L’autocoscienza negli animali, un abbaglio scientifico?
Un articolo di “Le Scienze” riapre la discussione su come indagare l’autocoscienza negli animali. Ma abbiamo scoperto veramente la coscienza di sé persino nei pesci o continuiamo a prendere abbagli rimanendo alla superficie del problema?
Pare che Alex Jordan, biologo evolutivo del Max-Planck-Institut abbia scoperto tracce di autocoscienza addirittura in un piccolo pesce pulitore: esso riconosce allo specchio una macchia creata ad arte sul suo corpo per somigliare ad un parassita, così cerca di strofinarsi sul fondale per liberarsene. «Significa che i primati non sono più così speciali», ha tuonato il ricercatore, e infatti stupisce che un tale fenomeno avvenga così “evolutivamente lontano” da noi, più di quanto ci si possa ragionevolmente immaginare.
La coscienza negli animali: un prodotto evolutivo?
Il primo ad utilizzare lo specchio come strumento per indagare l’autocoscienza negli animali fu il ricercatore Gordon Gallup, negli anni settanta. Si accorse che gli scimpanzé dapprima reagivano come se vedessero un estraneo, poi iniziavano a scrutarsi con curiosità. I macachi invece fallivano il test, ma col tempo la pattuglia delle specie che superavano il test divenne nutrita: elefanti, delfini e gazze ladre non fecero che anticipare il pesce pulitore di cui si parla oggi.
Ma tutti questi animali sono davvero autocoscienti? L’autocoscienza è un fenomeno di tipo matrioska, via via più piccolo quanto più in “basso” si scende nella scala evolutiva, o c’è un salto tra l’uomo e gli animali? Di salto e di gradualismo sulle origini del simbolismo umano si parla in un lavoro di Ines Adornetti, dell’Università di Roma Tre, e parrebbe supportare l’ipotesi della graduale comparsa dell’autocoscienza nel mondo animale. Ma abbiamo trovato l’autocoscienza o qualcos’altro?
Non esiste una definizione comune di coscienza, né gli strumenti per studiarla.
La prima cosa da sottolineare è che essa è un fenomeno unico, “un’idea particolare, anche misteriosa” che ha confuso e continua a confondere anche i materialisti più incalliti, come il biologo Richard Dawkins: «Né io né Steve Pinker possiamo spiegare la coscienza soggettiva umana. Mi fa perdere la testa» (How the Mind Works, 1997). La seconda è che addirittura «le neuroscienze non hanno gli strumenti per rispondere» alle domande fondamentali su di essa: cosa è e da dove emerge. Tale indefinitezza pesa come un macigno sui tentativi di verificarla nei casi in cui la capacità di esplicitarla (linguaggio e controllo motorio) è impedita da un deficit organico: è il problema medico della coscienza in caso di cerebrolesione.
Come è possibile sostenere che il fenomeno osservato allo specchio dimostra la presenza dell’autocoscienza negli animali, non avendo di essa una chiara definizione? In realtà ciò che essi fanno è riconoscere il proprio corpo separato dal resto dell’ambiente/simili. Una facoltà molto evoluta ed utile, ma ben lungi dal configurare consapevolezza di sé. In questo senso appare più adeguato considerare l’espressività simbolica come conditio sine qua non per riconoscere l’autocoscienza nel senso che noi intendiamo, proprio come fa il paleontologo Ian Tattersall quando afferma che proprio essa «contribuisce in maniera decisiva a darci la sensazione di essere separati dal resto della Natura» (An evolutionary framework for the acquisition of symbolic cognition by Homo sapiens, in Comparative cognition & behavior reviews, n. 3, p. 100). Altrimenti, ci esponiamo al rischio di scoprire autocoscienza ovunque, anche tra pinne e squame.
Il salto ontologico animale-uomo.
Il pulitore, la gazza e la scimmia, sono tutti in grado di riconoscere il proprio corpo (che viene esplorato allo specchio come se avessero a disposizione un terzo occhio, un nuovo strumento sensoriale) ma non sono “ontologicamente” in grado di essere “consapevoli” rispetto al proprio pensiero: non possono manipolarlo per creare “senso” e quindi simbolo. La “novità” umana è proprio questa consapevolezza, cioè la capacità di prendere le distanze dal pensiero, il prodotto stesso della mente. Da qui il “salto” che divide dal resto del mondo animale l’uomo, «misteriosa unità duale dentro un Universo di cui rappresenta il punto di consapevolezza, il punto di autocoscienza» (M. Ceroni, L. Vanzago, F. Savoldi, La coscienza. Contributi per specialisti e non specialisti tra Neuroscienze, Filosofia e Neurologia, Aras edizioni 2014, p. 940).
