nulla a cui io sono estraneo.

E’ anch’essa un’illusione? No, perché la verità è che la verità cambia o, per meglio dire diversamente: è vero/reale solo ciò che cambia. Nessuna illusione riempie il cuore umano, rende felice l’esistenza, collima con il bisogno di significato che ci abita da sempre, abbandona alla serenità e alla positività, diviene ragionevole certezza su cui costruire il proprio cammino. Di un’illusione non si può fare esperienza tangibile e innegabile come invece i cristiani fanno, quando non riducono la fede ad uno sforzo mentale ma incontrano il Mistero nei volti di coloro che Dio ha chiamato come testimoni. La fede non è illusione perché non è il prodotto dalle nostre esperienze interiori ma è un evento che ci viene incontro dal di fuori, e fa sperimentare ogni giorno che la realtà è segno che rimanda ad un Altro.

Solo vivendo consapevolmente la compagnia cristiana si fa esperienza, qui e ora, della presenza fisica di Dio, solo attraverso lo sguardo e il comportamento che Egli suscita in coloro che ci sono stati messi accanto nel cammino che si conosce chi è Cristo. «Dio è il presupposto fondamentale di ogni realismo», scriveva Ratzinger (Introduzione al cristianesimo, p.12) ed il teologo belga Ignace de la Potterie insegnava che quella cristiana non è affatto una fede cieca, ma un’intelligenza dei segni che sa comprendere la verità profonda dei fatti che accadono e sa conoscere la verità tramite i testimoni credibili. Così, «è naturale per l’uomo scoprire la verità intellegibile a partire da fenomeni sensibili» (Tommaso D’Aquino).

 

La vita e la morte hanno un significato convincente solo in una prospettiva trascendente.

Sull’esperienza tangibile di una Presenza nell’oggi l’esistenza acquista un significato eterno, che oltrepassa l’ostacolo della morte. Questa non sarà più l’ultima parola, ogni episodio accadutoci vive già una prospettiva di eternità, ogni relazione ed ogni fatica umana si appoggia sulla certezza del senso, non del dubbio o dell'”inesorabile disperazione”. E, sopratutto, è alla portata di chiunque, anche di chi muore solo, dimenticato e sconosciuto, senza nessuno a cui “lasciare in eredità se stessi”, secondo le parole citate inizialmente del filosofo Salvatore Natoli. Anche questo individuo, dimenticato da tutti già quando è in vita, vive una morte colma di senso perché abbracciata dall’Eterno.

Dalla risposta alla domanda sulla realtà di Dio dipende l’intera vita umana, se rispondiamo positivamente il “senso del mondo” (e della morte) potrà dirsi fondato, ma andrà cercato fuori da esso. Se non rispondiamo, l’incertezza ci dominerà e il dubbio sarà l’unica compagnia. Se invece rispondiamo negativamente, si sarà costretti a precostituirsi un alibi per giustificare la nostra presenza nel cosmo. «E a questo scopo non sarà certo sufficiente il puro caso, che può forse risultare una spiegazione accettata dalla scienza, ma mai una ragione per vivere e morire serenamente» (R. Timossi, Prove logiche dell’esistenza di Dio, Marietti 2005, p. 20).

La redazione

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Twitter ignora la violenza dei giornalisti contro gli studenti cattolici

studenti cattolici nativiGli studenti della Covington School oggetto di insulti e minacce di morte a causa di un video male interpretato. Alcuni opinionisti si sono scusati, altri hanno cancellato i tweet ma il risultato è una settimana di pura violenza contro studenti minorenni da parte di giornalisti con la bocca piena di “diritti” e “rispetto”.

 

Dopo la March for Life che si è svolta a Washington lo scorso 21 gennaio, un breve filmato ha diviso il popolo degli Stati Uniti. Sui social e sui principali quotidiani americani si è generata una macchina del fango contro un gruppo di adolescenti cattolici che vicino al Lincoln Memorial sono stati fronteggiati da alcuni uomini nativi americani, tra cui alcuni veterani di guerra. I giovani sono stati accusati di razzismo e bullismo verso i nativi.

I giovani sono studenti della Covington Catholic High School del Kentucky e, dopo l’immediata valanga di insulti che hanno ricevuto, anche il vescovo della città, Roger Foys, ha condannato il loro atteggiamento. Salvo, poi, scusarsi per le sue poco prudenti parole dovute a false informazioni. E lo stesso hanno fatto tanti opinionisti, riconoscendo l’errata interpretazione del filmato, come l’editorialista del New York Times, David Brooks, ed il senatore democratico Rand Paul che ha chiesto di «guardare i fatti prima di giudicare».

«La prossima volta che ci sarà una storia virale, aspetterò che emergano altri fatti», ha scritto Julie Irwin Zimmerman su Atlantic. «I vigilantes online hanno pubblicato l’indirizzo dei genitori di alcuni ragazzi e hanno massacrato le loro famiglie con minacce per tutto il weekend, anche mentre cercavano di celebrare un matrimonio di famiglia, accusandoli di aver allevato dei razzisti e promettendo di danneggiare i loro affari di famiglia».

 

Gli studenti della Covington Catholic insultati e derisi, ma sul web sono diventati i carnefici.

Qualcosa infatti non ha funzionato fin da subito. Nella breve clip pubblicata (e in tante altre che sono seguite) non è si ascolta nessuna parola violenta, alcun insulto, nessuna forma di razzismo, solamente un giovane cattolico con il cappello dei sostenitori di Donald Trump, di nome Nicholas Sandmann, che fissa negli occhi il nativo Nathan Phillips, il quale gli si è avvicinato fino a sfiorarlo, cantando e colpendo il tamburo che tiene in mano. Una situazione certamente tesa, altri adolescenti osservano la scena, a loro volta cantando e ridendo, ma non sembrano affatto deridere l’uomo. Lo stesso nativo, Phillips, ha dichiarato che si è avvicinato al gruppo di adolescenti perché si stava infuocando il clima tra loro e un gruppo di afroamericani, membri dei Black Hebrew Israelites, rivelando che questi uomini stavano sputando addosso agli studenti cattolici, gridando loro “razzisti”, “bigotti”, “biscotti bianchi”, “finocchi” e “incestuosi”.

Gli adolescenti, da parte loro, hanno malamente risposto con il coro “costruisci quel muro”, inneggiando alle intenzioni di Trump e al muro tra USA e Messico. Lo stesso giovane Sandmann ha poi spiegato di essersi coinvolto come “pacificatore” tra i gruppi, prima di essere bloccato dal nativo Phillips e dal suo tamburo. «A un certo punto ho sorriso perché volevo che sapesse che non mi sarei arrabbiato, intimidito o lasciato provocare in un confronto più grande», ha spiegato Nicholas Sandmann. Il Guardian ha ammesso: «I nuovi video suggeriscono che i quattro ebrei israeliani neri potrebbero essere più colpevoli degli studenti di Covington», tanto che i Black Hebrew Israelites sono da tempo identificati come violenti razzisti. La basilica dell’Immacolata Concezione di Washington ha poi confermato che il gruppo di nativi americani capeggiati da Nathan Phillips avevano già tentato di interrompere la celebrazione della Messa la sera del 19 gennaio, facendo irruzione in 50 all’interno della chiesa con i loro tamburi.

 

La gara di giornalisti e opinionisti nell’insultare e diffamare studenti minorenni.

Nonostante tutto questo, i giovani cattolici -come già scritto- hanno ricevuto pesanti minacce di morte e i loro genitori hanno rischiato il licenziamento nei rispettivi lavori. I social, come Twitter, hanno permesso ai giornalisti di insultare liberamente degli adolescenti (in gran parte minorenni), in una gara alla diffamazione. E’ quanto ha denunciato il Daily Wire, pubblicando i tweet più offensivi, in gran parte cancellati dagli stessi autori quando la verità è emersa. L’editorialista del New York Times, Kara Swisher, ha chiamato i giovani dei “nazionalisti nazisti”, Bakari Sellers della CNN ha suggerito invece che gli adolescenti andavano “colpiti in faccia”, mentre il suo collega Ana Navarro se l’è presa con i genitori definendoli “asswipe”.