Per concludere, quando lo stesso Jordan ci pone davanti al dilemma «o accetti che il pesce sia consapevole di se stesso, o accetti che forse il test non è una buona verifica di quel fatto», è ragionevole propendere per la seconda ipotesi, anche perché appare chiaro da quale parte del vetro dell’acquario sta il pesce.
E’ evidente che tutto dipende da cosa si intende per autocoscienza, se si intende “Cogito, ergo sum” è un conto, se intende capire la differenza fra sé ed il resto del mondo, cercando di star bene e fuggendo i pericoli, è un altro. Se si parla di questo ultimo aspetto allora anche le piante ne sono capaci.
Federico Faggin in suo articolo in cui si chiede se sarà possbile fara un computer consapevole (rispondendosi di no) tra le altre cose scrive: Il paramecio è un protozoo, cioè una singola cellula vivente; un oggetto lungo circa un decimo di millimetro e coperto da migliaia di peluzzi (villi). Questo animaletto nuota con grande rapidità vibrando i villi con moto squisitamente coordinato, evita gli ostacoli e i predatori, cerca cibo, riconosce un altro paramecio con cui poter accoppiarsi, e così via. In altre parole, almeno superficialmente, si comporta come un pesciolino. Ma come fa questa cellula senza un sistema nervoso a comportarsi così?!
Se la “autocoscienza” si deduce dal comportamento dell’animale “sollecitato” nei suoi sensi (vista, udito, ecc…) può avere un senso la “ricerca” del dott. Jordan. Sicuramente ben altra cosa è “derivare” che la autocoscienza (o consapevolezza) dell’uomo deriva da “un processo evolutivo”. Incominciamo intanto col dire che la “consapevolezza” dell’uomo è, o può essere, indipendente dai propri segnali sensitivi. Già questo, direi, “chiude” la questione, con buona pace del pesciolino che probabilmente potrà anche classarsi dotato di una rudimentale “intelligenza” ma non certo di autocoscienza o consapevolezza di se. Se poi l’autocoscienza è da intendersi come indiretta percezione di qualcosa di esterno che porta ad un meccanismo comportamentale in chi subisce la percezione mi pare si sia scoperta l’acqua calda.
Un lupo ‘alfa’ che domina sul suo branco non è forse un esempio di autocoscienza?
Non è un predestinato dal caso, è uno dei tanti ma riesce a imporsi sui suoi simili per propria volontà. Chi o cosa glielo fa fare?
Egregio Klaud, il “maschio “alfa” pone in essere uno schema, una sorta di comportamento stereotipato, una “riflesso complesso”, come quello che noi adoperiamo quando improvvisamente evitiato una persona che ci si pone davanti all’automobile. L’evitamento avviene(se ne abbimo il tempo)in maniera automatica, senza dover tirare in ballo l’autocoscienza. Abbiamo molti di questi comportamenti automatici anche noi uomini, proprio come il lupo è “portato” dai sui schemi mentali a dominare sul branco. Non si impone grazie alla volontà(presente in tutti i maschi) ma grazie al fatto che è il più forte. Possiamo immaginare queste manifestazioni come frutto di algoritmi neuronali di adattamento in perenne competizione fra di loro. La coscienza è invece difficilmente definibile ma comunque qualcosa di diverso: è la capacità “essere presente”, di “stare dinanzi” come entità terza allo svolgimento del vissuto pscihico. Essa rappresenta uno dei più intriganti misteri dell’universo, anche se di questi tempi non ci si stupisce più di niente.
Fatte le dovute differenze – innanzitutto l’esperienza, che negli umani è immensamente più vasta di quella di qualsiasi animale – anche il comportamento umano è per la massima parte dovuto a comportamenti stereotipati*. Un fondamento di autocoscienza potrebbe esserci, in quanto il comportamento del lupo ‘alfa’ non è dettato dall’esercizio elementare della violenza, bensì dallo scopo di perpetuare la sua discendenza; quasi etico…
*) Che sono l’origine e il fondamento dell’etica, della civilizzazione e del linguaggio.
Il maschio alfa o qualsiasi altro animale, pone forse in discussione la sua natura?
“Tu, solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni vostra vaghezza.”