Lo scrittore Reza Aslan, autore di libri revisionisti contro il cristianesimo, riferendosi al giovane cattolico Nicholas Sandmann si è domandato se «qualcuno ha mai visto un volto che più merita di essere preso a pugni», rispetto allo stesso adolescente. Il comico Patton Oswald ha invece rivelato informazioni private sulla vita degli studenti, mettendo a repentaglio le loro vite.

 

Una vicenda molto triste, non tanto per gli screzi al Lincoln Memorial ma per la pessima figura di opinionisti abituati a riempirsi la bocca di “diritti”, “tolleranza” e “rispetto” e poi sono i primi a non frenare la violenza verso minorenni e adolescenti che hanno l’unica colpa di rappresentare valori non condivisi dalla maggioranza della società. Con la complicità dei social che censurano pubblicità pro-life ma lasciano impuniti tweet e post di odio contro giovani studenti, oltretutto vittime di una campagna di fake news. Da questa vicenda ho imparato a non informarmi «dai gruppi online per i quale l’indignazione è solo un’altra forma di intrattenimento», ha scritto uno dei primi insultatori che si è poi scusato. «Proverò anche ad accettare il consiglio che do ai miei figli ogni giorno: metti giù il telefono e vai a fare qualcosa di produttivo».

 

AGGIORNAMENTO 3/02/19
Gli avvocati della famiglia dello studente della Covington Catholic High School, Nick Sandmann, hanno annunciato di aver inviato lettere per potenziali cause legali ad oltre 50 persone: politici, celebrità e personaggi dei media.

La redazione

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La verità sull’Ordine di Malta: ora si scuseranno con Papa Francesco?

bergoglio burkeOrdine di Malta, Bergoglio dittatore? Una lettera del Pontefice al card. Burke confuta le ricostruzioni dei blogger che dipinsero Francesco come un “oscuro devastatore” e un “dittatore sudamericano” per il commissariamento e le dimissioni chieste al Gran Sovrano Festing. Ecco come si svolsero davvero i fatti.

 

Il caso del commissariamento dell’Ordine di Malta lo conoscono in pochi, ma è un argomento di primo piano nella piccola galassia del cattolicesimo tradizionalista che lo usa per giustificare la sua quotidiana guerra al Pontefice regnante. Sul sito di WikiLeaks, organizzazione fondata da Julian Assange, è apparsa tuttavia una lettera di Papa Francesco risalente ai fatti, in cui chiedeva all’allora cardinale patrono, Raymond Leo Burke, di risolvere i numerosi problemi creatisi con umanità e un confronto interno, non con la vendetta, generando ulteriori cordate di nemici che si guerreggiano e si scomunicano a vicenda.

Ecco brevemente i fatti. Tra il 2016 e il 2017, l’allora Gran Maestro Matthew Festing, supportato dal card. Burke, tolse l’incarico al Gran Cancelliere Albrecht Freiherr von Boeselager, qualcuno ricondusse tale atto alla distribuzione di preservativi in Myanmar quando il tedesco era responsabile delle attività caritatevoli, accusa che Boeselager ha sempre respinto dicendosi fedele ai principi morali cattolici («La mia coscienza è pulita: non ero a conoscenza di questa iniziativa e quando l’ho saputo ho preso le misure per fermarla»). Boeselager rifiutò di dimettersi ed il card. Burke interpellò il Papa, il quale rispose con la lettera oggi emersa nella quale si mostrò sfavorevole a risolvere il caso con una drastica epurazione, tuttavia Festing e Burke allontaneranno ugualmente il Gran Cancelliere il 15 dicembre 2016. Intervenne così il card. Parolin, segretario di Stato e si istituì una commissione di cinque autorevoli membri per raccogliere informazioni attendibili sullo stato della vicenda, scoprendo altre versioni rispetto a quelle fortemente di parte contenute nei rapporti di Festing e Burke, verso i quali crollò inevitabilmente la fiducia. Dopo l’ottenimento delle dimissioni di Fra Matthew Festing (24 gennaio 2017) e un periodo di transizione, nel maggio 2018 l’Ordine eleggerà un nuovo Gran Maestro, con il compito di purificare le numerose deviazioni spirituali venute a galla.

 

Gli insulti al Papa dei soliti blogger “cattolici”.

I noti blog/blogger che combattono quotidianamente la Chiesa hanno chiaramente colto anche questa occasione per dipingere Francesco come un «oscuro devastatore» (cit. Antonio Socci, 30/01/17) disposto a tutto per «avere la testa del card. Burke» (cit. La Nuova Bussola Quotidiana, 26/01/17), l’azione di un «dittatore sudamericano» (cit. Maurizio Blondet, 15/01/17) che con la sua «penosa» ed «indebita influenza» (cit. Marco Tosatti, 1/05/17) vuole «distruggere l’Ordine e snaturarne il carattere religioso in nome della autorità pontificia. avviando l’emancipazione dalle norme religiose e morali» (cit. Roberto De Mattei, 25/01/17). Ambienti dell’estrema destra romana, vicini a Roberto De Mattei, affissero anche dei manifesti anonimi in cui ironizzavano sul Papa e sulla sua falsa misericordia.

 

La lettera emersa oggi in modo pubblico, tuttavia, rivela quattro fatti ben precisi che confutano le interpretazioni sulla vicenda date dagli haters del Santo Padre. Ecco quali.

1) Ordine di Malta e massoneria: il Papa preoccupato dalle infiltrazioni massoniche.

Papa Francesco, come già avevamo avuto modo di scrivere, si mostra seriamente preoccupato delle infiltrazioni di ambienti “relativisti” e “contrari alla fede cattolica” (l’ombra della massoneria) all’interno dell’Ordine di Malta. Ecco infatti cosa chiede esplicitamente al card. Burke:

«Si dovrà evitare che nell’Ordine si introducano manifestazioni di spirito mondano, come pure appartenenze ad associazioni, movimenti e organizzazioni contrari alla fede cattolica o di stampo relativista. Qualora ciò dovesse verificarsi, si inviteranno i cavalieri che eventualmente fossero membri di tali associazioni, movimenti ed organizzazioni a ritirare la loro adesione, essendo essa incompatibile con la fede cattolica e l’appartenenza all’Ordine».

.

 

2) Il Papa contro la distribuzione di profilattici, chiese una “rettifica” ai presunti autori.

In secondo luogo, Papa Bergoglio non si oppose alla rimozione di Boeselager perché era “a favore” della distribuzione dei preservativi in Africa (come scrissero alcuni suoi persecutori mediatici). Nella lettera svelata su Wikileaks, infatti, Francesco invita caldamente il card. Burke a vigilare

«che nelle iniziative e opere assistenziali dell’Ordine non vengano impiegati e diffusi metodi e mezzi contrari alla legge morale. Se in passato è sorto qualche problema in questo ambito, mi auguro che possa essere completamente risolto. Mi dispiacerebbe sinceramente, infatti se alcuni alti ufficiali – come Lei stesso mi ha riferito – pur sapendo di queste prassi, concernenti soprattutto la distribuzione di contraccettivi di qualsiasi tipo, non siano finora intervenuti per porvi fine. Non dubito però che, seguendo il principio paolino di “operare la verità nella carità”, si riuscirà a entrare in dialogo con loro ed ottenere le necessarie rettifiche».

 

3) La discutibile gestione del Gran Sovrano Festing, allontanato da Francesco.

Il terzo punto a cui prestare attenzione è che l’Ordine di Malta è sovrano e indipendente, ma i suoi membri fanno voto di obbedienza al Papa, il quale ha diritto ad intervenire solo in caso di deviazioni dottrinali. La mancata vigilanza del card. Burke, tanto da essere richiamato da Francesco nella lettera citata, l’ombra della massoneria, il verificarsi di episodi contrari alla morale cattolica, la nascita di cordate interne, spaccature e lotte intestine tra cavalieri britannici e tedeschi, la poco trasparente gestione dell’immenso patrimonio con fondi svizzeri da centinaia di milioni, tutto questo ha reso più che legittimo il commissariamento da parte del Vaticano e, probabilmente, la sottrazione dell’incarico di Gran Cancelliere al tedesco Albrecht Freiherr von Boeselager da parte del discutibile Gran Maestro, Matthew Festing -la cui gestione è stata segnata da gran parte dei disordini sopra accennati- è stata solo la goccia finale.