Klaud
La mantide religiosa durante la riproduzione stacca e mangia la testa del maschio, io tutta quest’etica nel mondo animale non la vedo…
L’etica si basa su ideali, su un qualcosa di intangibile, che molte volte cozza col nostro istinto.
Klaud
Il maschio alfa è colui che si impone sugli altri maschi e li domina unicamente grazie alla propria forza e violenza, non serve autocoscienza.
Ecco…come dici tu.
Agostinus
La sua opinione sulla coscienza e sulle sue possibili origini invece qual è?
Premettendo che si tratta di un mistero forse più grande di quello dell’origine stessa della vita, la mia opinione è simile a quella espressa da, Pin Van Lommel, su Torino Medica, #5-2017.
Forse ne parleremo diffusamente in futuro.
Agostinus
http://www.ilsecoloxix.it/p/cultura/2017/09/15/ASyRALRJ-incontri_ravvicinati_coscienza.shtml
Parli di questa intervista?
Mister R
L’intervista che accenna prende acqua da tutte le parti…..
Un’esperienza pre-morte NDE (near-death experience) non deve assolutamente essere interpretata come se qualcuno, considerato clinicamente morto, fosse ritornato in vita !!!
Qualche tempo fa ho avuto scambi di EMAIL con Pin van Lommel a proposito di questo fenomeno. Le ho inviato un mio articolo (che si trova su Wikipedia) chiedendo cosa ne pensa : non ebbi nessuna critica da parte sua….anzi…
Va detto inoltre che queste esperienze di pre-morte possono essere provocate a volonta tramite elettrodi in determinate zone del nostro encefalo. -È oramai scontato che le stimolazioni elettriche del nostro cervello (nel nucleo della giunzione temporale-parietale), di bassa intensità inducono intense illusioni vestibolari, rotatorie, che diventano, a intensità più elevate di stimolazione, illusioni di cadere ma anche uscire dal proprio corpo, delle « desincarnazioni », che scompaiono immediatamente con l’arresto della stimolazione elettrica.
NB -Nessuno ha potuto dimostrare che una persona considerata clinicamente morta sia « miracolosamente » ritornata in vita ! Nessuno
alessandro pendesini
Il cervello era spento e nessuno ha dato piccole scosse tramite elettrodi, quindi il paziente non avrebbe potuto sperimentare nulla e nemmeno ricordasi di quest’esperienza, il fatto che addirittura alcuni siano riusciti a descrivere cosa succedeva intorno a loro è per me un mistero.
Chi ha avuto queste esperienze non era ancora morto definitivamente, ma di certo non ne era troppo distante.
Chi ha avuto queste esperienze non era ancora morto definitivamente, ma di certo non ne era troppo distante.
Mister R
Abbi pazienza : esite una immensa differenza tra una persona irreversibilmente MORTA e una….QUASI MORTA !
NB La solita impressione che il nostro sé si trovi nella nostra testa è di per sé il prodotto di calcoli fatti dal nostro cervello, e che in caso di “panne del cervello”, questa solita impressione può essere trasformata in un’impressione leggermente diversa, anormale. Si è naturalmente tentati di prendere questo tipo di fenomeni, proprio come le esperienze NDE (near death experiences) – le strane impressioni (belle, euforiche nella maggioranza dei casi, ma a volte, anche traumatizzanti !) che si possono percepire all’avvicinarsi della morte – che certi interpretano come prova che l’anima può esistere –ma non si sa come- indipendentemente dal corpo. In realtà, è solo una modifica patologica del sentimento che abbiamo di noi stessi.
P.S. Per caso, qualcuno di voi desidera “vedere” una luce intensa, d’apparenza “divina” nell’oscurità totale?
Mister R, parlo di questa:
http://www.torinomedica.org/torinomedica/wp-content/uploads/2017/12/Torino_Medica_n.5_2017.pdf
La coscienza appare un bel rebus tanto da costituire the “hard problem” in neurofisiologia.
Istinto… si chiama istinto. E’ una conseguenza dell’evoluzione. L’autocoscienza è altra cosa.