Se poi si aggiunge il non aver rispettato l’iniziale consegna al dialogo e al confronto chiesti dal Papa per gestire le diatribe ed il plateale rifiuto di Festing di collaborare con la Santa Sede per rimediare ai nodi ormai venuti al pettine, ecco l’inevitabilità del commissariamento, fondato sulla dimensione religiosa e non statuale, dell’ordine. Secondo il presidente tedesco dell’Ordine di Malta, Erich Lobkowicz, si è trattata di una «battaglia tra ciò che il Papa Francesco rappresenta e una minuscola cricca di anziani, decorati e irriducibili ultraconservatori».

 

4) La mancata vigilanza del card. Burke, che si schierò nella lotta intestina tra cavalieri.

L’ultimo punto riguarda proprio il card. Burke. E’ piuttosto evidente che l’unico compito del porporato statunitense come patrono dell’Ordine di Malta -nominato tale da Papa Francesco nel 2014- era quello di vigilare con “carità” sul disordine che lentamente stava prendendo il sopravvento, tant’è che è stato esplicitamente richiamato nella famosa lettera a gestire il “caso preservativi” tramite l’«entrare in dialogo con loro ed ottenere le necessarie rettifiche». Ed invece non lo ha fatto, non solo non ha vigilato adeguatamente ma si è anche lasciato coinvolgere schierandosi apertamente in una cordata a fianco del Gran Maestro Festing, il quale ha non poche responsabilità sul disordine creatosi all’interno dell’Ordine.

Preso atto di tutto ciò e considerando le informazioni parziali che il porporato statunitense riportò al Papa sulla vicenda, diventa comprensibile la decisione della Santa Sede di sottrarre al card. Burke la “responsabilità spirituale” sull’Ordine di Malta, destinandolo prima a presiedere un processo per un caso di abusi sessuali a Guam, poi nominandolo membro del Tribunale Supremo della Signatura Apostolica.

 

Elezione del nuovo Gran Maestro e l’inizio della purificazione spirituale.

Nel maggio 2018 il Consiglio Compito di Stato dell’Ordine di Malta ha eletto (con 35 voti su 52) come nuovo Gran Maestro fra’ Giacomo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, che ha subito riaffermato la volontà di proseguire il lavoro di riforma della Costituzione dell’Ordine di Malta avviata nel 2017, per adeguarla allo sviluppo che l’Ordine ha vissuto negli ultimi decenni, risolvendo le lotte intestine e le deviazioni spirituali che hanno portato allo scontro con la Santa Sede.

Il principe Sforza Marescotti Ruspoli, ex presidente dell’Ordine di Malta in Italia, è infine intervenuto con un duro commento: «Mi irrita profondamente l’idea che i tradizionalisti passino nell’immaginario collettivo come una categoria che si permette di criticare il Santo Padre. Perché un autentico tradizionalista ha come prima norma l’obbedienza al Pontefice. Il Papa non si critica: si serve e basta. Quindi anche l’Ordine di Malta, essendo un ordine religioso continuatore dello spirito dei monaci guerrieri dai tempi di Rodi, non può far altro che dichiarare la propria obbedienza a Francesco. L’Ordine è sovrano ma disobbedire al Papa è impensabile. Il rosso cardinalizio simboleggia il sangue dei martiri ma un Papa è scelto dallo Spirito Santo. E lo si serve, non lo si critica. Mai».

 
AGGIORNAMENTO ore 21

Uno dei principali quotidiani online cattolici spagnoli ha titolato: “Burke ha mentito: il papa voleva dialogo, non dimissioni nell’Ordine di Malta”. Ci si sofferma su una lettera che il porporato americano ha inviato al Gran Maestro Festing, nel quale lo avvisa che il Papa avrebbe voluto intraprendere una visita apostolica dell’Ordine, una possibilità che non è affatto contemplata nella lettera di Francisco a Burke.

La redazione

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