Questa ” distanza ” dal proprio prodotto mentale, io la chiamerei pittosto ” contemplazione ” di cio` che avviene in noi. Anche se in fondo ogni terminologia rinvia ad un mistero abissale di un tipo del tutto speciale: infatti questa ” contemplazione ” CI PRECEDE SEMPRE. Questa nostra presenza ad essa non e` ne voluta ne generata da noi e QUALUNQUE atto cosciente volontario e` sempre susseguente. E` per cosi` dire ” anticipato ” da questo abisso misterioso. Il problema stesso ” hanno gli animali una autocoscienza ? ” e` un problema umano e non dei delfini, lupi o gazze ladre davanti a specchi od altro. Tanti paragoni ( umani ) fallaci in partenza tra` umani ed animali provengono dal fatto banale che tanti scienziati, magari bravissimi nel loro campo specifico, sono pessimi logici e non definscono preventivamente in modo chiaro le capacita` della coscienza di cui parlano. Ci provo io attraverso L. Cateni e R. Fortini apprezzati autori di libri geometrici e matematici per i Licei: . In breve la nostra coscienza possiede intuitivamente cio` che non si spiega e che eppure e` assolutamente necessario per spiegare TUTTO ll resto.
L. Cateni e R. Fortini apprezzati autori di libri geometrici e matematici per i Licei: .
“Bettini Giovanni Luigi” è il tuo vero nome? o sei il solito “alessandropendesini” che si inventa nome e cognome?
“Bettini Giovanni Luigi” è il tuo vero nome? o sei il solito “alessandropendesini” che si inventa nome e cognome?
Carissimo federico 74
La pregherei di smetterla nel pretendere che ALESSANDRO PENDESINI sia -come lei afferma- un nickname, pseudonimo, soprannome o una copia cinese !!! Sarebbero bastati qualche clic per constatare l’esistenza di alessandro pendesini a Bruxxelles !
Ne prenda nota…
Quale clic?
Qual è la tua pagina facebook?
Ma guarda, monsieur Pendesinì, fai prima tu a dimostrare che esisti veramente con questo nome, a Bruxelles.
Non sono sufficienti alcuni blog dove scrive un certo Alessandro Pendesini che dice di stare a Bruxelles.
Ahhh, ecco: facebook ergo sum!
Allora anch’io sarei un inesistente pensante, in quanto non presente su facebook?
Se la tira tanto, lui ha il coraggio di mettere nome e cognome, e poi non è in grado di dimostrarlo? Ma che vuole?
Strano che risponde Klaud invece di “alessandropendesini”…
“Sarebbero bastati qualche clic per constatare l’esistenza di alessandro pendesini a Bruxxelles !”
Ebbene, quali sono questi clic? sono in attesa.
Com’è che non risulta alcun Bettini Giovanni Luigi, on facebook?
Oltre che con le a dir poco controverse “edizioni ares” (la casa editrice dell ‘ opus dei, nota per infami pamphlets antiresistenziali e pseudoscientifici ) sarebbe consigliabile costruirsi una cultura con pubblicazioni e metodi di studio un po’ più seri…kandel per la neurologia ad esempio. Ah, vi informo che “l ’uome” appartiene al regno animale…e che a tutt’oggi non è scientificamente provato alcun “salto ontologico “ della nostra specie rispetto alle altre. Ah, per inciso si studia il riconoscimento dei simboli da parte degli scimpanzé da almeno 40 anni, e con ottimi risultati. Personalmente io non sacrificherei il mio gatto nemmeno per tutti i bimbi del mondo, e men che meno per i vostri somari. Saluti e mi raccomando…
… e pensare che “la scimmia più stupida al mondo” pare abbia un QI più alto del tuo.
P.S. questo commento è poco cristiano ma tanto sparirà presto assieme alle tue sciocchezze.
Che l’uomo sia imparentato con le scimmie è piuttosto evidente da come scrivi e da come ti esprimi. Sul resto del commento…solita brodaglia con la curiosità piccante che i gatti varrebbero più dei bambini. Certamente i felini hanno più dignità nel vivere di quanto ne esprima tu, ma i tuoi genitori la pensavano diversamente.
Che l’uomo sia imparentato con le scimmie è piuttosto evidente
Mandi
Assolutamente NO !
L’uomo dal punto di vista prettamente scientifico E’ UNA SCIMMIA EPIFENOMENALE DELLA SPECIE UMANA cugina del bonomo, scimpanzé e gorilla, con i quali abbiamo un’origine comune che parte da uno stesso antenato da circa 7-9 milioni d’anni fa : l’australopiteco ! Ed a mé questo non mi da minimamente fastidio….
Da notare che questo errore madornale -l’uomo discende dalla scimmia- lo commettono anche certi scienziati, o pretesi tali….Basi vedere certi titoli di libri che parlano dell’evoluzionismo….
Errore! Dal punto di vista prettamente scientifico l’uomo non è una scimmia della specie umana. La Specie Homo sapiens fa parte dell’Genere Homo che fa parte dell’Ordine Primati. Quindi si può dire che l’uomo sia un primate ma non che sia una scimmia. I primati fanno parte della classe Mammalia che comprende anche i canguri ma questo non ci autorizza a dire che un uomo è un canguro. Per altro anche i lemuri fanno parte dell’ordine Primati ma non sono scimmie.
Ecco la citazione di quel testo dei licei che dicevo .
Personalmente io non sacrificherei il mio gatto nemmeno per tutti i bimbi del mondo
Siamo in presenza del solito t.d.c.
Una differenza tra uomo ed animale c’è: noi stiamo chattando su un blog in internet discutendo delle capacità degli animali.
Delfini, scimpanzé, elefanti e pesci non hanno un blog dove discutere delle capacità dell’homo sapiens.
Mi convincero’ che l’uomo sia una scimmia quando vedrò un orango dipingere la Gioconda…o uno scimpanzé scrivere la Divina Commedia…
Delfini, scimpanzé, elefanti e pesci non hanno un blog dove discutere delle capacità dell’homo sapiens.
Emanuele
Verissimo !
Ma non possiamo negare che certi animali siano dotati di una certa astrazione mentale tutt’altro che insignificante, quindi coscienza esplicita -indiscutibilmente inferiore a quella umana, ma esiste ! Ed è ben più sviluppata da quella che certi ritengono o addirittura negano…
Consiglio a tutti coloro che ne dubitano, di guardare -tra una messa e l’altra- certi raffinatissimi documentari etologici su diversi canali culturali scientifici, tipo ARTE, Ushaïa Nature, National Geographic ecc…
State tranquilli, molti animali non “parlano “ solo per motivi squisitamente anatomici (la posizione del laringe) , non certo perché un vocabolario più o meno esteso non sia alla loro portata. Questo è un fatto. Poi ci sono le opinioni : la mia è che “l’intelligenza “di scimmie, canidi e felini sia largamente, molto largamente sottostimata.
Poi c’è chi non capisce (o non accetta) che l’uomo sia un animale ….non so….riprendere in mano un sussidiario ? una bella scampagnata con quattro chiacchiere con un addestratore di cani o di cavalli ? Che dite?
Opinioni personali senza alcuna prova…la superiorità dell’uomo sul mondo animale è evidente
Nessuno mette in dubbio che l’uomo appartenga al genere animale. Il fatto che sia soltanto un animale lo si può però dedurre soltanto dai tuoi commenti, che però sono un’eccezione alla verità.
Il fatto è che la coscienza è un prodotto assai modesto della mente, il più cagionevole. Che gli animali non lo possiedano è indice della loro maggiore salute sull’uomo. Poi per gli animali la specie è più importante che per noi, è normale che quando si vedono allo specchio identifichino il se con un altro: se non fosse per quella irraggiungibilità derivante dallo “schermo” ingannatore.
Il fatto che gli animali possano avere forme di autocoscienza primitiva (e cio’ sembra ancora tutto da dimostrare) non ci deve stupire. Il prodotto finale é evidente che sia l’uomo. r.g.
Le dotte masturbazioni mentali dell’articolo discettano di cose di cui la scienza, se non sui giornaletti per il popolo, mai parla perchè la riproduzione sperimentale di tali fenomeni è praticamente impossibile. Inoltre il dire che l’uomo sia autocosciente è difficile da provare. Anche se il fenomeno esiste, il processo è sparso su miriadi di componenti in un guazzabuglio incompressibile di miliardi di segnali elettrochimici. Parlare di salto ontologico è una pippa con cui solo i filosofi si dilettano nei loro libri e paper. La verità è che non non c’è certezza del funzionamento del cervello ai livelli più bassi: interazione tra ippocampo e corteccia, figuriamoci cose quali credenze, memoria etc. Veramente c’è da dire abbiate fede.
Il contenuto del tuo commento, non essendo sperimentalmente dimostrabile, è una semplice “pippa” filosofica, come tu definisci tutto ciò che non è scientificamente dimostrabile. Le tue dotte masturbazioni scientiste quindi si riducono a questo.
Richard Dawkins: «Né io né Steve Pinker possiamo spiegare la coscienza soggettiva umana. Mi fa perdere la testa» (How the Mind Works, 1997)
Ogni tanto, mi posso trovare d’accordo con R. Dawkins.
O come dice H. Allen Orr (cito a memoria): “Come un ‘esso’ (i neuroni) possa diventare un ‘io’, e’ un grande mistero”